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Autore: Wozzugururu    17/07/2014    1 recensioni
Parigi, 1600. Un curioso abitante della capitale francese vive nella più sfarzosa residenza di tutta la città, eppure non può godere né della sua dimora né degli splendori della città in cui abita. nella sua grigia e monotona esistenza l'unico passatempo è quello di guardare la piazza sottostante i suoi alloggi.Il motivo è semplice, di fatti lui è...
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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UNA DURA VITA

 

 

Vivo a Parigi, la più splendida città del mio tempo, almeno a detta dellle numerose persone che, durante i giorni del mercato, si radunano in massa sotto casa mia.

Di tutte le magnifiche dimore che esistono a Parigi, la mia è sicuramente la più imponente e lussuosa. La facciata che dà sulla piazza è stata abbellita con stupendi bassorilievi in stile gotico, e la grande finestra circolare che vi si apre nel mezzo possiede un vetrata in vetri colorati così lucenti da mozzare il fiato.

La mia casa fu costruita per accogliere un numero considerevole di persone che avevano il bisogno di entrare e uscire velocemente per riversarsi da o nella piazza. Per questo motivo esistono ben tre enormi portoni in legno massiccio all'entrata della mia dimora.

La sala principale è stata restaurata diverse volte, ma la sua versione attuale è opera di alcuni dei più grandi artisti barocchi. Gli altissimi soffitti a volta sono sorretti da delle imponenti colonne cilindriche la cui sommità, durante la notte o nelle giornate più cupe, quando dal cielo plumbeo cade tanta acqua da far ingrossare notevolmente la Senna, si perdono nell'ombra, dando l'impressione che la sala non abbia un vero e proprio soffitto, ma solo una tetra oscurità che si estende all'infinito. La luce entra da alcune slanciate finestre di vetri colorati che, quando vengono attraversate dai raggi del sole, disegnano intricati motivi di luce sul pavimento e sulle genti che vi si radunano sopra.

La facciata principale è munita di due alte torri che ospitano le campane e i miei alloggi.

Nonostante lo sfarzo di casa mia io vivo in un posto non riparato ed esposto alle intemperie, ma non posso spostarmi in quanto sono paralizzato dalla nascita.

Ma, come si suol dire, non tutto il male vien per nuocere, e dalla mia posizione soprelevata godo della più spettacolare delle viste su Parigi.

Della mia città amo in particolare la gente: quanto i mercanti e i contadini portano i loro carretti e le loro tende variopinte per allestire il mercato, io amo osservare le persone che accorrono per acquistare questo o quello. Nei lunghi anni che ho passato osservando coloro che passano sotto la mia abitazione.

Ho imparato a riconoscerne alcuni, che oramai considero amici, anche se non ho mai parlato con loro. Il più appariscente è un uomo che gli altri chiamano conte de Mirabeau, il quale ogni giorno indossa un vestito dal colore e dalla foggia differente dal prencendente, ma che è facilmente riconoscibile dalla sua postura impettita, nonostante la sua camminata sia resa ondeggiante dal troppo bere. Una grossa contadina che viene al mercato su una piccola imbarcazione è quella che grida più forte di chiunque altro. I suoi inviti a comprare i suoi ortaggi sono udibili distintamente fin dalla sommità della torre dove abito. Nella calca di persone riconosco un soldato dall'incendere minaccioso grazie alla sua armatura scintillante e per il fatto che tutti si fanno da parte per lasciarlo passare, un minuto pittore che si guadagna da vivere facendo modesti ritratti alle persone meno facoltose e i bambini che giocano correndo poco distante dalle bancarelle.

Vorrei unirmi a tutti loro, correre coi bambini, farmi fare un ritratto dal pittore, comprare qualche buona melanzana dalla contadina, complimentarmi col conte per il nuovo vestito e farmi rispettosamente da parte per lasciar passare il soldato. Ma queste piccole gioie mi sono precluse dalla mia condizione pietosa. Passo così le mie giornate ad osservare la piazza, occhi sbarrati e fauci spalancate, attorniato solo dai mie lapidei compagni e da qualche piccione solitario.

Tutto questo perché io sono, e sempre sorò, un gargoyle di Notre Dame. 

   
 
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