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Autore: jekikika96    17/07/2014    0 recensioni
Gli dei primordiali, mossi da rabbia e odio, si sono scontrati e distrutti a vicenda.
Ma i loro poteri, la loro essenza di protettori del nostro mondo è rimasta e cerca da secoli dei corpi di uomini e donne dall'animo puro come riparo.
Purtroppo l'antico odio si tramanda insieme ai poteri, ed esso può essere tremendamente distruttivo.
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Sto scrivendo questa storia per partecipare ad un concorso ed ho un bisogno quasi fisico di pareri easterni, quindi se potete recensite, anche solo per dirmi che fa schifo xD
P.S. Naturalmente spero vi piaccia :3
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Londra, 16 Luglio 1878
 
Charlotte era infuriata.
Sentiva il sangue ribollire nelle vene per la rabbia. Si sentiva tradita e ingannata.
Continuava a biasimare se stessa per essersi fatta abbindolare così facilmente.
Camminava velocemente per le strade di Londra, andando a sbattere contro varie signore che si voltavano a guardarla scandalizzate, probabilmente più per il suo aspetto che per altro.
Era consapevole di non apparire al meglio in quel momento.
L’orlo del soprabito verde era sporco di fango e il colletto della camicia era sbottonato. I capelli si erano liberati dalla stretta delle forcine e  le rimbalzavano sulle spalle in ribelli riccioli rossi e probabilmente aveva in volto un espressione decisamente spaventosa.
Era troppo presa dal crogiolarsi nella rabbia e nei desideri di vendetta per accorgersi di dove la portavano i piedi.
Riprese coscienza del mondo intorno a se dolo quando il rumore molto vicino di una locomotiva la fece tornare in se e si accorse di essere arrivata alla stazione di King’s Cross.
Maledisse il suo subconscio per quella scelta ovvia e banale.
Quel luogo ebbe però l’effetto di calmarla e sentì delle fastidiose lacrime pungerle gli occhi tentando di uscire ma lei glielo impedì scuotendo la testa con foga.
Si guardò intorno osservando quel luogo dove ogni giorno decine di persone si incontrano e dimenticano mentre lei aveva avuto la sfortuna di incontrare ma non dimenticare.
Infatti la stazione era il luogo dove lei e John si erano visti per la prima volta.
Ricordava ancora come quel uomo dai capelli biondi e da una stazza impressionate l’aveva quasi travolta. Ricordava ancora meglio quando lui si era scusato elegantemente e quando i loro occhi si erano incontrati.
Forse erano gli occhi, pensò con nostalgia. Quegli occhi d’ambra l’avevano stregata.
Ma a quanto sembrava era stata l’unica ad essere sinceramente innamorata.
Le vennero in mente le parole cariche di cattiveria pronunciate dal John meno di un’ora prima :
< Ti ho solo usata per tutto questo tempo, Charlotte cara. E’ stato davvero un colpo di fortuna incontrarti prima della Cerimonia di Reincarnazione non trovi ? Comunque ti credevo più intelligente, insoma…davvero hai pensato che un uomo del mio rango potesse innamorarsi di una donna senza un soldo e dai capelli rossi ? Devo ammettere che mi sono divertito a conquistarti, ma tutto qui. Ora è finita, hai rinunciato al Combattimento ed  io diverrò il Dio senza alcuno sforzo.
Ora vattene, prima che ti faccia cacciare. > Aveva concluso quell’essere spregevole con un ghigno di disprezzo sul volto.
Il ricordo di quel pomposo monologo le fece montare nuovamente la rabbia dentro.
Cercò di calmarsi, per evitare di perdere il controllo e diventare pericolosa, ma più si sforzava di non pensare a John più il suo voltò ghignante le appariva davanti agli occhi.
Cominciò a sentire un caldo incredibile e vide che le mani le tremavano. Provò a stringerle tra loro per fermare il tremore, ma quello non faceva che aumentare.
Poi un innaturale vento iniziò a soffiare all’interno della stazione e capì che ormai era troppo tardi quando un fulmine scaturì dal soffitto in ferro della stazione e s’infranse al suolo, provocando un buco nel pavimento.
La gente iniziò ad urlare e scappare in tutte le direzioni quando un secondo lampo, seguito da un terzo e poi da molti altri annunciarono l’inizio di una violenta tempesta all’interno della stazione.
Ormai la rabbia aveva preso il sopravvento e i suoi poteri si erano liberati
La volontà di Charlotte era stata relegata in un angolo della sua mente, ora era la Dea  a comandare.
Come durante un terremoto l’edificio tremò e il pavimenti si spaccò. Da esso uscirono centinaia di radici che afferrarono le persone terrorizzate e le immobilizzarono mentre dei fulmini li colpivano senza sosta.
Il vento continuava a crescere d’intensità sradicando panchine e lampioni che iniziarono a vorticare pericolosamente.
Un poliziotto corse verso Charlotte e cercò di afferrarle il braccio ma prima che le sue dita potessero anche solo sfiorarla si girò di scatto e con forza sovrumana lo afferrò per il collo e lo sollevo da terra soffocandolo.
Quando l’uomo mise di scalciare Charlotte lasciò la presa e questi cadde a terra con un tonfo, ormai senza vita.
Vide un bambino che piangeva, nel centro della stazione, accovacciato e chiamava la mamma.
Anche l’ultima parte della sua umanità era stata sovrastata dalla rabbia della Dea, poiché a quella vista sentì solo crescere la voglia di distruggere.
Iniziò ad avvicinarsi lentamente al bambino ma prima che potesse raggiungerlo Charlotte venne bruscamente richiamata nel suo corpo, la Dea scomparsa nel nulla.
Il vento e la tempesta cessarono immediatamente e le radici si ritirarono nel terreno.
Charlotte cadde in ginocchio, grata di riavere il comando sul suo corpo e sollevata dalla scomparsa di quella furiosa ospite.
Provò ad alzarsi ma sentì una fitta lancinante al fianco e quando vi portò la mano senti un liquido vischioso e caldo bagnale l’abito.
Piano, poiché il dolore iniziava a farsi sentire, si girò e lo vide dietro di lei, con il pugnale sacro in man sporco di sangue e il volto rigato di lacrime.
Probabilmente fu quella la cosa che la sconvolse di più. Non che l’avesse pugnalata, no.
Anche lei avrebbe fatto lo stesso in una situazione come quella, visto che era l’unico modo di placare gli Dei.
Però non riusciva a capire quelle lacrime.
Non avrebbe dovuto avere problemi a pugnalarla, dopotutto la odiava e disprezzava.
“perché piangi, perché ? “ avrebbe voluto chiedergli. Ma le forze l’abbandonarono  una volta e si accasciò a terra esanime.
John le si accovaccio accanto e con estrema delicatezza le tirò su la testa e se la poggiò sul petto.
Guardò John con intensità, continuando a chiedersi il perché di quelle lacrime, ma quando il loro occhi si incontrarono potè solo sorridere.
In quegli occhi non vide ne odio ne nessun sentimento affine e sentì svanire anche  l’ultimo briciolo di rabbia.
Lei amava alla follia quegli occhi e avrebbe continuato per l’eternità, nonostante quello che le aveva detto e quello che avrebbe potuto dirle in futuro.
Riprovò a parlare a fu interrotta da una nuova fitta di dolore, più intensa della precedente.
Vide il volto di John contrarsi sconvolto, poi posò lo sguardo sul proprio petto e vi vide conficcato all’altezza del cuore il coltello sacro. Guardo il coltello e la mano che lo teneva, poi spostò ancora lo sguardo su John, il viso rigato da nuove lacrime
Sentì il corpo farsi pesante e capì subito cosa sarebbe accaduto di li a breve, ma voleva dire ancora una cosa a John.
Ma quando finalmente parlò tutto ciò che uscì dalla sua bocca fu un fiotto di sangue.
John la strinse più forte e Charlotte accorge dosi di non sentire più dolore, ma solo freddo utilizzò le sue ultime forze per alzare il braccio e posare la mano sulla guancia di John.
Gli sorrise un ultima volta poi le forze l’abbandonarono definitivamente.
Lo sguardo le si annebbiò, le palpebre si chiusero e la mano scivolò via dal volto di John.
L’ultima cosa che sentì fu < Scusami tanto Lottie >.
Sorrise, o almeno credette di farlo, all’uso di quel nomignolo, poi l’oscurità l’avvolse.
  
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