Anime & Manga > Ransie la strega
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Autore: ToraStrife    17/07/2014    1 recensioni
Durante una vacanza in Italia con la famiglia, Ransie si ritrova suo malgrado a prendere le sembianze di un importante uomo politico, che la porteranno a vivere una pericolosa avventura nel più arcano e illogico dei posti magici: Montecitorio!
N.B. Benché questa sia una parodia, nessun personaggio reale italiano viene nominato attivamente o partecipa nella fiction.
Genere: Demenziale, Parodia, Satirico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il ministro Ransie
Il Ministro Ransie


- Anche se adesso è innamorata... lei non dimentica la dieta perché... Ransie una palla è...

L'ultimo commento di quella sfrontata frase aveva fatto guadagnare a Ronnie una violenta cuscinata in faccia.

- Mamma! - Piagnucolò il dispettoso fratellino con tono forzatamente sostenuto. - Mia sorella mi picchia!

- Non credere che non abbia sentito cosa le hai appena cantato. - Ribatté la signora Lupescu, intenta a lisciare i lunghi capelli biondi con una spazzola, urlacchiando di dolore per i continui nodi incontrati. - Uffa, detesto quando i miei capelli si mischiano con i peli del lupo.

Era lo svantaggio di essere un licantropo, quell'aggiuntivo problema mensile, oltre a quello noto di tutte le donne.
Avere due seccature periodiche, specialmente quando coincidevano, rendevano la mamma doppiamente distrutta, dopo una lunga notte a ululare alla romantica luna di quelle sgangherate vacanze romane.

Sì, perché l'idea che aveva spinto una famiglia di mezzi umani ad adattarsi a un appartamentino in Trastevere non poteva essere nata che da quell'imbranato di papà Lupescu.

Boris, scrittore fallito e succhiasangue, capace di bere liquido rosso (pomodoro, perché dell'altro aveva ormai anche scordato il sapore), ma incapace di versarne del nero (inchiostro) per creare qualcosa di decente, aveva escogitato quel viaggio in seguito alla visione di un film.
Shela stava ancora maledicendo il fatto di avergli comprato un televisore per tenerlo un po' occupato durante l'insonnia diurna.

- Ma sì, amore! - Le aveva detto con entusiasmo. - "Vacanze Romane" è una cosa che tutte le persone importanti fanno.
L'idea, si scoprì in seguito, era partita da un banale film con Audrey Hepburn e Gregory Peck, due umani che tuttavia avevano avuto molto successo nel mondo umano negli anni 'ruggenti'.
Ma Boris, nella sua fantasia di scrittore e la vampirica (vampiresca più empirica) predisposizione all'aristocrazia, aveva ancora vivo il mito della principessa Anna e di Roma come meta, anzi, Mecca romantica che bisognava visitare almeno una volta nella vita.
E se ci andavano proprio tutti, soprattutto gli Americani come Lizzie McGuire, era più che mai inconcepibile lasciare questa mancanza proprio a una famiglia di (presumibile) estrazione europea come quella dei Lupescu.

Sulle prime la donna lupo aveva trovato la proposta entusiasmante, ma anche per colpa di uno spiacevole equivoco.
Lei aveva infatti confuso "Romane" con "Rumene", a cui aveva associato Transilvania, e quindi il lontano parente Vlad Tepes Dracula, il signore dei vampiri e il principe delle tenebre.

E invece alla Luna piena dei boschi gelidi dell'Est Europa si era dovuto far posto al bollente 'O Sole Mio' della ridente penisola mediterranea.
Un posto incantevole per gli umani, ma non certo per dei mezzi mostri.

Il colpevole della situazione, intanto, spalancò con aria comatosa il coperchio della bara nella quale giaceva e protestò per il baccano fatto dalla famiglia.

- Si potrebbe avere un po' di silenzio?

- Nello scantinato di casa nostra avresti potuto avere tutto il silenzio che volevi! - Protestò Shela, incominciando a picchiarlo con il dorso della spazzola.

E mentre il povero Boris stava imparando a sue spese una interpretazione del libro "Cento colpi di spazzola prima di tornare a letto", Ransie si guardava insoddisfatta allo specchio.

- La città più romantica del mondo, ed io sono un disastro. - Piagnucolava, severa con il suo fisico come e ben più di altre adolescenti, nonostante il riflesso le restituisse un'immagine perfettamente snella e avvenente, merito anche dell'eredità genetica sovrannaturale che possedeva.

I commenti del monello più piccolo non erano per la verità la cosa più irritante.
Il vero cruccio era il fatto di non aver potuto portare Paul con lei. Le passeggiate a guardare la luna che si specchia 'dentro ar fontanone', il giro sulla carrozza con cavalli, una visita al Colosseo con le sue legioni di gatti randagi, o magari una sfilata trendy in Piazza di Spagna.

Ma come avrebbe potuto, con la famiglia in mezzo alle scatole? Dove farlo dormire? Come sopportare l'imbarazzo di fargli assistere le vicende di una famiglia già stramba di suo?
Anche per quello, no, non ce l'aveva davvero fatta a chiederglielo.

Vedendo l'aria mogia della sorella, Ronnie pensò bene di punzecchiarla nel suo punto debole.

- Preoccupata che il sederone si noti troppo, cavalcando una Vespa?

La frecciatina ebbe l'effetto sperato: la strega si girò con l'espressione più minacciosa che si fosse mai vista.

Nella furia, Ransie afferrò la prima cosa a tiro: la sua borsetta. Accorgendosi dell'accessorio, tuttavia, ogni intento minaccioso venne spazzato via.

Borsetta, uguale a ...

- Shopping! - Gridò entusiasta.

Un bel giro nei negozi di Roma, magari di abbigliamento. Magari un gelato con coppa gigante con amarena, fragola e cioccolato (e chissenefrega del culone). Ma soprattutto aria fresca, lontano da quell'opprimente monolocale e dall'asfissiante atmosfera familiare.

- Io esco! - Affermò in automatico. - Vado a fare compere!

La proposta fece fermare la colluttazione genitoriale.
Il vampiro, soprattutto, nella maschera ammaccata che era, assunse un'espressione preoccupata.

- Ma da sola... in una città sconosciuta!

- Non sono più una bambina, papà. - Protestò la teenager.

- Il babbo però ha ragione. - Osservò la madre. - Forse dovrei accompagnarti. Ma... - Il dubbio riguardava i postumi della luna piena. Le ci sarebbe voluta mezza giornata solo per la ceretta. Per via del sole, ovviamente, non poteva mandare il marito. Quindi propose l'alternativa rimasta.

- Perché non ti porti Ronnie dietro?

- Vorrai scherzare! - Fu la protesta all'unisono dei fratelli.

- Non voglio impiastri! - Fu la motivazione della strega.

- Per annoiarmi a morte con lei, dormo direttamente in camera. - Fu il responso del secondogenito.

Cogliendo al balzo l'attimo di smarrimento da parte dei suoi, Ransie si avviò verso la porta con un  - Ciao! - senza possibilità di replica.

Tutto ciò che la mamma lupo poté dirle fu un: - Stai attenta!


***


Poi, dolce vita che te ne vai
Sul Lungotevere in festa
Concerto di viole e mondanità
Profumo tuo di vacanze romane

(Matia Bazar - Vacanze Romane)


La ragazza, nonostante tutto, si trovava a disagio, in mezzo a tutta quella gente. Non che le cose fossero differenti dal lontano Giappone, ma l'atmosfera era del tutto diversa, più chiassosa, più... come la chiamavano da quelle parti? 'caciarona'.

Ed era sicuramente la città che fondeva antiche rovine con il caos della vita moderna, tra nubi di smog e cacche di cavallo sul marciapiede da dover evitare.
Il frastuono dei clacson, poi, e con esso il vociare chiassoso di passanti rozzi e particolarmente volgari quasi infransero con un martello l'immagine romantica della capitale del mondo antico.

Solamente rifugiandosi dentro un vicolo a caso Ransie poté riprendere fiato ed avere una tregua per le orecchie.
Le parve persino di sentire qualche cinguettìo.

Ma fu un attimo, perché un ringhio la impietrì.

- Un cane randagio? - Commentò, girandosi, per torvare conferma nella minacciosa figura di un quattrozampe che la stava squadrando con astìo. - Ma che vuole, da me?

Nemmeno all'estero i guai la lasciavano in pace? Di riflesso mise davanti la borsetta come scudo, agitandola come per scacciare il cane, che tuttavia non aveva nessuna intenzione di retrocedere.

- Forse hai fame? - Gli chiese, ben sapendo di non poter ricevere risposta. Ma sapeva che la motivazione più ovvia fosse quella, come in genere accade per tutti i randagi.

- Non ho niente da darti, sciò! - Disse, agitando di nuovo la borsa, ma invano.

Il cagnaccio prese anzi coraggio e  balzò. La dentatura si chiuse attorno alla borsa.
Una parte di Ransie le suggeriva di lasciare il bottino e svignarsela. Ma dall'altra l'idea di tutti gli effetti personali contenuti in essa fornì una forte motivazione contraria.

- Questa roba non è per te! - Affermò la mezza umana, nel tentativo di divincolare il maltolto dalle fauci del randagio.

Ne nacque una colluttazione che  vide i contendenti rotolarsi a terra, in un putiferio che si spostò dall'interno del vicolo fino a in mezzo ad una strada trafficata .
La lotta era così assidua che nessuno dei due si avvide di una grossa auto blu che si avvicinava a tutta velocità.

L'autista di quest'ultima dovette letteralmente inchiodare per non investire i due disgraziati.
Tuttavia la manovra fece sbandare il mezzo, il quale finì contro un idrante.

In mezzo alle colorite imprecazioni del guidatore, soffocate in parte dall'airbag che gli copriva il muso, gli uomini della scorta scesero dal mezzo per verificare le condizioni loro, del VIP, dell'automezzo e di quegli scalmanati che avevano messo a rischio la vita di tutti.

Il VIP in questione, tra l'altro, sceso dalla macchina, volle a tutti i costi interessarsi della cagnara ancora in corso.

- Signor Presidente, stia indietro! - Lo avvertì uno degli agenti. - Non so che stia succedendo, ma sembra una rissa.

- Mi lasci, - Rispose il pezzo grosso. - Voglio vedere di persona che razza di bischeracci....!


I litiganti in questione, intanto, erano così assorbiti nella contesa che non si erano accorti di nulla.
In mezzo a graffi e contusioni, il cane non si era ancora deciso a lasciare la presa.
Ransie aveva ormai perso ogni aria della teenager che si preoccupava per futili dettagli estetici davanti a un riflesso. In quel momento mostrava tutta la selvaticità ereditata da mamma Lupescu.
I capelli arruffati, i denti digrignati e gli occhi iniettati di sangue, nonchè le gambe piegate a mo' di lupo in lotta, restituivano un'immagine che se Paul l'avesse vista, lei si sarebbe vergognata per il resto della vita.
L'unica cosa ancora di umano erano le braccia e le mani, serrate sulla borsa come presse idrauliche, decise a non lasciar andare.
Il cane randagio decise che la seccatrice aveva superato il limite, per cui lasciò andare la borsa e si preparò a mordere direttamente il braccio alla ragazza.
La vista di quelle fauci, però, là dove una ragazza normale avrebbe preso coscienza della sua inferiorità di umana e si sarebbe fatta prendere dalla paura, ebbe in Ransie l'effetto opposto di incoraggiarla a rispondere per le rime.

- Guarda che mordo anche io! - Digrignò, ignorando che però del cane non aveva né zanne, né l'agilità, né la muscolatura. Solo la forza dell'esasperazione.

Ransie decise di giocare d'anticipo, senza pensare alle conseguenze.
Si gettò in avanti, intenzionata ad addentare il cane. E pregò, nel suo intimo, di aver ereditato in maniera sufficiente le zanne di un vampiro e le fauci di un lupo.

Il povero Presidente, intanto, da tipo buono e altruista com'era, aveva solo visto della scena un cane che minacciosamente stava infastidendo una signorina.
Si era mosso istintivamente.

- Maremma cagna! - Aveva esclamato in un poco rispettabile italiano.

Era scattato in avanti con la mano tesa, per fare da scudo, da divisorio tra i denti del cane e la ragazza in pericolo.
Era suo dovere di uomo, di cittadino e di Presidente. Stava facendo solo il suo dovere morale di fare tutto il possibile per il benessere dei cittadini.
Non era un ciarlatano come i predecessori alla carica chr ricopriva, e non avrebbe permesso a nessuno di insinuare lo stesso di lui.
Per quello era scattato, sorprendendo anche gli uomini che erano pagati per metterlo al sicuro proprio da quel tipo di situazioni.
Tese il braccio, e ricevette il morso fatidico.
Avvertì un po' di dolore, ma curiosamente, era meno forte di quanto si fosse aspettato. Forse era stato tutto attenuato dalla soddisfazione di essere riuscito a proteggere una donna.
Improvvisamente, una grande sonnolenza si impossessò di lui.
Da lì in poi ci avrebbero pensato la scorta, l'ambulanza, i paramedici.
E i giornalisti, naturalmente, con "Presidente eroe nazionale" sui titoli dei quotidiani del giorno dopo.
Sorrise compiaciuto, mentre chiudeva gli occhi.

Fu invece Ransie a sollevare le palpebre, e immediatamente anche la bocca.
La rabbia ferina era improvvisamente svanita. Tutto ciò che poté vedere furono gli occhi atterriti del cane avversario.

- Adesso sono come te. - Abbaiò, forte del suo potere di tramutarsi in qualsiasi cosa mordesse. - Anche se è strano: sei ancora cosciente? - Gli chiese, riferendosi al fatto che di solito i soggetti svenissero dopo il morso.

Il randagio, sopraffatto dalla sorpresa, non perse tempo e levò le tende, dimenticando borsetta e fame.

- Vittoria! - Latrò Ransie, afferrando la borsa con la bocca e cominciando a correre a quattro zampe.

- Signor Presidente!

Ransie si fermò. Anche se lei si era trasformata in cane, la voce sembrava indirizzata a lei.

- Signor Presidente, sta bene? - Rincarò un'altra voce.

- Bau? - Rispose d'istinto la strega.

- Ha in bocca il cordone di una borsetta ed abbaia? - Commentò incredula la prima voce. - Forse il cane che l'ha morsa aveva la rabbia?

- Quale cane? - Domandò la seconda voce. - E' stata la ragazza ad aggredirlo!

- Quale ragazza? - Domandò la prima. - Io non vedo nessuno.

- Dev'essere scappata via insieme al cane.  - Commentò la prima. - Forse un attacco terroristico.

- Allora bisognerà far analizzare la borsetta alla scientifica. - Disse il primo dei due uomini, in uniforme da poliziotto, che strappò la borsa dalla bocca di Ransie.

- Ehy, ridammela! - Protestò Ransie. - E' mia!

- Signor Presidente, come sarebbe a dire, 'sua'? - Gli domandò l'agente, incredulo.

Eh? Io parlo? Si chiese Ransie, sentendo che il suono della propria voce non era un latrato.

Si preoccupò di guardare il riflesso sulla carrozzeria lucida dell'auto blu. Le venne restituito il riflesso di un uomo sulla soglia degli 'anta', dall'aria perplessa. I lineamenti li aveva già visti da qualche parte, forse nella televisione dell'albergo, in una trasmissione comica. Le pareva si chiamasse Teo Mammuccari.
Il fatto però che la chiamassero Presidente sfatava questa ipotesi. Probabilmente era uno che gli somigliava molto.

- Eh, - Congetturò intanto il secondo agente, - stai a vedere che è un regalo della ragazza. Altro che attentato, questo è un altro inciucio.

- Un altro Presidente con minorenne? - Si lamentò il primo con gli occhi al cielo. - Ma allora è proprio un vizio!

Ransie, non capendo cosa i due volessero dire, si preoccupò solamente di riprendersi la borsa e tenerla stretta.

- Prego, signor Presidente. - Disse il secondo agente, aiutandola ad alzarsi. - Le chiameremo un taxi, così non farà tardi per il Parlamento!

- Per dove? - Chiese confusa la ragazza dalle sembianze d'uomo, il cui unico desiderio in quel momento era di tornare dalla cara e vecchia, incasinata e casinara famiglia.

***


Se non era il Paese dei Mostri, certamente gli somigliava tantissimo. Ma non nel senso magico del termine.
Anche se la struttura non era monarchica, chi stava al potere in quella gigantesca sala rossa con banchi e panchine disposte a semicerchio, come il tribunale di un girone infernale, non aveva sembianze meno inquietanti.

Le grottesche figure che danzavano a turno nel centro offrivano a Ransie uno spettacolo ambiguo, un po' buffo, un po'  serioso, e a tratti inquietante.
Degli argomenti che venivano via via vagliati capiva  poco o niente , ma avevano l'aria di essere cose importanti, dai cui esiti dipendevano le sorti di milioni di persone.
E ogni tanto arrivava anche a lei qualche richiesta di parere, momento in cui aveva addosso gli occhi di tutti, anche delle persone che un momento prima sonnecchiavano, si limavano le unghie dei piedi o facevano altre cose 'a rating rosso' (queste ultime erano precluse alla vista della ragazza, per fortuna).
Con così tante pupille puntate contro, Ransie andava nel panico più totale, e la sua bocca partiva in automatico a raccontare sciocchezze tali da farla diventare tutta rossa.
Sputava cose non solo fuori contesto, ma anche dannatamente imbarazzanti e private, di come i  famosi canini di papà non fossero altro che una dentiera, che costui tra l'altro metteva ogni mattina, prima di coricarsi, dentro un bicchiere di acqua santa ("Per purificare tutte le impurità").
O ancora di come il fratellino in albergo non riuscisse a dormire, poiché il pappagallo di famiglia era stato lasciato a casa e lui ne sentisse la mancanza.
O peggio, della ceretta con pettinata incorporata che la mamma faceva tramite un ingegnoso pettine adesivo.
L'idea di farlo nei panni di una persona evidentemente importante la faceva stare ancora più male.
Gli spettatori pendevano dalle sue labbra, sgranavano gli occhi, bisbigliavano e poi ricominciavano a discutere e litigare come al solito.
Ransie non aveva neppure idea di ciò che stesse combinando, ed era sicura che il suo alter ego si stesse rovinando la reputazione facendo la figura del pazzo.
La ragazza era presa in questo vortice di imbarazzo e sensi di colpa quando una voce la fece sobbalzare.
Era il Sotto-Segretario Generale al ministero della Repubblica. Era questa la nomenclatura con il quale si era presentato, ma tanto lei non sarebbe mai riusccita a impararlo.

- M-mi scusi? - Chiese Ransie.

- Ho detto che  oggi è particolarmente strano.

E' fatta, mi credono una pazza.

Ransie cercò di nascondere il volto paonazzo e finse un paio di colpi di tosse.

- Ecco, in effetti non mi sento troppo bene...

Mi dispiace per le cavolate che ho detto fino adesso. Avrebbe voluto aggiungere.

L'anziano interlocutore forse comprese, e sorrise.

- Non mi fraintenda, intendo dire che oggi i suoi interventi sono più apprezzati del solito. Finora non avevano fatto altro che a gara per ostacolarla.

- Chiedo scusa? - Domandò Ransie. senza comprendere.

- Le metafore che sta usando oggi. - Spiegò il segretario. - Non suonano come polemiche o di parte. Ma sono sembrate spontanee, obiettive e sincere.

Fin troppo sincere, Si disse Ransie: aveva spifferato segreti di stato...di famiglia tali che se scoperta l'avrebbero esiliata dal Mondo Magico per il resto della vita.

- E' stata geniale sulla questione dei Marò, sul fatto che al saperli lontani da casa lei non riesce a chiudere occhio.

Non ho detto esattamente così. Corresse in silenzio la streghetta.

- Oppure, - aggiunse il sotto-segretario, - Sul fatto che per tutti, anche i 'lupi', i potenti, gli usurai, tutti i nodi vengono sempre al pettine.

- Davvero ho detto questo? - Chiese d'impulso Ransie, mentre il signore continuava.

- E la dentiera da vampiro nell'acqua santa? Un colpo di genio! - Si congratulò il collega. - Un modo per dire che se un prete agisc illegalmente non può pulirsi la coscienza con la protezione della Chiesa. Un diavolo, un orco pedofilo, un vampiro succhiafinanze restano tali anche se indossano una tonaca.

Ma quante cose ho tirato fuori? Si chiese Ransie, sempre più confusa.
Si tappò d'istinto la bocca: a quanto pareva, aveva il potere di cambiare un paese con ogni parola.
Chissà quali stravolgimenti aveva già innescato?
Era meglio non farne altri.

- Lei è così diverso dai precedenti presidenti. - Commentò il sottosegretario.

La frase svegliò nella ragazza una certa curiosità, che aprì le mani per concedere alla propria bicca una domanda.

- Perché. come erano?

- Beh, sa, questo è un paese di mostri. - Ironizzò il sotto-segretario.

- Davvero? - Incalzò Ransie, che lo aveva preso in parola.

Questo era dunque un paese magico, o forse, lo stesso mondo magico a cui faceva capo Sua Maestà Satana?

Il signore, ignaro, continuò.


- Un precedente Presidente del Consiglio era uno strano ometto di nome Carletto...

Carletto Azeglio, si dimenticò di specificare.
Ransie quindi lo scambiò per un altro famoso Carletto, il principe del Regno dei Mostri, un reame analogo al Mondo Magico, di cui l'erede al trono era anch'esso scomparso per andare a vivere nel mondo umano, al pari del figlio di Satana.
La congettura trovò conferma in una caratteristica descritta dal signore.

- Era certo molto bravo ad allungare le mani... - Senza specificare sulle casse dello Stato...

E Ransie trovò anche notizie sui suoi seguaci, il Conte Dracula, dalle parole "Conti in rosso", e riconobbe persino l'Uomo Lupo, un 'uomo dalle strane e sporgenti orecchie',  anche se il nome fornitole non le diceva nulla. 'Giulio'? Non si chiamava Wolf?
Ebbe qualche dubbio anche sul Franky dalla testa dura, lo aveva chiamato Francesco...

Ma sicuramente quel luogo era governato dai Mostri: infatti molti dei presenti venivano spesso descritti come vecchie mummie.

Purtroppo non poté proseguire l'indagine perché la polvere decennale di uno dei banchi di Montecitorio arrivò al naso della ragazzina, che senza riuscire a tratternersi, si sfogò in uno stranuto che fece alzare un polverone.

Quando il fumo si era diradato, Ransie era tornata la singolare ragazzina di sempre, di fronte allo sguardo basito del sotto-segretario e di tutti i presenti.

Senza neppure rendersi conto di cosa stesse succedente, una marea di flash da macchine fotografiche prese a tempestarla.

Erano alcuni paparazzi, da sempre in agguato nell'edificio alla ricerca di scoop, che finalmente avevano trovato il pane adatto alle loro fauci.

- E' la ragazzina che è stata vista stamattina insieme al Presidente del Consiglio. - Fece uno.

Evidentemente l'incidente di quella mattina non era passato inosservato.

Senza riuscire a dir nulla per spiegarsi, la ragazza venne sommersa da obiettivi e microfoni recanti i simboli di tutto il panorama televisivo italiano e straniero.

- Può spiegarci cosa sta succedendo? - Le chiesero, tra le altre domande.

- La sua relazione con il Presidente da quanto dura? - Tentò uno.

- Ci sono suoi selfie con lui pubblicati su Internet? - Chiese un altro.

Oddio, che guaio. Si disse la povera ragazza. Per una famiglia che doveva passare inosservata davanti al genere umano, quello scandalo mediatico era il peggiore dei guai.
Sarebbe costato a tutti l'esilio eterno dal Mondo Magico, e sarebbe stata solo colpa sua.

All'improvviso, una voce di donna interruppe la bolgia generale, attirando l'attenzione dei presenti.

- Guardate! -  Urlò. - Il Presidente del Consiglio, da quella parte!

- Chiediamogli immediatamente spiegazioni! - Urlò la folla dei giornalisti, spostandosi in blocco da Ransie a un punto imprecisato dell'aula, in riferimento a un dito puntato in quella direzione.

L'incredula mezza vampira si trovò improvvisamente sola, per trovarsi davanti...

- Lisa? - Chiese incredula.

- Che fai lì impalata? - Incalzò la coetanea bionda, senza dare ulteriori spiegazioni. - Andiamocene, prima che ritornino!

Ransie non se lo fece ripetere. Varcando insieme una porta secondaria le due ragazze uscirono dal Parlamento.

Ransie rivolse nuovamente la domanda. - Lisa, ma tu cosa...?

- Mio padre mi ci porta tutti gli anni. - Rispose Lisa. - Essendo un potente boss della malavita, ha frequenti contatti con i colleghi di questo paese.

- Quindi era un caso che tu fossi qui? - Domandò Ransie.

- Sì e no. - Confessò la bionda. - Quando ho saputo che eri venuta quaggiù con la famiglia, ti ho cercata, sperando ci fosse anche Paul.

- Delusa di non averlo trovato? - Frecciò la castana, con un mezzo sorriso sarcastico.

Le due rimanevano pur sempre rivali in amore.

- Sollevata, più che altro. - Ribatté Lisa. - Più sta lontano dalle tue grinfie, meglio è.

Avevano subito cominciato a guardarsi in cagnesco, quando un soffuso vociare si faceva sempre più inteso.

- I giornalisti, hanno mangiato la foglia! - Avvertì Lisa. - Meglio se ci dividiamo qui. Sarebbe un ulteriore scandalo sapere che la concubina del Presidente del Consiglio ha contatti con la mafia. - Aggiunse con sarcasmo.

- Piove, governo ladro!

Una terza voce femminile aveva pronunciato quelle parole, come a recitare una filastrocca. Subito dopo, enormi nuvole coprirono il cielo, e una intensa pioggia cominciò a tempestare le strade.

L'acquazzone improvviso apparve strano a Ransie.
Lisa invece non ci fece caso. nè aveva prestato attenzione alle parole della ragazza con l'ombrello che nel frattempo era apparsa sulla scena.
Ne approfittò anzi per salutare la coetanea.

- E' l'occasione migliore per disperderci! - Disse, cominciando a correre tra le pozzanghere. - Ci vediamo, impiastro!

La mezza vampira rispose al saluto, e successivamente si soffermò sulla strana ragazza dai capelli ricci e rossicci che stringeva un grosso ombrello nero.

- Questa... era una magia, vero? - Le chiese, ben sapendo che tanta repentinità del tempo non era una cosa naturale.

- Certo che sì! - Ricevette Ransie come risposta da una voce familiare. Ma non era la ragazza ad aver parlato, bensì l'ombrello!

- Papà? - Chiese incredula la figlia, riconoscendo una delle forme di trasformazione contemplate nel repertorio del padre vampiro.

- Figlia mia! - La rimproverò l'ombrello. - Ti abbiamo cercato dappertutto! E per uscire ho dovuto chiedere aiuto a questa strega diplomata per ricoprire il sole, altrimenti ora sarei cenere!
A proposito, si chiama Bia.

- Piacere! - Salutò la strega, strizzando l'occhio.

- E adesso andiamo! - Incitò Boris. - E' il momento di sparire!


***

- Che diavolo è successo? - Si chiese il Presidente. Forse il morso era stato velenoso? Ricordava solo che di aver perso i sensi, ma di averli ripresi il giorno dopo, ritrovandosi sull'asfalto dove si era accasciato, tutto fradicio, forse per via di un acquazzone.
Aveva provato a chiamare la scorta dall'I-phone, ma questi era tutto zuppo e quindi inutilizzabile.
In quel momento era seduto sullo sgabello del bar più, quello solito dove faceva colazione.
L'avventore lo aveva immediatamente riconosciuto, allibendo per le condizioni pietose con le quali il VIP si era presentato.
Dopo aver spiegato il misfatto, il Presidente usò il telefono del locale per farsi mandare a prendere una scorta.
Nell'attesa dei poliziotti, il pover'uomo ordinò un sostanzioso cappuccino - ne aveva davvero bisogno, - e un fagotto di caldo cioccolato.
La botta calorica in corpo gli fece dimenticare i brividi dei vestiti bagnati, e distrattamente posò lo sguardo sul giornale.
Quasi svenne, quando lesse la prima pagina con la foto della ragazza del giorno prima e un titolo agghiacciante.

"Scoperto inciucio tra il Presidente del Consiglio
e misteriosa ragazza"

Una misteriosa ragazza ha fatto capolino ieri mattina nell'aula di Montecitorio.
Molti testimoni affermano di averla vista insieme all'attuale Presidente del Consiglio.
Stando a diverse fonti, non sarebbe stata la prima volta che i due abbiano avuto contatti.
Proprio quella mattina, uno strano incidente stradale li avrebbe visti coinvolti entrambi, e stando ad alcuni testimoni, sarebbero stati sorpresi in atteggiamenti intimi.
Alle domande rivolte dalla Stampa, la giovane anonima, apparentemente di 16 anni, non avrebbe rilasciato alcuna dichiarazione.
Il Presidente, dal canto suo, dopo l'apparizione della giovane è misteriosamente scomparso.
Alcuni ipotizzano che la giovane fosse stata messa incinta dal Presidente e che lei fosse venuta da lui per metterlo di fronte alle sue responsabilità.
Se ciò fosse vero, lo scandalo che in questo momento si abbatte su Montecitorio sarebbe addirittura peggiore di quanto non successe con il precedente Presidente e l'allora diciasettenne....


Non riuscì a leggere altro. Posò il giornale sul tavolo e fissò il vuoto, sconvolto.
Il sorriso malizioso del barista che in quel momento lo squadrava riassumeva tutto.

- Istinto di uomo, eh? - Ironizzò il gestore. - Ma lei è carina?

- Non so neppure di che parli. - Balbettò sconvolto li VIP. - L'ho intravista solo alcuni secondi.

- Uh! Addirittura appuntamente al buio, eh? - Commentò il barista con una strizzata d'occhio. - Ma non si preoccupi, io non mi scandalizzo mica!

- Quello sconvolto sono io! - Sbottò il Presidente. - E' tutto un equivoco!

- Sarà come dice, - Rispose dubbioso il barista. - Ma è pronto a spiegarlo alla Stampa che tra poco verrà qui?

- La Stampa? - Chiese incredulo il Presidente.

- Certo! - Spiegò il barista. - Crede che la scorta verrà qua da sola?

- No... credo di no! - Balbettò il Presidente. Conosceva bene gli sciacalli mediatici. E lo avrebbero spolpato come una carcassa alla prima occasione.

- Lo sa che ha bisogno di una vacanza? - Commentò il barista, preoccupato per l'evidente stato di shock del cliente.

- Sì... direi che è quello che ci vuole! - Concordò il VIP.

- Dicono che Hammamet sia splendida in questa stagione. - Propose il barista. - Se vuole, avrei ancora un biglietto aereo che uno dei precedenti  Presidenti aveva dimenticato...

- D'accordo, me lo metta sul conto insieme al cappuccino! - Chiese con una certa fretta il Presidente. - Ora devo davvero scappare! - Disse, strappando di mano il biglietto dalla mano del baristaa e scappando via dal locale.

Il barista appoggiò i gomiti sul banco, e si gingillò tra i ricordi.

- Quello era il biglietto del caro vecchio Betty... quanto tempo!... E la storia ancora una volta si ripete...


FINE






  
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