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Autore: Fiamma Erin Gaunt    18/07/2014    5 recensioni
Rivisitazione degli ultimi momenti di “B is for Balcoin or for bitch?” dal punto di vista di Fiamma. Cosa si prova quando ti viene strappata via metà del cuore? Quando realizzi che non ci sarà nessun lieto fine per voi due … anzi tre? (23° capitolo Insurgent – sei mesi dopo i fatti narrati - sedici anni dopo).
[Fiamma/Eric!]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eric, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Break the Ice - Genesi, vita e morte di una storia d'amore'
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Ti riconoscerò in questa vita se sarai rinato

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il rumore degli spari risuonava per tutto il corridoio, ma non te ne curavi. Avevi sentito le parole di Tris, “Eric è lì, è ferito”, e non avevi capito più nulla. Ora, mentre lo osservavi comprimersi la ferita sull’addome, non potevi fare a meno di sentire un senso di nausea assalirti.

Di solito il sangue non ti dava fastidio, ma questa volta sembrava incredibilmente sbagliato che una ferita potesse versarne così tanto. Un paio di passi e l’avevi raggiunto, attirando il suo sguardo su di te. Dietro alla foschia degli occhi grigi, un bagliore di comprensione si fece strada. Ti aveva riconosciuta.

I suoi occhi sembravano dirti “Ma come, sei qui?”.

- Togli quella mano, devo dare un’occhiata alla ferita. –

I capelli ti ricadevano sulle spalle in modo disordinato, i denti tormentavano il labbro inferiore, ferendolo a sangue. Potevi cercare di convincerti che saresti stata in grado di dimenticarlo, di imparare a vivere senza di lui, ma sapevi che era una colossale bugia. Quella ne era la riprova, perché mentre ti inginocchiavi al suo fianco e armeggiavi con una fasciatura improvvisata, l’unico pensiero che ti passava per la testa era: “Non morire. Ti prego, ti prego, ti prego. Non morire.”

- È Eric? –

La voce alle tue spalle ti fece sobbalzare, cogliendoti di sorpresa. Non pensavi che qualcuno ti avrebbe seguita in quella specie di missione suicida, non per recuperare un traditore. O meglio, forse Quattro l’avrebbe anche fatto, ma dubitavi seriamente che sarebbe stato per il tuo stesso motivo. Reaper invece ti aveva seguita, forse perché voleva dimostrarti in qualche suo strano e contorto modo che ci sarebbe sempre stato, proprio come ti aveva ripetuto fino alla nausea, ma la sua presenza lì ti infastidiva. Era sbagliata, inutile, e non lo volevi lì.

- Già, bisogna trasportarlo in infermeria. –

- Ci ha traditi. –

Dopotutto aveva ragione, li avevi traditi.

Un attacco di tosse ed Eric sputò fuori una boccata di sangue.

D’accordo, li aveva traditi, ma aveva davvero importanza? L’avresti lasciato morire lì, ai suoi piedi, senza fare nulla solo perché aveva scelto lo schieramento opposto al tuo? No, non avevi fatto in tempo a finire di formulare l’idea che già scuotevi la testa, disgustata.  

- Reaper, o mi dai una mano a portarlo in infermeria oppure ti togli dai piedi, ma prova a impedirmelo e giuro su Dio che ti sparo. –

Reaper vi aveva lasciato passare e probabilmente aveva fatto la cosa più saggia perché la rabbia e la preoccupazione che ti attanagliava ti avrebbe di sicuro spinta a dare seguito alla minaccia. Mentre lo stringevi a te, cercando di tirarlo in piedi, il suo familiare profumo ti invase le narici. Era un odore che avevi sempre ricondotto al pensiero della sicurezza, della sensazione di essere a casa, di aver trovato il tuo posto nel mondo. Questa volta però era accompagnato dall’odore del sangue, ferroso e acre, che ti ricordava che il momento dei bei sogni e delle fantasie da adolescente era finito per sempre.

Quattro comparve al tuo fianco, quasi fosse stato invocato dal nulla, e senza dire una parola l’afferrò dall’altro lato. Il silenzio alleggiava tra di voi, perché le parole non sarebbero servite a nulla. Quattro lo sapeva, tu lo sapevi, persino Eric lo sapeva. C’era stato troppo sangue, troppe morti, troppo dolore perché tutto potesse tornare com’era prima.

Dopo averlo deposto sul lettino dell’infermeria improvvisata, eri rimasta da sola a osservarlo. Non volevi avvicinarti troppo, sapevi che se l’avessi anche solo sfiorato tutte le tue certezze sarebbero vacillate. Dovevi essere forte, dura come la roccia, mettere a tacere il senso di dolore misto a impotenza che ti lacerava il cuore.

Facile a dirsi, ma come sempre quegli occhi d’acciaio ti avevano sconvolto.

- Sei qui. –

- Naturale che sono qui, sei un prigioniero pericoloso. –

Un prigioniero.

Doveva ricordarselo. Eric non se ne sarebbe mai andato di lì, non di sua spontanea iniziativa per lo meno.

- Però non sono in una cella. – aveva osservato, incapace di trattenere un accenno della sua solita arroganza.

Se poi si metteva a fare così diventava tutto ancora molto più difficile. Perché quello era l’Eric che conoscevi, che amavi, sarcastico e arrogante.

- Per il momento. –

- Mi faresti davvero arrestare, processare e condannare, ben sapendo che sarebbe l’ultima volta che mi vedresti vivo? –

C’era una lieve traccia d’incredulità nella sua voce, mista a quello che doveva essere sincero dolore. Per la tua scelta? Per ciò che aveva fatto? Non lo sapevi, ma eri certa che ci fosse.

L’avresti condannato a morte certa? Non il vecchio Eric, quello che per quanto duro e crudo aveva ancora i suoi principi su cui fare affidamento, ma questo … Questo era solo un soldato, una macchina di morte messa in mano a Jeanine. Non era l’Eric che conoscevi tu, quello che amavi.

- Hai sparato in testa a un bambino. Chiunque tu sia, non sei più l’Eric che conoscevo. –

Avevi cercato di mostrarti fredda, risoluta, ma le lacrime erano sfuggite al tuo controllo e ti avevano rigato le guance. Le avevi asciugate con rabbia, mentre un calcetto al basso ventre ti ricordava la presenza di una creaturina minuscola e indifesa. Un bambino, il vostro bambino.  

- Manderò un paio di ragazzi per condurti nella tua cella. –

Mentre uscivi dalla stanza, la sua voce ti aveva richiamato.

- Ti ricordi? –

- Mi ricordo ogni dettaglio, Eric. –

 Già, ti ricordavi anche cose che forse qualcun altro avrebbe ritenuto frivole e prive di significato perché ogni momento che avevate condiviso in quei due anni era stato ricco di significato e d’amore. Ricordavi tutto, perché un giorno vostro figlio avrebbe voluto sapere cosa era successo e sarebbe toccato a te spiegargli perché suo padre non era più con voi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

- È ora. –

Nicole si era affacciata sulla terrazza, timorosamente, pronunciando quelle due parole con voce esile. Avevi incrociato il suo sguardo e annuito.

Non si poteva rimandare in eterno. Tu, in realtà, non saresti neanche dovuta essere presente, ma dopo aver rifiutato la proposta di diventare Capofazione avevi fatto la richiesta di poter stare con lui in quegli ultimi istanti di vita. Quattro, Tris e Tori si erano detti d’accordo. Gli altri avevano avuto un po’di riserve, ma potevi leggere il rispetto che provavano nei tuoi confronti per la decisione difficile che avevi dovuto prendere. Coraggio che doveva essere premiato.

Eri entrata nella stanza, sistemandoti alle spalle di Quattro e Tris, e l’avevi osservato. Sedeva scompostamente, lo sguardo basso, l’aria febbricitante e il volto pallido come un lenzuolo. Non sembrava neanche lui, l’orgoglioso Capofazione, in quello stato. Rimase in silenzio mentre Tris recitava i delitti di cui si era macchiato.

La mano di Quattro cercò la tua, stando attento a non farsi notare, trovandola e stringendola con delicatezza. Era un tentativo debole, ma pur sempre di lieve conforto.

- Merito di morire? –

Aveva posto la domanda a Tris, ma erano i tuoi occhi quelli che aveva cercato. Voleva forse leggere la verità nelle tue iridi, scoprire cosa pensassi di lui? La verità era che neanche tu sapevi più cosa pensare. Avevi distolto lo sguardo, sentendo le lacrime che tornavano a farsi strada prepotentemente.

- Sì. – aveva decretato Tris.

- Te lo concedo. –

Le tre pistole ai tuoi piedi vennero prese da Quattro, che le caricò e le porse agli altri due capi fazione al suo fianco.

- Ho una richiesta. –

Quelle tre parole furono sufficienti a farti capire cosa avesse in mente. C’era solo una persona dalla quale Eric avrebbe accettato di farsi privare della vita.

- Cioè? –

- Voglio che sia Quattro a sparare. –

La richiesta venne accordata e mentre l’esecuzione veniva preparata nei minimi dettagli, i vostri sguardi s’incontrarono di nuovo. Eric indugiò per un attimo sul tuo ventre, nascosto dagli strati della divisa degli Intrepidi.

- Sii coraggioso, Eric. –

Le ultime parole di Quattro.

I suoi occhi, prima che il colpo venga sparato, ti dicono la stessa cosa.

“Sii coraggiosa, affronta tutto questo anche senza di me.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

- È un maschietto. –

Sono queste le parole dell’infermiera, ma tu lo sapevi già. Lo avevi sentito fin dal primo istante che sarebbe stato un bambino.

Lo guardi mentre te lo mettono tra le braccia. È un fagottino dalla carnagione chiara, corti capelli scuri e il viso un po’ meno paffuto di quanto sia solito per i neonati. Tuttavia sono gli occhi a lasciarti senza respiro.

Occhi grigi, color acciaio, che si aprono sul mondo per la prima volta e incrociano i tuoi.

Sono gli occhi di Eric, l’esatta sfumatura che avevano i suoi. Quattro è lì vicino, insieme a Zeke e Nicole, e tutti e tre sembrano capire all’istante cosa ti passa per la testa. Hai tra le braccia l’esatta copia dell’unico ragazzo che tu abbia mai amato, dell’unico che amerai per il resto della tua vita.

- Gabriel. –

È un nome forte, perché per crescere senza un genitore bisogna esserlo per forza, specie se sei un bambino e tuo padre è stato giustiziato come traditore prima che venissi al mondo.

Chiedi di rimanere da sola e vieni accontentata. Ti sdrai, tenendolo tra le braccia, e lo baci sulla fronte.

- Sii sempre forte, amore, perché il mondo lì fuori è tutt’altro che rose e fiori. –

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

Sembrano essere passati pochi istanti da quando è nato, eppure Gabriel ha già sedici anni e assomiglia a Eric così tanto da farle male. Ha il suo stesso aspetto, parla come lui, si muove persino allo stesso modo. È quasi inquietante, tanto che a volte pensi che non sia altro che la sua reincarnazione.

Poi però scacci quel pensiero perché sai di essere completamente ridicola.

Gabriel non si perderà. È forte e coraggioso come suo padre, leale e testardo come te. Possiede anche una vena di curiosità accesa, qualcosa che è solo suo e non ha di certo ereditato da te o da Eric. E c’è quell’istinto protettivo che ha nei tuoi confronti, soprattutto quando vede qualcuno ronzarti troppo intorno. Sai che si è affezionato molto a Quattro, li vedi sempre insieme, e quando gli hai raccontato che lui e suo padre non si sopportavano non ne è sembrato molto sorpreso.

“Qualche volta ci scontriamo anche noi, dice che gli assomiglio molto per certi versi, ma sono meglio per altri” ti ha detto, una volta, e tu non hai potuto fare altro che sorridere e annuire.

Gabriel è migliore di entrambi i suoi genitori, di questo ne sei sicura. È tutto ciò che tu ed Eric avevate sempre sognato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[1.743 parole]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Questa OS mi frullava in testa da un po’ e finalmente questa mattina mi sono decisa a scriverla. È un po’ uno spoiler della prossima long “I will love you until my last breath”, però ero ispirata e ho voluto scriverla comunque. Spero che vi sia piaciuta e sia riuscita a toccarvi almeno un po’ (personalmente mi sono commossa, ma forse è solo perché sono un prodotto della mia mente e sono tremendamente affezionata a loro come coppia). Fatemi sapere che ne pensate. Alla prossima.

Baci baci,

               Fiamma Erin Gaunt

  
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