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Autore: Mr Thriller    18/07/2014    2 recensioni
Solitudine. Vivere la propria vita, senza degnare gli altri di uno sguardo.
Cosa potrà capitarti?
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Venerdì 7 Gennaio

Edward Bach stava tornando a casa. Era appena finito il periodo natalizio e la gente stava ancora togliendo gli addobbi dalle strade della grande città. Tutta l'atmosfera dei giorni precedenti sembrava dissolversi con queste azioni. Sentiva sotto i suoi piedi gli scricchiolii della grandine che precipitava già da parecchie ore. Di tanto in tanto si soffermava a guardare vetrine di negozi svuotati dalle compere. Ogni anno era l'esatta copia di quello precedente.

Era un uomo di media statura, capelli leggermente diradati. Indossava sempre una camicia bianca abbinata ad un paio di pantaloni non troppo eleganti per il lavoro. Le persone lo giudicavano introverso, in realtà lui non amava molto stare con gli altri, perché pensava fosse già troppo impegnativo occuparsi della propria vita.

Arrivò nel cortile di casa verso le 7.00 di sera, proprio nel momento in cui la signorina Green usciva dal portone.

Era nuova di lì, o comunque lui non l'aveva mai vista prima del mercoledì precedente. L'aveva incontrata quel giorno e subito aveva provato disprezzo. Gli aveva sorriso. Nessuno gli sorrideva mai e lo trovava giusto, perché non ha senso un gesto del genere fatto davanti ad una persona estranea, se non si sa neanche cosa gli passi per la testa.

Buonasera, come sta?”

Edward ci mise qualche secondo a capire che stesse parlando con lui. Non era solito scambiare due chiacchiere con i vicini. “Lasci stare...”, rispose con esitazione.

La donna frugò nella sua borsetta rossa in cerca di qualcosa, poi disse “Oh, passa il Natale, poi bisogna riadattarsi al lavoro. E come se non bastasse, guardi che tempo!”

Già, probabilmente è così”, borbottò a bassa voce.

Bene, adesso devo andare, arrivederci!”, esclamò affrettandosi verso la strada, dopo aver preso il cellulare ed aver composto un numero.

Edward viveva in un edificio vecchio e trasandato, ma ci si era abituato con il passare degli anni. Spalancò la porta e iniziò a salire le scale. Si sentì travolto dall'odore di pesce che proveniva dall'appartamento accanto al suo e pensò che avrebbe dovuto suonare al vicino per mettere in chiaro le cose. Non lo fece. Forse lui non era la persona adatta per quel genere di discussioni.

Appena appoggiò il piede sul terzo gradino, gli balzò addosso un gatto grigio con una macchia bianca sul dorso. Non l'aveva mai visto, eppure non era la prima volta che riceveva visita da animali randagi. Raggiunse velocemente la porta del proprio appartamento al terzo piano e l'aprì con cautela per evitare di romperla come la settimana precedente.

Si sentì sollevato non appena riuscì ad entrare e a isolarsi dal caos di fuori. Viveva solo. Dopo aver riposto la ventiquattrore sul tavolo della cucina, si buttò sul letto. Pensò alla giornata trascorsa, alla solita giornata in ufficio. Rifletté poi per una decina di minuti su cosa mangiare per cena, così decise che gli sarebbe bastato un sandwich. Ritornò in cucina e prese del pane confezionato quasi scaduto, ci infilò dentro due fette di prosciutto cotto e della maionese. A questo punto si concesse di portare a tavola una lattina di birra mezza vuota, perché nonostante se lo ricordasse a malapena, era sempre il suo compleanno. Quarantotto anni. Come passava il tempo.

Finì il panino, prestando attenzione a non lasciare briciole in giro, dopodiché si alzò. Stava per andare a dormire quando notò che aveva lasciato impronte di fango dappertutto, e si affrettò a ripulire.

Dieci minuti dopo, stanco morto, si coricò a letto. Questo era il momento della giornata che in assoluto preferiva, perché poteva finalmente rilassare la mente, pensare a tutto ciò che non poteva pensare in altre occasioni. Si ritrovava a riflettere perciò sulle sue passioni, la pesca e il nuoto, alle partite di baseball, o persino agli anni passati della sua giovinezza. Fino a quando si assopiva. Quel giorno non poteva sapere che l'indomani la sua vita sarebbe cambiata.


Sabato 8 Gennaio

Alle 10.00 Edward Bach si svegliò di soprassalto. Aveva la fronte imperlata di sudore e il suo volto era di un rosso sanguigno. Non era stato un incubo come tanti altri a spaventarlo a tal punto. La cosa più inquietante non era un essere mostruoso che insegue bambini nei boschi o che li osserva dall'armadio. Era lui stesso. Proprio così. Era stato un sogno reale. Lo rappresentava così come era. Lui si trovava sospeso in aria a pochi metri sopra le teste della gente, che procedeva senza fermarsi, nonostante il suo bisogno d'aiuto, le sue implorazioni. Loro continuavano a svolgere i propri compiti, come fossero attori in un film. Eppure Edward aveva la sensazione che gli altri lo notassero, ma non volessero aver a che fare con lui.

Si levò a sedere, ancora sconvolto e nauseato dalla vista delle teste altrui. Andò in bagno e si lavò la faccia. Rimase a fissarsi nello specchio per secondi interminabili. Si vestì, e dopo aver fatto una colazione a base di cereali, la stessa confezione che portava avanti da tre settimane, e una tazza di caffè, uscì sbattendo la porta, incurante di quello che sarebbe potuto succedere. Per fortuna nessuno sembrò sentirlo. Ci sarebbe mancato anche qualche rimprovero dei condomini.

Uscito dall'edificio si incamminò verso l'automobile, parcheggiata tra due Ford che non avevano niente da invidiare alla sua. Proprio mentre cercava le chiavi, la signorina Green gli passò accanto senza degnarlo di uno sguardo. Lui alzò la testa per un momento, cercando di capire il motivo del suo comportamento, ma non ebbe il tempo di vederla, perché si era già chiusa la porta alle spalle. Evidentemente non era l'unico ad aver dormito male. Comunque, mise in moto e partì per il centro con l'obiettivo di fare provviste per la settimana seguente.

Impiegò circa mezz'ora per arrivare al supermercato, poi altri dieci minuti per trovare parcheggio, che gli fu lasciato da una famiglia che sembrava avere fretta di andarsene.

Scese dalla macchina ed entrò con gli stessi sacchetti che usava da due anni.

Da quando superò la porta girevole tutto cominciò ad andargli storto.

Era diventato ormai pratico nel fare la spesa da quando aveva divorziato cinque anni prima. Puntò subito alla verdura, che riusciva a trovare scontata quasi tutte le volte: non era una di quelle. Prese della frutta, della pasta e dei cereali.

Intanto osservava incuriosito le persone che gli passavano vicino. C'era qualcosa di strano nei loro sguardi, nel loro atteggiamento. Sembrava che avessero qualcosa da nascondere, eppure non provava fastidio ma interesse.

Arrivò al reparto surgelati con l'intenzione di prendere del pesce, ma poi si ricredette quando aprì il portafogli. Andò quindi alla cassa e aspettò il proprio turno.

Era l'ultimo della fila. Sembrava impossibile che nessuno arrivasse dietro di lui, data la grande quantità di gente che vi si trovava il sabato. Eppure era così, visto che al suo turno era rimasto il solo. Si avvicinò al nastro trasportatore della cassa per appoggiarvi gli acquisti, ma in quel momento si bloccò. La cassiera si stava alzando lentamente, e come se niente fosse, prese una borsa rosa appoggiata al suo fianco e si allontanò verso l'uscita. Edward Bach provò tre emozioni diverse in un secondo. La prima fu rabbia per essere stato preso in giro. Poi vide una scritta appena davanti a sé: CASSA CHIUSA. Questo gli diede una sensazione di disagio. Dopodiché un brivido gli risalì la schiena e solo allora si accorse di provare paura.

Si mosse di scatto per raggiungere un'altra cassa, ma inciampò su una pila di cestelli e cadde a terra. Nessuno si preoccupò di lui. Si alzò lentamente sulle ginocchia. Gli girò la testa. Chiese aiuto. Niente. Allora capì. Il sogno. Le persone non lo ignoravano, loro non potevano vederlo. Il mondo intero si ribellava a lui perché lui non sapeva relazionarsi con il mondo. Si isolava e sembrava non accorgersi degli altri, ora gli altri non si accorgevano di lui. Questa era la sua punizione.

Si mise a urlare, quando un fischio acutissimo si propagò nell'aria, un interminabile fischio.

NO, TI PREGO!”, urlò intontito.

Schiacciò le mani sulle orecchie talmente forte che sentì un dolore lancinante. “BASTA, NON CE LA FACCIO! PERDONATEMI, NON...” Ma il fischio non cessava e, anzi, si amplificava, si amplificava, ...



Sabato 8 Gennaio

Alle 10.00 Edward Bach si svegliò di soprassalto. Aveva la fronte imperlata di sudore e il suo volto era di un rosso sanguigno. Non era stato un incubo come tanti altri a spaventarlo a tal punto. Era stata la realtà!

Uscito dall'appartamento andò nel parcheggio, dove incontrò la signorina Green che tornava a casa. Lui non si preoccupò più di tanto quando la vide procedere senza fermarsi .

Lei continuò fino al portone, poi si girò dicendo: “Mi scusi, le sono cadute le chiavi...”

Lui la fissò per un momento, poi la ringraziò. Per la prima volta provò veramente gratitudine.

Ehm... la porta si è bloccata!”, continuò la signorina mentre lui saliva in macchina.

Aspetti un momento, arrivo subito!”, disse con cortesia mentre le si avvicinava. “Lasci fare a me...” Aprì la porta.

Passò un momento di silenzio.

Posso sapere il suo nome?”, gli chiese.

Lui le tese la mano. “Edward Bach, e lei?”

Sophie Green”, rispose.


FINE

   
 
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