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Autore: Vitya    19/07/2014    4 recensioni
Sasuke odiava quella vita, era paradossale come si fosse trasformato in tutto quello che più odiava, ma tutto era successo a causa di una "serie di sfortunate conseguenze" che, pian piano, aveva smesso di gattonare e ora riusciva a stare in piedi senza il suo aiuto. Il suo nome? Rin.
-Mi scusi, lei chi sarebbe? -
-Piacere di conoscerla, sono Uzumaki Naruto, il maestro di Rin. -
-Era da tanto che non vedevo un maestro così di bell'aspetto. -
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Nuovo Personaggio, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Buon pomeriggio gente! :D Era da un po' che avevo questa idea in mente e non vedevo l'ora di pubblicarla ^_^ Spero che nonostante la storia sia ancora all'inizio possa incuriosirvi almeno un po', in caso vi piaccia lasciate un commento che a me fa sempre piacere sentire le vostre opinioni e anche le vostre critiche. Bene, un bacione e buona lettura :*
 

Tutto per Rin

Cap 1: La scelta giusta
Il giovane ruotò sullo sgabello appoggiando i gomiti al bancone della discoteca, sorseggiando in tutta tranquillità il suo martini bianco. Odiava quei posti, troppo affollati, troppo rumorosi, troppo dannatamente afosi, però dato che Suigetsu aveva insisto tanto a trascinarlo lì alla fine aveva accettato. Guardava incuriosito verso la pista da ballo, analizzando uno ad uno tutti gli individui che il suo sguardo scuro riusciva a catturare: c’era chi fingeva di ballare, chi ci provava e chi, con enorme orrore, pensava che agitare le braccia in aria e sculettare a ritmo di una canzone terribilmente commerciale potesse essere definito “danza”. Questi ultimi si riconoscevano subito, erano soprattutto ragazzine tra i quattordici e diciannove anni che si sentivano Venere scesa in Terra e pensavano che ogni essere umano di sesso maschile dovesse cadere ai loro piedi con un battito di ciglia. Davvero tremende.
-Che generazione disastrata – pensò amareggiato svuotando il suo bicchiere, fissando per l’ennesima volta il vetro vuoto. Peccato che anche lui ne facesse parte.
-Quanti te ne sei bevuto? – gli chiese all’improvviso l’amico dai capelli bianchi, sedutosi accanto a lui.
-Ho perso il conto – rispose porgendo il bicchiere al barman il quale, a quell’implicito gesto, glielo riempì nuovamente di liquore trasparente, apparentemente identico all’acqua.
-Allora vuol dire che ti stai annoiando. –
-Odio queste serate di merda – commentò osservando le luci psichedeliche che provenivano da dietro il bancone riflettersi e rifrangersi prima nel vetro e poi all’interno del liquido stesso, formando strane figure colorate.
-Andiamo, Sasu, perché non provi a divertirti? – propose indicando con gli occhi viola un gruppetto di ragazze poco distante. Erano tutte giovanissime e non la smettevano di sbavargli dietro da quando si era seduto sullo sgabello di fronte all’angolo bar; proprio il tipo di persone per cui detestava le discoteche.
-Non sono interessato ad un gruppo di galline in vestito da zoccola – disse portandosi alle labbra il bicchiere.
-Non intendevo quelle – puntualizzò l’amico – dietro di loro, camicia bianca – chiarì con un sorriso malizioso, sfoggiando una lunga fila di denti aguzzi.
Sasuke alzò nuovamente lo sguardo, incontrando quello di un ragazzo appoggiato ad una delle colonne decorative del locale. Indossava un paio di jeans piuttosto semplici e una camicia bianca aderente che lasciava ben poco all’immaginazione e, a giudicare da come lo fissava, sembrava volere un po’ della sua compagnia.
-Va già meglio – rispose il bel moro, senza staccare i propri occhi pece da quelli dell’altro – che ore sono? –
-Quasi le tre, dovremmo tornare a casa. –
-Spero che non ti dispiaccia se dopo una serata così barbosa vado a divertirmi un po’ – concluse bevendo il martini tutto d’un fiato e abbandonando il bicchiere vuoto sul bancone.
-Ti  aspetto in macchina – mormorò Suigetsu con un sorriso malizioso.
L’Uchiha si diresse dritto verso il bagno degli uomini, non senza deviare il suo tragitto per passare accanto al ragazzo e sfiorargli il fianco con nonchalance, quasi come se l’avesse fatto per caso. Continuò a camminare imperterrito, senza voltarsi, sicuro di essere seguito. Ne ebbe la conferma quando, aprendo la porta dei servizi, vide il riflesso dello sconosciuto nello specchio. Sorrise internamente, almeno non sarebbe tornato a casa senza aver concluso nulla. Spalancò la porta di uno dei bagni, incurante degli altri ragazzi presenti; non gli importava nulla della loro presenza purché non gli recassero noia. Al limite avrebbe potuto chiedere se si fossero voluti unire a loro, ma niente di più. Aspettò che il ragazzo entrasse nel piccolo bagno e, subito dopo, lo raggiunse chiudendosi la porta alle spalle.
 
Il giovane, con ancora gli occhi chiusi, chiuse la sveglia con un gesto automatico. Rimpiangeva la sua vecchia vita? Quelle continue serate passate ad ubriacarsi, girare in macchina fino al mattino e ad adescare sconosciuti per un po’ di sesso senza impegni nei bagni di qualche locale? Sì, gli mancava da morire quello stile di vita che aveva condiviso con i suoi amici fino a tre anni prima. Ora, a distanza di così poco tempo, si comportava come un’altra persona, o peggio, era un’altra persona e si sentiva dannatamente patetico se pensava a come era diventato tutto ciò che detestava. Ma il tutto era dovuto ad una serie di spiacevolissime circostanze e, adesso, ne affrontava le conseguenze a testa alta. Aveva preferito cambiare vita radicalmente e fare la scelta giusta piuttosto che scappare dai problemi e continuare a far finta che non fosse mai successo niente. Tutto sommato poteva essere orgoglioso di sé, e quella non era certo una magra consolazione.  Si alzò dal letto sbadigliando sonoramente e si diresse in bagno ancora a piedi scalzi, più attivo del solito. Svegliarsi senza avere mal di testa era uno dei pochissimi vantaggi che aveva ottenuto smettendo di andare per locali tutte le sere. Si lavò il viso con l’acqua fredda e, con cura quasi maniacale, si fece la barba eliminando ogni pelo dalle guance pallide e dal collo candido. Il suo viso dai lineamenti eleganti era incorniciato da una cascata di capelli scuri, di una stranissima tonalità che tendeva al blu scuro e ricadevano in ciuffi e ciocche scomposte che però era deciso a non tagliare, mentre i suoi occhi pece erano profondi come quelli di ogni membro della sua famiglia. Aveva appena ventisei anni, era davvero un bel ragazzo: non lo pensava per vanità o altro, però era cresciuto sentendo in continuazione commenti molto graditi sul proprio aspetto da tutti in tutte le età, così era cresciuto con la convinzione di essere un po’ un sex symbol. Convinzione che rispecchiava perfettamente la realtà dei fatti. Con un sonoro sbuffo si decise ad uscire dal bagno per andare in cucina per iniziare a preparare la colazione. Dopo aver messo il pentolino pieno di latte sul fuoco e aver acceso la macchinetta del caffè, attraversò il breve corridoio e aprì la porta della cameretta accanto al piccolissimo soggiorno. Sorrise lievemente, quello era uno dei momenti migliori della giornata.
-Rin, svegliati – esordì avvicinandosi al piccolo lettino attaccato al muro.
Eccolo lì il motivo per cui aveva dovuto cambiare tutte le sue abitudini di punto in bianco, un rompiscatole con i suoi stessi occhi e la stessa strana acconciatura a sedere di papera che aveva quando era piccolo. Era vero, odiava quella vita con tutto se stesso, però non riusciva proprio a trovare un motivo per odiare quella tenera creatura che dormiva innocentemente con i pugni chiusi. Quanto bene gli voleva … Gli accarezzò dolcemente una guancia paffuta e gli venne spontaneo sorridere; non si poteva che amare quel bambino.
 
***
 
Uzumaki Naruto, 1.68, quasi ventisei anni, tristemente single. Professione: maestro d’asilo. Il che equivaleva a dire che era un esaurito per scelta di vita, dato che spesso tornava a casa con un tale mal di testa da non riuscire a fare altro che stendersi sul divano. Però sapeva di aver fatto la scelta giusta: adorava i bambini e voleva passare con loro il maggior tempo possibile, anche se a volte erano davvero stancanti. Gli era capitato per caso sette anni prima di dover fare da babysitter per un amico dei suoi genitori e, aldilà delle sue aspettative, se l’era cavata divinamente: a distanza di anni quel moccioso di Konohamaru continuava a chiamarlo “fratellone”. Aveva deciso di provare allora a stare un po’ di più a contatto con i bambini e, dopo due anni di volontariato in ospedale per la clown terapia, si era deciso ad iscriversi in pedagogia. La notizia lasciò piuttosto sorpresi i coniugi Uzumaki, ma vedendo il proprio figlio stare così volentieri sui libri si erano dovuti ricredere. Adesso, dopo sei mesi di supplenza in una scuola materna, finalmente il biondo metteva piede nella sua nuova classe che, questa volta, avrebbe accompagnato per un anno intero. Già dalla sera prima non riusciva a trattenere il proprio entusiasmo, era impaziente di cominciare e di conoscere quei quindici marmocchi con cui avrebbe passato le sue mattine fino all’arrivo dell’estate e, finalmente, la sua curiosità veniva saziata. Osservava con attenzione, appoggiato alla cattedra, come i piccoli si divertivano a colorare sui fogli che gli aveva dato. Vedeva già alcuni pezzi di pastello sparsi sul pavimento, ma era normale che i piccoli rompessero le matite, quindi si limitò a lasciar perdere. La precedente maestra gli aveva detto che molti di loro ancora non sapevano né leggere né scrivere e che solo alcuni conoscevano i numeri. Questo un po’ lo preoccupava perché c’era da fare molto più lavoro del previsto  ma non voleva scoraggiarsi, era fiducioso nelle sue capacità. I primi giorni li avrebbe fatti giocare insieme, poi pian piano avrebbe incominciato a spiegar loro i numeri e le vocali, sempre cercando di farli divertire, così li avrebbero imparati prima e meglio. Nonostante la giovane età e la poca esperienza, infatti, il ragazzo aveva infatti capito che la regola d’oro per stare con i bambini era insegnare loro spacciando tutto per un gioco.
 
Al suono dell’ultima campanella Naruto sospirò, un po’ stanco ma felice del suo primo giorno. Aveva portato i bambini nel cortile, dove avevano fatto merenda tutti insieme e poi si era fermati a giocare a pallone, ma richiamarli all’ordine e farli risalire in classe era stata un’impresa epica. Capiva benissimo che non tutti lo vedevano già come il loro maestro e che, in quanto tale, dovevano obbedirgli, però non era facile gestire una classe dove più della metà degli alunni faceva di testa propria.
-C’è moltissimo lavoro da fare – si corresse, iniziando a raccogliere i fogli che erano rimasti abbandonati sui banchetti colorati.
Si fermava ad osservare accuratamente ogni disegno o presunto tale, anche se la maggior parte era degli scarabocchi colorati senza forme precise. Ce n’erano alcuni che ricordavano vagamente degli oggetti o delle persone, ma nonostante non fossero di un elevato livello artistico li trovò tutti bellissimi. Rimase parecchio sorpreso quando ritirò l’ultimo foglio, posato ordinatamente al centro del piccolo tavolo. Quello non poteva averlo fatto un bambino dell’asilo. Certo, alcuni bordi erano ancora imprecisi e il colore aveva lasciato degli spazi bianchi, però era disegnato troppo bene. Una stella gialla sorrideva felice accanto al sole, anch’esso dotato di faccia, e alla luna messa di profilo. Il maestro notò diverse imprecisioni nel secondo soggetto, la cui forma circolare era venuta in maniera piuttosto approssimativa, ma guardando quel pezzo di carta lo avrebbe considerato il lavoro di un bambino di quarta, forse persino di quinta elementare. In fondo a destra, inoltre, c’erano anche alcuni segni fatti con la penna blu.
-Uchiha Rin – lesse, sforzandosi un po’ per riconoscere la “H” all’interno del cognome. Quel bambino sapeva anche scrivere? 
  
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