Ombre, paura, angoscia: era questo che Elena provava in quel momento. Vedeva solo il Buio e pareva che anche il Buio guardasse lei, con i suoi piccoli occhi maligni.
Eppure, aveva un non so che di attraente, quel Buio. Riusciva a capirla come nessun altro poteva fare. Le dava sostegno con il solo sguardo.
Il Buio fece un passo avanti, afferrò la mano della ragazza, e la condusse nelle tenebre.
Lei aveva paura ma, sentendosi come stregata, iniziò a camminare.
Le parve di sprofondare nel vuoto. Mostri le si avvinghiavano alle caviglie e la trascinavano giù, sempre più giù. Ma dove? Sotto, non c’era altro che il lucido pavimento nero che risplendeva come un diamante. Alle pareti, fiaccole infuocate ardevano, ma non facevano luce. Un orologio ticchettava, ma nell'ombra era impossibile vedere che ora segnasse.
Presto Elena si accorse che nessuno la teneva più per mano: il Buio era sparito. Eppure, qualcosa di più potente di lei la spingeva a camminare, e così proseguì. Ogni passo era come una pugnalata, un solo respiro equivaleva all’Inferno.
Un momento dopo, si accasciò a terra, svenuta. Si pentì di aver seguito il Buio, di aver preso quella mano, così bianca e fredda, di aver camminato lungo il pavimento nero, senza mai guardarsi intorno per vedere dove stesse andando.
Le faceva male la testa. Non ci volle molto prima che arrivassero anche le lacrime. Ma non erano lacrime. Troppo viscose, troppo scure per esserlo. Stava morendo. L'odore di sangue aveva inondato l'aria, il sapore la stava strozzando.
Ma lei non voleva rimanere lì. Non poteva permetterselo. Il mondo la stava aspettando, ne era certa.
Improvvisamente, delle voci iniziarono a cantare. Dapprima piano, come un sussurro, poi sempre più forte. Riecheggiarono per i corridoi e nel suo stesso corpo. Parole incomprensibili che lentamente prendevano forma:
 
Se questa musica ascoltare saprai
allora svegliati e prosegui il tuo cammino
perché una magica creatura ha donato i suoi poteri
per risvegliare colui che si è pentito.

Di colpo, cessò tutto. Il dolore scomparì ed Elena fu inondata di sollievo.
Aprì gli occhi e si accorse che le tenebre non c’erano più. Al loro posto era comparsa una piacevole luce.
Si mise a sedere e, pochi secondi dopo, capì che ora si trovava nella sua camera.
Ma non poteva essere stato solo un sogno.
Nel corso degli anni, Elena si era convinta che c'era qualcosa di strano, nel mondo. Lei vedeva e sentiva cose che gli altri non percepivano, di questo era convinta. Da piccola la chiamavano pazza, così adesso aveva imparato a nasconderlo e ad osservare in silenzio.
Indugiò un attimo prima di alzarsi. Si stropicciò gli occhi e diede un ultimo sguardo alla camera per controllare che tutto fosse come prima. Controllando la sveglia sul comodino, notò che erano passati solo dieci minuti da quando si era appisolata. Strano, solitamente non dormiva proprio, di pomeriggio.
Comunque, non c'era tempo per pensare a fatti insoliti. Controllò allo specchio che i suoi capelli fossero in ordine e decise di scendere al piano di sotto.
Le spiccò subito all'occhio un pacchettino colorato appoggiato sopra la scrivania. C'era anche un biglietto: "Non aprire fino a nuovo ordine". Rigirò la scatolina tra le mani qualche volta e provò anche a scuoterla: dal suono sembrava qualcosa fatto di metallo. Non essendo estremamente brava a indovinare, decise di portarlo con sé e chiedere spiegazioni direttamente a Matteo, suo fratello.
Alla fine, però, che cos'è un compleanno senza regali?