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Autore: AlyTae    19/07/2014    2 recensioni
[SCANDAL]Haruna non è una ragazza come le altre: non pensa con la testa degli altri, ma con la sua. Non vuole studiare, e non vuole seguire le orme dei genitori. Vuole solo suonare la sua chitarra, e trovare qualcuno con cui formare una band. Ma Haruna è da sola. Esaudirà i suoi sogni?
**Storia ISPIRATA alla vera storia delle SCANDAL; sono presenti alcuni fatti imprecisato e/o inventati**
Genere: Avventura, Fluff, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO  1, Scandalous Sun

“ il lontano sole caldo,
il sole è l’esplosione di me
è abbastanza scandoloso”
 
 


Luglio 2006 ore 21, Niigata (Giappone)
 
Tic. Tac. Tic. Tac.
 
Nel silenzio della stanza, l’unica cosa si poteva sentire era il debole rumore dell’orologio. Rimbombava leggermente nel vuoto, dando allo spazio un senso di malinconia ma, tuttavia, anche di pace e tranquillità. Nessuno osava rompere quella quiete. E ad Haruna andava più che bene.
Rimaneva sdraiata sul suo letto, con gli occhi chiusi e le cuffie alle orecchie, che le sparavano dentro il cervello l’ultima canzone dei Sum 41, con quel loro sound sporco, energico e poco curato che a lei piaceva tanto.
Ogni tanto riapriva gli occhi e si guardava intorno: le pareti della sua camera, come sempre, erano tappezzate da poster di Kurt Cobain, Avril Lavigne e i KISS. Gli occhi di quelle immagini stampate sembravano guardarla negli occhi, dentro se stessa, nella sua anima; sembravano giudicarla, chiamarla, dare lei dei consigli. Haruna sentiva quasi le loro voci nella testa.
 
Stai facendo la cosa giusta? chiedevano Ne sei proprio sicura?
 
Haruna sospirò. Sì, sì ne era sicura.
Continuando a guardare la stanza, il suo sguardo cadde, come al solito, su quell’oggetto sacro che era stato la causa di tutto: la sua chitarra. La sua bellissima chitarra elettrica, Fender Stratocaster, nera e verniciata di bianco.
Suo zio gliela aveva regalata qualche mese prima, per il suo compleanno. Ricordava bene quel giorno. I suoi genitori non erano affatto d’accordo. “Deve studiare.” dicevano “Deve prepararsi per essere ammessa alla scuola superiore. Non ha tempo. La farebbe solo distrarre.”
Haruna aveva sempre amato la musica. Uno dei suoi più grandi sogni era quello di diventare una ballerina. Ballava in casa, per strada, nei corridoi della scuola, ovunque sentisse delle note. Ma non aveva mai pensato di suonare uno strumento. Fino a quel giorno.
“Una con una passione così grande per la musica non può non saper suonare uno strumento! È… è uno scandalo!” aveva detto suo zio.  Haruna ovviamente non aveva esitato a provarla. E per lei fu qualcosa di nuovo e meraviglioso. Ogni sera non poteva fare a meno di suonarla, e spesso riceveva parecchie lamentele da parte dei vicini. E dai genitori. Soprattutto dai genitori.
 
Sentì un rumore provenire dalle stanze accanto.
Ecco pensò sono arrivati.
Sentì il rumore di sua madre che si siede fragorosamente sul divano, borbottando qualcosa che non riesce a capire (probabilmente qualche lamentela sul troppo lavoro) e un tintinnio di tazzine che si scontrano, segno che probabilmente suo padre si sta preparando un caffè.
 
Ci siamo.
 
Lentamente, e un po’ titubante, Haruna si alza dal letto e raggiunge e i suoi genitori in cucina.
- Ciao tesoro!- la saluta sua madre - Scusaci tanto per il ritardo. Oggi in ufficio c’è stato un gran caos…-
- La prossima volta gliene dico due al capo!- la interrupe il padre, visibilmente furioso.
- Amore, ne abbiamo già parlato. Non attaccare briga anche al lavoro! –
Il padre sbuffò.
- Allora Haruna…- continuò sua madre – Non sei emozionata tesoro? Tra qualche giorno cominci il liceo!-
- L’hai finita la valigia? Domani parti presto.-
Haruna prese un respiro. Era sempre più tremante: - Sì, sì l’ho finita la valigia.-
- E’ una fortuna che mia sorella ti abbia permesso di stare da lei, nella sua casa a Tokyo – continuò suo padre – Di solito non ospita mai nessuno, quell’antipatica. Ma per te ha voluto fare un’eccezione.-
- Sono così orgogliosa!- strillò la madre – Una delle scuole più prestigiose della capitale! E hai passato subito il test. Che meraviglia. Con l’istruzione che riceverai là, per te sarà uno scherzo andare all’Università. Diventerai un’ingegnere, proprio come me e tuo padre.-
Haruna prese un altro respiro.
- Mamma, papà… io…-
- Se tuo zio fosse ancora vivo – sospirò suo padre – sarebbe così fiero di te.-
- Già, ma… devo dirvi una cosa.. io…-
- Ed hai ottenuto perfino la borsa di studio! – la interruppe il padre – E meno male, altrimenti sai quanto ci sarebbe costato? Credo sia una delle più costose del Giap…-
- Non ci andrò in quella scuola.-
Nel salotto della casa improvvisamente calò il silenzio. L’unico debole sottofondo era l’orologio appeso alla parete della sala.
Tic.Tac.Tic. Tac.
- Come sarebbe a dire?- disse il padre, gli occhi che ardevano di una collera nascosta.
- Non ci vado.- continuò Haruna, tenendo lo sguardo basso – Ho annullato l’iscrizione.-
Di nuovo silenzio.
Tic. Tac. Tic. Tac.
- Perché l’hai fatto?-
- Non ho mai avuto interesse per quello che fate voi. Ecco perché.-
Sua madre la fissava inorridita, e sembrava fosse sull’orlo delle lacrime. Suo padre fremeva nel tentativo di reprimere la rabbia che stava sicuramente provando. Ma nessuno pianse, ne urlò. Ancora.
Tic. Tac.
Haruna ruppe il silenzio di nuovo.
- Mi sono iscritta ad un’altra scuola. –
Nessuna risposta.
- Dove?-
- A Osaka.-
Pausa.
- E quando parti?-
- L’ultimo treno passa tra un paio d’ore.-
Tic. Tac. Tic. Tac.
 
 

L’aria fresca della notte le pizzicava la pelle. Era piacevole. Le dava un senso di libertà.
A quell’ora non c’era quasi nessuno alla piccola stazione di Niigata. Solo qualche viaggiatore, solitario e silenzioso, senza bagagli in mano; uomini con sguardi tristi sul volto, forse diretti verso mete sconosciute, alla ricerca di una vita nuova. Una vita migliore.
Un po’ come Haruna.
Ingegnere. Avvocato. Architetto. Ma cosa le importava? Fin da bambina i suoi genitori si aspettavano grandi cose da lei; l’aveva sempre spronata a studiare e ad allontanarla da ogni minima distrazione. Ricordava la sé stessa di cinque anni, piegata suoi compiti di matematica, spiando dalla finestra i bambini della sua età che andavano in bicicletta, giocavano, ridevano… la vita che aveva sempre sognato era ben lontana dalle formule di fisica.
 
- Cosa ti è saltato in mente di fare una cosa del genere? E senza nemmeno chiedere il permesso ai tuoi genitori!!-
 
Le urla di suo padre di qualche ora fa ancora le  rimbombavano nelle orecchie.
 
- Una mente così brillante… sprecata in questo modo! È uno scandalo! UNO SCANDALO!-
 
Anche i pianti di sua madre non mollavano la sua mente.
 
- E per di più, una scuola di canto e ballo… Che roba! Ma cosa pensi di fare, poi in futuro?-
- Quella è una scuola piena di artisti! Voglio imparare meglio a suonare… e voglio formare una band!-
 
Guardò l’orologio. Mancava ancora mezz’ora all’arrivo del treno per Osaka. Vide una panchina vuota e si sedette, appoggiando la valigia e la sua chitarra, protetta dalla custodia, vicino a lei.
 
- Un band! Questa è bella! Farai la fame, se speri di avere un futuro così! Finirai per diventare una drogata come tutti quei tipacci che ti ascolti!-
 
I ricordi degli urli di suo padre diventavano sempre più fievoli, coperti dalle urla di Kurt Cobain che dalle cuffie attraversavano le sue orecchie e penetravano nella sua mente.
 
- E dove pensi di stare?-
-  Ho già affittato un appartamento.-
- Con quali soldi pensi di pagarlo, eh?-
- I miei! Lavorerò!-
- Sì, questa è bella…-
 
Una luce nella notte la riportò al presente. Il treno era arrivato. Raccolse le sue cose, salì in carrozza e si sistemò al suo posto. Le poltrone del treno non erano comodissime, ma accettabili per poterci passare la notte. In più il treno era deserto, e questo l’avrebbe aiutata a rilassarsi ancora di più.
Da quando era uscita di casa non si era ancora tolta le cuffie dalle orecchie, sperando che la musica appannasse i suoi ricordi delle urla dei suoi genitori. Non volevano che partisse, era ovvio, ma quando era uscita di casa non l’avevano seguita. Forse avevano accettato la cosa, tutto sommato. Questo pensiero la fece calmare. In quel momento il treno ebbe uno scatto, e ripartì per la sua corsa. Haruna spense l’mp3 e si lasciò cullare dal viaggio, guardando sfrecciare, dal finestrino, le città del Giappone una dopo l’altra, in un turbine di colori,luci e modernità di cui il Paese del Sol Levante era tanto famoso. Poi, lentamente, chiuse gli occhi e si addormentò.
   
 
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