As seasons roll on by
Act I – The boys are back in town
Se gli anni Sessanta sono
stati gli anni del cosiddetto ‘Baby Boom’, i Settanta non possono che essere il
trionfo del ‘Io ti ho messo al mondo, adesso vedi di arrangiarti’: per esempio,
prendiamo Chris Cornell, quel dodicenne là in fondo…
Ha tre sorelline e due fratelli più grandi – quindi sua madre è troppo occupata
con Katy, Suzy e Maggie per badare anche ai figli
maschi, e specialmente al fatto che Chris abbia appena abbandonato le scuole
medie senza dirlo a nessuno – e i suoi fratelli a loro volta hanno un sacco di
amici qui nel vicinato, e per tutti è normale piantare una tenda da campeggio
in giardino, prendersi una bella sbornia e persino sperimentare droghe di vario
genere rigorosamente in compagnia, giusto?
E chi se ne frega se la sua
gang deve guidare fino alle frontiere con il Canada per poter godere di una
serata coi fiocchi in un pub – dato che Seattle non vuole fornirgli le riserve
di alcool che gli spettano – e se tornare a casa con un post-sbornia
agghiacciante, zero soldi e nemmeno l’ombra di un acido a disposizione sta
diventando sempre più arduo: sua madre è convinta che lui stia trascorrendo un
po’ di tempo in compagnia dei fratelli e degli amici, a giocare innocenti
partitelle di baseball o addirittura a carte, e chi è lui per contraddirla?
***
Act II – Dear Prudence, won’t you come out to play?
Tutti quelli lì fuori si
stanno chiedendo “perché quel ragazzetto se ne sta in casa tutto il giorno? Perché
passa tutto il tempo ad ascoltare quei fricchettoni di Liverpool?”
Sapete cosa? Ve lo dico io il
perché: perché loro sanno capirmi, mentre voi no.
La mia stanza è diventata l’unico
posto in grado di proteggermi – il mondo là fuori non è altro che una merdosa
proiezione delle nostre menti patetiche e materialiste…
E se sei stato un mezzo
drogato già a tredici anni e un anno dopo hai smesso di farti di quella merda
perché ti sentivi intrappolato in una fottutissima gabbia e non riuscivi più a
relazionarti con nessuno, che senso ha continuare a vedere sempre le solite
vecchie facce disgustose che ci sono là fuori?
Meglio stare qui, avendo bisogno di qualcosina perché sto
andando giù…
Chris osserva la propria
calligrafia, piegando un po’ la testa da un lato, dopodiché appallottola il
foglio e lo lancia in un angolo.
Dallo stereo esce I’ll Follow The Sun a tutto volume, e lui non può far altro che
chiedersi perché questi versi, nonostante sia già trascorso un anno dalla sua consapevole
auto-reclusione, non stiano sortendo alcun effetto.
***
Act III – Entering
“Ok, amico, penso che per
oggi di prove ne abbiamo avute abbastanza!” Hiro
conclude la sua linea di basso e, da dietro la batteria, anche Chris smette di
suonare.
“Deduco che Kim debba venire qui…” aggiunge il batterista, alzandosi
dallo sgabello.
“Esatto, tra circa un’oretta…
Faremo il solito – bere birra e farci quattro chiacchiere, sei liberissimo di
unirti a noi”
Chris annuisce rapidamente e
fila a farsi la doccia, trovando Kim nel salotto
quando ha finito di lavarsi.
Resta con lui e Hiro per circa una mezzoretta – il tempo di farsi un paio
di birrette e aprire la bocca per più di tre volte – dopodiché si congeda e
sparisce nella propria stanza.
“Decisamente non il classico
batterista cazzaro e logorroico, eh?” il chitarrista
si rivolge al proprio amico dopo un po’, con un mezzo sorrisetto.
“Esatto… però è un bravo
ragazzo” aggiunge Hiro, cercando il cavatappi perché
ad entrambi va l’ennesimo giro di birra.
“Beh, come sta andando?”
“Un po’ di gente ha fatto l’audizione…
alcuni sono veramente bravi ma, sai com’è, non è scattata quell’intesa,
capisci?”
“Sì sì, capisco – beh, forse
tu e Chris siete un filino esigenti?”
“Mmm,
forse…” il bassista si ferma un attimo “Senti, non è che ti andrebbe di venire
qui e suonare un po’ con noi? Niente di serio, solo per divertirsi”
“Quando? Ora?”
“Noo, nei
prossimi giorni!”
“Oh, capito… Perché, sai,
anche ora non è che abbia granché da fare…”
“… fatti trovare
qui tra dieci minuti, io e Chris saremo già pronti!”
Hiro interrompe velocemente la telefonata, facendo ridere Kim.
Venti minuti dopo Thayil li
ha raggiunti e tutti insieme s’imbarcano in una jam-session che,
inaspettatamente, frutta loro tre canzoni nuove di zecca. L’indomani compongono
altre due canzoni – tutti hanno dei sorrisoni che
vanno da un orecchio all’altro perché tutto sembra essersi incastrato al posto
giusto.
“Beh, Chris, deduco che da
ora in poi io e te non dovremo più provinare altra gente…” il bassista si
rivolge a Chris, che gli risponde con un sorriso sornione.
“Hey, hey! Non ho mica detto
che mi sarei unito a voi! Devo studiare per degli esami universitari,
vedere la mia ragazza e fare il DJ ogni giovedì sera – senza contare poi il
fatto che lavori i lunedì e i sabati e-”
“Sì, sì, lo sappiamo, Kim! Sei un uomo d’affari,
ma sono sicuro che sarai in grado di gestire abilmente anche questa nuova
seccatura, vedrai… vedrai” Hiro fa l’occhiolino a Chris e, dopo aver dato una pacca
incoraggiante a Thayil, se ne va a prendere delle
birre per festeggiare.
***
Act IV – Cool, give it, dude, we’re plastic like you
Quando formi una band,
trascorri giorni e giorni provando e componendo svariato materiale, chiedendoti
come sarà – se ce ne dovesse essere uno, siamo realisti – il tuo debutto.
E poi il giorno in cui hai l’opportunità
di esibirti di fronte ad altre persone, di dimostrare loro di cosa sei capace
finalmente arriva, e tu passi le ultime ore ad analizzare tutto fino all’esasperazione
e a chiederti se sia questa la cosa giusta da fare o se sia meglio battere in
ritirata.
Ma, una volta salito sul
palco, dai un taglio netto a tutte le seghe mentali e ti concentri
esclusivamente su quello che sei tenuto a fare.
Non te ne frega nulla di
quello che gli altri potrebbero pensare del ragazzetto imberbe dietro la
batteria la cui voce raggiunge i picchi del Robert Plant
dei bei tempi andati, o del tizio giapponese che suona il basso o del
chitarrista che pare essere sceso dall’ultimo volo New Delhi–Seattle.
Non te ne potrebbe fregare di
meno, e questo traspare dal modo in cui ti stai esibendo.
Ma dovresti sapere che c’è un
ragazzo tra il pubblico, con i capelli lunghi e un po’ cotonati e la maglietta
dei Sex Pistols, che l’ha notato: il suo nome è Jeff Ament e, nonostante le orecchie gli fischino per il casino
che state facendo, pensa che siate fottutamente
ganzi.
Il tempo dimostrerà che ha
fottutamente ragione.
***
Act V – Louder than love
“Hey, Susan! È bello
vederti qui!”
Susan Silver si gira
lentamente per vedere chi l’ha adocchiata, realizzando che non è altro che quel
ragazzetto senza un pelo in faccia che cercava sempre di attaccare bottone con
lei quando ancora lavorava da Tootsie’s.
Comunque sia, il ragazzetto ha appena finito di
cantare e suonare la batteria con il suo gruppo e, Cristo se lo fa bene!
Ed è anche stato capace di
riconoscerla anche se porta una parrucca bionda, il kimono e la sua faccia è
bianchissima per via di tutto il trucco…
“Mi sa
che ha guadagnato un bel po’ di punti, Silver!” pensa, ricambiando finalmente il suo saluto.
“Ciao…”
“… Chris,
mi chiamo Chris!” lui completa la sua frase come un fulmine, scostandosi una
ciocca di capelli che era caduta davanti agli occhi.
“Oh, è vero, Chris! Scusami,
è che è passato un sacco di tempo dall’ultima volta che ci siamo visti, e così…”
“Lo so, infatti mi stavo
proprio chiedendo quando avrei avuto l’occasione d’incontrarti di nuovo… cazzo,
forse non avrei dovuto dirlo, vero? Sono un idiota” il ragazzo arrossisce,
grattandosi nervosamente la nuca.
“Ma no, perché? Hai detto una
cosa carina, grazie” lei lo tranquillizza con un sorriso e lui fa altrettanto,
sentendosi finalmente meno impacciato “Oh, comunque voi ragazzi siete
fantastici! E lo dico sul serio, non per semplice cortesia”
“Grazie mille, ne sono felice”
il sorriso di Chris si fa enorme e tutto il nervosismo accumulato sparisce “A
proposito, stiamo cercando di procurarci una data a Vancouver, così forse
potremo iniziare ad avere un pubblico più vasto”
“Saggia idea… Un momento, hai detto
Vancouver? La settimana
prossima devo andarci per un concerto – potrei portare con me un demo della tua
band, se vi va”
“Davvero?”
“Certo, nessun
problema! Magari nei
prossimi giorni ci si vede da qualche parte e mi dai la cassetta, ok?”
E quindi il riassunto della
vicenda è questo: i giorni passano, i due s’incontrano, Susan va a Vancouver e,
una settimana dopo, incontra Chris di nuovo… i due cenano insieme e poi provano
ad andare a casa di lei, ma Susan, ahimé, ha perso le
chiavi… così Chris la porta a casa di sua madre e, da quel giorno, i due
diventano qualcosa.
Non male per una che alla
festa di Halloween non ci voleva manco andare, eh?
***
Act VI – Feel the rhythm with your hands, steal the rhythm while you can
“Come cazzo fa a…?”
Chris è seduto sul
marciapiede, ascoltando i Feedback, attualmente impegnati a suonare in uno dei
tanti localini di Seattle.
Per essere più precisi, sta
ascoltando attentamente il loro
batterista – il retro del palco non è altro che la vetrina del negozio,
così Chris può studiare tutti i suoi trucchi.
La verità è che non sa cosa
dovrebbe imparare… non sa come cazzo faccia la batteria di Matt a suonare in
questo modo.
Tutto quel che può fare è
ascoltare il ragazzo suonare come una maledetta ma sofisticata macchina da
guerra jazz, incapace di collegare il suono ai movimenti fatti dal tizio in
questione, e nient’altro.
“Beh,
penso proprio che sia questo quello che dovrebbe fare un buon batterista… Forse
il mio talento consiste in qualcos’altro” pensa, guardando la testa di Matt piegarsi all’indietro e i suoi
capelli biondi imperlarsi di sudore.
Alcuni mesi più tardi Kim, Hiro e Chris sono nel bel
mezzo della discussione riguardo cosa fare, adesso che Scott ha lasciato il
gruppo, quando improvvisamente il telefono suona.
Kim, il padrone di casa, va a rispondere con
riluttanza.
“Kim, sono Matt!”
“Matt…?”
“Matt, Matt Cameron! Il batterista degli Skin Yard – almeno,
fino ad un paio di ore fa…” il ragazzo ridacchia, facendo aggrottare la fronte
del chitarrista “Senti, amico, voglio entrare!”
“Tu vuoi cosa?”
“Voglio unirmi a voi… dai,
diventare il vostro nuovo batterista! A voi sta bene?”
Kim allontana leggermente la cornetta e si rivolge
ai suoi compagni di band: “È Matt Cameron degli Skin
Yard… ha detto che vuole fare l’audizione!”
“E tu che cazzo stai
aspettando? Arruoliamolo!” Chris esclama entusiasticamente, strappando la cornetta delle mani di Kim “Hey, Matt! Sono Chris – sì, esatto, sei ufficialmente dei nostri! Adesso ti passo il mio indirizzo e c’incontriamo
là tra venti minuti circa per provare un po’ di canzoni insieme, se per te è ok…
Perfetto, amico, ci si vede!”
“Si chiude una porta, si apre
un portone…” Hiro commenta con un sorrisetto
sornione, e tutti quanti scoppiano a ridere.
***
Act VII – All I need is one more chance to get through this season
“Famiglia Gossard? Sono Chris Cornell, posso parlare con Stone?”
“Hey, Chris! Sono io! Come va?”
“Hey, ciao! Tutto bene,
grazie… Stavi facendo qualcosa?”
“Naaah,
niente di che… ero solo stravaccato sul divano con una ciotola di cereali in
mano, a guardare una di quella classifiche del cazzo di MTV assieme a Shelly e Star…”
“Oh, bene! Perché volevo
chiederti se ti andrebbe di diventare il mio coinquilino… Sai, Peter se ne
andrà tra una settimana circa, così ho pensato ‘perché non chiedere a Gossard di trasferirsi qui da me?’ Per cui, che ne pensi?”
Anche attraverso la cornetta
Chris può percepire chiaramente il chitarrista che si gratta la nuca, cercando
di trovare le parole giuste per rispondergli: “Ti ringrazio per avermelo
chiesto, ma… no, sto bene qui! Non mi va-non mi va di cambiare casa adesso,
capisci?”
“Vent’anni
e vivi ancora con i tuoi genitori? Che cazzo…? Vabbè, presumo che gli piaccia
essere farcito come un tacchino con tutta la roba che gli cucina sua madre…
come biasimarlo?”
“Oh, ok! Va bene, non fa
niente” Chris gli risponde, pronto a riagganciare, ma l’amico riprende a
parlare.
“Ma Andy è appena uscito da
una clinica di disintossicazione… forse a lui serve un posto dove stare”
“Beh, sarebbe fantastico” il
cantante si ritrova a pensare ad alta voce: non conosce così bene Andy Wood – Landrew the Lovechild –
ma ha sempre pensato che fosse un tipo simpatico ed interessante, per cui
perché non dargli una chance?
“Perfetto! Aspetta un attimo,
ti passo il suo numero, così potete mettervi d’accordo subito, ok?” Gossard fila come una scheggia a rovistare in camera sua,
dopodiché se ne torna indietro con un foglietto.
Cinque minuti dopo Chris ha
già digitato il numero di Andy, e sta aspettando che risponda.
“Famiglia Wood… qui parla
Andy, tu chi sei?”
“Hey, Andy! Sono Chris
Cornell… sai, dei Soundgarden…”
“Oh, sicuro! Abbiamo fatto Deep Six insieme e pure qualche show! Lasciatelo dire, amico, siete una
bomba”
“Grazie! Anche la
tua band è favolosa… Comunque, ho appena chiamato Stone Gossard
e mi ha detto che stai cercando casa…”
“… e così hai pensato ‘perché
non chiedere a Landrew the Lovechild
di trasferirsi qui da me’, eh?”
“Diciamo di sì” Chris
ridacchia, percependo il sorriso sbilenco di Andy attraverso la cornetta “Quindi
affare fatto, Melrose Avenue East sta aspettando solo
te”
“Figo, sto arrivando!” Wood
riaggancia velocemente e, nel giro di un paio d’ore, ha già raggiunto la nuova
sistemazione con tutte le sue cose al seguito.
“Oh, ho già pagato l’affitto
per i prossimi due mesi, quindi dovrai pagare me per primo” subito dopo le
presentazioni Peter Cornell dà le dovute spiegazioni
ad Andy, che annuisce.
“No problem,
amico!” esclama l’ultimo arrivato, e subito dopo s’è già accomodato nella sua
nuova casa.
Dopo cinque minuti, si
rivolge al proprio coinquilino: “Hey, posso chiamare
gli altri componenti dei Malfunkshun per provare qui?
‘Sto salotto sembra avere un’acustica pazzesca! Ah, non
è che anche la mia ragazza può venire a stare qui? Vedrai, è magnifica! È messicana
e, si sa, le messicane sono delle cuoche fantastiche… ti piacerà, promesso!”
Per uno come Chris Cornell, un tipo molto introverso e che a malapena riesce a
spiccicare più di un paio di parole, questo tornado imprevedibile suona come un
simpatico shock.
Sa che accontenterà tutte le
richieste di Andy… sa che questa convivenza porterà con sé un sacco di energia
creativa e divertimento, e non vede l’ora di entrare nel vivo di quest’esperienza.
***
Act VIII – Everybody loves our town
“Hey,
Bruce! Sei in cerca di nuovi musicisti scansafatiche da reclutare nel tuo
esercito?”
Mister Pavitt
distoglie lo sguardo dalla band sul palco e si ritrova di fronte un giovanotto
imberbe, meglio conosciuto come Chris Cornell.
“Hey,
chi si rivede! Comunque lo ammetto, ‘sti ragazzi non sono male – sono di
Aberdeen ma, fino a qualche tempo fa, stavano ad Olympia… sembra che abbiano
sentito il richiamo dell’Emerald City” si ferma un attimo, grattandosi la barba
con fare pensoso “Penso che io e Jonathan… penso che gli daremo una chance, sì”
“Ottimo, questo significa che
siete il Mago di Oz, giusto?” Chris replica con un
sorrisetto, facendo ridere Pavitt.
“Esatto, possiamo
metterla così”
“Beh, sai
cosa? Stavo
pensando che è fantastico vedere quante band di talento si stiano stabilendo
qui… voglio dire, gli U-Men hanno dato il via alle danze, ma abbiamo avuto
anche i Green River e i Malfunkshun – che adesso sono
diventati rispettivamente i Mudhoney e i Mother Love Bone – e poi i Melvins,
gli Screaming Trees, i Cat Butt, gli Alice In Chains, i Fastbacks, gli Walkabouts, gli Skin Yard, i TAD,
e adesso pure i Nirvana…”
“… non dimenticare i gloriosi
Soundgarden…”
il produttore discografico aggiunge casualmente,
ed entrambi sghignazzano.
“Comunque, tu e Jonathan
state facendo uscire tutti ‘sti album pazzeschi a ripetizione, come se foste
una stracazzo di catena di montaggio! Seriamente, voi
della Sub Pop siete come manna dal cielo”
Bruce se ne sta zitto per un
po’, dopodiché avvolge le spalle del cantante con un braccio e, con un sorriso
degno dello Stregatto, esclama “Seattle conquisterà
il mondo!”
Chris lo guarda perplesso,
per poi scoppiare a ridere: Seattle sul
tetto del mondo? Cioè, seriamente?
Cornell fissa di nuovo il discografico di sottecchi e
improvvisamente si rende conto che, chi lo sa, forse stavolta Bruce ha ragione…
forse Seattle diventerà veramente la prossima New York, Athens
o Chicago… o forse resterà semplicemente Seattle, e questa sarebbe sicuramente
la cosa migliore per tutti.
***
Act IX – So I blow out the candle and I put you to bed
“Buongiorno, Re Sole! Dormito bene? Oh, ho
preparato la colazione… vuoi provarla?”
“Ehm, certo… lo chef cosa
consiglia?” Chris si accomoda in cucina, strofinandosi ancora gli occhi.
“Sorpresa pancake!”
“… e potrei sapere in che
cosa consiste questa sorpresa?”
Andy mette su una faccia imperscrutabile
– ma divertentissima – e si comporta come se nulla fosse.
“Eddai,
non voglio finirla all’Harborview… perché non vuoi
dirmi che cazzo c’hai messo dentro, eh?”
“BECAUSE I’M BAAAD, I’M
BAAAD, COME ON, YOU KNOW I’M BAAD, I’M BAAAD, COME OOON” Andy inizia a cantare
a squarciagola, accompagnando il tutto anche con un’imitazione dei passi di
danza che Michael Jackson sfoggiava nel videoclip della canzone.
Chris prende in
considerazione la possibilità di rispondergli a tono con una sua personalissima
performance di Leave Me Alone, ma ci rinuncia subito e
scoppia a ridere, specialmente ora che Xana ha fatto
il proprio ingresso in cucina e il suo ragazzo l’ha trascinata in una danza
strampalatissima.
Tra le quattro mura della sua
mente, Chris sta proiettando alcune scene particolari in cui Andy è presente:
in questo esatto istante, sta guardando Susan all’Harborview
che stringe la mano ad Andy, gli bacia la fronte e lo saluta dicendogli “Addio,
angelo”. Dopodiché può solo vedere la linea dell’elettrocardiogramma farsi
piatta e l’allarme che smette di suonare.
Ed è tutto.
Solo una fottutissima linea piatta.
Niente più Landrew the Lovechild o ‘the Heavy Metal Standup Comic of
Seattle’, come Jack Endino lo ha sempre
chiamato… niente più Andy Wood.
Il cantante sta pensando all’ingiustizia
che li sta affliggendo, quand’ecco che improvvisamente sente dei passi
diventare sempre più forti e, subito dopo, Layne irrompe nell’appartamento come
un uragano, con lacrime agli occhi che lo rendono terribilmente simile ad un
bambino che s’è perso.
Alla fine Layne scoppia a
piangere e pianta il proprio sguardo addosso a tutti i presenti, e Chris non
può che avere l’impulso di abbracciarlo e dirgli che, in un modo o nell’altro,
riusciranno a superare anche questa cosa.
Purtroppo non lo fa… nessun
altro muove un dito, e Chris non riesce a capire perché.
Sono trascorse alcune ore e
Chris, Susan e Kim stanno tornando alle rispettive
case – cercando di capire cosa fare dopo quello che è successo.
Cornell sta ancora rimuginando sulla scelta di non
consolare Layne, quand’ecco che si gira verso il proprio compagno di band.
“Sai, continuo a pensare a
Ben… è di Bainbridge, proprio come Andy, e si
conoscevano… non c’è nessuno come Ben.”
Kim annuisce e gli mette un braccio attorno alla
spalla: ha ragione, forse questo potrebbe essere un nuovo inizio.
***
Act X – You think I got my eyes closed but I’m lookin’
at you the whole fuckin’ time
Il campanello suona e Chris
si affretta ad andare ad aprire la porta, trovandosi di fronte un entusiasta
Jeff Ament, un ancor più soddisfatto Stone Gossard e l’esatta riproduzione di un Sole che sprizza
gioia da tutti i pori – meglio conosciuto come Mike McCready.
“Hey,
ragazzi! Quando mi avete detto che vi sareste precipitati qui il prima
possibile, non vi avevo preso alla lettera” li invita ad entrare con un
sorriso, e gli amici ricambiano il gesto.
“Lo so, per le lamentele
rivolgiti a Jeff Diction qui presente, grazie” taglia
corto Gossard con un accenno di sorriso,
guadagnandosi uno spintone dal diretto interessato.
“Woaaaah,
chiudi quella cazzo di bocca! Potresti provare almeno per una volta a
comportarti come una persona normale e non come il solito guastafeste che sei?”
“Ma senti chi parla! Non sono
io quello che ha praticamente demolito l’intero appartamento e i miei timpani a
causa del demo!”
“Come si suol
dire, tra moglie e marito non mettere il dito…” Mike commenta l’ennesima
scaramuccia tra Stone e Jeff, salvando prontamente Chris “Cooomunque!
La sua voce mi ha lasciato di sasso, Chris, è incredibile… Ti giuro, mi sto
ancora domandando se stia veramente succedendo a noi, non ci posso credere”
Cornell sorride alla sincerità di McCready
e gli dà un’amichevole pacca sulla spalla: “Sono contento per voi, Cready… lo sono per davvero”
La verità è che è difficile
voltare pagina e lasciare Andy tra le cose del passato… ma è altrettanto
difficile essere capaci di ritrovare la forza necessaria per ricominciare
daccapo – e i ragazzi sembrano esserne in possesso – quindi meritano
sicuramente soltanto il meglio, giusto?
“Giusto.”
pensa, mentre Ament sta smanettando freneticamente con lo stereo e Gossard continua a sfotterlo.
Subito dopo il nastro
incomincia a girare e Chris non può far altro che pensare che qui – nascosta tra
la custodia, la calligrafia e la cassetta in sé – c’è una vera persona.
C’è un ragazzo e, anche se
non l’ha ancora incontrato, sa che lui è lì – che in questa cassetta c’è tutto
quello che dovresti sapere su di lui.
È vero, è solo una voce, ma è
abbastanza per sapere che Eddie è autentico… che è ancora vivo.
“Ragazzi, possiamo provarla
un’altra volta? Non è che l’abbia cantata così bene…”
“Aspetta… di nuovo? Non possiamo concentrarci su
qualcos’altro e provare ‘sto pezzo più tardi – magari pure domani? Non penso
proprio che-”
“Eccheccazzo,
Gossard, ha solo detto che vuole riprovarla! Non ha
mica detto che ti vuole pisciare in faccia, giusto?!”
“Oh, mille grazie per la tua
delucidazione, ma è la ventesima stracazzo di volta
che la stiamo provando, Ames! Testa di cazzo, ti
credo che non c’arrivi! Tu suoni solo le stronzatine
facili, eh?”
All’ennesima scaramuccia
gentilmente fornita da Ament e Gossard,
Cornell alza un attimo gli occhi al cielo, dopodiché
inizia a giocherellare con la propria fede; non nota – nessuno lo fa, nemmeno
Mike o Matt – Eddie avvicinarsi lentamente al microfono per poi cominciare a
cantare la stramaledetta parte che lui non è riuscito ad eseguire
correttamente.
“Manco
mi ricordavo che fosse qui…” pensa,
mentre Vedder finisce di cantare a se ne ritorna
rapidamente nel proprio angolino buio e nascosto.
“Ed,” Chris apre nuovamente
bocca, avvicinandosi all’altro “Credo proprio che dovremmo condividere questo brano…
l’hai appena fatto tuo.”
***
Act XI – I’m looking California and feeling Minnesota
Tutto era cominciato con la
storia del “Chris Cornell
è un magnifico cantante a cui ispirarsi… fa parte di una band di Seattle che si
chiama Soundgarden, fanno ottima musica”, poi
Susan aveva trionfalmente annunciato che avrebbero aperto un bel po’ di
concerti dei Guns n’ Roses –
anche se loro erano più interessati al merchandising contenuto nella scatola
che aveva tra le braccia piuttosto che all’eccitante
notizia in sé – e infine avevano dovuto avere a che fare con gli stadi e
tutto il fanclub dei GN’R… ma, porca di quella puttana, non avrebbero mai previsto una cosa come
quella che stava accadendo proprio adesso, di fronte ai loro occhi.
Nemmeno Mark Arm ha mai osato fare tanto – e tutti a Seattle sanno
quanto cazzo sia fuori di testa il tizio in questione – ma è universalmente
riconosciuto il fatto che i Guns n’ Roses siano degli esperti nel mandare a puttane tutto…
“Non il
mio dannatissimo set d’apertura, però!” pensa Chris, mentre Duff, Slash e Matt Sorum sono sul palco, intenti a sbattersi delle bambole
gonfiabili.
Improvvisamente gli torna in
mente Ben, così il cantante incomincia a cercarlo, preoccupato per il tipo di
reazione che potrebbe avere.
Cornell trova Shepherd alla
propria sinistra – testa bassa, basso rigorosamente sotto le palle – e ringrazia
il cielo di non dover avere a che fare con lui, specialmente ora che Slash è
appena caduto a terra, rivelando così di essere nudo come un verme.
“Perché Axl non ha obbligato il suo staff ad installare il monte
Fuji come elemento della scenografia? Adesso sarebbe proprio utile, cazzo”
***
Act XII – Whatsoever I’ve fought off became my life
“Non ce ne andremo di qui
finché non ci avrete detto che siamo heavy metal!”
Kim, Matt e Ben ridacchiano, così come il
pubblico, mentre Chris continua a fare il pagliaccio, incitando il pubblico ad
esaudire la sua richiesta.
Dopodiché legge rapidamente i
suoi ringraziamenti e fa spazio agli altri componenti della band – sorridendo quando
Matt, in una delle sue migliori performance da figlio modello, ringrazia sua
madre per avergli permesso di suonare la batteria sin da quando era un
ragazzino.
Le uniche cose che mancano
all’appello sono la birra e il cibo gratis e Tony Bennett, ma è sicuro che ci
saranno altre occasioni per incontrarlo e accasare finalmente sua madre con
lui.
Sono quasi le cinque di
mattina: la camera da letto è ancora immersa nella penombra e Susan deve sbattere
le palpebre un paio di volte per potersi così abituare all’oscurità.
Non appena gira fianco, si
accorge che il posto accanto a lei è vuoto; la donna resta in silenzio,
chiedendosi dove Chris possa essere andato a cacciarsi, quando improvvisamente
sente un gemito soffocato.
Susan si sporge
immediatamente dal letto, trovando suo marito per terra, appallottolato come un
riccio e singhiozzante.
La donna si alza e lo
raggiunge, ma viene scacciata e, dopo l’iniziale riluttanza, non può far altro
che ubbidire.
I tempi in cui la band ha
vinto due Grammy – alla fin fine è successo soltanto
nove mesi fa – e se ne stava praticamente sul tetto del mondo sembrano lontani anni
luce… per non parlare dei tempi in cui si divertivano ancora facendo il loro lavoro.
Susan sospira e se ne torna a
letto: sa però che non riuscirà più a chiudere occhio.
Sa che fuori sta sorgendo un
nuovo giorno pieno di nostalgia e brutti pensieri e, purtroppo, questo lo sa
anche Chris.
***
Act XIII – I stumbled on and all the world fell down
“Chris, non puoi nemmeno
lontanamente immaginare quanto sia sollevato in questo momento…”
Chris guarda il chitarrista
un po’ sbigottito, ma è una sensazione che dura soltanto per una manciata di
secondi: “Già, anche Matt ha detto così…”
“Oh, hai visto Matt?”
“Sono andato a casa sua un
paio di giorni fa, ed era felice di vedermi, così mi ha fatto sentire un paio d’idee
per il gruppo… Le ho ascoltate – e devo dire che erano veramente buone – e non
ho avuto il coraggio di dirgli il vero motivo per cui ero andato a trovarlo… Ma
in qualche modo dovevo farlo, e così ho vuotato il sacco tutto d’un tratto, e
sai che ha detto? ‘Beh, è un sollievo – devo ancora capire come potremmo andare
avanti dopo quel che è successo a Honolulu’… Penso che la mia mandibola sia
ancora sul pavimento della sua cantina”
“Già, posso immaginare… Ma
non puoi biasimarlo, ha assolutamente ragione” Kim concorda
con il batterista, e Chris annuisce con il capo “E Ben? Come ha reagito?”
A queste parole il cantante
trasalisce ma se ne sta zitto, mentre la stanza sembra riempirsi solo della
puzza di alcool emanata dai suoi vestiti – e anche dal suo corpo.
“Non l’ha presa bene, vero?”
“È solo che-” Chris sospira, per poi riprendere a parlare “Non ha
avuto una delle sue reazioni eclatanti, sai? Ed è quello che mi ha sconvolto,
anche se potevi comunque vedere quanto cazzo lo avessi ferito… Mi sono sentito –
e mi sento ancora – una merda, Kim”
“Sai com’è fatto: sembra
sempre che possa mandare tutto a puttane senza che gliene freghi un cazzo, ma
credo che ora come ora sia l’unico che creda ancora nella possibilità di
superare tutti i casini che stiamo attraversando… O, almeno, lo credeva fino a
quando non gli hai dimostrato il contrario”
“Già, lo penso
anch’io… Ma sai cos’è la cosa più
assurda? L’ho
incontrato nel vialetto di casa sua ed era in compagnia di alcuni tizi con cui
ha suonato – anzi, erano pure i fratelli di Andy – e ce ne siamo andati tutti
in casa… e, dopo un po’, un amico di Ben se n’è venuto fuori con la storia che
era l’anniversario del giorno in cui si sono sciolti i Beatles, così gli ho
passato istintivamente la mia bottiglia di… non so cosa… Canadian Club? Forse?
Comunque, ho passato la mia bottiglia a Ben e lui ha fatto un brindisi in onore
di questa stracazzo di ricorrenza, e poi gli ho
chiesto se potevamo parlare da soli, così siamo andati in cortile e gli ho
detto tutto. E sai
che cazzo ha fatto? Ha guardato
per terra, c’ha sputato sopra e ha detto ‘Oh, va bene’. Proprio come quando gli
avevamo chiesto di unirsi a noi – escludendo tutta la parte del ‘cazzo, certo
che sì!’… Proprio come allora. Puoi crederci?”
Kim Thayil sta per
rispondergli, ma non fa in tempo: Chris Cornell se n’è
andato di nuovo.
***
Act XIV – You tell yourself a hundred thousand times nobody ever lives
forever
Il primo ad andarsene, tutto
d’un tratto, è stato Andy: è stato in quel periodo che Seattle si è ritrovata
completamente persa, quindi il successivo circo di promesse sacre – e non mantenute – riguardo disintossicazioni
ed eventuali redenzioni non è stato altro che una naturale conseguenza di
quella perdita.
Quattro anni dopo Superunknown era appena diventato numero uno in
America quando avete scoperto che Kurt si era fatto saltare la testa in aria;
non ricordi molto di quella sera – in seguito Kim
aveva ammesso di non aver mai visto così
tanti ragazzoni dai capelli lunghi, solitamente chiassosi, letteralmente
distrutti – ma riesci comunque a rivedere te stesso intento a dire “Mi
dispiace” a Ben, per poi dargli un lungo abbraccio con le lacrime agli occhi. Lui
è paralizzato, quasi fosse un manichino inerme fra le tue braccia, e non può
far altro che pensare a tutte le volte in cui ha provato a contattare Kurt
senza alcun successo, perché aveva un
brutto presentimento.
Successivamente era stata la
volta di Shannon Hoon: la
sua scomparsa era stata un duro colpo – specialmente per il fatto che tu abbia
sempre notato molte somiglianze fra lui e Andy… entrambi erano sinceri, un po’
ingenui e a tratti persino infantili, con degli occhi grandi e lineamenti da
cherubino, per cui perdere Shannon aveva fatto
riemergere moltissime cicatrici – non si erano mai rimarginate, e probabilmente
non lo faranno mai.
“Devo
ancora ritrovare la collana con la forchetta che mi ha regalato…” pensa Chris, prendendosi una breve pausa da
questa dolorosa passeggiata nel suo personalissimo palazzo della memoria; poco
dopo sospira e riprende il tour da dove era stato interrotto.
Erano trascorsi un paio di
anni quando, come un fulmine a ciel sereno, era morto anche Jeff Buckley: forse
la sua era stata la scomparsa più dolorosa di tutte, dato che dietro non vi era
lo zampino della droga… nessuno avrebbe potuto prevedere una fine del genere:
era andato a farsi una nuotata e il fottutissimo Wolf
River aveva deciso di tenerselo tutto per sé.
“And everywhere you
think you see them walking down the street, when you miss somebody…”
E ora sei qui, vicino alla fontana
del Seattle Center, intento a camminare a testa bassa mentre dagli altoparlanti
la voce di Layne fuoriesce potente come sempre.
Eddie è al tuo fianco – ti ha
solo accennato velocemente di aver scritto qualcosa su Layne e tu gli hai
rivolto l’ombra di un sorriso, e da allora se n’è rimasto zitto – e siete
entrambi contenti che i fan degli Alice In Chains non
vengano a rompervi i coglioni.
All’improvviso incrociate
Jeff Gilbert – il DJ di KZOK – che
si affretta ad abbracciarti.
“Va tutto bene, Chris?” ti
chiede piano, quasi per paura di disturbarti.
“Non va mai tutto bene in
queste situazioni, Jeff… mai.” sospiri, andandotene poi via con Eddie – che sembra
veramente distrutto – con l’intenzione di cercare Jerry.
Lo trovate in un angolo e lui
ti saluta con un sorrisetto appartenente al Jerry dei bei tempi andati,
probabilmente per via dei tuoi capelli.
“Ehm, non sapevo che altro
fare…”
“Non preoccuparti, a lui
sarebbero piaciuti… andava piuttosto fiero di tutte le troiate che si faceva ai
capelli, eh?” sorride ancora, per poi abbracciare sia te che Eddie.
La funzione si svolge il 28
aprile, su un’isola non troppo distante dall’Emerald City, così dovete prendere
tutti un traghetto per recarvi sul posto – durante il viaggio ti fumi delle
sigarette in compagnia di Mike Inez, standovene
seduti a prua, entrambi ad ascoltare il suono delle onde in un religioso
silenzio.
La cerimonia è intima e
toccante: tu e le sorelle Wilson vi esibite in una versione di Ring Them Bells di Dylan – che Layne aveva a sua volta inciso con
le due componenti delle Heart – Lanegan
canta la sua Last One
In The World e il programma del funerale include anche una profonda e
commovente eulogia scritta da Barrett Martin.
Alla fine del giorno ognuno
fa ritorno alla propria vita, chiedendosi quanto lutto li stia ancora
aspettando dietro l’angolo.
Speri soltanto che questa
strada sia tutta diritta.
***
Act XV – I’ve been drinking life while you’ve been nauseous
“Che
cazzo ci faccio qui?!” pensi,
mentre lo staff di Mark Romanek ti piazza esattamente
al centro di una piattaforma sospesa, quasi fossi una bambola di pezza.
E, in un certo senso, un po’
manichino lo sei: venti minuti fa te ne stavi ancora alla clinica di
disintossicazione, mentre adesso sei… dove
cazzo sei, Cornell?
Non hai ancora visto Tom,
Brad e nemmeno Tim, e tutto quello che al momento sei in grado di fare è
soltanto sperare che questa tortura finisca il prima possibile: da quando te ne
sei andato in comunità, il quindicenne che passava i suoi giorni trincerato
nella propria stanza è riemerso prepotentemente.
“And so I drink to
health, while you kill yourself…”
Era iniziato tutto con le
birre e la tequila e la vodka scolate durante le innumerevoli scorribande in
Canada – tu, un tredicenne come tanti altri, volevi soltanto goderti la tua
giovinezza al massimo, proprio come i tuoi fratelli – per poi protrarsi negli
anni successivi; non potevi trovare Chris senza una bottiglia di alcool ben stretta
tra le mani – e pure nel suo stomaco.
Poi era arrivato il momento
di Euphoria Morning che,
nonostante il nome, non era stato affatto un momento gioioso: avevi smesso di
mangiare, diventando così il cuscino di ossa che avevi nominato in uno dei tuoi
ultimi brani.
I deboli tentativi di darti
una regolata erano serviti a ben poco: paradossalmente, l’anoressia e l’alcool
avevano divorato i tuoi rapporti sia con Susan che con la piccola Lillian Jean, portandoti così alla decisione di entrare
finalmente in una struttura specializzata nel combattere le dipendenze, ed è
ancora lì che te ne stai.
Comunque, contrariamente a
quello che stai cantando in playback proprio in questo istante, non vuoi che
nessuno ti capisca: non sei Cochise, non sei un leggendario capo degli Indiani d’America…
non sei un martire, né tantomeno un
profeta.
***
Act XVI – Never would have guessed you’d fill my open arms
“Vuoi tu, Christopher John Cornell, prendere come legittima sposa la qui presente Vicky Karayiannis?”
Chris trasalisce un po’,
preso alla sprovvista: non lo ammetterà mai, ma si era incantato a guardare
quant’è bella Vicky nel suo abito di tulle
rigorosamente bianco.
“Certo! Cioè, voglio dire, sì…
Lo voglio.” si affretta a correggersi, mentre la sua quasi-moglie scoppia a
ridere.
“E vuoi tu, Vicky Karayiannis, prendere come
legittimo sposo il qui presente Christopher John Cornell?”
“Lo voglio.” sorride lei,
profondamente emozionata.
“Ebbene, io vi dichiaro
marito e moglie… Ora può baciare la sposa.”
“Eddai,
papàààà! Dobbiamo per forza starcene qui a guardare
questa cosa? È roba da femmineeee!”
“Oooh, stai
zitto, Chris!” Toni
zittisce immediatamente il fratello mollandogli uno spintone, gesto che fa
ridere di cuore i loro genitori.
“No, Lil
C, hai ragione… Prendi la tua mazza da baseball, così ce ne andiamo un po’ fuori
a fare un paio di lanci come si deve…” Cornell senior
arruffa i capelli del figlio, ed entrambi si dirigono verso il cortile.
“Mamma, non è che potresti
riavvolgere un po’ la videocassetta? Sai com’è, lo zoo ha aperto le gabbie e
non sono riuscita a sentire nulla, uff”
“Certamente, cara… certamente”
Vicky ride e, mentre cerca il telecomando, ne
approfitta per dare un lungo abbraccio alla piccola Toni.
***
Act XVII – I’ve been away for too long
@chriscornell: The 12 year break is over & school is
back in session. Sign up now.
Knights
of the Soundtable ride again! www.soundgardenworld.com
Chris preme “Twitta”, per poi girarsi con un sorrisetto soddisfatto.
“Beh, che ve ne pare?”
“Notevole, Cornell… una minchiata sulla scia dei Cavalieri dell’Apocalisse,
se devo essere sincero” Shepherd si tocca il mento,
mentre un ampio sorriso inizia a farsi spazio sulle sue labbra, e il cantante
si fa una bella risata.
“Esattamente! Penso che un po’
tutti i media si metteranno a scrivere che lo stiamo facendo a causa della reunion degli Alice In Chains –
per non parlare poi dei Pearl Jam…”
“Hey,
amico, chiudi il becco! Ti ricordo che abbiamo una spia in incognito fra noi!”
Ben indica scherzosamente il batterista che, a quelle parole, scoppia a ridere
e lo invita ad andare a cagare.
“Io credo proprio che là
fuori la gente inizierà ad andare fuori di testa… voglio dire, fino a qualche
mese fa ti riferivi a quest’evento come se fosse stato una stracazzo di peste o qualcosa del genere” Matt interviene
nella conversazione, rivolgendosi a Chris e ridacchiando, ma si zittisce
immediatamente perché Kim sta muovendo la propria
birra, chiaro segnale di come egli voglia fare un brindisi in onore della
piacevole novità.
“Niente, volevo solo augurare
a voi baldi giovini un felice 2010 e… che
la Forza sia con voi, ecco.”
“… in passato la gente si azzardava
sul serio a chiamarci ‘Frowngarden’? Porca puttana, ‘sta cosa è spassosissima!
Se solo potessero vederci ora…
direi che Clowngarden ci si addice di più, eh?”
***
Act XVIII – Walk with me
«È-è difficile da-da spiegare,
ma, uhm, è… Fino a quel momento, penso che la vita fosse
stata molto buona con noi… con noi musicisti di quell’ambiente, impegnati a
fare musica… Uhm…
Cioè, il mondo era nostro e avevamo sostegno,
ci sostenevamo a vicenda, e lui era questa sorta di faro sopra noi tutti, e
vederlo attaccato a quelle macchine, uhm, è-è stata la…
Credo la morte dell’innocenza del-del nostro
ambiente musicale.
Non è successo dopo, quando la gente ha
iniziato a dire che… che il suicidio di Kurt fosse stato la fine della nostra
innocenza.
Non è così… era stato quello. Era stato entrare
in quella stanza d’ospedale.»
Chris sospira, cercando di
trattenere le lacrime che stanno provando a scivolargli lungo gli zigomi,
mentre nel frattempo una delle sue foto preferite di Andy appare sullo schermo.
Circa venti minuti dopo, non
può trattenere la commozione a causa di quello che McCready
ha appena detto, ovvero “Eddie era molto timido all’inizio, molto impacciato. Credo
che non si sentisse a proprio agio… finché, una sera, non è uscito con Cornell” e il fatto che Matt abbia aggiunto un “Ha preso
Eddie sotto la propria ala non appena lui si è trasferito qui, e a volte mi
chiedo se non sia stato per il vuoto che sentiva a causa della morte di Andy –
per avere un altro cantante estremamente dotato con cui poter discutere delle
proprie idee o con cui relazionarsi… so che Eddie lo vedeva come un vero e
proprio mentore, e credo che questo gli abbia infuso molta sicurezza.” che ha
sortito in lui l’effetto di un vero e proprio cazzotto in pieno volto… per non
parlare poi degli spezzoni di lui ed Eddie intenti a cantare insieme e
rincorrersi a vicenda, un gioco che si conclude con Ed sulle sue spalle, quasi
fosse un bambino.
Chris ricorda distintamente
quel momento – il battesimo di Eddie, e lui che pensava “ok, Seattle, ora questo è il tuo uomo” – come se fosse successo
ieri, ed è parecchio scosso da tutte queste sensazioni.
Cameron Crowe,
seduto al suo fianco, gli allunga un fazzoletto di nascosto con un mezzo
sorriso.
“Sono contento di poter
guardare questo documentario con te, Chris… ne sono veramente contento” dice,
mentre Cornell borbotta un “Bastardo, pensavo di aver
esaurito la mia riserva di lacrime!” che riesce a far scoppiare a ridere il
regista.
Ma Cameron ha ragione: Chris
è veramente felice di avere la possibilità di guardare questo film… è veramente
felice di essere qui in questo preciso istante, intento ad ammirare la storia
dei suoi amici – una storia che lui stesso ha contribuito a scrivere.
***
Act XIX – Now I’m looking for a brighter side
“O. PORCA. PUTTANA!” Dave è in preda ad un headbanging furioso
praticamente da quando l’ultimo album dei Soundgarden
ha iniziato a suonare, ma questa canzone?!
“Un pezzo di carta a meeee! Su, tesorino, vieni da papà!”
Il front-man dei Foo Fighters si precipita a scribacchiare le proprie idee
non proprio normali su un post-it, per poi ricopiarle in un’e-mail destinata a
Matt Cameron.
Il tempo di un paio d’ore e
nella sua casella postale c’è già un nuovo messaggio.
Da: matt_fuckin_cameron@jmail.com
A: fresh-grohls@inlook.com
Oggetto: RE: un’offerta che non potrete
rifiutare!
Hey,
Dave! Come va?
Lasciatelo dire: la tua idea è una figata
assurda e io e gli altri ci stiamo pisciando sotto dalle risate…
Ma non so se gireremo un video per By Crooked Steps, ok?
Penso che dovrai concederci un po’ di tempo per
pensarci su… Comunque sia, lavorare con te sarebbe magnifico!
Stammi bene e ancora congratulazioni per i
vostri 5 Grammy!
You guys rock ;)
Matt
“Un po’ di tempo per pensarci su? Mi state prendendo per il culo?! Ma
col cazzo, I’m gonna direct the shit out of it!” esclama Grohl, agitando il pugno
nell’aria.
“Occazzo,
proprio come nel video di My Wave!” Ben dà un paio di colpetti sul casco di Matt,
ridendo come un cretino.
“Non era mica in quello di Pretty Noose?”
interviene Kim, incontrando il consenso di Cornell e Cameron.
“Esatto, è solo che Manimal ha un po’ le idee confuse… sai, suo fratello directed the shit out of it” il batterista si appresta a sfottere il proprio
compagno di band.
“Chiudi il becco, compagno d’armi!”
Grohl li raggiunge, mollando un cazzotto amichevole
sul braccio di Matt “Sono il tuo capo, e tu non devi nominare il nome di Dio
invano!”
“Non oserei mai!” il diretto
interessato alza le mani per dichiarare la propria innocenza, un ghignetto
dipinto sulle labbra.
“Perfetto, bella gente, il tè
e annessi biscotti arriveranno più tardi, quindi adesso piantatela di fare
salotto e andate a lavorare, ok? Sciò!”
“SISSIGNORE!” esclamano tutti
i componenti dei Soundgarden, dirigendosi verso i
rispettivi segways – i bolidi perfetti per loro.
***
Act XX – Should a good life be so hard won?
Chris Cornell
riaggancia: ha appena finito di chiacchierare con Gossard
– è stato lui a telefonargli per augurargli un buon compleanno, Stone è noto
per la sua abitudine di dimenticare cose e ricorrenze, persino quelle che lo riguardano in prima persona – e ora è
finalmente libero di godersi la propria colazione.
Ieri sera i Soundgarden si sono esibiti a Las Vegas e oggi hanno la giornata
libera perché, diciamocelo, uno non compie cinquant’anni tutti i giorni,
giusto?
Così, ora che sta leggendo il
giornale, sorseggiando anche un po’ di succo, Chris ha tutto il tempo di
stilare anche un bilancio degli alti e bassi della sua vita.
Si ricorda Reznor che aveva espresso in un tweet
tutto l’imbarazzo che l’ascolto di Scream aveva
suscitato in lui e anche la chat in cui Ament aveva
confessato ad alcuni fan di non riuscire a capire che cazzo stesse passando per
la mente di Chris… già, forse avrebbe dovuto seguire l’esempio di Eddie –
essere convinti che Timbaland fosse soltanto una
marca di scarpe sarebbe stata la cosa più giusta da fare.
Comunque, da allora erano
passati cinque anni e nel frattempo erano successe un sacco di cose
fantastiche: i Soundgarden erano tornati alla ribalta,
e il recente tour europeo – con McCready che ogni
tanto è zompato sul palco per suonare Superunknown con
loro, Toni e Chris junior che hanno adorato visitare le varie città, l’incontro
con Jimmy Page in persona, Ben che ha regalato uno dei propri bassi ad un fan
italiano, gli Alice In Chains ospiti nel suo
appartamento romano – non è stato altro che un insieme di eventi strepitosi.
E sì, a proposito della casa
a Roma… forse distruggere il soffitto con il cannoncino di stelle filanti e
coriandoli non è stata una mossa che tutti si aspetterebbero da uno di 49 anni
e passa, ma io cosa posso dire per giustificarlo?
“Forever young,
I wanna be forever young…” Cornell inizia a cantare tra sé e sé, sorridendo
quando i figli si precipitano a coprirgli gli occhi con le loro manine, sempre
senza smettere di augurargli un felice compleanno.
In fondo al proprio cuore Chris
Cornell sa che hanno ragione – eh, già, hanno
dannatamente ragione.