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Autore: iosonoluna    21/07/2014    0 recensioni
“Cora era quel tipo di ragazza che non si lasciava spaventare da nulla. Cora era quel tipo di ragazza che passava le notti in bianco a leggere. Cora era quel tipo di ragazza estroversa e simpatica. Cora era quel tipo di ragazza che aveva tutto dalla vita. Cora era felice.“
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Cora era quel tipo di ragazza che non si lasciava spaventare da nulla. Cora era quel tipo di ragazza che passava le notti in bianco a leggere. Cora era quel tipo di ragazza estroversa e simpatica. Cora era quel tipo di ragazza che aveva tutto dalla vita. Cora era felice.“ Mi vien da ridere nel sentire dire tali parole, questo è ciò che la gente pensa di Cora, questo è ciò che la gente dice. Ma solo io conosco la verità, solo io e Cora. Cora non era affatto quel tipo di ragazza serena, in compenso era un’ottima attrice, una di quelle che avrebbe fatto invidia ad Angelina Jolie, se mai l’avesse conosciuta, una di quelle che riusciva a rendere insignificanti grandissime attrici come Kate Winslet. Sì, proprio così, non sono esagerata, dico solo la verità. Cora ogni giorno doveva alzarsi dal letto e rendersi conto che un’altra bruttissima giornata era iniziata. Doveva andare in bagno a togliersi il trucco colato durante la notte, ritruccarsi e fingere un sorriso. Il fatto è che più di una volta riuscì ad ingannarmi, riuscì ad ingannare ME. Quando le chiedevi “C’è qualcosa che non va?” lei si girava di scatto verso di te, apriva la bocca in un largo sorriso e, quasi saltando dalla gioia, ti rispondeva “No no perché?”.  Lei mi rivolse raramente la parola prima che diventassimo amiche, ma già dal suo primo ‘ciao’ capii che tra me e lei ci sarebbe stata intesa. Lei era nuova nella scuola, viveva a Roma prima di trasferirsi qua, a Venezia, almeno così mi raccontò. Ricordo che all’epoca io ero in terza media. Lei arrivò nella mia scuola circa verso gennaio. Non era nella mia sezione, era in C. La differenza tra una sezione e l’altra era inesistente, in entrambe si studiava francese e inglese. La mia classe e la sua erano separate della 2D, riuscivo a vederla ogni volta che uscivamo per fare merenda. Riuscivo persino a vederla quando pioveva: l’atrio del nostro piano era così grande che avrebbero potuto starci 10 classi comodamente. Lei era sempre così bella, con i suoi capelli neri corvino, la sua pelle così delicata, rosata sulle guance e biancastra nel resto del volto, e i suoi divini occhi a mandorla. Il trucco non era esagerato, aveva giusto una spennellata di mascara, niente di più, ma all’epoca era quasi un tabù. Ricordo che si vestiva sempre di nero, molti parlavano male di Cora proprio per questa sua abitudine, sinceramente a me invece piaceva molto il nero, ma mia mamma mi obbligava a vestirmi con quelle odiose gonne variopinte e quelle camice a fiori. Sua madre invece le lasciava fare di tutto, se lei avesse voluto le avrebbe concesso perfino di andarsene in Inghilterra da sola. Quanto la invidiavo all’epoca, certe volte non la sopportavo proprio quando mi raccontava di ciò che sua mamma le permetteva. Le lasciava mettere lo smalto a scuola, nero per giunta. In tutta la scuola solo tre ragazze potevano usare lo smalto: Cora e due sorelle gemelle, ricche da far schifo, quindi era normale che si credessero superiori a noi “comuni mortali” e che si concedessero qualcosa in più degli altri, e che ovviamente i professori non protestassero di questo loro comportamento. Anche loro erano bellissime, avevano tutti i ragazzi della scuola che correvano dietro solo a loro. E ci credo, quando sei così bella. Erano gemelle omozigote, io però notavo la differenza tra loro due. Si chiamavano Vanessa e Amelia. Erano entrambe bionde, ovviamente. Anche loro potevano fare di tutto, l’unica cosa che la madre proibiva loro era tagliarsi i capelli. Erano lunghi più di un metro, un giorno mi raccontarono che non li avevano mai neppure spuntati, MAI. Proprio a me lo raccontarono, ad una tredicenne che in tutta la sua vita li aveva accorciati di dieci centimetri più di quindici volte. Eccetto questo, loro potevano fare di tutto, perché loro erano ricche e potenti. Ma Cora, Cora non era ricca, si era trasferita perché sua madre aveva bisogno di un lavoro e lo aveva trovato solo a Venezia, in una pasticceria. Io mi chiedevo sempre perché allora si comportava come fosse ricca, non che per mettersi un po’ di smalto servisse essere ricche, ma comunque ero abituata a vedere solo i figli di persone importanti con lo smalto. Io lo avevo messo solo una volta in tredici anni, era stato al matrimonio di mia sorella. Avevo dieci anni e facevo la damigella, mia mamma mi concesse un po’ di smalto bianco e un velo di ombretto del medesimo colore. Da quel giorno non avevo più messo niente. Solo ora mi rendo conto che comunque mia madre fece la cosa giusta non lasciandomi via libera con schifezze varie. Delle volte mi capita di essere per strada e incontrare donne che in passato hanno abusato con i cosmetici, mi fermo a guardarle e mi rendo conto che dimostrano molti anni in più di quanti effettivamente ne hanno. La loro pelle è inguardabile, sembra carta vetrata. Per non parlare delle unghie, ormai trascurate. A Cora fortunatamente la pelle non diventò secca e rugosa, non aveva mai usato fondotinta o cose varie, si era accontentata del mascara. Dora era molto brava a scuola, non in tutte le materie ma in alcune in particolare. Era molto portata per le lingue, diceva di non studiarle mai, sinceramente non le credevo. Come faceva a prendere distinto o ottimo se non apriva libro? Una mia compagna di danza, all’epoca praticavo danza classica, era in classe sua, e per qualche strana coincidenza era sua vicina di banco. Lei mi raccontava tutto ciò che accadeva in classe e certe volte mi capitava di chiederle di Dora, prima che diventassimo migliori amiche. Lei diceva che Dora non stava neppure attenta in classe, il che mi sembrava strano visti i suoi risultati. L’unica cosa possibile era che studiasse a casa. Per alcune materie però non era proprio portata, o forse non le piacevano, mi raccontava Alessia, la ragazza che faceva danza con me. Diceva che in italiano Do, la chiamavo anche così, faceva pena. Lei studiava, si sforzava al massimo, ma proprio non riusciva ad andare oltre al sei, se era fortunata. Fu questo che mi fece insospettire ancora di più. Un giorno di metà gennaio, uscendo dall’aula per andare a casa, mi capitò di avere il mio giubbotto vicino al suo. Stavamo andando a prenderlo insieme, ma per sbaglio ho fatto cadere il suo. L’ ho raccolto e ho chiesto scusa, e mentre glielo stavo porgendo le ho chiesto da dove venisse. Lei in tono tranquillo mi ha detto che veniva da Roma. Ma quando Alessia mi ha raccontato di quella sua carenza in italiano, ho iniziato a dubitare del fatto che venisse veramente da Roma. In  effetti la sua pronuncia era un po’ strana, sembrava quasi inglese. Quando poi mi sono ricordata sempre di ciò che mi disse Alessia, del suo eccellente voto in inglese, senza studiare. La cosa iniziava ad essere sospetta.
  
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