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Autore: Mr Thriller    21/07/2014    3 recensioni
Jack compra un vecchio quadro in un negozio di antiquariato. Lo porta a casa e piano piano si accorge che non avrebbe dovuto farlo.
Genere: Horror, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pioveva senza sosta ormai da più di due ore e le previsioni meteorologiche annunciavano che sarebbe stato così anche per tutto il giorno seguente. Per le strade si vedevano genitori tornare a casa con i propri figli, riparati da impermeabili colorati.

Jack Williams osservava dalla finestra del suo appartamento al sesto piano gli ombrelli della gente, cercando di trarre conclusioni sullo stato d'animo di chi li portava. Ce n'erano alcuni grandi ed eleganti, altri piccoli e variopinti, qualcuno era inclinato in avanti come protezione dal vento, altri dritti in alto. Riusciva a leggervi solo felicità.

Distolse lo sguardo triste dalla pioggia e lo rivolse alla sua destra. Lì giaceva, appeso al muro, il quadro che rimpiangeva di aver comprato, il quadro che gli aveva rovinato la vita.


Tutto ebbe inizio la sera del 15 luglio, quando Jack vide per strada un negozio di antiquariato. Si concesse qualche minuto per soffermarsi davanti alla vetrina. Adorava gli oggetti dei tempi passati, soprattutto quelli riguardanti le arti della scrittura e della pittura. Gli piaceva toccare pagine ingiallite dal tempo e sentire il profumo di quadri antichi.

Quando si avvicinò, non resistette alla tentazione di entrare. Varcò la soglia e capì fin da subito che sarebbe stato il suo giorno fortunato. Non c'era nessuno a parte lui. Si guardò intorno, incuriosito da quel luogo che non aveva mai visto. Alti scaffali pieni di libri e documenti sorgevano lungo le pareti, mensole colme di oggettini introvabili erano sparse per tutto il negozio.

Si diresse verso il reparto pittura, certo di trovarvi un nuovo pezzo per la sua collezione. Andò avanti sfiorando con i polpastrelli le superfici ruvide dei quadri, ma non si fermò. Procedeva sicuro in direzione di un'opera nascosta da un telo bianco. Non riusciva a vederla, però sapeva che era lì per lui, che lo stava aspettando.

Levò il telo e contemporaneamente chiuse gli occhi. Assaporò l'aria presso l'oggetto e lo passò con il palmo di una mano. Sapeva che non doveva fidarsi del senso della vista, almeno per il momento; preferiva prima avvalersi dell'olfatto e del tatto. Aveva imparato che gli occhi si abituano presto a ciò che hanno davanti. Al contrario la pelle e il naso percepiscono la stessa cosa in mille modi diversi.

Quando finalmente lo vide, capì che i suoi occhi non vi si sarebbero mai abituati.

Lo sollevò con entrambe le mani e lo portò alla cassa per pagarlo. Da quell'attimo diventò suo.

Uscì dal negozio senza ricordarsi degli affari che doveva portare a termine e dirigendosi verso casa.

Stava camminando con il quadro sotto braccio, quando si accorse di non sapere che cosa rappresentasse. Era un paesaggio? Una natura morta? Non lo sapeva. Non vi aveva fatto caso alla prima occhiata; comunque voleva aspettare che fosse appeso alla parete per darvene una seconda.

Giunto nel suo appartamento, lo mise al suo posto e lo guardò veramente, come non aveva ancora fatto. Era un ritratto. Rappresentava una donna seduta su uno sgabello rosso di legno. Aveva capelli biondi che le arrivavano all'altezza delle spalle e occhi verdi che lo fissavano.

Lo guardò per qualche minuto e quando fu sul punto di andarsene, ebbe l'impressione che mancasse qualcosa, che non fosse completo. Si sedette sul divano ad aspettare l'arrivo di sua moglie. Intanto pensava a quale potesse essere il dettaglio mancante, quel piccolo particolare che non riusciva a identificare.

Alle sei tornò a casa Jane. Solitamente Jack si faceva trovare all'ingresso per accoglierla, ma adesso non c'era. Era seduto in sala, apparentemente disinteressato al suo arrivo. Gli si avvicinò preoccupata.

“Tutto bene, caro?”, gli chiese.

Sembrò non sentire la domanda. “Noti niente di strano? Nel quadro, intendo”, disse.

Lei lo guardò per qualche istante, senza porvi particolare attenzione. “No, non mi sembra... L'hai comprato oggi?”

“Eppure qualcosa c'è... ma non riesco a capire che cosa”, continuò, senza degnarla di uno sguardo.

Jane si recò in cucina per preparare la cena, certa che non sarebbe mai riuscita a distoglierlo da quel dipinto. Aveva uno strano effetto su di lui. Era come se lo prelevasse dalla realtà, trascinandolo in un mondo immaginario, dove esistevano solo loro due, Jack e il quadro.

Lui intanto rifletteva, con lo sguardo fisso in quello della donna sullo sgabello. Quegli occhi... C'era una nota familiare in loro che prima non aveva visto. Voleva capire di cosa si trattasse e sapeva che presto ce l'avrebbe fatta. Sarebbe bastata un po' di concentrazione in più.

Mangiarono in silenzio un piatto di pasta, Jack assorto nei propri pensieri e Jane a scrutarlo, cercando di comprendere quali fossero. Quando ebbero finito, lei andò a dormire, sfinita per la giornata di lavoro, mentre lui preferì rimanere ad osservare il suo nuovo acquisto.

Appena vi fu di fronte, rimase come paralizzato per l'aver riconosciuto a chi appartenesse quel volto: era sua moglie.

Lei continuava a fissarlo immobile, seduta su quello sgabello rosso, ma qualcosa era cambiato, infatti adesso non provava più la sensazione di poco prima. Ora il quadro era completo. Eppure la scena non era diversa, il soggetto era sempre lo stesso, ogni minimo particolare era rimasto invariato. Sentiva che solo lui avrebbe potuto accorgersene.

Andò a dormire. Si distese sul letto, di fianco a Jane, che si era già addormentata. Si rimboccò le coperte e chiuse gli occhi.

L'indomani mattina venne svegliato dalla fame quando erano ormai passate le undici. Jane doveva essere già uscita per andare a lavorare.

Aveva trascorso una notte senza sogni, o almeno non ricordava di averne fatti. Si alzò a sedere e avvertì un leggero mal di testa. Uscì dalla camera e si diresse verso la cucina, ma quando vi fu davanti, decise che avrebbe fatto colazione al bar. Voleva qualcosa di un po' più sfizioso dei soliti cereali.

Entrò nel locale e sentì immediatamente odore di brioche. Si avvicinò al bancone e ne ordinò una con la crema, che accompagnò con il caffè. Pagò il conto e tornò verso casa. Non si era ancora sentito di guardare il quadro, per paura che quella strana sensazione tornasse, ma quando giunse il momento, non fu così.

Rimase smarrito nella sua splendida forma, in quella perfezione quasi sovrannaturale, e vide che questa volta qualcosa era davvero cambiato. C'era una piccola firma in basso a destra scritta con un pennarello nero. Si avvicinò per leggerla, ma non ci riuscì. Era di dimensioni microscopiche e non era sicuro di avere una lente a portata di mano. Comunque non poteva aspettare, perché voleva essere a conoscenza del nome del genio che aveva portato a termine quell'opera.

Frugò nei cassetti in camera, nei mobili in sala e persino negli sportelli in bagno, ma non la trovò. Scese velocemente in cantina e vide uno scatolone di oggetti inutilizzati. Era lì. Una lente in plastica nera trovata per caso ad una bancarella anni prima.

Tornò di corsa nel suo appartamento e si fermò davanti al dipinto. Non pensò neanche ad avvicinarglisi, perché la firma era scomparsa. Svanita nel nulla. Possibile che l'avesse immaginata? No, di sicuro.

Lasciò cadere la lente. La sensazione era tornata a infastidirlo. Lo tormentava e non lo lasciava in pace. Il quadro era di nuovo incompleto.

Restò tutto il pomeriggio a fissarlo, formulando ipotesi contorte e ragioni impossibili. Doveva capire. Dimenticò anche il pranzo. Non poteva distrarsi.

Arrivò a sera con goccioline di sudore sulla fronte e chiazze scure sotto le ascelle. Il mal di testa era peggiorato, ma non voleva saperne di arrendersi. Non si accorse del tempo che passava, né del ritardo di sua moglie. Quando fu notte fonda seppe per certo che non ne sarebbe mai venuto a capo. Ora il ritratto sembrava rappresentare una donna qualsiasi, non più la sua Jane, ma lui non ci fece caso.

Andò a letto senza riuscire ad addormentarsi. La notte trascorse lentamente. Ascoltava il ticchettare dell'orologio a muro e guardava fuori dalla finestra in attesa del primo raggio di sole. Quando questo arrivò, Jack lo osservò incredulo con i suoi occhi stanchi e rossi, e solamente allora, tastando il materasso vuoto al suo fianco, capì di essere solo.

Si alzò di scatto e andò verso il bagno. Aveva bisogno di rinfrescarsi. Girò la manopola della doccia e non ne uscì niente. Riprovò senza successo. A quel punto decise di fare una chiamata all'idraulico, che lui e Jane rimandavano da settimane.

Nell'attesa del suo arrivo, Jack si sedette in sala fradicio di sudore e rivolse lo sguardo a quel quadro. Questa volta non ebbe la forza di riflettere, perciò si limitò a sospirare. Aspettò tre quarti d'ora prima che suonasse il citofono. Impiegò qualche secondo perché le sue orecchie lo percepissero. Aveva la mente stanca, distante dal corpo anni luce, e i pensieri vi stavano alla larga.

Andò ad aprire la porta con fatica e si trovò davanti un uomo alto e robusto con una valigetta in mano.

“Buongiorno, signor... ?”, disse.

“Williams”, rispose dopo un attimo di esitazione.

L'uomo lo guardò insicuro per qualche istante. “Ma si sente bene?”, chiese. “Ha l'aria di non aver dormito”

“Ci ha azzeccato. Ora entri che le illustro il problema”, concluse con un filo di voce.

In venti minuti tutto fu sistemato e Jack accompagnò il suo salvatore in sala per un caffè.

Non appena furono seduti, l'uomo gli chiese del quadro.

“Oh, quello... L'ho acquistato qui sotto per poco”, rispose.

“Interessante, ha un che di inquietante, però...”, continuò.

“Lei dice?”, disse. E si avviò per prendere le tazzine, non sicuro di volere conoscere la risposta. Fu quando giunse davanti alla porta della cucina che esitò, fermandosi.

“Mi scusi, ma ho finito il caffè”, esclamò.

“Niente, sarà per la prossima volta!”, disse. Raccolse la giacca dalla sedia e fu accompagnato all'uscita.

Quando Jack fu solo, cadde per terra sfinito, con lo sguardo rivolto verso la donna del dipinto, che sembrava avere assunto dei lineamenti quasi... maschili. Si addormentò.

Sognò di vagare la notte per vicoli bui e strade deserte, fino a giungere in un cimitero sconosciuto fuori dalla città. Si avventurava in quel labirinto di tombe cercando qualcosa di imprecisato. Sopra di lui si estendeva un infinito manto di stelle. Al suo centro si vedeva la luna, il cui bagliore veniva riflesso dal marmo freddo e grigio delle lapidi. Jack procedeva con calma, senza fretta, in cerca di un indizio, di quel particolare mancante che gli avrebbe permesso di comprendere.

Arrivò ad uno spiazzo vuoto in cui era scavata un'ampia fossa circolare. Sorgeva nel cuore del labirinto, come la luna in mezzo alle stelle. Era quello che stava aspettando. Rallentò fino ad arrivare sull'orlo e guardò all'interno. La sua mente si aprì all'improvviso, permettendogli di vedere, di capire la verità.

Si svegliò a notte inoltrata; aveva dormito più di dodici ore. Il sonno era passato, lasciando posto alla sua capacità di ragionamento. Dov'era Jane? Quand'era stata l'ultima volta in cui l'aveva vista? Ovviamente ora era in grado di rispondere a tutte e due le domande. Adesso sapeva. Aveva bisogno soltanto di una prova, ma l'avrebbe trovata. Sapeva dove trovarla.

Solo alzandosi, si accorse di non essere sdraiato a terra in ingresso, ma nel suo letto morbido. E sapeva come ci era arrivato. Si diresse alla cucina. Non si fermò davanti alla porta chiusa di quella stanza, come aveva fatto fino a quel momento, ma la aprì di scatto ed entrò. Ed eccola lì. La prova.

I cadaveri come apparivano nella fossa erano ora lì davanti a lui, distesi sul pavimento. Il sangue sui loro corpi era tale e quale a quello nel sogno, così come le forbici con cui aveva compiuto il massacro, aperte di fianco al volto della moglie. Si avvicinò prima all'uomo alto e robusto, poi a Jane. Iniziò a piangere.

“Scusatemi! Non volevo! Avrei dovuto capire subito...”

Si asciugò le lacrime e si fece forza per alzarsi. Ritornò alla porta e si resse in piedi a fatica. Arrivò in sala gridando. Si accostò al quadro e lo vide. La donna dai capelli biondi si era trasformata nell'uomo alto e robusto che aveva aggiustato la sua doccia quella mattina e che ora si trovava con sua moglie. I suoi occhi da verdi si erano fatti marroni. L'unico oggetto rimasto invariato nel dipinto era quello sgabello rosso di legno, lo sgabello della morte.


Ora stava affacciato alla finestra a osservare gli ombrelli della gente. Pensava a quelle famiglie felici sotto la pioggia. Aveva perduto tutto quello che possedeva e il responsabile era quel quadro, quello che giaceva appeso al muro alla sua destra. Sapeva che chiunque si fosse soffermato a guardarlo avrebbe subito la stessa sorte, ma lui non avrebbe potuto fare niente, perché era suo, e non sarebbe mai riuscito a separarsene.

Si voltò e notò la minuscola firma nera, riapparsa sul dipinto, nello stesso punto di prima, che aspettava di essere letta. Strinse la lente nella mano e avanzò con calma, senza fretta, perché sapeva già cosa vi sarebbe stato scritto:

Jack Williams


FINE

   
 
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