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Autore: WickedSwan    23/07/2014    5 recensioni
Emma e Uncino, oneshot ambientata in un'ipotetica 3x11. Peter Pan è stato sconfitto senza il sacrificio di Tremotino e nessun contro-sorilegio è stato lanciato. Dal Testo:
"Sembrava una figura quasi mitica, con l’uncino appoggiato al timone ed i capelli corvini che si libravano liberi e scompigliati, creando una cornice perfetta al viso, così pallido e stanco nonostante il sole, testimone del dolore, del rimpianto e della sofferenza ben nascosti nel suo animo ferito."
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: AU, Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
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The Saviour and the Pirate

Era una giornata afosa, di quelle che a Storybrooke non si vedevano mai. Il cielo era di un colore grigio opaco, ma nonostante il sole fosse nascosto dalle nuvole il caldo era opprimente.
Emma aveva appena finito il suo giro di pattuglia. Tutto era tranquillo e in giro non c’era quasi nessuno. La maggior parte degli abitanti aveva preferito rimanere chiusa in casa, cercando di superare quella torrida e debilitante giornata.

Adesso poteva andarsene a casa anche lei, farsi una doccia fredda e rilassarsi, gustandosi  un gelato in compagnia di Henry. Era bello sapere che per una volta non c’erano streghe malvagie da annientare, ragazzini con manie di onnipotenza da sconfiggere o fagioli magici da recuperare. Poteva finalmente conoscere la sua famiglia ed abituarsi alla sua nuova casa, senza la sensazione di pericolo costante che ormai da mesi non la lasciava mai.
Sorrise, pensando a quanto fosse cambiata la sua vita nell’ultimo anno. Aveva ritrovato i suoi genitori e scoperto che le avevano sempre voluto bene, conosciuto suo figlio Henry e deciso che non lo avrebbe mai più lasciato e trovato una grande e stramba famiglia composta di Nani, Fate, Grilli Parlanti e Licantropi sentendosi finalmente a casa.
Infine aveva ritrovato Neal, il padre di Henry, l’unico uomo che avesse mai  amato, per scoprire subito che era il figlio di Tremotino, anche lui un abitante della Foresta Incantata, anche lui legato indissolubilmente al mondo della Magia. Adesso che era tutto finito era riuscito a perdonare il padre ed aveva deciso di rimanere a Storybrooke con tutti loro, per stare vicino a suo figlio ed al resto della sua famiglia.

Anche Regina aveva finalmente trovato un po’ di pace. Certo non erano amiche, ma almeno non avevano più tentato di distruggersi a vicenda e questo era già un passo avanti. In più ultimamente sembrava sempre allegra e su di giri ed Emma iniziava a pensare che c’entrasse qualcosa Robin (Robin Hood, incredibile), che con la sua banda la aiutava a mantenere il controllo del perimetro della città.
Finalmente tutti potevano avere il loro lieto fine e per la prima volta dopo tanto tempo iniziò a credere che anche lei, prima o poi, avrebbe avuto il suo. Chissà come, chissà con chi, ma lo avrebbe avuto. Salì in macchina decisa a tornare subito a casa ma, complice l’altissima temperatura all’interno dell’abitacolo, fu presa da una forte sensazione di spossatezza, che la avvolse poco prima di mettere in moto. La sua mente vagava veloce, tra le idee e i pensieri di una vita, finchè non concentrò su sua madre e sulla sua ossessione per il “Vero amore”.
Mary Margaret era convinta che ognuno ne avesse uno e che si dovesse lottare fino in fondo per ottenerlo; non c’entrava niente il destino o il fato, era così e basta. Sua madre non riusciva pensare che anche solo una persona fosse destinata ad essere infelice o sola per tutta la vita. Tutti potevano aspirare a trovare il vero amore ed a tutti doveva essere donata una seconda possibilità.

Per la prima volta Emma si concesse di indugiare su quel concetto tanto caro a sua madre. In fin dei conti lei era il “frutto del vero amore”, come poteva essere l’unica non in grado di trovarlo? Oppure l’aveva già incontrato sulla sua strada?
Nella sua mente apparve subito l’immagine di Neal: che fosse lui l’uomo della sua vita? Forse il suo ritorno a Storybrooke era il segno che avrebbe dovuto dare una seconda possibilità alla loro storia. Forse avrebbero potuto formare una vera famiglia ed essere i genitori che Henry tanto desiderava. Forse.

Ma più pensava a Neal, ai suoi occhi marroni, al suo sorriso furbo, ai capelli castani scompigliati e alla sua voce così familiare e più quegli occhi, quel sorriso, quei capelli e quella voce sembravano allontanarsi, diventando sempre meno definiti e riconoscibili.
Non riusciva più a concentrarsi sui tratti del suo volto, come se tutto ad un tratto non potesse più ricordarli con certezza. Forse era colpa del caldo, dell’umidità e della stanchezza. Forse era ancora troppo sconvolta per l’avventura sull’ “Isola che non c’è” per poter pensare al futuro. Forse non era ancora pronta. Forse.

Eppure.

Eppure c’erano un paio di occhi che la sua mente riusciva a mettere subito a fuoco. C’era un sorriso sghembo e canzonatorio che aveva ben presente. C’erano dei capelli che continuava a immaginare, mossi dal vento marino. C’era una voce roca e straniera che iniziava a pulsare nella sua testa.

Quegli occhi non erano marroni, ma azzurri e trasparenti, pieni di espressione; riusciva a vederli, a volte cupi ed agitati, altre volte calmi e sereni come se continuassero a riflettere ciò che per secoli avevano osservato giorno dopo giorno, riportandone anche le più piccole sfumature. Quegli occhi, colorati di tempeste, dolore e sogni spezzati, di vendetta, rancore e malinconia ma che trovavano e donavano serenità ogni volta che si posavano su di lei. Quegli occhi che sembravano essersi appena risvegliati da una lunga e tenebrosa notte e che soltanto adesso si ricordavano quale fosse la loro vera natura. Una natura fatta di coraggio, ardore e lealtà; di passione e timidezza; di amore.

Un brivido profondo ed improvviso pervase Emma, che era ormai completamente in balia dei suoi pensieri in libertà.

Quello sguardo pieno di tutto non era mai riuscito a nasconderle nulla. Così come l’uomo che ne era l’inconsapevole possessore. Lui era convinto di riuscire ad ammaliare le donne grazie al sorriso bastardo e cinico che sfoderava ogni qual volta volesse ottenere qualcosa. Era il suo mezzo di difesa, lo scudo con cui proteggeva l’oceano immenso che aveva dentro.

Ogni volta che sorrideva in quel modo, Emma non poteva che ricambiarlo divertita. Effettivamente era affascinante, doveva concederglielo. Ma non gliel’avrebbe mai detto. Altrimenti non avrebbe fatto altro che riproporglielo in tutte le salse, privandola di uno spettacolo di cui invece lei non voleva assolutamente fare a meno. L’altro sorriso. Quello un po’ impacciato e sincero che gli si stampava in faccia nei momenti di serenità o mentre osservava l’oceano infinito davanti a lui.

Durante il viaggio di ritorno dall’ “Isola che non c’è” si era fermata spesso ad osservarlo da lontano, mentre manteneva saldo il timone, con lo sguardo perso sull’orizzonte e quel sorriso naturale e sincero. Un sorriso che non si sarebbe mai aspettata sul viso di un Pirata. Uno di quei sorrisi inconsapevoli capaci di farti tremare e rimanere immobile allo stesso tempo.
Sembrava una figura quasi mitica, con l’uncino appoggiato al timone ed i capelli corvini che si libravano liberi e scompigliati, creando una cornice perfetta al viso, così pallido e stanco nonostante il sole, testimone del dolore, del rimpianto e della sofferenza ben nascosti nel suo animo ferito.
A volte capitava che la scoprisse a fissarlo e che i suoi occhi si fissassero su di lei di rimando, assumendo una posa corrucciata, come se dentro di lui si stesse svolgendo una battaglia che neanche riusciva a comprendere. Ma durava solo un attimo. Poi tornava ad essere Uncino e la chiamava con uno dei nomignoli che le aveva affibbiato, chiedendole di avvicinarsi o facendo uno dei suoi soliti commenti a sproposito, rovinando l’atmosfera.
A quel punto iniziava una delle loro solite schermaglie, che la lasciavano sempre di buon umore, nonostante si mostrasse annoiata e infastidita.

La faceva arrabbiare come nessun altro e la faceva pensare come nessun altro. Litigare con lui era stato ciò che le aveva permesso di non impazzire durante la ricerca di Henry. Le era sempre rimasto accanto, riuscendo a strapparle un sorriso anche nei momenti più tesi e consolandola in quelli più duri. Si era salvata grazie a lui che aveva sempre creduto in lei, nelle mille difficoltà e non l’aveva mai messa in dubbio.

Era un testone pieno di sé, un pirata, un bandito, un assassino. Ma era anche molto altro ed Emma questo lo sapeva bene. Era l’uomo che aveva abbandonato la sua sete di vendetta per aiutarla a ritrovare suo figlio, che aveva combattuto con lealtà e coraggio al suo fianco, che aveva lasciato spazio a Neal, credendo che avrebbe saputo renderla felice. Era l’uomo che odiava per la sua capacità di leggerle dentro e che ammirava per essere riuscito a cambiare e rinascere. Era l’uomo che la salvava e la riportava alla realtà, nel bene e nel male. Era l’uomo che voleva al suo fianco per sempre. Era l’uomo che amava.

Emma si ridestò di soprassalto, con il cuore a mille ed una nuova spaventosa consapevolezza. Amava Killian Jones e sapeva di non volersi separare mai più da lui.

In un lampo accese il motore e diresse il Pick-Up al porto. Doveva parlargli prima possibile, prima che partisse, lasciando un vuoto incolmabile dietro di sé.
Dieci minuti dopo era già al porto. Scese dalla macchina e correndo si diresse al molo dove doveva essere ormeggiata la Jolly Roger.
Ma dov’era finita quella dannata nave? Emma aveva il cuore in gola; adesso che si era decisa a rischiare e mostrare i suoi sentimenti non poteva essere troppo tardi. Non doveva essere troppo tardi.
Finalmente la scorse, due moli più in là del solito, ergersi nera e lucente sul mare grigio e piatto.

“Uncino!” Urlò Emma, ancora con il fiatone per la corsa appena sostenuta.
“Jones! Lo so che sei lì dentro, devo parlarti!” Nessuna risposta.
Emma decise che niente e nessuno, neanche quello stupido di Uncino che sembrava non essere lì, poteva frenare il suo entusiasmo.
Salì la rampa con lunghe falcate ed iniziò a guardarsi intorno, cercando un segno della presenza del Capitano. Fece il giro del ponte, arrivò al timone, si spinse fino alla parte opposta della nave, ma di lui nessuna traccia. Continuava a guardarsi intorno, chiedendosi dove potesse essere andato con questo caldo, nel bel mezzo di un pomeriggio estivo.
Quando il respiro le tornò regolare decise di riprendere la ricerca; sarebbe andata da Granny’s, al Pub fino al negozio di Gold se fosse stato necessario. L’avrebbe trovato.

Scese velocemente la rampa ed iniziò ad avviarsi di nuovo alla vettura, che aveva parcheggiato senza curarsi minimamente delle strisce in terra. Dio, voleva insegnargli a guidare e voleva imparare a navigare. Voleva guardarlo dormire e lasciarsi accarezzare nelle notti estive, quando il sonno tardava ad arrivare. Voleva conoscere la sua storia e raccontargli la sua, sapere la sua data di nascita ed il nome dei suoi genitori, aveva bisogno di tutto questo perché aveva bisogno di lui.

“Swan!” Una voce, la sua voce la richiamò dalla massa di desideri e sogni in cui stava affogando. Emma si girò di scatto, sorpresa e spaventata che il momento della verità fosse già arrivato.
“Swan, che fai, mi chiami con tanta foga e poi non aspetti che mi renda presentabile per riceverti sulla mia nave?” Chiese Uncino, divertito.
Emma lo fissò immobile e scioccata. Killian (almeno nella sua mente poteva chiamarlo così) era diverso. Per la prima volta sa quando era arrivato a Storybrooke non indossava la sua classica divisa da pirata ma semplicemente una maglietta grigia e dei jeans slavati. Ed era a piedi scalzi.
“Swan, stai bene? E’ successo qualcosa? Sembri sconvolta.” Chiese allora Uncino preoccupato, scendendo lentamente la rampa e continuando ad osservare Emma, che sembrava sotto shock.
“Tu..indossi dei Jeans.” Disse allora la ragazza, maledicendosi subito dopo per aver detto una cosa così stupida in quel momento cruciale.
“Beh Swan..se devo rimanere in questo luogo è meglio che mi adatti alla moda locale, come dite qui.” Rispose Uncino, contento che Emma avesse ritrovato l’uso della parola. Ancora però doveva sapere il motivo della sua visita e dell’urgenza che le aveva sentito nella voce. Continuò ad avvicinarsi ma quando aprì la bocca per chiedere di nuovo spiegazioni Emma lo bloccò.
“No. Fermati lì. Sta’ zitto ed ascolta quello che ho da dire.” Finalmente si era ricordata cosa era venuta a fare. Era il momento pensò tra sé. O adesso o mai più.

Uncino si fermò, a metà fra il divertito ed il preoccupato per lo strano comportamento di Emma.
“Jones..Killian.” Iniziò Emma “Io..non saprei da dove cominciare. Avrei talmente tante cose da dire che in questo momento non riesco più a trovare una frase che abbia senso..Oh mi sento così stupida!” Esclamò infine, scocciata che fosse così difficile.
Killian continuava ad osservarla, gli occhi espressivi e sgranati, i capelli biondi sferzati dal vento, l’espressione al tempo stesso terrorizzata e decisa che la contraddistingueva, quelle mani che non riuscivano a stare ferme e che esprimevano tutto il nervosismo che provava dentro. Il corpo snello e le gambe affusolate anch’esse in piena agitazione. Era l’incarnazione della perfezione.

Emma era sempre più a disagio, sotto lo sguardo attento e profondo di lui. Doveva spiegargli il suo sogno, doveva raccontargli per filo e per segno tutto quello che aveva provato dal momento che l’aveva conosciuto ad oggi, non poteva prenderlo così in contropiede e digli semplicemente..

“Ti Amo.”

Emma sgranò, se possibile, ancora di più gli occhi. No questo non se l’aspettava. Dopo tutto quello a cui lo aveva sottoposto non riusciva a capire come quelle parole potessero essere vere.

“Ti amo Emma Swan. Amo la tua testardaggine e la tua voglia di libertà. Amo la tua fragilità che è anche la tua forza ed il tuo senso dell’umorismo così dannatamente simile al mio. Ti amo perché sei così fiera e così buona. Come ti ho già detto non credevo di poter amare nessun altro dopo Milah ma da quando ho incontrato te non faccio altro che chiedermi se tutto quello che ho fatto, tutto il dolore che ho provato e causato, tutti gli errori che ho commesso non siano stati soltanto passi verso di te e verso il tuo mondo pieno di colori ed emozioni, gli stessi colori ed emozioni che non pensavo di poter conoscere ancora.
Io ero un uomo morto. Un uomo solo e consumato dai sensi di colpa e dal desiderio di vendetta. Un uomo senza speranza e senza futuro. Ma con te Swan, con te per la prima volta da..da molto molto tempo sento di poter essere di nuovo qualcos’altro, qualcun altro, aldilà di Capitan Uncino.
Ti prego Emma, dammi una possibilità; lasciami dimostrare che posso essere alla tua altezza, che posso tornare a vivere ed amare perché sei l’unica che può e che potrà mai farlo.”

Killian finì il suo discorso e continuò ad avvicinarsi alla ragazza, che intanto aveva abbassato lo sguardo, lasciando che i lunghi capelli biondi le coprissero la faccia.
Erano a pochi metri di distanza e non dovevano più urlare per sentirsi. Ormai Killian stava sussurrando, troppo sconvolto per fidarsi della sua stessa voce.

“Swan, ti prego dimmi qualcosa. Mi dispiace per tutti i problemi che ti ho creato ma ti giuro posso cambiare..dannazione Emma dammi una possibilità.”
“No.” Bastò quella sola sillaba a distruggere le speranze che senza volere si erano insinuate nel cuore del Capitano.
Emma alzò di scatto la testa, furiosa.
“No. Tu non puoi farmi un discorso così, Hook, non è giusto!” Urlò la ragazza, decisa a sfogarsi. “Questo era il mio momento! Adesso toccava a me! E mentre io non riesco a mettere due parole sensate una dopo l’altra tu mi fai un discorso così..così..perfetto!” Killian era frastornato. Non riusciva a capire dove Emma volesse arrivare.
“Sei un idiota Jones, ti odio! Perché sei sempre così a tuo agio? E perché riesci a dire tutte queste cose così tranquillamente? E se ora io ti dicessi che ti amo? Che sei l’uomo che vorrei accanto per sempre? Con cui voglio creare una famiglia tutta mia? Ma adesso il grande discorso l’hai fatto tu e tutto quello che dirò sembrerà stupido e..Jones, che diavolo fai? Perché stai sorridendo adesso? Certo, io me la prendo con lui e lui sorride compiaciuto!” Emma era ancora troppo arrabbiata. Ancora una volta lui l’aveva anticipata su tutto.

Killian non riusciva a credere che tutto ciò fosse reale. Continuava a sorridere come se avesse appena trovato un forziere nascosto molti anni prima. Era estasiato, sorpreso ed affascinato dalla creatura che aveva davanti.

“Tu..tu mi ami?” Chiese allora, giusto per avere conferma di non aver sognato tutto.
Emma lo guardò meglio e si rese conto che quello non era il solito sorriso alla Capitan Uncino, ma l’altro, quello che riservava solo al suo oceano e che invece adesso stava mostrando a lei. Quello era il sorriso di Killian Jones, l’uomo che amava. La sua rabbia svanì in un attimo ed il broncio venne sostituito da un sorriso che somigliava molto, per intenzione e sentimento, a quello di lui.
“Si testone, ti amo.”

Non fece in tempo a finire la frase che Killian era già di fronte a lei. La guardò attentamente, il verde che si perdeva nell’azzurro, ed entrambi seppero finalmente di aver trovato quello di cui avevano bisogno.
Quando finalmente la baciò fu tutt’altro che dolce. Quel bacio era intriso di loro, era oceano e tempesta, tenerezza e passione, protezione e pericolo, novità e desiderio.
Nel momento che le loro bocche si unirono le loro anime fecero lo stesso. Indissolubilmente legate e inspiegabilmente affini.
Emma Swan, la Salvatrice, era appena stata salvata e Killian Jones, il Pirata, era appena stato liberato.



Spero non sia troppo smielato..
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