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Autore: athenawinchester    23/07/2014    3 recensioni
Ho abbracciato il tuo corpo per tutta la notte, ma non sono riuscito a scaldarlo. E’ rimasto freddo come quei ghiaccioli alla menta a cui eri diventata dipendente. Non ho potuto fare niente. L’oblio ha chiamato il tuo nome, e io non ho potuto fare niente.
Genere: Drammatico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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OBLIVION 







“Are you going to age with grace?
Or only to wake and hide your face?
When oblivioni is calling out your name
You only take it further than I ever can”
 
Oblivion, Bastille









 
L’alba accarezza dolcemente la tua schiena nuda mentre abbracci il pavimento. Ho lasciato la finestra aperta per tutta la notte affinché il cielo si potesse specchiare sulla tua pallida pelle, in modo che sembrasse meno pallida. Così sei diventata una stella luminosa, poi una luna piena, e adesso sei il sole che sorge facendo ritorno da luoghi lontani.

Ho abbracciato il tuo corpo per tutta la notte, ma non sono riuscito a scaldarlo. E’ rimasto freddo come quei ghiaccioli alla menta a cui eri diventata dipendente. Non ho potuto fare niente. L’oblio ha chiamato il tuo nome, e io non ho potuto fare niente.

Il sangue si è seccato sulle tue dita e sotto le unghie spezzate. Durante la notte si è colorato d’oro, poi d’argento, e adesso è rosa salmone. Decora le tue gambe magre e le tue gracili braccia, così che appari come l’opaca opera d’arte di un pittore senza speranza. Segna le tue labbra carnose, le tue guance scavate, dando l’impressione che tu stia arrossendo. Copre tutto il pavimento sotto di te e le mie scarpe. Non ho potuto fare niente. Quando l’oblio ti chiama, non c’è niente che si possa fare.

Ti guardo e tu ricambi il mio sguardo. I tuoi occhi verdi sono fissi nei miei. Non ho mai visto qualcosa di tanto immobile. Ti cerco attraverso di essi, mi faccio spazio al loro interno con la forza, ma tu non ci sei. L’oblio ha chiamato il tuo nome. E io non ho potuto fare niente.

Accarezzo ancora una volta i tuoi capelli corvini. Quando ritiro la mano, tra le mie dita si incastrano lunghe ciocche nere. Ricordo con quanta cura usavi pettinarle. Che cosa diresti ora, vedendo i tuoi boccoli sbiadire sui miei palmi?

Adesso il sole è alto nel cielo limpido. Risplendi. Risplendi come una fata turchina. Come un diamante puro. Ma è tutta una finta. Sul pavimento giace solo una bambola di porcellana. La pelle è bianca come la neve, gli occhi non vedono niente, e la bocca si curva in un sorriso fatto di zucchero. Tu non esisti. L’oblio ha chiamato il tuo nome.

Il sole abbandona il cielo e scende in picchiata. Il sangue ora appare più rosso che mai: l’esatta tonalità della vendetta. Per un attimo lo vedo scorrere come un ruscello dal naso all’insù che hai ereditato dalla tua madre francese. Ma non è possibile. Tu non ci sei. L’oblio ha chiamato il tuo nome.

D’improvviso la tua risata echeggia tra le pareti vuote. Ridi di una risata a scatti, come un robot rotto.

No. Non può essere.

Ridi ancora, forte, con l'intento di intimidirmi, di innervosirmi.

Non puoi stare qua. 

Fuori dalla finestra si tinge nuovamente tutto di nero. Il tuo sangue ora è scuro e denso come il petrolio. Non ci sono stelle questa notte. Il vento fa sbattere le imposte e soffia il suo risentimento sul mio viso. Tu batti le palpebre e ti alzi. 

Non puoi stare qua. 

Non mi ascolti e avanzi nuda verso di me mentre pezzi di carne si staccano dalla tua faccia. E’ inutile che tenti di resistere. Non posso fare niente. L’oblio ti ha chiamata. Vattene. 

Ti siedi sulle mie ginocchia e un forte odore di marcio invade le mie narici e la mia gola. Trattengo un conato di vomito mentre appoggi le tue mani cadaveriche sulle mie spalle. Poi ti avvicini con la testa e sussurri cose al mio orecchio, ma io non ascolto una parola. Non capisci? Non posso fare niente. L’oblio ti ha chiamata, ha chiamato il tuo nome!

Urli la tua disapprovazione emettendo un suono simile a quello di un gesso che sfrega su una lavagna. E’ straziante, è insopportabile. Smettila!

Mi ignori ancora, e non ti accorgi che la notte si arrampica su per la finestra e fa un passo nella stanza. Avanza lentamente tingendo di nero tutto quello che tocca. Il tuo scheletro inizia improvvisamente a tremare e ti aggrappi disperatamente a me. Ma è troppo tardi, non posso fare niente.

Mi strappi la maglia, mi ferisci il petto. Tiri i miei capelli, graffi i miei avambracci, stringi le mie mani. Non posso fare niente. Gridi il mio nome mentre l'oscurità ti accarezza con mani fredde, per poi inghiottire tutto quello che è stato di te.

Te l’avevo detto. L’oblio mantiene sempre le sue promesse, e ora è venuto qui per te.



 


 
Una porta sbatacchia alle mie spalle. Alcuni uomini in divisa piombano nella stanza. Si precipitano su di te, che diversamente da quanto mi fossi aspettato sei ancora distesa sul pavimento, accanto alla finestra. Toccano le tue vene ormai vuote, osservano le tue pupille vacue, infine coprono il tuo corpo livido con un lenzuolo bianco. Riesco a vedere i tuoi occhi congelati in un tempo passato un’ultima volta prima che un paio di manette circondino i miei polsi e uno degli uomini in divisa mi conduca oltre la porta.

Fuori il marciapiede è affollato. I flash mi accecano e la confusione mi stordisce. I giornalisti scavalcano la folla e mi piombano addosso come falene attratte dalla luce. Urlano domande le cui risposte si perdono nell’aria per venire risucchiate dal vento, che le porterà nel posto sbagliato. Vengo spinto in una macchina le cui sirene iniziano a fischiare. La calca adesso spinge contro il mio finestrino, sbattendo le mani sul vetro. Io non vi presto attenzione.


Mi accomodo sul sedile e rilasso le spalle mentre la macchina parte.

Loro non possono capire.

Chiudo gli occhi.

Non potevo fare niente. L’oblio ti ha chiamata. Ha chiamato il tuo nome.

E quando l’oblio ti chiama, non c’è niente che si possa fare.
 
  
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