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Autore: Julia of Elaja    24/07/2014    3 recensioni
"Ti è chiaro ora, Norma?".
Andrew la guardò, e la ragazza capì che forse era arrivato il momento di preoccuparsi, e sul serio; glielo gridavano quegli occhi così impauriti e disperati che in quel momento la fissavano, alienati.
"Ci siamo dentro anche noi?".
"Esatto. Forse avremmo fatto meglio a starne fuori".
E intanto un foglio burciava nel camino, imbrattato dall'inchiostro ormai sciolto che fino a poco prima recitava così:
"Sto arrivando, Miles. Preparati la tomba".
Genere: Mistero, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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I giorni passavano e lo strano clima di silenzio imperturbabile e turbato al tempo stesso si era ormai impossessato di tutti i cittadini della bella Greentown; i più anziani iniziavano a chiamarla, scherzando tra loro, "Darktown" per la serie di eventi funesti oltre che per il costante clima di terrore che si era insediato a pianta stabile lì da loro.

Eppure non vi era stata più alcuna misteriosa sparizione, né alcun ritrovamento di cadavere dopo quello di Ilva Stuart; due mesi dopo l'atmosfera, tuttavia, continuava ad essere pesante come una densa coltre di nebbia che sembrava offuscare l'allegra vita della città, ormai ridotta a porte blindate e rinforzate al coprifuoco alle otto di sera.

La gente non usciva nemmeno più per una passeggiata il pomeriggio; ci si riduceva ad uscir di casa solo quando era davvero necessario fare la spesa o bisognava andare a lavoro.

Le café Central era stato chiuso; Andrew non vedeva più nessuno passare dal suo bar né per un caffè veloce e neanche per una chiacchiera accompagnata da un buon croissant. Aveva chiuso i battenti con il cuore a pezzi. Chiudere quel bar significava chiudere tutti i rapporti con la figura del padre ancora in vita. Si era chiuso quindi in un insolito silenzio, forse anche peggiore di quello che aveva esibito alla morte del padre, perché quasi ingiustificato questa volta.

"Andrew, vedrai che in tempi più floridi e più tranquilli potremo riaprire il bar. Vedrai, tesoro, ce la faremo" cercava di rincuorarlo sua madre, ma il ragazzo si limitava a sorridere mestamente continuando a fissare il pavimento, come ormai era solito fare, per poi uscire di casa e passeggiare nel giardino sul retro.

Neanche Norma era riuscita a scucirgli una parola di bocca; "Che diamine ti è preso, eh?" gli urlò un giorno, esasperata, la luce del sole al tramonto negli occhi e la disperazione nel suo sguardo "Sono tre settimane che non parli, non rispondi alle chiamate, ti limiti solo a sorridere da grande idiota e fare spallucce, per poi voltare le spalle a chiunque ti parli e andare via. Hai subìto qualche lesione cerebrale?".

Ma a Andrew non andava di parlare, semplicemente perché c'erano troppe cose che avrebbe voluto dire; e poi era troppo arrabbiato con Norma per poterle rivolgere la parola senza urlare come un ossesso.

Pochi giorni prima della chiusura del bar, lei lo aveva raggiunto a casa sua con un grande sorriso sulle labbra; "Nick mi ha chiesto scusa. Anzi, mi ha addirittura chiesto di tornare con lui!".

Andrew aveva sgranato gli occhi in risposta; "Ma certo, così se tu gli avessi detto di sì avresti dovuto ritirare la denuncia per diffamazione! Cosa gli hai detto?".

"Oh, gli ho tirato un bel calcio dove puoi immaginare" aveva ridacchiato lei in risposta "E gli ho detto che era un verme schifoso. Ma poi... lui ha risposto... e mi ha detto qualcosa che mi ha fatto pensare parecchio a quel che tu avevi detto di lui".

"Cioè? Che è un imbecille patentato?".

"No. Mi riferisco al fatto che potrebbe essere implicato negli omicidi di Matt e Ilva. E sai perché?".

Fece una piccola pausa, per tenerlo ancora più sulle spine; "Mi ha detto, testuali parole: Se non ritiri la denuncia giuro che ti ammazzo, Norma. Ti uccido con le mie proprie mani".

Andrew era balzato in piedi; eccola, la seconda prova da fornire a Griffith! Nick era un violento e aveva forti impulsi omicidi. Era mentalmente instabile, quindi, anche se poi Andrew lo aveva sempre pensato.

Così aveva pazientemente aspettato la terza prova, quella definitiva per cui Griffith poteva considerarlo l'indiziato numero uno; ma una settimana dopo era accaduto qualcosa, che aveva completamente eliminato dalla sua testa ogni minimo pensiero riguardo Nick Hopeless.

Il giorno della chiusura del bar, dopo aver sistemato ogni cosa, aveva pranzato con Norma, a casa sua.

I genitori di lei erano fuori da parenti, ma la ragazza aveva preferito rimanere a casa sua; aveva cucinato per l'occasione un ottimo pasticcio di rognone accompagnato da patate al forno e un buon dolce fatto in casa. E aveva scelto del vino rosso d'annata per accompagnare il lauto pasto.

Norma non beveva molto; la sua ernia iatale la costringeva ad assumere alcool in quantità davvero irrisorie, così a volte preferiva non bere direttamente nulla se non acqua. Naturale, ovviamente.

Andrew, dal canto suo, aveva praticamente bevuto l'intera bottiglia di novello, così da non sentire più le gambe a fine pranzo.

"Sei completamente ubriaco" aveva riso lei sbeffeggiandolo mentre cercava di alzarsi dal tavolo mantenendosi con forza ad un mobile lì affianco.

"Aiutami invece di stare lì!" aveva sbraitato lui, i freni inibitori scomparsi a causa del vino; e quando lei gli si era avvicinata porgendogli il suo braccio, lui aveva approfittato dell'occasione e le si era gettato addosso con malagrazia, rovinando a terra con lei.

Proprio come quando si erano conosciuti; solo che in quel momento erano stesi sul pavimento del salone di casa Hutch, e non sul prato del barbecue come anni addietro.

"Dio, quanto sei bella" aveva detto lui, sorridendole con un'aria più idiota che mai.

Norma dapprima rise; "Sei ubriaco fradicio, Drew".

Ma lui non le aveva risposto; l'aveva avvicinata ancor di più a sé e l'aveva baciata.

Senza alcuna paura, né vergogna; la voleva per sé, soltanto per sé.

Se non in quel momento, quando avrebbe dovuto dichiararle quel che provava?

Quel bacio era tutto ciò che desiderava in quel momento; anzi, lo desiderava da anni! Sentì le labbra di Norma toccare le sue e improvvisamente si sentì il più forte del mondo. Con lei al suo fianco le cose sarebbero andate sempre bene...

"ANDREW!".

Uno schiaffo in pieno viso lo riscosse dai suoi pensieri poco puliti su Norma e sulla sua camera, a pochi passi da loro; e quando le rivolse uno sguardo abbacinato capì di aver commesso un grande, grave errore.

Lei sembrava fuori di sé; era in ginocchio, aveva la mano destra stretta in un pugno e con la sinistra si tastava le labbra.

"COSA HAI FATTO IDIOTA!?" aveva urlato, arrabbiata come mai Andrew l'aveva vista.

Alla sensazione estasiante di euforia era seguita la bruciante delusione; Norma non ricambiava quel bacio e ciò che Andrew provava.

Cosa avrebbe dovuto dirle? Aveva sbagliato, e di grosso... come aveva potuto pensare che il suo potesse essere corrisposto? Che stupido era stato; l'alcool l'aveva reso così sicuro di sé... troppo sicuro.

"Io" tentennò, mettendosi in piedi cercando di non piegarsi su un lato e vomitare, un po' per l'alcool un po' per la vergogna di quel che era accaduto "Colpa del vino" sospirò "Credo".

"Ah credi?" aveva urlato Norma, mettendosi in piedi e guardandolo come se fosse un insetto "Se pensi che io sia una delle tante puttane che ti porti a letto, allora hai sbagliato di grosso, pezzo di me...".

"COSA!?" Andrew era balzato in piedi e soffocando un conato l'aveva poi scrollata per le spalle "Norma, io ti amo! Da anni! Non sei assolutamente paragonabile a quelle troie che mi sono sbattuto".

Ma lei scosse la testa, sgusciando via dalla sua stretta come un'anguilla; "Fuori da casa mia. Adesso".

"Finiscila. Non fai sul serio".

"VA' FUORI!".

Seguì un pesante e infinito silenzio, in cui lei fissava insistentemente il pavimento e lui guardava la sua amica come se gli avesse appena detto di essere un alieno; Andrew prese le chiavi della sua macchina e uscì da casa Hutch sbattendo la porta d'ingresso. Norma lo sentì ripartire con un rumore di gomme che accelleravano d'improvviso e un cattivo odore di uova marce.

Ma le sorprese per lei non erano ancora finite, quella giornata; dopo aver rassettato la cucina, imponendosi di non pensare a quel che era accaduto anche se inutilmente, si era accasciata sul divano della cucina e aveva acceso la televisione. Chissà, forse guardare il notiziario l'avrebbe distratta da quegli assurdi brividi che la pervadevano al pensiero di quel bacio con Andrew...

"Idiota, idiota, mille volte idiota!" aveva urlato rivolta alla televisione, sul cui schermo un'avvenente donna annunciava le previsioni metereologiche per le giornate a venire.

Naturalmente, si riferiva a Andrew, e non a Kyle Donovan che con i suoi lunghi capelli biondi e il suo impeccabile sorriso evidenziava un fronte artico in arrivo di lì a poche ore; perché lui l'aveva baciata? Perché aveva rovinato tutto in quella maniera balorda?

Non che il bacio le fosse dispiaciuto, anzi; era stato inaspettato ma gradito. Eppure qualcosa dentro di sé aveva scalpitato così tanto da reagire in quella maniera, forse esagerata.

"Non possiamo stare assieme" continuava a ripetere lei "Ma non so neanche io il perché!".

Si stese sul divano, gli occhi che correvano per il soffitto e le braccia abbandonate lungo il corpo; forse sarebbe stato meglio chiamare Andrew per chiedergli scusa... o forse no, era lui che doveva chiederle scusa! Ma certo, sicuramente lui era in torto marcio! Come minimo sarebbe tornato piangendo e implorando perdono, magari con un bel mazzo di fiori...

Il campanello suonò inaspettatamente, interrompendo il flusso di pensieri che aveva invaso la testa della ragazza; "Arrivo!" esclamò. Possibile che Andrew fosse già tornato con la coda fra le gambe?

Aperta la porta, però, Norma non trovò nessuno ad attenderla; la strada era deserta, a parte un cane randagio qualche metro più in là.

Osservò attentamente tutto attorno a sé; forse era uno scherzo stupido di qualche ragazzino?
Eppure non c'era davvero nessuno lì; prima di voltarsi per rientrare in casa, però, diede un'ultima occhiata alle sue spalle.

La cassetta della posta era aperta.

E qualcosa sporgeva da lì; un foglio bianco, constatò Norma appena fu abbastanza vicina, prendendolo in mano ed esaminandolo.

Era piegato in due; lo aprì e scoprì una fitta calligrafia longiforme che aveva riempito quella singola pagina con dell'inchiosto nero di penna stilografica, per quel che lei intuì di primo acchitto.

E lesse, avidamente, curiosa di capire chi le avesse scritto e, soprattutto, cosa.

 

 

Mossa sbagliata, Norma.

Hai salutato per bene il tuo amichetto, prima che andasse via?

 

 

La scrittura sembrava infantile; larga, sbavata, piena di macchie d'inchiostro ovunque.

Eppure Norma non poté non avvertire un orribile sensazione di vuoto allo stomaco invaderla all'improvviso; si precipitò in casa, prese le chiavi e dopo aver sbattuto la porta alle sue spalle corse a perdifiato verso casa Miles, molto vicina da lì.

"ANDREW!" urlava a perdifiato, correndo verso l'abitazione del ragazzo; urlò altre quattro, cinque volte, finché non si ritrovò davanti alla porta di ingresso della casa della famiglia Miles.

Suonò ripetutamente più volte, quasi sfiorando l'isteria; doveva accertarsi che stesse bene, magari era solo uno stupido scherzo...

"Norma?".

Si voltò; dalla sua BMW X5 stava scendendo in quel momento proprio Andrew.

"IDIOTA PATENTATO!" urlò lei precipitandosi verso di lui "MI HAI FATTA PREOCCUPARE!".

"Ma che stai..." Andrew non fece in tempo a completare la frase che un pugno della ragazza lo centrò in pieno volto. Precisamente sul naso.

 

 





"Sei stato fortunato, Andrew; il setto nasale non è stato deviato. A quanto pare il colpo che hai preso non è stato molto forte".

Il dottor Belmont sorrise benevolo al ragazzo, seduto su un letto di ospedale sotto lo sguardo colpevole e adirato al tempo stesso della sua amica Norma.

"La prossima volta però cerca di evitare di correre per le scale; avresti potuto fratturarti un femore, il che sarebbe stata una cosa alquanto sgradevole, sai?".

"Certo dottore. Ho imparato la lezione: non devo più correre per le scale"; Andrew aveva scandito ogni singola parola fissando furibondo Norma, che in risposta aveva abbassato lo sguardo, quasi mortificata. Il ragazzo non aveva raccontato a nessuno che era stata lei a tirargli quel pugno che poi gli era valso il naso gonfio e dolorante ma, per fortuna, non rotto.

Così quando il medico fu fuori le si rivolse con tono minaccioso: "Chiudiamola qui, Norma. Facciamo finta che non sia successo nulla e torniamo a casa".

La ragazza annuì, sempre continuando a fissare il pavimento; "Se avessi saputo che quel bacio mi sarebbe valso tutto questo macello allora sarei stato fermo al mio posto".

"Guarda che quel pugno te l'ho tirato per un altro motivo, imbecille" Norma sbuffò.

"Ah sì?" commentò sarcastico Andrew "Illuminami, allora".

La ragazza gli gettò il foglio che aveva trovato nella cassetta postale, ormai stropicciato e raggrinzito poiché lo aveva tenuto in mano tutto il tempo e distrutto per il nervosismo e la paura.

"Ma che razza di scherzo è questo?!" sbottò Andrew dopo aver letto.

"Io mi sono preoccupata" rispose allora la ragazza, mettendosi in piedi e facendoglisi più vicino "Visto quel che è successo a Matt e Ilva, quando ho letto questo foglio ho pensato che ti avessero fatto del male... così mi sono precipitata a casa tua e...".

"E in quel momento io ero appena tornato dal mio giretto in macchina per distrarmi un po', visto quel che era accaduto" aveva completato la frase lui.

Scese il silenzio; i due amici si guardarono per qualche istante, poi Norma si gettò su di lui mentre il ragazzo la teneva stretta a sé con le sue braccia possenti e palestrate.

"Scusami" aveva sussurrato lei "E non solo per il pugno".

"Va tutto bene. Scusami anche tu per quel bacio".

Rimasero così per qualche istante; poi il cellulare di Andrew squillò, facendo sciogliere i due ragazzi dal loro dolce abbraccio.

"Pronto?" rispose il ragazzo.

Una voce bassa e cupa rantolò qualcosa al telefono; poi si udì un tremendo boato, che proveniva dal parcheggio esterno dell'ospedale.

Norma si precipitò alla finestra; boccheggiando, si voltò a guardare Andrew.

"La macchina" urlò, tremando  da capo a piedi e indicando il parcheggio "La macchina è...".

"Lo so" le urlò Andrew in risposta tremando incontrollatamente; indicò il cellulare nella sua mano, che teneva lontano come se anche quello potesse esplodere da un momento all'altro.

Qualcuno stava giocando sporco; era forse l'assassino di Matt e Ilva che stava tornando a colpire?

   
 
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