Film > X-men (film)
Segui la storia  |       
Autore: Quasar93    24/07/2014    2 recensioni
Questa fanfiction sarà una raccolta di missing moments tra X-men first class e X-man days of future past. Come ha reagito Charles quando Erik fu sospettato dell'assassinio di Kennedy, come ha gestito i mesi dopo cuba? E se il momento in cui si sono rivisti al pentagono quando insieme a Pietro e Logan sono andati a liberare Erik non fosse stata l'unica occasione di parlare per il telepate e il manipolatore di metalli?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Dottor Henry 'Hank' McCoy/Bestia, Erik Lehnsherr/Magneto
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Un po' in ritardo, ma ecco il nuovo capitolo! Ringrazio Silvia (Magnetic_Ginger qui su efp) per le idee che sono emerse parlando insieme di questo capitolo mentre lo scrivevo e vi consiglio di tener d'occhio il suo profilo perchè ha in programma uno spin-off di questa missing moments, stay tuned.
Enjoy:)

--------


 
First, you think the worst
is a broken heart
2 anni dopo - Westchester
 
Per Hank non era stato affatto facile convivere con Charles in quei due anni a Westchester.
Non era riuscito a convincerlo in nessun modo ad uscire dalla villa o a vedere uno psichiatra e somministrargli psicofarmaci nelle sue condizioni non era assolutamente consigliabile.
Charles Xavier si era chiuso nel suo mondo e aveva tagliato tutto e tutti fuori, tranne la Bestia che, nonostante i ripetuti inviti dell’altro mutante, aveva rifiutato di andarsene e insisteva a volersi prendere cura di lui.
Ma le barriere che Charles aveva innalzato intorno a se stesso erano così alte e così robuste che, per quanto Hank potesse avvicinarvisi, non sarebbe mai riuscito ad attraversarle.
Era come se fosse ritornato a quando era bambino e, privo del controllo dei suoi poteri, credeva di essere solo un folle.
Hank ormai si era abituato alla nuova condizione di Charles e riusciva a distinguere bene gli alti e i bassi della sua condizione.
In quelli che la Bestia chiamava i momenti buoni il siero e lo scotch erano una costante, ma il primo era a dosaggi quasi normali e il secondo abbastanza moderato.
In quei periodi Hank riusciva anche a parlare con Charles, sempre che le conversazioni che avevano fossero definibili come “parlare”.
I dialoghi comprendevano la maggior parte delle volte Hank che cercava di convincere l’altro mutante a cercare aiuto o, quanto meno, ad ascoltarlo, dato che in tutto quel tempo la Bestia non era rimasta con le mani in mano  ma aveva studiato tutti i manuali di psicologia e di psichiatria reperibili nella biblioteca di Westchester.
E, dall’altra parte, un Charles freddo e irascibile, che puntualmente diceva di cavarsela benissimo da solo e che non aveva bisogno di niente e di nessuno.
L’unica altra attività che il telepate svolgeva consisteva nel guardare vecchie foto del breve periodo in cui Erik e Raven erano con lui insieme ai ragazzi e perdersi nel viale dei ricordi. Era in quei momenti di solito che beveva fino ad addormentarsi. E Hank, come sempre, passava a mettergli addosso una coperta e a mettere via quelle foto, sperando inutilmente che Charles le lasciasse perdere una volta per tutte. Vederle faceva male anche a lui, ma sapeva che quei tempi non sarebbero mai tornati, e farsi del male tormentandosi coi ricordi non sarebbe servito a riportarli indietro.
 
What’s gonna kill you
is the second part
 
Poi c’erano i momenti brutti.
In quei giorni ogni barlume di Charles scompariva nel vortice del dolore lasciando a sua rappresentanza nel mondo esterno nient’altro che l’equivalente di un guscio vuoto.
A volte era qualcosa di particolare a scatenare gli episodi, altre volte erano totalmente casuali.
Semplicemente avvenivano e, da un giorno all’altro, Charles scompariva andando a rintanarsi in qualche stanza dell’enorme villa. Il più delle volte tornava in quella camera dove era iniziato tutto, altre Hank non riusciva a trovarlo per giorni. Quel posto era immenso e Charles sapeva come non farsi trovare se davvero voleva restare solo.
Quei periodi erano terribili.
Le dosi tutt’altro che sotto controllo e lo scotch che scorreva a fiumi.
Una volta Hank si era rifiutato di comprarne altro, ma alla fine aveva ceduto, come sempre.
Praticamente ormai usciva solo per fare la spesa.
Non voleva lasciare Charles da solo un momento più del necessario.
Per quanto cercarlo fosse inutile e parlarci ancora meno, voleva illudersi che restando alla villa sarebbe potuto essere d’aiuto all’altro.
Più di una volta si era fermato a guardare il corpo inerte di Charles e a pensare alla sua mente, al suo vero se stesso, sepolta sotto una montagna di bottiglie di scotch e fiale vuote.
Charles era ancora li, da qualche parte, lo sapeva.
Ma se c’era una cosa che aveva capito in quei due anni era che se mai ne sarebbe uscito sarebbe dovuto partire da lui stesso e da nessun’altro.
Per questo continuava a comprare lo scotch e a sintetizzare il siero. Tanto, finchè non si sarebbe convinto da solo a smettere, se lui non gli avesse più procurato il necessario sarebbe andato a cercarselo altrove.
E per quanto le sue condizioni alla villa fossero tremende sicuramente fuori sarebbero state esponenzialmente peggiori. Almeno li poteva avere l’illusione di riuscire a tenerlo d’occhio.
Vegliare su di lui era il suo compito e, alla fine, anche se era stato un ruolo imposto dalle circostanze non lo sentiva come un obbligo, o un peso.
Perché se era vero che Charles Xavier aveva chiuso il mondo fuori anche il mondo sembrava essersi dimenticato di lui.
Non una parola da Raven, in tre anni, nemmeno quando Erik era stato arrestato per aver fatto quello che aveva fatto e nemmeno Moira o i ragazzi si facevano vivi da tempo.
Era tutto quello che aveva e non lo avrebbe abbandonato, mai.
 
 
 
 
 
 
And the third is when
your world splits down the middle
 
Uno dei giorni che Hank avrebbe ricordato per sempre fu il giorno in cui Charles trovò la lettera in cui l’esercito americano avvertiva che Alex Summers era stato richiamato per partecipare alla guerra in Vietnam.
La Bestia aveva nascosto bene quella missiva, pensando di parlarne a Charles quando sarebbe stato in grado di reggere la notizia.
L’aveva messa tra le carte che stavano vicino al telefono nell’ingresso, perché nessuno chiamava il numero della villa da più di un anno e inoltre si sarebbe mescolata benissimo al resto delle scartoffie. Quale posto migliore per nascondere un albero di una foresta?
Quello che Hank non aveva messo in conto era che un giorno di qualche mese dopo quel telefono squillò.
Era passato così tanto tempo dall’ultima volta che qualcuno aveva chiamato la villa che lo squillo dell’apparecchio prese di sorpresa la Bestia, che rispose subito dal telefono che aveva in laboratorio. Mai si sarebbe immaginato che anche Charles, sentendo lo squillo, fosse uscito dalla sua stanza per ascoltare la chiamata da un altro apparecchio.
Tanto meno si sarebbe immaginato che mentre ascoltava si sarebbe messo a curiosare tra quelle vecchie carte che nessuno toccava da anni.
Non appena Hank si accorse che a parlare era Raven ne fu sollevato, pensò, sperò che avesse intenzione di parlare con Charles, non in quel momento, ovviamente, ma era certo che riprendere i rapporti con lei avrebbe fatto bene all’ex telepate. Ringraziò che in quel momento Charles non fosse in grado di usare i suoi poteri e, ignorando il fatto che stesse comunque ascoltando, lasciò parlare la ragazza con un sorriso sul viso, il primo dopo tanto tempo.
Quando la voce all’altro capo del telefono però svelò le vere intenzioni di quella chiamata il cuore di Hank diventò più pesante e il sorriso se ne andò con la velocità con cui era arrivato.
Raven si era limitata a poche parole, si era accertata di aver chiamato il numero giusto e aveva comunicato quello che doveva comunicare.
-Sean è morto-
Aveva solo detto, senza aggiungere nulla ne aspettare risposta e aveva riagganciato.
Erano due ora le brutte notizie che il mutante avrebbe dovuto dare a Charles, prima o poi, e ancora non riusciva lui stesso ad accettarle.
Si lasciò cadere un attimo a sedere, nel laboratorio e una lacrima gli scivolò lungo la guancia.
Dopotutto Sean era stato un suo compagno e un suo amico, ed era stanco di essere lui quello forte, alla villa.
In quel momento avrebbe tanto voluto che i ruoli fossero invertiti, com’era giusto che fosse, e che Charles, entrando dalla porta, lo avesse visto soffrire per la morte di un suo compagno e lo avesse consolato, condividendo il suo dolore e aiutandolo ad andare avanti. Era Charles il professore e lui lo studente, perchè doveva essere lui a portare il peso di quelle notizie per entrambi?
Ma le cose non erano così e pensarci lo avrebbe solo fatto stare peggio.
Così si alzò e decise di andare a cercare Charles e parlargli di Sean, aveva il diritto di saperlo e lo avrebbe saputo, a costo di tenerlo legato da qualche parte per impedirgli di fare cose stupide.
La decisione negli occhi di Hank si trasformò in orrore quando raggiunse il corridoio notò qualcosa che non avrebbe mai voluto notare.
La lettera che aveva nascosto era aperta e accartocciata in mezzo al corridoio e la cornetta del telefono penzolava abbandonata a se stessa.
Charles aveva letto.
E, ancora peggio, aveva sentito.
Il suo sforzo di proteggerlo si era rivelato inutile e, anzi, aveva solo peggiorato le cose.
Dio solo sapeva come avrebbe potuto reagire l’altro mutante alla combinazione di quelle due notizie.
Per un attimo il giovane fu colto dalla rabbia, ma riuscì a controllarsi, ora la sua priorità era trovare Charles e sapeva benissimo che non sarebbe stato affatto semplice.
Fece il giro della villa controllando nei posti in cui andava a rintanarsi più spesso ma trovò solo un gran disordine e vuoti in grandi quantità.
Controllò nei posti più strani e nei meandri dei sotterranei della mansion senza pensare alla risposta più ovvia.
Era ormai al terzo giro quando gli venne l’illuminazione e corse in quella che era la stanza di Sean.
Stupido Hank, stupido Hank si ripetè, mentre giungeva davanti alla pesante porta di legno.
Era già pronto ad abbatterla ma non ce ne fu bisogno, Charles non si era  nemmeno preoccupato di chiuderla a chiave.
Nessuna traccia del mutante e Hank, deluso, stava per andare a controllare anche nella vecchia stanza di Havok quando sentì un rumore provenire dal bagno della camera.
Spalancò immediatamente la porta e la scena che si trovò davanti quando vide quello che era rimasto del professor Xavier lo lasciò senza fiato, per la seconda volta in quel giorno.
Sapeva le percentuali, sapeva che sarebbe potuto accadere.
Avrebbe dovuto aspettarselo.
70%.
70% di probabilità che accadesse di nuovo, eppure Hank l’aveva considerata una possibilità così remota da stare tranquillo, una volta eliminati tutti gli oggetti che sarebbero stati utili allo scopo dalla villa.
E poi cercava, al massimo delle sue possibilità, di sapere sempre dove fosse l’ex telepate, nonostante avesse chiuso ermeticamente tutte le finestre ad eccezione di quelle del laboratorio.
Ma quella volta aveva fallito.
Corse immediatamente verso Charles, che giaceva semi-incosciente in una pozza del suo stesso sangue, in mano ancora una grossa scheggia di vetro dello specchio che aveva rotto, probabilmente colpendolo per rabbia.
I pezzi rimasti attaccati al muro riflettevano la scena in modo distorto e inquietante, rendendo i loro visi deformati nella rappresentazione diurna di un incubo.
Hank si gettò su di lui e lo prese tra le braccia, stringendogli i polsi con tutta la forza di cui era capace per fermare l’emorragia.
-Hank…-
-Taci. Non parlare. Non osare rivolgermi la parola.- disse stringendolo più forte e pensando a come risolvere quella situazione.
Sapeva cosa significavano quelle notizie per Charles.
Un altro fallimento, l’ennesimo di una lunga serie. Erano i suoi ragazzi, avrebbe dovuto proteggerli.
Non aveva bisogno di sentirselo dire e tantomeno ne aveva voglia.
Hank sapeva che non era affatto colpa del telepate quello che era successo ma per lui, apprendere quelle cose in quel modo e in quella situazione, lo aveva distrutto. A nulla sarebbe valso spiegarglielo perché non lo avrebbe ascoltato o, quanto meno, non gli avrebbe creduto.
-Lasciami solo. È meglio per tutti che io sia solo.- balbettò ancora
-Non sei solo, Charles. E so che non mi ascolterai, ma non è colpa tua quello che è successo, capito?- disse mentre prendeva degli asciugamani per fermare il sangue, aspettando una risposta che non arrivò.
Charles aveva perso definitivamente i sensi e Hank si disse che era meglio sbrigarsi, prima che quel suo patetico tentativo di suicidio andasse a buon fine.
-Charles, perché non mi chiedi aiuto invece di arrivare a questo?- chiese al corpo incosciente di quello che avrebbe dovuto essere il suo mentore. Le ferite erano trasversali, e Hank sapeva che se qualcuno vuole davvero togliersi la vita non si ferisce a quel modo. Quello era solo un grido d’aiuto, per quanto stupido e disperato.
-Troverai la luce alla fine del tunnel, te lo prometto-
Finì di medicarlo al meglio delle sue possibilità e lo portò, ancora svenuto, nella sua camera.
Lo lasciò sul letto e fece per andarsene quando, girandosi per chiudere la porta, vide una lacrima scendergli lungo la guancia mentre si raggomitolava nel panno che gli aveva appoggiato sopra come coperta, cercando di coprirsi il più possibile i polsi fasciati stretti.
Mise nuovamente da parte la rabbia che provava verso Charles e si sdraiò accanto a lui, senza dire niente.
Era solo li, per Charles, come sempre.
-Grazie-
Quell’unica parola ruppe per un istante il silenzio che regnava nella stanza ma bastò per far comparire sul viso della bestia una parvenza di sorriso. Forse i sacrifici che stava facendo per Charles Francis Xavier non erano totalmente vani.
Non rispose e nemmeno Charles disse più nulla, restarono solo li a condividere silenziosamente il dolore per il loro amico in guerra e per il loro compagno caduto.
 
Fourth, you’re gonna think
that you’ve fixed yourself
 
 
Qualche mese dopo
 
Il periodo successivo a quell’episodio fu relativamente migliore.
Charles aveva deciso, anche se molto riluttante, di accettare un po’ dell’aiuto di Hank e di rimettersi in sesto.
Gradualmente aveva ridotto le dosi di scotch a un livello accettabile e con il siero stava rispettando la tabella di diminuzione delle dosi decisa dall’altro mutante.
Avrebbe riavuto indietro i suoi poteri, dopo un tempo che gli parve essere infinito e avrebbe di nuovo detto addio alle gambe.
Ma c’era una cosa che Charles aveva in mente e che Hank non sapeva, una cosa per la quale avrebbe sopportato perfino le voci nella sua testa. Una cosa che doveva fare, se davvero avesse voluto lasciarsi tutta quella storia alle spalle.
Il primo giorno in cui Charles rimase senza siero fu molto dura sopportare le voci nella sua testa.
Hank ricorderà per sempre il momento esatto in cui le sue gambe cedettero e Charles, accasciandosi al suolo, iniziò a stringersi la testa con tutta la sua forza.
Ricorderà di come gli era corso incontro e di come il telepate l’avesse stretto forte, chiedendogli un'altra dose, rinunciando al suo progetto. E di come Hank fosse stato fermo nella sua decisione, nonostante le smorfie di sofferenza dell’altro e lo sguardo di terrore.
-Passerà, Charles. Devi solo riprendere il controllo- gli disse, e così fu.
Già il giorno dopo andava meglio. Non aveva ancora ripreso il controllo totale sui suoi poteri, ma riusciva a gestirli abbastanza dal compiere quello che si era prefissato, ignorando che sarebbe stato un grandissimo errore.
-Charles, sei completamente sobrio solo da un giorno, non puoi usare Cerebro- lo rimproverò Hank, quando lo vide andare verso i sotterranei.
-Sto bene, Hank-
-Ammettendo anche che tu riesca ad usarlo, cosa avresti intenzione di farci?-
-Una cosa che devo fare- il sospetto che Hank stava coltivando diventò realtà. No, non poteva davvero essere così stupido. Non era il momento di affrontarlo. Non ora. Non dopo che era riuscito così faticosamente a trovare un equilibrio.
-Charles no-
-Se vuoi che metta una pietra sopra a tutta questa storia devo farlo, lo sai-
-Si ma non è questo il momento e.. nulla di quello che direi può fermarti vero?-
-No-
Consapevole che non avrebbe potuto far nulla per impedirgli di fare quanto aveva in mente lo lasciò fare, conscio che avrebbe commesso un grave errore.
Lo accompagnò fino alla stanza di Cerebro che lo salutò con un metallico “buongiorno professore” che nessuno dei due sentiva da anni.
La X di luce si spense e le porte si aprirono lasciando entrare Charles, mentre Hank si sedeva appena fuori, in attesa.
 
Fifth, you see them out
with someone else
 
Charles era solo, nella grande stanza sferica di Cerebro.
Si infilò il casco e accese i comandi.
L’unica cosa che sentì fu un dolore allucinante alla testa e l’amplificarsi delle voci. Il primo istinto fu di mollare tutto e lasciar perdere, ma lo combattè, sarebbe andato fino in fondo sta volta.
I contatori schizzarono al massimo, ma Charles si concentrò e riuscì a normalizzare l’apparecchiatura.
Prima di fare quello che aveva in mente decise di controllare fino a che punto poteva spingersi.
Cercò i suoi studenti, sparsi per il mondo.
Vide Havok combattere in Vietnam e una stretta al cuore lo colse.
Era solo un ragazzo, il suo posto sarebbe stato nella sua scuola e non su un campo di battaglia.
Poi cercò Angel e la vide in compagnia di alcuni individui poco raccomandabili, probabilmente strafatta.
Aveva cercato di salvarla da quella vita, ma aveva fallito.
Un altro fallimento per il professor Xavier, evviva. Si disse, prima di passare a Raven.
Raven, sua sorella, dalla quale non sentiva una parola da più di tre anni ora dirigeva la confraternita dei mutanti malvagi insieme ad altri ragazzi mai visti. Uno sembrava una qualche specie di telepate e l’altro assomigliava vagamente a un rospo.
Non riuscì a capire bene la loro mutazione, era da troppo poco che aveva ricominciato a usare i suoi poteri.
La tentazione di parlare era grande, ma si trattenne. Non era ora il momento, no. Ora doveva pareggiare i conti con qualcun altro.
Ci mise molto a trovarlo, ma alla fine riuscì a localizzarlo, molti piani sotto il pentagono, in una prigione senza nessun oggetto di metallo per almeno due piani.
 
Sixth, is when you admit
you may have fucked up a little
 
Charles si concentrò al massimo per riuscire a spedire una sua immagine mentale in quella cella di massima sicurezza.
-Ciao, Erik.-
L’altro mutante lo guardò come se avesse visto un fantasma.
-Charles?-
-Dobbiamo parlare-
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > X-men (film) / Vai alla pagina dell'autore: Quasar93