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Autore: Ben_hellis    24/07/2014    1 recensioni
Lui, comparso all'improvviso dal buio, aveva sussurrato nel suo orecchio che l'avrebbe uccisa; lei cercò di scappare ma l'uomo, ridendo, le aveva afferrato un piede facendola cadere a terra.
Comincia sempre così l'incubo di Sarah ed è l'unica cosa che ricorda della notte in cui i suoi genitori sono morti. Per scoprire il mistero che c'è dietro la loro morte dovrà tornare a quella notte, l'unico modo per contrastarlo e salvare le sue vittime.
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2. Il fotografo
La verità nei suoi occhi

 

«Siamo arrivati Denny, ora puoi svegliarti!» Esclamò l'uomo alla guida scrollando con la mano il passeggero.
«Odio quando mi chiami così.» Disse mentre sbadigliava.
Den guardò fuori dal finestrino della macchina del fratello, era nella più piena campagna inglese, guardò avanti e vide la sua nuova casa: un castello rimodernato a collegio, una struttura gotica maestosa.
«Ci hanno girato Dracula qui? Potrei tornare a casa come vampiro.» Disse sorridendo.
«Se non luccichi come l'ultima generazione di vampiri ti posso ancora accettare nella mia famiglia.»
La macchina entrò sotto il grosso cancello di metallo, sopra si ergeva una scritta: “Warden College”. Dopo pochi metri si fermarono in un parcheggio libero, scesero dalla macchina e si diressero verso il bagagliaio. Il fratello di Den aprì velocemente il bagagliaio e gli prese la pesante borsa.
Lo fissò dritto negli occhi, erano lucidi.
«Mamma e papà sarebbero fieri di te. Io...vorrei tenerti con me, ma... »
Den lo fermò.
«Lo so John, non devi preoccuparti, qui mi troverò bene, tu hai il tuo lavoro e devi pensare anche ad Eileen.»
«Mancherai tanto anche a lei, questo lavoro ci porterà lontano ma qualsiasi cosa chiamami subito.»
«Cosa vuoi che accada in un vecchio e noioso collegio.»
Den abbracciò suo fratello e prese la valigia, senza girarsi indietro andò verso l'ingresso del collegio.
«Ci vediamo tra un anno.» pensò tra se e se.
Mentre camminava si allargò il nodo della cravatta.
«Questa divisa è davvero molesta.» pensò sbuffando.
La sala d'ingresso del collegio era molto alta e spaziosa, gli studenti erano molti e si muovevano in tutte le direzioni con borse di varie dimensioni. Da quello che sapeva doveva dirigersi verso la segreteria e prendere la chiave della stanza dove avrebbe alloggiato.
Su un lato della sala vide diversi cartelli che indicavano varie direzioni, uno di questi specificava che la segreteria era al primo piano.
Den prese le scale, portandosi dietro la valigia, maledisse chi aveva deciso che gli studenti non potessero spedire i bagagli.
Il primo piano era ancora più pieno di studenti che sembravano spersi quanto lui, si avvicinò al bancone.
«Posso esserle utile?» Un'anziana signora lo guardò torvo visibilmente infastidita da così tanta gioventù.
«Sono Danny Write, sono iscritto al secondo anno ma è la prima volta che vengo qui.»
Senza dire nulla la signora prese un registro e con il dito indice scorse un elenco, Den notò che il suo viso era una ragnatela di rughe, si chiese quanti anni avesse. La segretaria alzò improvvisamente gli occhi e lo guardò intensamente come se gli avesse letto nel pensiero, Den deglutì. Senza dire nulla si alzò e prese dalla bacheca dietro di lei una busta.
«La sua stanza è nell'ala maschile, la numero 122.» Disse mentre gli porgeva la busta.
Prima che Den potesse dire qualcosa continuò.
«Per arrivare all'ala maschile deve prendere il corridoio fino in fondo, salire le scale fino al quarto piano, la sua stanza è dalla parte sinistra della sala che si troverà davanti. Questa è una mappa delle varie zone della scuola.»
Tracciò dei cerchi con la penna.
«Qui è la foresteria, ci sono le classi del secondo anno, qui sono i vari club del collegio e qui la sala studio. Ah, e qui è dove è vietato entrare, l'ala femminile. Buona giornata signor Write.»
«Buona giornata anche a lei.» Subito un altro prese il suo posto al bancone.
Den si allontanò un po' intontito dalle tante informazioni ricevute in pochi secondi. Tirò su il suo bagaglio e si diresse verso la sua stanza, dopo essersi perso diverse volte e fatto dare diverse indicazioni arrivò all'ala maschile.
Arrivato al piano notò subito la sala che divideva i due corridoi delle stanze. Un enorme camino si stagliava al fondo della stanza, intorno le pareti erano coperte da libri, il pavimento non si vedeva quasi; sopra di esso poltrone e tavoli facevano pensare più ad una sala studio che da relax.
Prese il corridoio di sinistra e cercò il numero della sua stanza, era una delle ultime.
Guardò la porta pensieroso, non aveva nessuna chiave.
«Che mi sia dimenticato di chiederla, quella vecchia poteva anche ricordarmelo.» Pensò.
Stava per girarsi quando una voce alle sue spalle gli disse che la porta era aperta.
Si girò di scatto e vide un ragazzo della sua età con una valigia.
«Ciao, sono Colin e penso che divideremo la stanza per quest'anno.» Disse allungando la mano.
Den si presentò e allungò la mano; sembrava di stringere un budino.
Colin aprì la porta e gli indicò il suo letto, di conseguenza Den si sistemò su quello rimasto, la stanza era più grande di quanto avesse pensato; con due scrivanie ai lati opposti, ma tutte e due vicine al letto, un comodino e una cassettiera.
«Quella è la porta del bagno e in quei cassetti puoi mettere la tua roba. Nei sotterranei c'è una lavanderia, ma attento a non sporcare la divisa, se ti presenti senza passerai dei guai.»
«Grazie.»
Den tolse le sue cose dalla borsa e le sistemò nei cassetti, in fondo ad essa spuntò la sua borsa a tracolla dove teneva la sua macchina fotografica, la tolse e controllò che fosse tutto a posto. Il compagno di stanza la vide ma non disse nulla.
«Un tipo di poche parole, speriamo che non siano tutti così qua dentro.» Pensò controllando lo stato della batteria.
Battendo le dita sul suo orologio Colin disse a Den che tra poco sarebbe suonata la campanella di fine colazione. Gli spiegò le cose necessarie per raggiungere la foresteria e a che ora avrebbe dovuto regolare la sveglia sul suo comodino.
Den ascoltò in silenzio le indicazioni, prima che il suo compagno di stanza gli potesse dire cosa c'era all'interno della busta la aprì.
Dentro c'erano diversi fogli con le informazioni sulla sua classe e una lettera di benvenuto personale del rettore. Ripose tutto in un cassetto della scrivania e uscì con Colin.
Percorsero insieme il corridoio ma non dissero una parola, Den capì che il suo compagno di stanza stava solo eseguendo il codice di buona educazione con una matricola, sicuramente non avrebbe mai stretto un rapporto con lui.
Arrivati al primo piano gli fece vedere la foresteria e in quel preciso momento la campanella di fine colazione suonò e Colin gli fece strada verso le classi.
Camminando per il corridoio Den sentì una ragazza gridare di non toccarla, Colin si girò di scatto.
«Ecco, ci risiamo, Jasper ha di nuovo trovato la sua vittima.» Disse sorridendo.
Den cercò di avvicinarsi alla piccola folla tra i due ragazzi, ma prima che potesse farlo intervenì un professore e gli studenti si dispersero. Lui rimase fermo e vide una ragazza che si stava allontanando dalla scena, aveva i capelli bianchi. Per un attimo i loro sguardo si incrociarono, i suoi occhi di ghiaccio perforarono Den, erano pieni di rancore. Lui sorrise, ma non ci fu risposta e la vide andare via.
Prima che Den potesse dire qualcosa Colin si avvicinò a lui.
«Lei è la strega di ghiaccio, una ragazza strana, si dice che abbia ucciso i suoi genitori. Nessuno qui le parla, tranne quella ragazza che vedi laggiù.» Colin indicò una ragazza bionda che un professore cercava di calmare.
«L'unica amica che ha è quella storta di Elly Preston. Sono una bella coppia: una pazza attratta dal misticismo, l'altra una specie di autistica abitudinaria che non vuole farsi toccare da nessuno.» Colin si lasciò scappare una risata.
«Se vuoi avere un'idea di ciò che sto parlando ti basta leggere qualche articolo sul BlackHorse Herald. Lavorano tutte e due nella redazione ma se fossi in loro smetterei di farmi notare, così facendo creano solo problemi.»
Den cominciava a capire in che genere di posto fosse finito, ma gli era sempre stato insegnato a guardare oltre le persone e si frenò dal tirare un pugno a quell'idiota.
«Ora è meglio che vada in classe, non vorrei far tardi al primo giorno.» Disse sforzandosi di sorridere.
«Certo, certo matricola; passa una buona giornata.»
«Che stupide ragazze che abbiamo qui.» Disse piano senza togliere lo sguardo da Elly.
Senza prestare attenzione all'ultima frase Den si incamminò verso la sua classe.
Mentre percorreva il corridoio non poteva pensare agli occhi di quella ragazza, gli avevano ricordato i suoi quando pensava ai suoi genitori. Ma quel tempo era lontano, ed aveva imparato a dimenticare. Ma sapeva che dolore nascondevano quei occhi.
Den guardò la sua borsa a tracolla.
«BlackHorse Herald? Chissà se hanno bisogno di un fotografo.» Pensò mentre saliva le scale insieme agli altri studenti.

 

Qualcuno ansimava nell'oscurità, le sue mani toccavano le pareti umide cercando una qualsiasi via d'uscita, i piedi strisciavano lentamente per paura di inciampare. Le orecchie erano tese, il più piccolo rumore lo faceva sobbalzare, gli occhi cercavano di abituarsi al buio ma era tutto inutile. L'unica cosa che intervallava la sua cecità erano le piccole luci di emergenza che rendevano i sotterranei del collegio più simili ai corridoi di un manicomio.
«Che stupido che sono stato ad accettare questa sfida, solo per entrare in quel club, di questo passo perderò la prima lezione.» Disse con voce spezzata.
Gli era stato detto che se fosse arrivato dall'altra parte del sotterraneo avrebbe potuto fra parte di un club ristretto ai migliori elementi del collegio. Tutte le ragazze lo avrebbero amato, i professori lo avrebbero elevato a migliore della sua classe e nessuno gli avrebbe dato fastidio. Non avrebbe più subito le angherie che lo avevano perseguitato in tutti questi anni, aveva sperato, ma ormai quel sogno si era spezzato. Non avrebbe mai trovato l'uscita opposta, doveva tornare indietro.
Singhiozzando percorse la strada al contrario, pochi metri dopo le sue mani toccarono un muro, era un vicolo cieco. Il sudore cominciò a colargli lungo la schiena, brividi gli percorsero il corpo.
«Questo muro, prima non c'era. Non capisco, sono sempre andato dritto.» Pensò mentre sentiva il panico salire.
Batté i pugni sul muro, era solido.
«Se è uno dei vostri stupidi scherzi non fa ridere!» Urlò.
Non ebbe risposta.
Si lasciò cadere sul pavimento, aveva così sperato di essere migliore, di essere finalmente qualcuno. Le pareti sembravano stringersi intorno a lui, il respiro gli mancava, voleva uscire da lì.
Alzò gli occhi lucidi e guardò verso il corridoio, in fondo una piccola luce lo fece alzare all'improvviso.
«L'uscita! Allora sono vicino.» Pensò mentre si sfregava gli occhi.
Corse verso la luce, davanti a lui una piccola porta socchiusa lo invitata ad entrare.
«Ci sono, finalmente. » Afferrò la maniglia e la tirò indietro.
Il sorriso lasciò in fretta le sue labbra, davanti a lui un infinito corridoio coperto di tubi gli fece perdere ogni controllo.
«Non è possibile! Questo non ha senso!» Le sue parole si propagarono per tutto il corridoio formando un eco surreale.
Frustrato cominciò a percorrerlo tenendo le mani sui tubi tiepidi. Dopo alcuni passi le sue orecchie tese sentirono improvvisamente un rumore metallico, si girò di scatto ma non notò nulla nella penombra.

Ding.

Questa volta non se lo era immaginato.

«Chi è la? Non è divertente!» Urlò mentre aumentava il passo.

Ding.

Le sue gambe si muovevano più velocemente, non si era accorto di aver cominciato a correre.

Ding.

Il rumore era sempre più vicino, sentiva le vibrazioni sul tubo, qualcuno lo stava inseguendo.

Ding.

Un altro muro. Sfregò e mani sui mattoni fino a farsi male. Il rumore cessò.
Non voleva girarsi, non voleva vedere, qualcosa nel buio lo afferrò.

 

Anni nell'oscurità, anni a cercare l'uscita, l'aveva trovata.

Poco ci mancava ad afferrarla di nuovo, qualcuno si è messo in mezzo.

Si è accontentato, ma non dovrà farli incontrare mai più.

   
 
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