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Autore: Elibettysoul98    25/07/2014    2 recensioni
"Zbogom, mama" in croato, significa "Addio, mamma".
Ambientato nel 168 a.C., è un monologo interiore di una piccola Croazia durante la scomparsa della madre Illiria, popolo stanziato nella zona dei Balcani sino all'Italia.
Buona lettura!
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Republika Hrvatska: Cvijet preporođeni.'
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Una bella giornata come questa merita di essere onorata a dovere, l'ho pensato da quando mi sono svegliata e il sole mi ha scaldato il viso. Caldo e piacevole sole, un Dio si cui ho sentito raccontare dalle storie della Mamma.

Alzo il viso verso il cielo completamente spoglio di nuvole e respiro a fondo l'aria pulita, insieme a tutti i profumi e gli odori che provengono da ogni dove, ma soprattutto, dalla foresta accanto a me.
Le cavallette saltano spensierate, le civette aspettano con ansia che la notte arrivi e i fiori intonano una melodia con il loro delicato e dolce profumo, che viene trasportato e condotto dal vento verso una destinazione poco precisa.
In mano ho un mazzolino di fiori bianchi che ho appena raccolto, é davvero bellissimo. Glielo porterò a Mamma, le piacerà moltissimo.
Ho solo paura che Vuk me lo rubi o peggio, lo distrugga.
No, devo impedire che questo accada.
Stringo al petto i fiori, sporcandomi appena la tunica candida d'erba e comincio a correre verso casa, dove Mamma sta riposando.

Ad metà percorso però, noto una figura familiare che mi si avvicina. 
Ma certo, è proprio mio fratello! 
Socchiudo gli occhi e cerco di evitarlo, ma questo mi blocca all'istante il cammino, afferrandomi saldamente per le spalle.

Non capisco. Solitamente, mi tira i capelli o le guance.
Ora invece, il suo sguardo perennemente allegro e beffardo si é tramutato in una smorfia di tristezza e dolore.
Sollevo lo sguardo scuro verso di lui e noto che qualche lucida e calda lacrima gli sta solcando il volto.
Subito, una sensazione agghiacciante attanaglia il mio fragile cuore, facendomi spalancare gli occhi e impallidire.

Vuk non ha mai pianto, se non per una morte.
Allungo una mano verso il suo viso, ma lui si ritrae, spingendomi poi con forza verso la nostra bella casa.

In poco tempo, col cuore in gola e brividi che ci percuotono il corpo, giungiamo nella camera da letto di Mamma, la quale, stesa sul proprio giaciglio, non si muove. Sembra quasi una statua di pietra, bellissima ma immobile e fredda come il ghiaccio.
Noto poi che accanto a lei ci sono tutti miei fratelli.
Tutti hanno un aria stravolta, gli occhi arrossati dal pianto e il viso umidiccio.

Qualcosa mi sta toccando i capelli raccolti in una treccia unica.
Scorgo delle dita sottili e pallide accarezzarmeli, sciogliendo poi la treccia.
Mamma mi sta sorridendo dolcemente come sempre, nonostante abbia molto male in questi ultimi tempi.
Ci sta sorridendo, ma ho come l'impressione che sarà l'ultima volta che lo farà. 
Chiama con voce flebile Vuk e, dopo secondi che sembrano interminabili, gli mormora qualcosa che io non riesco a comprendere. 
Solo allora lui scoppia in un pianto lamentoso e angosciante, che mi tocca nel profondo del cuore, stringendo sempre di più il nodo che ho alla gola.
Dopodiché, gli sfiora il petto con una mano, lasciandola cadere mollemente nel vuoto.

Con passo lento e incerto, depongo quei deliziosi e freschi fiorellini sul petto ghiacciato di lei e mi catapulto tra le braccia di Serbia.

"Mamma non c'é più."

Riesco solo a dire, prima di scoppiare in un pianto liberatorio, bagnando la tunica di Vuk.
 
( N.B: il nome Vuk, ovvero quello di Serbia, è invenzione di una mia amica, la quale ha creato l'oc.)



 
   
 
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