Taiyou era seduto sul davanzale, mentre i suoi occhi osservavano il cortile dell'ospedale. L'estate era ormai terminata, l'autunno stava arrivando, veloce e aggressivo. A Taiyou non importava il cambio di stagione, tanto a lui che sarebbe cambiato? Nulla. Era costretto a stare in quel letto ventiquattro ore su ventiquattro, senza mai la possibilità di uscire. “E' pericoloso” gli diceva sempre Fuyuka, “potresti sentirti male”. Ma a che serviva vivere, se non poteva farlo liberamente. A cosa serviva lottare, se non avrebbe mai vinto? La sua malattia era grave, ne era consapevole, non sarebbe scomparsa come un miracolo. Era da quando era solo un bambino, che la combatteva e ancora non vedeva risultati positivi. Non visibili almeno. Si sentiva solo, in quella stanza dalle pareti bianche. Gli davano una strana sensazione, come di vuoto, tristezza, malinconia. Ma da una parte si era abituato, a quel colore appassito. Ormai quella stanza era casa sua e Fuyuka era come una madre per lui, a volte troppo preoccupata, ma a lui non dava fastidio. Eppure sentiva che qualcosa mancava. Ogni volta che doveva lasciare la sua scuola, la sua squadra per le cure, sentiva come se gli avessero tolto un pezzo del suo cuore, della sua anima. Forse era esagerato, ma il calcio era la sua vita, l'unica cosa che negli anni era rimasta, senza abbandonarlo. Sorrise, immaginandosi in un enorme stadio, con la sua fascia da capitano e una coppa tra le mani, mentre i suoi compagni lo abbracciano e sorridono, felici. Chiuse gli occhi, mentre ripensava alle parole di Yuuichi.
“Guariremo insieme, Taiyou. Ce la faremo e allora il mondo tremerà, vedendoci entrare in campo. Tu sarai il capitano e io ti seguirò, per sempre” E Taiyou voleva veramente credere, a quella promessa.