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Autore: Fiamma Erin Gaunt    27/07/2014    5 recensioni
“Ride delle cicatrici chi non ha mai provato una ferita.” – William Shakespeare
Reyna credeva di aver trovato l’amore in Jason, ma si sbagliava. Sognava di poter conquistare quello di Percy, ma si illudeva.
Octavian non credeva che qualcuno fosse capace di ricambiare il suo amore perciò aveva sempre cercato di soffocare quel sentimento.
Questo finchè non è arrivata lei.
[La storia partecipa a “Bitch, please: Percy Jackson is the way!” indetto sul forum da King_Peter]
[Octreyna centric!]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Octavian, Reyna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Scars

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Reyna sedeva a terra, la schiena appoggiata contro il tronco di un albero, le mani strette a pugno e gli occhi che bruciavano per le lacrime che si sforzava di reprimere.

Cosa c’era di sbagliato in lei? Perché non poteva essere felice come tutti gli altri?

Aveva atteso il ritorno di Jason per così tanto tempo. Aveva pregato, implorato e scongiurato gli Dei perché glielo riportassero sano e salvo e tutto quello che aveva ottenuto era stato vederlo di ritorno con una nuova ragazza.

Piper McLean.

La cosa peggiore era che aveva provato a farsela stare antipatica, a odiarla, ma non ci riusciva. Era una ragazza sveglia, coraggiosa, e talmente buona che le poche volte in cui aveva provato a malignare su di lei si era sentita subito tremendamente in colpa. Non era lei la responsabile del suo dolore, non volontariamente perlomeno.

E neanche Jason aveva colpe, questo poteva ammetterlo almeno a se stessa, perché è il cuore che sceglie chi amare e non la testa.

Però faceva male vederli passeggiare per il Campo, mano nella mano, e guardarsi come se al mondo esistessero solo loro due. La feriva guardarli e pensare che un tempo era lei a riderci insieme, a tenerlo per mano e a baciarlo, e che lui neanche se lo ricordava.

Poi era arrivato Percy e aveva pensato che fosse un risarcimento che gli Dei le avevano inviato, magari un dono di Venere per aiutarla a dimenticare il suo amore perduto, ma anche lui si era rivelato una delusione bruciante.

Sì, perché Percy aveva solo un ricordo che riguardava la sua vita e aveva un nome e un cognome: Annabeth Chase, figlia di Atena.

Una ragazza sveglia, determinata, combattiva. Per certi versi le ricordava tantissimo se stessa e cominciare a nutrire un sentimento di simpatia e amicizia nei suoi confronti le era venuto naturale.

Magari aveva davvero qualcosa che non andava. Perché altrimenti avrebbe finito con il nutrire rispetto e simpatia per le ragazze che erano amate dai soli due ragazzi per cui aveva davvero creduto di poter perdere definitivamente la testa?

Scrollò le spalle, lasciando che le lacrime le rigassero il volto dagli zigomi alti.

Al Campo doveva indossare la facciata da Pretore Reyna, la ragazza dura a morire che non si scomponeva davanti a niente e nessuno e sembrava impossibile da ferire. Almeno quando era da sola poteva permettersi di crollare e mostrare al mondo ciò che si teneva dentro.

Un fruscio la mise in allarme. Si asciugò con forza gli occhi, voltandosi indietro.

Octavian camminava tra l’erba alta, puntando dritto verso di lei, gli occhi blu leggermente offuscati come se ci fosse qualcosa che lo tormentava.

Fantastico, proprio l’ultima persona da cui avrebbe mai voluto farsi vedere in quello stato. L’Augure era già assolutamente convinto che lei fosse una buona a nulla, qualcuno da sostituire il prima possibile, e se l’avesse vista in quelle condizioni non avrebbe di sicuro esitato a prenderla in giro. Le sembrava già di sentire le sue parole: “Ma come, una figlia di Bellona che piange come una mocciosetta?”

- Ah, sei qui. –

Le sedette accanto, osservandola con un biondo sopracciglio inarcato. – Aspetta, stavi piangendo? –

Dannazione, tutta colpa di quegli stupidi occhi arrossati. Ormai negare non aveva alcun senso anche perché, per quanto non fossero propriamente in rapporti amichevoli, doveva ammettere che era tutto fuorchè un ingenuo o uno stupido.

- Sì, Octavian, anche io sono in grado di piangere. La cosa ti sciocca, per caso? –

- È per Grace, o forse per Jackson? Non dirmi che stai davvero piangendo per uno di quegli idioti?! –

Era incredibile il modo in cui faceva suonare i loro cognomi, come se fossero la cosa  più simile a un insulto che gli venisse in mente o che si trattasse dei suoi nemici giurati.

- Se anche fosse, la cosa non ti riguarda, giusto? – replicò, piccata.

- Seriamente, Reyna, nessuno dei due è neanche lontanamente alla tua altezza. E lo sai che non sono esattamente un tuo fan. – borbottò, ciancicando quelle parole come se pronunciarle richiedesse uno sforzo sovrumano.

E magari era proprio così, perché una frase del genere detta da Octavian equivaleva a un complimento gigantesco.

- Io … Bè, grazie, almeno credo. –

Octavian le rivolse un sorriso sghembo. – Figurati. È solo che non mi piace vederti piangere, preferisco quando fai la dura e ci scanniamo. –

Sorrise a sua volta.

Sì, doveva ammettere che anche a lei piacevano i loro litigi. Andavano avanti da talmente tanto tempo, da quando entrambi avevano messo piede al Campo nello stesso anno, che erano diventati una costante della sua vita.

Si sorprese di quel pensiero, che equivaleva a dire che l’Augure fosse un elemento importante delle sue giornate.

- È difficile fare la dura quando dentro ti porti delle ferite. – ammise.

- Già, so di cosa parli. – replicò il ragazzo, così piano che per un attimo Reyna si chiese se l’avesse detto davvero o se lo fosse soltanto immaginata.

Octavian che ammetteva di poter essere ferito da qualcuno? Non aveva creduto di arrivare a vedere quel giorno, perché se c’era qualcuno davvero bravo a nascondere i suoi sentimenti quello era certamente lui. Era talmente abile che certe volte si era chiesta se, in effetti, ce l’avesse o no un cuore.

- Qui al Campo c’è davvero qualcuno che è riuscito a ferirti? –

La guardò come se avesse appena detto qualcosa di incredibilmente stupido.

- Davvero non sai di chi sto parlando? –  Era sinceramente stupito.

Scosse la testa. – Non ne ho la minima idea. –

- Eppure credevo che fossi intelligente, Avellano. – borbottò, chinandosi verso di lei e catturandole le labbra in un lieve bacio.

Reyna trattenne il respiro per un attimo, sconcertata. Le labbra di Octavian erano fredde e sottili, ma il contatto sulle sue non la faceva sentire a disagio, come aveva sempre creduto, bensì le suscitava una sensazione di calore e dolcezza … e piacere.

Sì, quel bacio le era piaciuto.

- Ora sono stato abbastanza chiaro? –

Riecco il sarcasmo che sfoggiava in continuazione. Solo in quel momento si rese conto che lo usava come uno scudo, qualcosa dietro cui nascondersi che gli permetteva di non esporsi mai troppo ai commenti delle persone che lo circondavano.

- Quindi ti ho ferito? –

Non era mai stata sua intenzione, ma adesso capiva come doveva essersi sentito Percy quando aveva capito che si era presa una cotta per lui.

- Parecchie volte, ma Grace è stata la ferita più profonda. Ti vedevo con lui e l’unica cosa a cui riuscivo a pensare era che era sbagliato; lui non era quello giusto per te e il tempo ha dimostrato che avevo ragione. –

Già, era tipico di lui rimarcare come avesse sempre ragione ed era incredibile che riuscisse a farlo persino mentre le dichiarava i propri sentimenti.

- È per questo che non lo sopporti, perché io ne ero innamorata? –

- Okay, adesso non sopravvalutarti troppo però. Non sopporto Grace perché è un vero idiota, ma il fatto che facesse il cretino con te è di sicuro un incentivo in più. –

- Quindi mi sopravvaluto? – domandò, inarcando un sopracciglio.

- Sempre, tranne che quando si tratta dell’amore. Ecco, in quel campo devo dire che ti sottovaluti alla grande. –

- E chi sarebbe alla mia altezza? – lo stuzzicò.

Riecco quel sorriso sghembo. Non aveva mai fatto caso a quanto fosse affascinante quando lo faceva, mettendo in risalto quella piccola fossetta sulla guancia  che gli conferiva un’aria assolutamente sexy.

- È ovvio, solo io posso reggere il confronto con te, Avellano. –

Già, era ovvio.

I battibecchi, le battute che ogni volta capivano solo loro due, quella complicità che si era instaurata. Non avrebbero mai potuto essere amici, questo era sicuro, perché il legame tra di loro era molto più stretto.

Lei e Octavian si completavano a vicenda, proprio come due facce della stessa medaglia. Erano perfetti, ma solo se stavano insieme.

Annullò la distanza che li separava, baciandolo e cercando di trasmettergli tutto ciò che provava.

- Questo che significa? – le chiese, non appena si furono separati.

- Che voglio provare a curare le tue ferite. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[1.342 parole]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Okay, seriamente, non ho la minima idea di perché questi due siano diventati il mio OTP in Percy Jackson. Giuro, proprio non lo so, ma spero che Rick si decida a far succedere qualcosa tra di loro. Sarà che ho sempre amato questi rapporti di pseudo odio/rivalità perché secondo me nascondono sempre una qualche tensione sessuale/amorosa (lo so, ho una mente malata u.u). Quindi niente, viva l’Octreyna e se non vi piace come pairing non mi resta che una cosa da dirvi: fuggite, sciocchi!

Scherzi a parte, spero che la storia vi sia piaciuta e che vogliate farmi sapere che ne pensate. Alla prossima.

Baci baci,

               Fiamma Erin Gaunt

  
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