Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: Cimdrp    27/07/2014    1 recensioni
Questa storia partecipa al contest "Dentro l'anima fino a farsi male" indetto da S.Elric_ su EFP forum
...
Pensava che fosse tutto finito.
Pensava che il suo passato non gli appartenesse più.
La via d'uscita esiste, ma a volte è troppo stretta per passarci, o troppo piccola per trovarla.
C'è chi passa in mezzo alle sbarre, c'è chi ruba le chiavi ed esce dalla sua stessa prigione.
Ma la sua soluzione era troppo nascosta per essere trovata.
O semplicemente un vicolo ceco, che inizia nella luce, e termina nel buio.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Asylum
 
 
   
La disperazione è rabbia senza alcun posto dove andare.

         (Mignon McLaughlin)  
 


Era un paese strano, sebbene non si potesse realmente chiamare paese. Lui lo definiva ammasso di case, e a quell’affermazione di solito la gente rideva, o sorrideva, inteneriti da quella mente non proprio normale, che sapeva sempre come dire cose sbagliate al momento sbagliato.
Lui lo definiva ammasso di case, ogni volta la gente rideva, ogni volta, lui, finiva per insultarli ed imprecare al cielo, e veloce il suo braccio partiva, picchiava chiunque potesse sorridere di lui.
Finiva per essere trasportato in una camera bianca, dove era tutto così dannatamente dello stesso colore, che dopo qualche minuto i suoi capelli smettevano di essere neri. Diventavano bianchi.
-Ammettetelo. Mi tenete qui perché il mondo si dimentichi di me-
-Sei pericoloso, Idwer-
-Mi nascondete, ammettetelo-
Ma le sue idee non cambiavano, e quando quelli chiudevano la porta, lui chiudeva gli occhi, abbagliato da quel bianco, con quel silenzio che gli esplodeva in testa, le sue idee non cambiavano.
Fuori, il dolore di quel pugno sarebbe rimasto, così come lui portava in serbo rancore, inutile, insignificante rancore, la minuscola goccia nera in un mare bianco che salta per prima all’occhio di un uomo che guarda, ancora più dall’esterno.

Porta una cravatta, quell’uomo, sempre la stessa.
Ne ha dieci nel cassetto, mai usate.
E’ affascinante, quell’uomo.
E’ divertente guardarlo, vedere come inciampa in quel gradino di ardesia, che è lì da più tempo di lui, eppure sembra doverci cadere ogni volta. Bestemmia, non sorride alla moglie, che siede su quella sedia vuota, vuota perché lui non ha moglie; aveva un figlio, una volta, un errore di una notte, il peso di una responsabilità tutta sulle sue spalle. Ma ora non c’è più, quel figlio, cresciuto in una notte, morto o scappato, sparito nel nulla, ma comunque, non ha più importanza.
Beve il suo latte, con quella goccia di caffè perché il bianco lo abbaglia, non può berlo.
Beve il suo latte, lo stipite consumato dalla sua spalla che ogni giorno, ogni mattina, ci si appoggia contro, scaricando lì tutto il suo peso. L’uomo ripensa a quella notte passata. A quei sogni, alle conversazioni notturne.

-Che fai in piedi?-
-Non riesco a dormire-
-Vuoi venire a dormire con me?-
-Ma vaffanculo, non sono più un bambino, dormi con le calze e con lo stesso pigiama da mesi, sai di alcool tutto il giorno, ma va a farti bruciare-


Suo figlio.
Sorride, l’uomo. Ripensando all’alcool, al fatto che lui, da tempo, non appoggia più le labbra ad un bicchiere tentatore. Eppure, suo figlio...

-E’ un ragazzo, tesoro... adolescente, per giunta, cosa pretendi?-
-Non lo so, mamma, ma...-
-Allora non ti lamentare-
-Vorrei solo che ammettesse che le bottiglie di vodka in frigo sono sue, e non di suo padre, ecco cosa-


Finisce il latte, la goccia di caffè lo stimola a muoversi da quella postazione, lo attiva; si cambia, l’uomo, l’assurda tentazione di toccarsi davanti allo specchio. Si piace, e nessuno l’ha mai amato almeno la metà di quanto si ami lui stesso. Si piace, quell’uomo. E, da solo, davanti a quello specchio, ogni mattina geme di piacere.

-Da quando tempo è che non ti fai una donna, eh?-
-Non lo so, da un po’, comunque-
-Stasera, mio caro, serata da uomini-


Era divertente vedere come declinasse tutti quegli inviti.
Davanti allo specchio, quell’uomo termina il suo lavoro.
Sarebbe andato a confessarsi più tardi, oppure avrebbe rimandato l’incontro con il prete a domani, come da anni si diverte a fare, l’ironia della vita, dice. Non è ateo né comunista, quell’uomo.
Nel frattempo, odia i preti.
Non ha nessuno, lui e i suoi gemiti hanno riempito la stanza, nel tentativo di colmare quella tristezza e quella malinconia, perché l’odore di sesso manca da tanto tempo in questa casa.

-Sai, hai ragione, vorrei... farmi una donna, come dici tu-
-Mora o bionda?-
-Non lo so... ecco, io...-
-Ho capito, non guardi certe cose in una donna, buongustaio-
-No, cioè, non hai capito...-
-Si che ho capito, tranquillo-
-Ma...-
-Tutta da toccare, ho capito, il colore dei capelli non conta, non ti preoccupare-


Gliel’avrebbe procurata lui, una donna tutta da toccare, ma lui non l’avrebbe toccata.
Quella notte si era chiuso in casa, preparando i vestiti per l’indomani, inerte, non reagendo agli squilli del campanello della Escort impaziente che là fuori aspettava.
Aveva optato per un’altra cravatta.
Aveva deciso di cercare l’amore.
Non l’aveva trovato.

-Si, vabbè, puoi amare quanto vuoi, ma una sana scopata a volte non guasterebbe, eh...-
-Non capisci...-
-Si, si che capisco... ma perché l’hai lasciata fuori al freddo? La mandavo da qualcun altro che una bella botta gliela dava, su... non puoi farmi questi scherzi, andiamo...-


No, effettivamente non poteva.
Non avrebbe mai dovuto farlo.
Aveva cercato l’amore...
...Una bella botta gliela dava...
Tutta da toccare...

...Una sana scopata...
...non l’aveva trovato.

E adesso, in alcuni momenti, quando ci ripensa, se ne pente.

***

Oddio, vi prego, salvatemi...
Non sono qui davvero, è solo un sogno.
Salvatemi.
Sarebbe uscito da quella stanza solo qualche ora dopo, quel silenzio e quel bianco dilatavano le ore.
Idwer, pericoloso e sconosciuto a un mondo che di lui sa solo il nome. Idwer.
La gente rideva. Idwer. Non è un nome.
[In realtà si]
-Suo padre si chiamava così- dicevano, si giustificavano, i camici bianchi, e si vergognavano di avere in custodia un matto del genere. Ma non fraintendeteli, loro vivono con i matti, loro curano i matti, ma devono pur sempre mantenere pura e limpida la loro reputazione.
[E’ già andata a farsi fottere, falliti]
-Gli hanno dato lo stesso nome di suo padre- dicevano, si giustificavano, i camici bianchi.
E poi, dopo ore, lo facevano uscire.
-Prometti di calmarti, Idwer-
-Non succederà più-
-Promettilo, Idwer-
-Si-
-Sei pericoloso-
-Ma vaffanculo-
Sarebbe successo tante altre volte, invece, e come la litania infinita lui avrebbe detto: “questo paese è un cazzo di ammasso di case”.
La gente avrebbe riso, e il suo pugno sarebbe partito.

Quella stanza era l’assurdità di un bianco senza tempo, e in quel bianco non si poteva trovare una direzione, seguirla, andare incontro ad obbiettivi, raggiungerli, godere del proprio successo.
Era senza confini, e se l’uomo, lì, volesse raggiungere il confine di tutto, morire, per la prima e ultima volta, o forse per poi rinascere, se ciò che ci raccontano è vero; se volesse egli morire, cadere nel vuoto, sorridere a questa terra polverosa e salutarla, consapevole che ai suoi occhi essa sarebbe stata mostrata per l’ultima volta, in quella vita; ebbene, non avrebbe potuto farlo. Avrebbe vagato senza meta, senza una meta che solitamente il mondo regala, offre, fornisce ad ogni uomo.  
-Ammettetelo. Mi tenete qui perché il mondo si dimentichi di me-
-Mi nascondete, ammettetelo-


***

Lavorava per settemilacinquecento e ottantadue euro al mese, e ci teneva a specificare i due euro, spesso anche gli ottanta erano suo punto di orgoglio. Solitamente arrivava a fine mese con qualche incentivo, interventi vari, promozioni, Sali di livello, congratulazioni e robe varie.
Il suo record, 8987 euro.
Uno sproposito.
Uno schifo di paese che strapaga chi non fa un cazzo dalla mattina alla sera.
Glielo diceva sua madre, e come poteva fidarsi di lei?
Aveva quattordici anni. Era rientrato da scuola.
Il peso dell’adolescenza sulle spalle, i primi segni dell’acne sulla faccia, gli occhiali per sentirsi figo, la sigaretta per sentirsi grande. Sua madre sul tavolo della cucina, la sua gonna alzata, un uomo sopra di lei e il resto si può intendere. Un elenco di cose che quel ragazzo, quando ancora era giovane, inesperto, il suo stipendio di sette dollari a settimana, non avrebbe mai dovuto vedere.
Ma non perché cose del genere lo turbavano, no. Lui era un ragazzo avanti. A quindici anni il primo film porno. A sedici anni la prima vera scopata con la ragazza della classe a fianco, quella bella, quella figa, quella per cui lui si era sentito un Dio. Sempre quell’anno la prima canna, intorno a un fuoco e con una chitarra in mano. A diciassette anni il primo “vaffanculo” alla suora che si dilettava in lezioni di italiano a scuola. La prima bestemmia davanti al prete. A diciotto eroina e coca, ma ne era sempre uscito.
A diciannove il primo e ultimo figlio, che si era ritrovato a crescere da solo.
Ma comunque fosse, sua madre e il suo orgasmo non l’avevano turbato.
Non l’avrebbe mai dovuto vedere perché adesso, quando lei gli dice che il suo stipendio è esagerato, pensa che glielo stia dicendo la solita puttana invidiosa. Quindi perché preoccuparsi, farsene un crucio, o offendersi? No, lui ride a quelle affermazioni. Ride e poi composto si mette a tavola, mangia da sua madre perché non ha moglie. 8987 euro. Tutto quello che gli serve. A cosa gli serve una moglie se si può permettere Escort e puttane. E rimpiange quel giorno in cui aveva pensato di innamorarsi.
Era stupido, come può pensare un uomo di innamorarsi?

***

Entra nel suo ufficio, non ha soprabiti da appendere e questa cosa l’ha sempre lasciato con l’amaro in bocca.
Non può appendere un soprabito. Ne lasciarlo nelle mani di una segretaria da mille euro lordi al mese perché lo appenda lei. E lui, lui che ha sempre giudicato quest’azione come sacra per cominciare le giornate di lavoro, non può farla. Per questo, il suo rituale sacro prima di iniziare a lavorare è Jamie.
Jamie è il segretario da mille euro lordi al mese.
Prendere un caffè con Jamie è il suo rituale. Per quanto triste sia. Nel tempo, “prendere un caffè con Jamie” è venuto a significare “scaricare su di lui tutto il lavoro che c’è da fare in giornata”.
Ma il suo stipendio rimane sui mille euro lordi al mese.
Jamie è omosessuale.
Perché frocio è offensivo.
E’ un manicomio, quello in cui l’uomo lavora.
E dopo aver studiato psicologia si trova lì a farne il direttore, il dirigente, quello strapagato che ci vuole sempre in qualsiasi campo, quello che davvero non fa un cazzo dalla mattina alla sera.
Lui sperimenta.
La stanza bianca è una delle sue migliori sperimentazioni, a sentir lui.
La stanza bianca è l’equivalente di una tortura che toglie all’uomo il senso della ragione.
-Vieni, Jamie. Entra- dice l’uomo, odia sentir bussare, la trova una cosa stupida, insolente, quasi.
-Solo una cosa, hai idea del lavoro che c’è da fare?- dice il ragazzo –No, non ne hai idea, perché non ci sei mai, e perché...-
Ma l’uomo lo interrompe, basta un semplice gesto della mano, mentre sulle labbra campeggia quel sorriso malizioso: -Adoro quando parli in questo modo-
-Come?-
-Da gay, Jamie. Sembri una fidanzata gelosa-
-Ma non lo sono-
-Sono io che ti faccio questo effetto?-
-Ecco, appunto... riguardo quello che è successo tra noi...-
-Che è successo tra noi, Jamie? Sei il mio passatempo notturno di molte notti, ma questo non implica nessuna relazione con relativi impegni-
-Assolutamente. Mi sono fidanzato-
-Davvero?-
-Si-
-E perché me lo dici?-
-Perché non sarò più il tuo passatempo notturno-
L’uomo smette di guardare il biondo di fronte a lui.
Ha dentro un misto di rabbia e di imbarazzo.
Guarda le carte sulla scrivania, si chiede cosa ci sia di tanto importante da firmare, da vedere, da fare in generale. Si alza, scostando la sedia. E per la prima volta è contento, è contento, quell’uomo, di non avere una giacca da prendere e indossare, gli avrebbe solo procurato l’impiccio di doverla togliere dall’appendiabiti, e l’imbarazzo del silenzio di quella stanza quando se lo sarebbe messo, con gli occhi dispiaciuti e rabbiosi di Jamie che ora, lo fissano.
Si alza e se ne va, semplicemente.
Ma Jamie lo ferma, come lo può fermare una fidanzata gelosa.
Jamie è frocio.
Perché dire omosessuale è da moralista sfigato.
-Non può andarsene- Jamie parla e l’uomo sorride, pensando a come per paura quel ragazzo è passato con abile astuzia e ingegno dal tu al lei.
-Non può andarsene, io non ho la competenza di firmare tutte quelle carte e di fare tutto il lavoro che dovrebbe fare lei. Deve rimanere, solo per oggi, la prego. Sbriga le cose principali e poi se ne va-
-Non ti dispiace che poi io me ne vada, vero, frocetto?-
-Non mi chiami così, la prego. Siamo nella merda fino al collo, signore. Deve assolutamente lavorare, oggi-
-Io nella merda ti ci annego, Jamie. E non dirmi cosa devo fare e cosa no-
-Ma...-
-Stasera, a casa mia. Ho bisogno di rilassarmi-
-Non posso più essere il suo rilassamento privato-
-Ti sei stancato di prenderlo in culo, Jamie?-
-Sono fidanzato signore-
-E tra mezz’ora anche fuori di qui. Raccogli le tue cose e cercati un altro lavoro-
L’uomo esce, Jamie rimane. Raccoglie le sue cose e sorride.
Pensa al sesso finito, pensa all’amore iniziato.

L’uomo esce dalla stanza, scende le scale, passa per i corridoi in cui raramente passa, tutti quei pazzi, quelle parole urlate nel sonno, le conversazioni notturne...
Notturne...
...Conversazioni notturne...

...Che fai in piedi?
...Vuoi venire a dormire con me?
Ma va a farti bruciare....
L’uomo si ritrova in mezzo ad un corridoio bianco, e sorride, l’uomo. E’ da solo, in mezzo a mille occhi che ora lo stanno guardando.
...Da quanto tempo è che non ti fai una donna...
...Serata da...

...Tutta da toccare...
Una donna tutta da toccare...


Le sue puttane, lui e le sue puttane. Lui in quella casa impregnata dall’odore di sesso, e le sue puttane.
Da quando suo figlio era sparito per anni non si è fatto più una donna.
Poi ha conosciuto l’amore. E al suo matrimonio era il suo testimone di nozze.
Le puttane non hanno bisogno d’amore, hanno bisogno di soldi, e lui, quelli, poteva darglieli.
Jamie, il suo divertimento serale, ormai svanito.
Ma non c’era problema, si sarebbe trovato un altro frocetto ingenuo, riservato, stupido, con cui sfogare le proprie voglie e curiosità segrete.
Sulle strade non è difficile trovarli accanto a un fuoco.
-Si sente bene dottore?-
Un infermiere, un camice bianco.
-Si- si mette a posto, si tira su il colletto della camicia, che si rende conto avere completamente bagnato.
-Un attimo di smarrimento. Un calo di zuccheri, ecco tutto- dice.
-Bene, dottore-
Tutti ritornano alle loro postazioni, e i mille occhi intorno a lui svaniscono.
-Ha bisogno di un caffè, o un the, signore?-
-No, grazie. La stanza bianca-
-Prego?-
-La stanza bianca, dov’è?-
-Al piano di sotto-
-Bene, grazie-
Con la monotonia di un essere senz’anima, l’uomo scede le scale, i suoi piedi sopra quei gradini, la mano sopra la mancorrente piena di polvere, ma non se ne preoccupa.
L’uomo scende le scale, chiude gli occhi. E’ stanco, probabilmente è solo stanchezza quella che lo fa sentire così spossato. Solo stanchezza.
...puoi amare quanto vuoi...
Mi sono fidanzato...
...Non sarò più il suo passatempo serale..
..Mi sono...
Ho bisogno di rilassarmi...
...Mi sono fidanzato...
...Ti sei stancato di...
Mi sono...
Mi sono fidanzato, signore.

Continua a scendere le scale.
Come può pensare una persona di innamorarsi?
Si passa una mano sugli occhi.
E guarda il suo pugno, quante volte gli aveva fatto male, quanti pugni aveva tirato.
Si ricorda quando guardava quel mondo e non trovava mai in ordine nulla, mai una casa in fila all’altra, e si incazzava.
E si incazzava.
Si chiede quanto gli faccia sempre più paura superare ogni gradino.
Lui che vedeva tutto in disordine...
Questo paese è un cazzo di ammasso di case.
Le gente rideva.
E il suo pugno partiva.
Sei pericoloso Idwer.
Contò mentalmente dieci gradini, dieci gradini per ricomporsi, dieci gradini per dimenticare il suo nome, e chi era stato. Dieci passi. Dieci secondi. Pochi secondi. Ha sempre odiato i conti alla rovescia.
Questo paese è un cazzo di ammasso di case.
...La gente rideva.
E il suo pugno partiva.
...
Prometti che non succederà più?
Non succederà più.
Promettilo.
Si.
Sei pericoloso, Idwer.
Ma vaffanculo.

Non sapeva contenere la rabbia, lui, Idwer.
E la gente rideva anche solo sentendo il suo nome.
La stanza bianca.
Lui finisce in manicomio e gli portano via suo figlio, a sedici anni in casa famiglia, quel ragazzo, e niente più Vodka in frigo, mi dispiace.
Dieci anni di medicine, corridoi, pugni dolenti e macchiati di sangue, dieci anni di stanze bianche e risa. Poi guarisce, quell’uomo, gli hanno tolto tutto, gli rimane solo la rabbia, e tanto posto dentro per contenerla.
Fa strada, e con ottomila novecento ottantasette euro al mese, a casa si chiede ancora dove sia suo figlio.
Fa strada, e la stanza bianca gli sembra l’unica soluzione per molti.
Fa strada, e forse è perché vuole capire come funziona, che la fa costruire nel suo manicomio.
Ma... nessuno c’è ancora entrato. Solo lui, forse, per ora, conosce quello che è perdere i sensi e non vedere un confine, perché sembra una magia, ma la tua mente impazzisce e ti trovi da solo, e non puoi nemmeno morire, quando sei lì dentro. La sua rabbia è stata soppressa per tante volte, solo se stesso ad accorgersi di essere solo e di non avere vie di uscita.
Supera l’ultimo gradino e sorride.
Gli viene da piangere.

Vede un uomo, là in fondo.
Si avvicina, è per lui che è venuto.
-Tutto finito. E’ pronta per farci entrare i tuoi pazienti- gli viene detto.
-No, va demolita-
-Come?-
-Va demolita-
-E perché?-
-Perché è sbagliato-
-No, ti assicuro che se entri, l’effetto luce che fa sembrare le pareti infinite e tutte quelle altre cazzate lì ci sono. Non c’è nulla di sbagliato-
-E’ sbagliato rinchiudere quelle persone lì dentro-
-E perché?-
-Perché noi dobbiamo aiutarli, non reprimerli-
-Hai presente del lavoro che è stato fatto per questa specie di stanza magica, si?-
-Va demolito. Distrutto. Puff-
-Puff-
-Puff. E subito, anche-
-No, tu ora sali nel tuo ufficio, firmi l’assegno per pagare questa magia bianca, e poi tutto continua liscio liscio secondo i piani, che ne dici?-
-No-
-Cazzo te ne frega se è sbagliato?-
-E’ crudele-
-Ma poi i risultati si ottengono lo stesso... che problema c’è?-
-C’è che è una cosa crudele-
-Ti è mai importato qualcosa, prima d’ora?- ride, l’uomo. Lui vuole i suoi soldi, la stanza bianca l’ha costruita e ora vuole i suoi soldi, e vuole che venga usata, anche.
Ride, l’uomo.
La gente rideva.
Rideva di lui, del suo nome, della sua mente non proprio normale, che dice sempre le cose sbagliate al momento sbagliato.
La gente rideva e il suo pugno partiva.

Ci vuole un attimo.
Non ragiona neppure, il suo pugno parte, non si ferma, colpisce le labbra ridenti di quell’uomo, che chiude gli occhi, sorpreso, che cade, che chiude gli occhi, ed è solo lo spigolo su cui va a sbattere che gli impedisce di riaprirli.

Ora, la stanza bianca non esiste più, forse è stato tutto un sogno. Quell’uomo, adesso, si ritrova senza nemmeno la rabbia dentro, e un vuoto troppo grande per essere colmato.
Le sbarre lo rinchiudono in una prigione da cui forse non uscirà mai.
In cui forse è sempre stato e da cui forse, non è mai uscito.
La sua vita, finisce in una tempesta di delusioni.
Il fuoco che una volta ardeva dentro di lui, ora si spegne, lasciando una debole scia di fumo in aria; lascia il posto ad un’altra bestia, solo stanca di combattere. Si lascerà morire.
Non guadagna più tutti quei soldi, non si fa più tutte quelle donne, e non ha trovato nessuno migliore di Jamie.
Non guadagna più tutti quei soldi. Ma ancora adesso, ad occhi chiusi, si chiede dove sia suo figlio.
Lui, Idwer. Pericoloso e sconosciuto al mondo, un mondo che di lui, ha sempre e solo conosciuto solo il nome.
 
***







 
                       




 
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Cimdrp