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Autore: a_marya    28/07/2014    0 recensioni
Abigayle lavora all'HRose Post da un mese quando ottiene il suo primo servizio: una ragazza identica a lei, con un nome quasi identico al suo è scomparsa dalla sua cittadina natale, Littletown, a 700 miglia da NY e il fratello ha chiesto al giornale di raccontare la storia di Abbie, nella speranza di far luce sul suo mistero.
Abigayle è quindi costretta a partire per Littletown insieme ad Aaron Wade, giornalista esperto a cui il capo l'ha affidata, per scoprire se la sua gemella è davvero scappata e perchè. Per farlo, però, dovrà trovare la verità tra segreti, bugie e ricatti, col solo aiuto di Theresa, una donna ancora bambina, a causa di una menomazione. Dovrà arrivare a conoscere quella gemella sconosciuta attraverso le parole e i pensieri degli altri, dovrà scavare nel proprio passato e arrivare a conoscere se stesse e la sua storia.
Genere: Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L’Ontheroad è un posto decisamente diverso da quello dal quale sono appena uscita e non in senso positivo.
Molto fuori mano, è un posticino squallido, con una triste carta da parati sbiadita alle pareti e una puzza di frittura e grassi saturi ad urtarmi lo stomaco. Le cameriere sembrano essere state reclutate in un centro per madri disperate e anche i clienti non sembrano esattamente provenire dall’alta società .
Comunque, mi faccio coraggio e cerco tra i tavoli quello che potrebbe avere l’aria del giornalista, con poco successo. A vederli, sembrano tutti delinquenti o morti di fame, nessuno che possa mai lavorare per uno preciso come Phil.
Alla fine, mi avvicino al bancone e chiedo al barista, un tipo dall’aria truce che prima di rispondermi mi squadra dalla testa ai piedi per una decina di minuti, come se stesse valutando a quanto potrebbe vendermi al mercato degli organi.
- Di Wade ce n’è uno solo che potrebbe convincere un bocconcino come te a raggiungerlo in questa bettola – risponde alla fine, indicandomi con la testa un tavolo nell’angolo, dove un ragazzo beve una birra enorme davanti a un computer.
Il suo tavolo è talmente nascosto che non mi sorprende che non l’abbia notato da sola, mentre mi sorprende la sua giovane età. Considerando quanta considerazione ha mostrato Phil nei suoi confronti, mi aspettavo qualcuno con più esperienza non un ragazzetto che sembra appena laureato.
Comunque, cerco di assumere un’aria sicura di me (nonostante l’incubo del tetano, che deve avere il suo habitat naturale qui dentro) e mi avvicino all’angolino, squadrandolo per bene nella luce fioca.
A vederlo sembra più un nerd che un giornalista, con la camicia a scacchi portata sopra la t-shirt come i teenager e il modo di sedere scomposto.
Oddio, carino è carino: biondo, occhi scuri, bella bocca. Non una bellezza mozzafiato - niente fisico scolpito o roba da rotocalchi - ma è affascinante, col taglio spettinato e l’aria di chi sa il fatto suo. Mia sorella direbbe che è sexy e forse non ha tutti i torti, se ti piacciono i tipi da liceo.
- Alla fine sei venuta, pivellina – mi apostrofa all’improvviso, alzando gli occhi verso di me.
- Il mio nome è Abigayle Metthews, vedi di ricordartelo. E il pezzo non si fa senza di me, ricordati anche questo.
Mentre parlo mi siedo di fronte a lui, sforzandomi di non fare smorfie di disgusto. Qualcuno nel frattempo carica il juke-box e parte una canzone jazz, non saprei dire quale, che aumenta l’impressione di essere in uno di quei postacci da film di serie b. Ci manca solo una rissa per completare il tutto e a giudicare dall’aria arrogante del mio collega, non è detto che non ce ne sia una fino alla fine della serata, tra me e lui.
- Bene Abigayle Metthews, prenditi da bere e comincia a raccontare: hai già incontrato il fratellino disperato?
La sola idea di bere qualcosa in questo posto mi disturba ma non voglio darlo a vedere, così ordino una birra piccola, che mi viene servita con la stessa cortesia che si potrebbe usare per dar da mangiare a una bestia e che si rivela essere amara e decisamente scadente, poi gli faccio un breve riassunto di quello che ho scoperto parlando con McPherson, sforzandomi di rendere tutto il più noioso possibile.
- Interessante – commenta però lui, a dispetto delle mie segrete speranze. Accidenti.
- E questa tizia è così uguale a te? – mi domanda poi, fissandomi in quel suo modo indiscreto.
- Sembra di sì, l’ha confermato anche il fratello.
Bevo un altro po’ di birra, lentamente, reprimendo una smorfia, e guardo la reazione di Wade di fronte a me, che intanto ha spostato lo sguardo verso un punto imprecisato del locale, con la mente al lavoro.
- E’ un pezzo facile ma insidioso. Ci sarà un sacco di lavoro di verifica. Sei brava con le scartoffie? – mi domanda, senza nemmeno guardarmi.
Mi limito ad annuire e bevo ancora un po’, mentre lo osservo. Emana un’energia statica, qualcosa che attira inevitabilmente lo sguardo verso di lui. È come essere troppo vicini a una batteria o un motore acceso, riesci quasi a sentire le vibrazioni che emana e questo, insieme alla birra, mi fa sentire un po’ scombussolata.
- Che ti è sembrato quel tipo?
Cerco di dargli una descrizione piuttosto precisa di McPherson, comprese le mie impressioni su di lui e lo osservo più attentamente possibile mentre riflette sulle mie parole.
- Tutta questa ammirazione mi sembra aria fritta. Non me la bevo per niente questa storia dei fratelli dell’anno.
- Io ci ho parlato con quell’uomo e sembrava assolutamente sincero.
Non è esattamente la verità, perché anche io ho avuto a tratti l’impressione che la sua aria da ingenuo ragazzo di campagna fosse un po’ forzata, ma non sopporto la sua arroganza supponente.
- Come se tu sapessi distinguere un bugiardo – mi apostrofa però Wade.
- Certo che sì. E anche un idiota. Ne ho uno davanti proprio ora.
La mia frecciata però non sembra fargli nessun effetto, perché Wade non replica e si concentra invece sullo schermo del portatile, ancora acceso davanti a lui.
- Che idea ti sei fatta della storia? Credi che l’abbiano uccisa o che sia scappata? – mi domanda poi, senza alzare gli occhi dal pc.
- Ho visto il posto dove vivono, è più un villaggio che un paese. Nessuna meraviglia che una ragazza giovane e sveglia sia scappata per vedere una città vera.
- E come fai a dirlo? Solo perché sei di NY non vuol dire che tutti sognano negozi e grattacieli.
- Lo dico perché sono una ragazza giovane e sveglia e scommetto che anche questa Abigail ha dei progetti veri per la vita, qualcosa di meglio della badante o l’infermiera o quello che è.
Wade annuisce pensieroso, mentre ingolla un’altra generosa sorsata di birra. Si asciuga col dorso della mano e torna a fissarmi, mentre io reprimo una smorfia di disapprovazione.
- Comunque, domattina ci troviamo alle otto davanti al comune, così vediamo di scoprire se hai una gemella. – mi ordina Wade, sempre col viso incollato al portatile.
Non avrei dovuto mettermi di fronte a lui, vorrei sapere cosa sta guardando ma non ho nessuna intenzione di chiederglielo.
- E se avessi un impegno? O se preferissi scoprirlo da sola?
- Vacci da sola allora, ma vedi di non ytalasciare informazioni importanti perché sei sconvolta.
Resto un attimo interdetta e non rispondo. Ovviamente non voglio davvero andarci da sola, anzi forse preferirei non andarci affatto, ma non sopporto la sua arroganza nel darmi ordini, perciò continuo a fissarlo con aria di sfida.
- Senti pivellina, se vuoi lavorare con me piantala di fare la bamboccia capricciosa, ok?
Finalmente alza gli occhi dallo schermo per guardare me, così che il mio sguardo astioso non va sprecato, anche se mi pare di capire che non ha un grande effetto su di lui.
- Se devi parlare solo per darmi fastidio, chiudi la bocca prima di pentirtene perché non ci metto niente a dire a Phil di rimetterti a seguire la finanza.
- Allora tu smettila di darmi ordini come se fossi la tua assistente – ribatto piccata.
Davvero pensava che avrei obbedito in silenzio come una brava scolaretta solo perché ha firmato due o tre servizi?
- Tanto per cominciare, sei la mia assistente, non te lo dimenticare. E se mi rubano il pezzo per colpa dei tuoi capricci mi assicurerò che non ti muoverai mai più dagli inserti finanziari. Abbiamo poco tempo per accaparrarci la storia.
 “Abbiamo poco tempo…” Ma chi si crede di essere, il capo dell’unità persone scomparse? Crede che la salveremo sorvolando un magazzino con l’elicottero?
- Datti una calmata, stiamo facendo un servizio su una ragazza che scappa di casa – gli ricordo – chi vuoi che ci rubi la storia?
- Cento altre testate piccole come la nostra, o anche di più, che vivono di piccoli fatti quotidiani come questo.
Il tono di Wade non ammette repliche e anche l’occhiataccia che mi lancia non promette niente di amichevole, se la discussione dovesse continuare. D’altronde, sappiamo benissimo che è lui ad avere il comando della squadra, perciò alla fine me ne sto zitta e bevo ancora un po’ di birra, imbronciata. Lo conosco da due ore e già lo odio.
- Bene. Ora che ci siamo capiti, ordina qualcosa da mangiare e mettiti di fianco a me, così ti faccio vedere come usare il web – mi ordina, di nuovo bonaccione.
Di nuovo la tentazione di mandarlo al diavolo e andarmene subito da questo postaccio è quasi irresistibile ma faccio un grosso respiro e mi costringo ad obbedire, perché non voglio che poi mi estrometta con la scusa che non sono nemmeno rimasta a guardare. Phil ha bisogno solo di un pretesto per togliere il mio nome da qualunque ruolo nel giornale.
Così ordino ali di pollo fritte e un’insalata e mi siedo accanto a Wade, ben attenta a non toccarlo nemmeno per sbaglio perché non ho nessuna intenzione di dargli più confidenza del dovuto.
Restiamo così un altro paio d’ore, durante le quali Wade mi mostra come cercare negli archivi della polizia e di tutti gli uffici comunali liberamente consultabili, poi diamo un’occhiata all’archivio del giornale locale dal quale ricaviamo, però, ben poco.
Mi mostra anche come dare un’occhiata alla fedina penale dei cittadini americani, ma non risulta nessun delinquente a nome di Nathan o Abigail McPherson, e le loro pagelle scolastiche (questo è decisamente illegale ma Wade mi insegna come se parlassimo di geografia) sono nella media. A parte il fatto che alla mia presunta gemella non piace la matematica, non ne viene fuori nulla, sembra la persona più normale del mondo, mediamente intelligente e diligente nei suoi compiti.
Finite le ricerche su Littletown, Wade decide di fare anche un controllo più esteso, così verifichiamo i casi di scomparsa nella stessa area, il tasso di criminalità e cose del genere, per scoprire se la nostra Abigail McPherson non rientri per caso in qualche affare più grosso ma ancora una volta non ne esce niente di utile. Nessuna indagine per furto d’organi o istigazione alla prostituzione, niente di niente.
In sostanza, dunque, sono rimasta la bellezza di quasi cinque ore seduta su una sedia della tavola calda più squallida della contea per nulla.
Be’, quasi nulla perché almeno ho imparato ad accedere a tutti quegli archivi. Ora non sono stati utili, ma sono certa che mi serviranno, quando scriverò servizi veri.
Mi alzo dalla sedia stiracchiandomi e mi spavento leggermente nel sentire quanti scricchiolii provengono dalle mie ossa, contenute in muscoli così irrigiditi che mi sento come se fossi fatta di legno.
- Avrei dovuto immaginare che non eri abituata a questi ritmi – dice Wade e io non capisco se voglia scusarsi oppure offendermi.
Ad ogni modo, decido di ignorare il suo commento perché sono stanca e voglio disperatamente farmi una doccia per togliermi questo odore di fritto dai capelli.
- Ci vediamo domattina davanti al comune allora. Non fare tardi o entro da sola – lo avverto mentre mi infilo il cappotto. Ho il sedere insensibile a furia di stare seduta immobile.
Per tutta risposta, Wade alza il boccale di birra ormai quasi vuoto nella mia direzione, poi torna a guardare lo schermo del computer.
Cos’altro vuole cercare che non abbiamo trovato in cinque ore?
Decido comunque che non sono affari miei e mi allontano dal tavolo senza aggiungere altro, pago e mi dirigo verso il mio appartamento, per niente squallido e dotato di una meravigliosa doccia calda.
Quando mi sono lavata, asciugata e messa comoda per la notte, mi concedo qualche minuto per ripensare a tutta la giornata, un’abitudine che ho preso fin da bambina.
Quali sono state le cose buone delle ultime ventiquattr’ore?
Ho avuto il mio primo servizio, sebbene in circostanze così particolari che non si può parlare di promozione nemmeno nell’immaginazione più fervida. Mi sono presa una piccola rivincita su quell’odiosa Mel, che di certo farà una figura pessima quando gli altri scopriranno che non sono davvero stata licenziata.
Quali sono state invece le cose brutte?
Sono legata necessariamente a un belloccio che crede di essere Dio, il mio servizio è praticamente aria fritta e corro il serio rischio di essere citata dalla famiglia della scomparsa per aver scritto cose che non gli vanno a genio sulla loro cara.
E, ovviamente, dulcis in fundo, la scomparsa potrebbe essere la mia gemella. Ma in realtà, non so se questo dettaglio è da inserire tra le cose buone o brutte della giornata.
Cosa ci potrei ricavare di buono da una sorella che non conosco affatto? Che ha una vita così diversa dalla mia e una personalità, a quanto pare, praticamente opposta?
Io non sopporterei di fare da assistente a vecchi e ammalati nemmeno per due ore di fila e amo New York, col suo caos e la frenesia e i carretti ambulanti sparsi per le strade e i negozi di Starbucks ad ogni angolo… in un posto come Littletown sarei probabilmente morta.
E poi ci sarebbero troppe domande collegate a una sorella, perché quando si ritrova la propria gemella poi non si può fare a meno di cercare i propri genitori, vero? E che dire di tutti gli altri parenti? Zii, cugini, magari anche i nonni.
Io ho già tutto questo nella mia vita e anche se zia Paulina diventa imbarazzante quando comincia a bere, anche se zio Jerry mi fa impressione col suo occhio strabico e maligno, anche se mia cugina Felicia è una stronza colossale… non voglio sostituirli. Ma temo che non sarà più una mia scelta se dovessi scoprire di avere una gemella…
Lentamente, tra una parola e l’altra, il sonno ha la meglio sulle mie preoccupazioni e sprofondo tra le braccia del bel Morfeo prima di poter decidere se voglio una sorella di sangue oppure no.
  
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