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Autore: stella995    29/07/2014    0 recensioni
Elisa è una ragazza di 17 anni ed è troppo superficiale; dopo una severa punizione scopre il significato dell'amicizia e dell'amore. Non è facile ripartire, soprattutto perchè un'ombra continua a tormentarla, perchè Elisa ha completamente dimenticato la notte che l'ha cambiata completamente e non sa come scappare dalle sue paure e incertezze...
Genere: Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Salve a tutti, sono stella995 e questa è la prima storia che pubblico. non pensavo di pubblicare una storia originale ma era lì da un po' e così ora eccola qua. Bando alle ciance, buona lettura.
ps: le recensioni sono gradite, anche negative.
Capitolo uno: Io
 
Mi guardai allo specchio. Sistemai i capelli castano chiaro appena piastrati dietro le spalle; in realtà li avevo mossi ma preferivo averli lisci perché le mie amiche li avevano così. Aprii l’ anta dell’ armadio trovai la minigonna bianca e la maglietta rossa che volevo indossare, corsi in bagno a truccarmi, presi scarpe e borsa ma il cellulare vibrò, Jessica mi aveva mandato un messaggio!
“Eli questa sera i miei non ci sono!
Ciò vuol dire festa a casa mia!
Nat e Greta portano da bere,
Invita tutte le persone che conosci.
Sarà una serata da sballo!!!”
Io e le mie amiche uscivamo ogni sabato sera o altrimenti ci trovavamo a casa di una di noi.
Annullai tutti i miei impegni e feci come mi aveva detto Jessica. Sentivo che sarebbe stata una serata esplosiva.
 
 
Avevo sedici anni, vivevo in un piccolo paesino di cui nessuno sapeva l’esistenza, tutto là mi annoiava. Per me era l’età della libertà.
Spesso volevo scappare e andare in una grande città. Ogni sabato io e le mie amiche ce ne andavamo a Milano per svagarci e dimenticare l’orrendo posto in cui ci costringevano a vivere.
La mia famiglia avrebbe potuto permettersi di più ma i miei genitori avevano preferito rimanere là, mentre i miei desideri erano totalmente opposti ai loro e questo non mi aiutava.
Mia madre da giovane era bellissima, faceva la modella, e ciò m’infastidiva molto perché da lei ho ereditato solo i capelli castani, mentre mio fratello da lei ha preso tutto.
Marco aveva due anni in meno di me, era un ragazzo molto timido e per questo non lo sopportavo. Io ero una ragazza scatenata e un po’ pazza, mentre lui era tutto il contrario, timido e riservato, tanto che a volte non mi sembrava di essere fratelli.
Mio padre lavorava lontano e non era quasi mai a casa. Quando c’era tutte le attenzioni erano per mio fratello e a me non andava giù.
L’unica gioia era un cane di nome Mappy, una dolce cagnolina di un anno e mezzo, non di razza; l'avevamo trovata nel bosco vicino a casa di quattro mesi, nessuno di noi aveva avuto il coraggio di portarla al canile, così era rimasta. Non la si poteva mai lasciare da sola in casa perché avrebbe distrutto tutto mentre giocava e così le avevamo costruito una cuccia comoda in un angolino vicino alla porta di ingresso, in modo che potesse sempre entrare in casa durante la notte.
 
Le mie amiche si chiamavano Natalie, Jessica e Greta. Nel tempo erano cambiate, avevano deciso di comportarsi da “adulte”, farsi notare dai ragazzi, farsi desiderare e sedurli ed io da sciocca qual ero seguii le loro scelte. Ogni settimana conoscevamo ragazzi diversi, ci divertivamo senza affezionarci mai.
Loro erano belle ma io non mi sentivo mai all’altezza. Ero una ragazza mediocre e insignificante; loro invece no.
 
Nel tempo libero adoravo ascoltare la musica, uscire con le amiche e passare con loro giornate intere. Quando eravamo insieme parlavamo di ragazzi, di feste, facevamo scommesse e scherzi a chi ci stava antipatico e spesso dormivamo tutte assieme.
Nelle sere estive la cosa che però mi piaceva di più era andare a sdraiarmi in un campo vicino a casa mia e osservare le stelle; mi facevano riflettere e mi piaceva pensare che ovunque fossi stata le avrei viste e che loro sarebbero state sempre in cielo, solo per me, solo perché io potessi ammirarle.
 
Ero una ragazza ribelle e molto disordinata, infatti lo era anche la mia camera. Le pareti erano verde chiaro ma del muro si potevano intravedere solo alcuni spiragli perché era tappezzato da poster di cantanti, attori e modelli. Il mio letto sarebbe stato perennemente sfatto, se non fosse stato per mia madre che ogni mattina passava a rifarlo. La scrivania era coperta di fogli sparsi, libri mai aperti e un computer.
Dentro il mio armadio enorme ci sarebbe potuto stare tutto, ma quando lo aprivo i vestiti uscivano, travolgendomi. E poi, non sempre li riponevo via ma li appoggiavo su una sedia bianca, vicino al letto, stropicciati e appallottolati, cosicché tutte le volte che volevo metterli erano inutilizzabili.
Sulla parete era attaccato un grande specchio, in cui amavo specchiarmi per ore, ma l’oggetto più importante della stanza era un piccolo cofanetto blu, dove tenevo lettere, vecchie fotografie e biglietti di concerti, insomma i miei ricordi più importanti.
Vicino alla mia camera c’era lo sgabuzzino, dove erano riposte tutte le borse e le scarpe. Compravo almeno un paio di scarpe e una borsa al mese, ne avevo di tutti i generi e di tutte le marche, mi piaceva abbinarle ai vestiti, ammirarle tutte in fila, schierate sugli scaffali come in una boutique di alta moda. Erano tutte bellissime ma le scarpe che mi piacevano di più e che indossavo più frequentemente erano quelle con i tacchi.
 
Quella sera per prima cosa decisi di cambiarmi: tirai fuori dall’armadio un tubino bianco molto corto a cui abbinai un paio di scarpe blu con tacco, che avevo comprato il giorno prima. Misi un cerchietto nero tra i capelli e mi truccai in modo che si intonasse al vestito. Dato che eravamo a maggio infilai in borsa un coprispalle dello stesso colore delle scarpe, per non sentire freddo quando sarei tornata a casa.
 
La festa era stata devastante come avevo previsto. Tornata a casa mi coricai sul letto e mi addormentai profondamente, senza neanche svestirmi.
Il giorno seguente la vita ricominciò monotona; passarono i giorni, rotti da qualche giornata in centro e da qualche festa.
Poi in un attimo la cruda realtà mi si parò davanti agli occhi e dovetti guardarla: finalmente riuscii a capire quali erano le cose importanti della vita. Capii che la vita che facevo era basata sulla finzione, sulle cose superficiali, sui vestiti che indossavo, sulle feste a cui andavo, sui pettegolezzi.
Tutto questo lo scoprii in tre mesi, con una semplice punizione che mi sembrò eterna.
  
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