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Autore: ISI    30/07/2014    4 recensioni
Dorothy rise, nascosta dalla mano “Ma dico, ti rendi conto? Chi farebbe mai una cosa simile? E pare che fosse persino sobrio...”
Michaela si chiese come facesse Dorothy, che pure era tanto dolce, tanto sensibile, a non aver intuito, a non aver compreso “Lui ha solamente...” realizzò solo allora, con quelle sue stesse parole, la realtà dei fatti “... ha solamente difeso l'unica cosa che gli restava...”

La Signora del West.
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Di capelli e pezzi di liquirizia

 

Premessa: E' da almeno un trilione di anni che non scrivo più qualcosa e credo che, qualora un qualche sventurato, per sbaglio, dovesse finire tra queste righe virtuali potrà ben rendersene conto... E' da altrettanto tempo, perciò, che non pubblico su EFP -o in qualsiasi altro sito di fanfiction- e spero perciò di non fare confusione con i linguaggi html, sempre che si usino ancora, e qualora le mie paure a riguardo dovessero avverarsi, beh, vi chiedo scusa in anticipo.

Il fandom è quello de “La signora del West”, forse uno dei meno “battuti” con solo qualcosa come nove o dieci fanfiction all'attivo... La vicenda si dovrebbe poter porre agilmente tra la terza ed, al massimo, la quarta stagione, quando Dorothy ed il Dottor Mike sono già abbastanza amiche e si conosce già quanto basta sul passato di Jake per poterci cominciare a fantasticare, cosa che ho già fatto in un altra fanfiction, perché, come si suol dire, l'assassino torna sempre sul luogo del reato.

In realtà questa cosa, cui non riesco a dare un nome che sia suo e che riesca ad identificarla, era nata, in principio, dalla mia concomitante passione per Jake e per i capelli di Hank, poi, come accade ogni volta, il tutto è degenerato ed è venuto fuori questo.

Io stessa non so che pensare ed è per questo che la pubblico, sperando in una recensione che chiarisca a me stessa a cosa sono approdata dopo questo lungo tempo di dolorosa astinenza dalla scrittura: inutile parafrasarvi che spero in una vostra recensione per cercare di capirci qualcosa.

Detto ciò vi auguro, com'era mia consuetudine, buona lettura.



 

Quando la porta di casa Byron le si era aperta innanzi accogliendola, Dorothy Jennings non si era potuta trattenere ed uno scoppio di risate sincere le era salito dal cuore alle labbra, senza che potesse opporsi e far nulla per trattenerlo.

“Bontà divina, Michaela, ma cosa...?” un ennesima risata soffocò le parole della rossa, che dovette appoggiarsi allo stipite e asciugarsi gli occhi prima di continuare “Cosa diavolo hai fatto a quei capelli?”

Il dottor Quinn, per gli amici dottor Mike, alzò imbarazzata gli occhi al cielo, passandosi una mano sul viso paonazzo per la vergogna.

Ma' vuole farsi i capelli ricciolini come i suoi, miss Dorothy e allora ieri sera ha costretto Coleen ad arricciarle tutte le ciocche e a fermargliele con tutti quei fiocchetti colorati!” Brian, con quei suoi occhioni vispi e quella sua vocetta argentina, capace di far sorridere anche quel vecchio brontolone di Loren, saltò fuori dal nulla come i folletti dispettosi di cui Michaela gli parlava prima di rimboccargli le coperte e questo non fece altro che aumentare il divertimento della loro ospite.

“Brian, per favore, vai a finire di fare colazione e poi va' a prepararti...” gli intimò la madre, facendo appello a quel poco di autorevolezza che le era rimasto “Non sono la sola ad avere uno scalpo fuori controllo, caro mio, quindi oggi ti accompagnerò da Jake, o con quella zazzera non vedrai più neanche ad un palmo dal tuo naso ed andrai a sbattere ovunque!”

“Va bene ma', però non devi vergognarti!” esclamò trotterellando verso la cucina con un sorriso candido che andava da un orecchio all'altro “Sei una mamma bellissima e poi con tutti quei fiocchetti colorati mi ricordi un po' un albero di natale, che è anche quella una cosa bellissima, perciò direi che non c'è niente di meglio!”

A quell'affermazione, tanto ingenua quanto sincera, anche l'imbarazzo della padrona di casa si sciolse, e scoppiò anche lei a ridere, mentre faceva entrare Dorothy e la faceva accomodare in cucina.

Aveva deciso di prendersi il giorno libero e l'intera Colorado Springs era stata informata del fatto che il dottore, quel sabato, si sarebbe messa al lavoro solo nell'eventualità di una qualche emergenza; la rossa era stata avvisata per prima ed era stata la stessa Michaela a chiederle di condividere, da buone amiche quali erano, quelle poche ore di libertà nella più gioiosa spensieratezza, facendo un giro da Loren e provando qualche abito o qualche cappellino nuovo giusto per il gusto di farlo.

“Siediti Dorothy, siediti pure e tanto per cominciare prendi un pezzo di torta alle noci!” le disse facendone una grande fetta e mettendola tra la mani della donna prima ancora che questa potesse risponderle che aveva già fatto colazione “Eccoti anche una tazza di caffè...sul tavolo c'è tutto, quindi serviti da sola senza fare complimenti: Matthew ha munto Daisy prima di scappare da Ingrid, quindi il latte è freschissimo e le uova e la pancetta dovrebbero essere ancora calde, visto che le ho messe a cuocere appena un attimo fa!”

“Mi fa piacere vederti così piena d'energia, Michaela, ma ora siediti e finisci anche tu di fare colazione: il piatto di Brian non è l'unico ad essere ancora mezzo pieno...” le fece notare con calma, poggiandole una mano sul braccio, sorridendole: nella sua voce c'era tutta l'amichevole complicità di un'amica e tutta l'amorevolezza di una sorella maggiore, tanto che, anche se solo per un attimo, agli occhi del dottore l'immagine di Rebecca si sovrappose a quella di Dorothy, strappandole un sorriso a sua volta.

La più giovane delle donne fece come gli era stato detto, mentre il più piccolo dei suoi figli finiva di desinare e correva su per le scale al piano di sopra a preparasi per uscire.

“Permetti che io sciolga i nastri, Michaela? Sono maledettamente curiosa di vedere come ti stanno i capelli ricci.” e con l'assenso dell'altra cominciò a disfare quello che Coleen aveva impiegato tutta una sera a fare.

“Non credo che abbia funzionato...” sospirò il dottore incrociando le braccia al petto “Non funzionava quando avevo dodici anni e probabilmente non lo farà oggi... rimarranno sempre lisci come fili d'erba...” Dorothy scosse il capo, con un mezzo sorriso a incresparle le labbra.

“Certo che ti vengono proprio delle strane idee quando sei in quei giorni, eh?” a quelle parole Michaela arrossì per l'ennesima volta nella giornata, chiedendosi come l'altra avesse potuto indovinare, senza tuttavia potersi dare una spiegazione “E comunque fossi in te, io non mi arrabbierei più di tanto... sei carina così secondo me e credo che Sully sia della mia stessa opinione.” ed ammiccò.

Le due donne risero ancora una volta e la più giovane scosse il capo mentre l'altra finiva l'ardita opera e scioglieva anche l'ultimo nastrino colorato.

“Sarà come dici tu, ma certe volte ci sono proprio delle cose che non capisco... Prendi Sully: non fa nulla a quei suoi capelli eppure, non si sa come, ha sempre una chioma che farebbe invidia al più attento ed effeminato degli esteti europei...” si passò una mano sulla faccia, sospirando “Ma credo di poter affermare, senza alcuna ombra di dubbio, che l'esempio più eclatante di ciò che sostengo sia rappresentato da Hank. Probabilmente ti sembrerà una follia, ma hai visto che cos'ha su quella sua testa? Non credo di aver mai visto, neppure in capo ad una donna, capelli più belli di quelli e che Dio mi fulmini se non dico il vero!”

“Ma tu guarda che coincidenza...” la rossa appoggiò i nastri sulla spalliera d'una sedia e dette un altro sorso al suo caffé che aveva abbandonato poc'anzi “Un'altra estimatrice, eh?”

“Come, prego?” s'accigliò il dottore.

“Niente, ma se sei curiosa di assistere ad una scena di vita quotidiana piuttosto bizzarra della nostra cittadina allora credo che sia il caso di darci una mossa e andare da Jake, come mi è parso di capire che volessi fare comunque, no?” Dorothy era già protesa verso la porta e in quello stesso attimo Brian scese dal piano superiore vestito di tutto punto, e col cappello in testa “Sarà antropologicamente interessante, ma non credo che troverà del tempo per te oggi, o per chiunque altro in generale...”

“E come mai?” ora Michaela era proprio incuriosita.

“Non voglio rovinarti la sorpresa, quindi forza, andiamo.”

 

I deboli riccioletti del Dottor Quin durarono giusto il tempo di prendere il calesse ed arrivare in città.

“Buongiorno Jake!” esclamò Brian entrando per primo nella bottega, seguito a ruota dalle due donne “Volevo farmi tagliare i capelli e mi chiedevo se...”

Il barbiere buttò su di loro uno sguardo appena interessato e, in tutta risposta, si limitò a scoccargli un solo monosillabo “No.”

“Come sarebbe a dire no?” si accese immediatamente Michaela, ignorando la mano di Dorothy che tacitamente le consigliava di tranquillizzarsi “Non c'è nessuno oggi qui, non c'è neppure lo straccio di un cliente e lei vorrebbe...” l'uomo alzò la mano, zittendola.

“Ho detto di no.” ribadì “Non oggi, almeno. Ho da fare.”

Michaela stava per controbattere, ma la stretta dell'altra si fece un po' più forte sul suo braccio, come a sconsigliarglielo.

Era vero, nella bottega non c'era nessuno.

Nessun forestiero di passaggio con la barba allungata e resa incolta dalle fatiche del viaggio, nessun fattore sceso dai sobborghi della campagna a darsi una ripulita per qualche occasione importante, nessun concittadino seduto lì a pensare ad alta voce leggendo il giornale, sparlando di quello o di quell'altro come donnette al circolo del ricamo, solo Loren, che di tanto in tanto si affacciava all'uscio, borbottando qualcosa di incomprensibile e scuotendo il capo.

Il locale era vuoto, ma la tavola dove Jake di solito appoggiava i pochi strumenti del mestiere -i rasoi, le forbici e la bacinella con l'ipoclorito di sodio per la disinfezione- era eccezionalmente, anche se in maniera ordinata e precisa, ingombra di cose alle quali, alla prima occhiata, il dottor Mike non riuscì ad attribuire un significato ben preciso o, quanto meno, plausibile, in un contesto simile.

C'erano almeno due bacinelle vuote e dietro di esse quattro brocche ricolme d'acqua, poco lontano c'erano un piatto, una vecchia grattugia ed una scaglia di sapone piuttosto grande -sapone costoso, valutò il dottore, forse il più costoso che Loren avesse all'emporio, probabilmente di Marsiglia- e ancora una coppia di uova, una bottiglietta di vetro ambrato che doveva contenere qualche tipo d'olio essenziale ed infine tutta una serie di strumenti più consoni e meno improbabili, tra cui delle forbici, un rasoio ed una spazzola.

Non solo l'ambiente era strano, ma pure il Sindaco di Colorado Springs sembrava diverso quella mattina: non c'era nessun mezzo ghigno a storcergli le belle labbra che, pur curiosamente femminee, non toglievano nulla alla virilità della sua persona; non c'era alcun luccichio beffardo o canzonatorio nei suoi occhi dal taglio stretto ed allungato che sembravano persi a fissare qualche cos'altro oltre i vetri dell'uscio e la strada polverosa, con quel loro grigio scintillante mezzo sepolto dalle lunghe ciglia scure; non c'era nessuna irriverente quanto irragionevole senso di superiorità nel suo modo di fare, ma solo una calma apparente che sembrava mal celare un senso di attesa e di più profonda inquietudine.

Nel silenzio della stanza il cenno di Dorothy e lo strattone alla gonna da parte di Brian la colsero impreparata allo stesso momento, facendola sobbalzare.

“Ehi ma', visto che Jake non ha tempo per noi adesso, posso andare a vedere che cosa sta facendo il signor Bray? Per favore ma', ti prometto che non gli darò fastidio!” ed il bambino sfoderò due occhi da cucciolo innanzi ai quali pochi avrebbero potuto resistere.

“Va pure e prenditi qualche caramella...” lo accontentò mettendogli tra le mani qualche monetina ritrovata nelle tasche del gilè, quindi assecondò la tacita richiesta dell'amica e si sedette accanto a lei sulla panca dove di solito gli uomini della città attendevano il loro turno per la rasatura leggendo il giornale.

Jake stava in piedi, appena appoggiato al bordo del tavolo, accarezzando lievemente la lama affilatissima di un rasoio con i polpastrelli, il capo leggermente chino, lo sguardo lontano, le labbra appena dischiuse, con la stessa espressione di un che si fosse perso in un ricordo lontano ed un poco sbiadito.

Michaela si chiese da quanto stessero aspettando e quanto ancora avrebbero dovuto farlo, allorché un fremito scosse il barbiere, raddrizzandogli la schiena e mettendolo sull'attenti come succede ai gatti quando stanno per assopirsi e di colpo un qualche rumore particolare, inudibile all'uomo, sgrana i loro occhi, drizza loro le orecchie e fa tremarne i lunghi baffi.

Si udirono passi pesanti ed un attimo dopo Hank comparve sull'uscio della bottega.

I due uomini si guardarono negli occhi per qualche secondo ed il silenzio divenne ancora più denso e pesante; la faccia di Jake si era fatta torva, i suoi occhi grigi come la grafite parevano attraversati dalla furia plumbea di una tempesta imminente, mentre sulla faccia dell'altro c'era solo un'espressione di seccata attesa.

“Buongiorno.” buttò là Hank, senza avere la pretesa di ricevere una qualche forma di saluto in risposta “Mi chiedevo se avessi cinque minuti per darmi una spuntatina ai capelli...”

Il barbiere non rispose subito, ma tacendo mosse qualche passo avanti e indietro innanzi alla tavola imbandita annuendo col capo e continuando a lisciarsi i polpastrelli con l'affilata lama del rasoio, quindi, finalmente, si decise: “E' questo che vuoi?” gli domandò puntandogli addosso uno sguardo che avrebbe bucato un muro “Solo una spuntatina?

Il biondo alzò gli occhi al cielo e sospirò “Sì Jake, sì, solo una spuntatina.”

Il barbiere annuì di nuovo allora, lisciandosi il mento con la mano libera “E la barba?” domandò incrociando le braccia al petto “Della barba che vuoi farne?”

Hank esitò incerto per qualche secondo, lanciando uno sguardo in cerca d'aiuto verso il dottor Quinn e Dorothy, ottenendo in cambio solo un'espressione stupita dalla prima ed una risata mal celata dalla seconda, quindi alzando ancora gli occhi al cielo si passò una mano sulla faccia, senza sapere che dire o fare.

“Ma cos'è, una domanda trabocchetto?” sbottò infine puntando le mani sui fianchi sottili, ma non per questo deboli o effeminati “Sai che ti dico? Fagli quello che ti pare, ok? Ti do carta bianca, sei contento adesso?”

Jake lo fissò ancora per qualche secondo prima di posare il rasoio e fare cenno ad Hank di entrare ed accomodarsi sulla poltrona.

Una volta che questi si fu seduto il barbiere gli sciolse il fazzoletto che questi portava sempre annodato al collo come una sorta di porta fortuna, porgendolo al proprietario e chinandosi prese in mano una ciocca dei lunghi capelli del suo cliente per esaminarla attentamente, passandola tra le dita bianche ed affusolate.

Il biondo nordico di Hank, con i suoi riflessi d'oro e di rame si era spento, ingrigito sicuramente dal sudicio del saloon e dall'aria densa di fumo che vi si respirava sempre, ad ogni ora della notte e del giorno; i capelli erano al contempo sfibrati dai lavaggi e appesantiti dal sudore, un poco unti e pieni di nodi, intrecciati come intrecciati sono i rametti del nido d'un passero.

“Ora comincia la paternale...” le sussurrò Dorothy all'orecchio e Michaela non ebbe neppure il tempo di chiederle che cosa intendesse dire.

“Saresti dovuto venire prima...” iniziò Jake lasciando andare la ciocca e sbattendosi le mani sui fianchi, con un'espressione quanto più contrariata e contrita possibile “O meglio, dovresti venire qui più spesso, ma va bene anche così, l'importante è che tu non ti faccia venire in mente qualche idea cretina come quella volta.” e mentre diceva ciò gli coprì le spalle con una mantella cerata quindi riempì una bacinella con dell'acqua, avvicinò il tavolo alle spalle del suo cliente e tirandogli indietro il capo glielo immerse nel liquido incolore.

Una volta che i capelli furono completamente bagnati e grondanti il barbiere s'allungò verso il piatto che conteneva il sapone di Marsiglia grattugiato ed avendone preso un pugno cominciò ad impastarlo con le ciocche ispide e dalle punte rovinate, massaggiando vigorosamente ma senza far male.

Non era mai successo che Jake si offrisse di lavare i capelli a qualcuno e Michaela lo sapeva bene: lui li tagliava e basta, o almeno così aveva sempre visto accadere.

Notando la sua espressione, un po' sconvolta ed indubbiamente molto incuriosita, Dorothy le si avvicinò ancora un po' per poterle sussurrare in un orecchio, la mano davanti alla bocca, lo sguardo complice e divertito nell'osservare il barbiere cambiare l'acqua per procedere con un secondo lavaggio.

“Devi sapere che Jake ha una specie...” la rossa s'interruppe un attimo, come a voler scegliere il termine migliore “...una specie di ossessione.”

Ossessione?” ripeté la dottoressa in un bisbiglio confuso, comprendendo come l'alcool, per una volta tanto, non c'entrasse affatto con il sindaco.

“Sì, cara mia.” continuò l'amica nel suo orecchio “E' ossessionato dai capelli di Hank.” l'altra sgranò gli occhi, mentre un sorriso sinceramene divertito le saliva da dentro accarezzandole le labbra fine “Se glielo chiedi, come facemmo io, Loren e la povera Maude qualche tempo fa, ti dirà che non è vero e che ha solo voglia di fare il proprio lavoro come si deve, ma sappiamo bene tutti quanti che non è così...”

Michaela scosse un poco il capo incredula, quindi si soffermò un attimo su Jake.

La tempesta era passata dai suoi occhi concentrati ma al contempo distanti, le nuvole cariche di pioggia e di fulmini ne erano scivolate via ed ora anche l'argento bluastro delle iridi sembrava essersi addolcito così come i tratti del viso, prima tirati dall'attesa, e le labbra erano ora appena dischiuse, come quelle di un giovane uomo perduto in un qualche acerbo ricordo della propria fanciullezza.

 

Jake, fratellone, mi spazzoli i capelli, per favore?” la voce argentina di Lucy, la sua Lucy, si era fatta mesta ed arrendevole, si udiva appena, come il pianto di un cardellino ferito e spinto giù dal nido.

Alzandosi piano in piedi dall'angolo in cui s'era raggomitolato il bambino prese la spazzola che gli venina porta ed una volta che la bambina le si fu seduta innanzi cominciò a fare quel che gli era stato chiesto, lasciando scivolare piano la spazzola tra i capelli biondi d'oro e di rame della sorella, che ondulati si spingevano ben oltre le sue piccole spalle bianche, macchiate qua e là dai lividi violacei e bluastri.

 

Un sorriso di scherno si aprì sulle labbra del barbiere, mentre rompeva le due uova e dopo una rapida sbattuta le univa al sapone del secondo lavaggio perché donassero un po' di forza al crine sfinito dell'uomo seduto innanzi a lui.

In realtà non c'era più Hank davanti a lui, ma la sua sorellina, Lucy, la sua piccola Lucy.

Non c'era più Hank e nemmeno il tavolo ingombro di cose; non c'erano le panche e non c'erano né il dottor Mike né Dorothy; le pareti di legno chiaro si dissolsero nell'attimo infinitesimale d'un battito di ciglia; la porta scomparve e così lo specchio alle sue spalle.

Ora c'erano pareti di una calce logora e sporca, odore di chiuso, un letto con un materasso deforme riempito di paglia e foglie di mais, dove James, di tre anni appena, già dormiva, un vecchio armadio mezzo azzoppato e sua sorella, seduta per terra innanzi a lui, coperta da un vestitino consunto e rammendato fino allo sfinimento.

Il presente si confondeva col passato ogni volta che i capelli di Hank gli scorrevano tra le dita, identici a quelli di Lucy, ispidi come quelli più scuri del suo James.

Aveva di nuovo il labbro spaccato, dolente e gonfio e i polsi che gli tremavano come quando, trattenendo le lacrime, distoglieva lo sguardo da quello di suo padre.

 

La mamma...” Lucy si ritorse le piccole mani nel grembo acerbo “La mamma tornerà presto, vero Jake?”

Il bambino dietro di lei strinse più forte il manico della spazzola e guardò altrove, oltre la cascata d'oro e di rame, guardò oltre la finestra, oltre i limiti del suo stesso sguardo, poi abbassò gli occhi, tremando dentro come tremano gli uomini prima di morire.

Sì Lucy...” anche la sua voce tremò allora e si chiede a chi stesse raccontando quella menzogna, se a lei o a se stesso, si chiese perché stesse cospargendo di miele il bordo d'un bicchiere pieno di cicuta “Vedi, la mamma è... è andata dal droghiere e mi ha detto che ci avrebbe riportato un pezzo di liquirizia.”

Oh, la liquirizia... che...” anche le piccole spalle di Lucy tremano e la sua voce s'incrinò, per spezzarsi infine “...che bello, la liquirizia...”

 

Michaela osservò ancora Jake: aveva gli occhi lucidi e le mani gli tremavano mentre sciacquava la chioma di Hank dal sapone e dall'uovo, mentre l'insaponava di nuovo aggiungendo qualche goccia d'olio essenziale alla menta, la sciacquava per l'ultima volta e cominciava poi a tagliare via le doppie punte con la maniacale accuratezza di un chirurgo, come se ne andasse della sua stessa vita.

“Pare che una sera, qualche anno fa, al saloon, in presenza di Jake, Hank abbia affermato di volersi tagliare i capelli corti..Corti, capisci? E per corti intendeva come quelli di Loren o giù di lì, tanto per capirci...” Dorothy aveva ripreso a bisbigliare nel suo orecchio dopo qualche attimo di silenzio, facendola sussultare.

“E lui che cosa...” s'interruppe, il nodo alla gola che si stringeva, la vergogna incomprensibile ma più che mai vivida di trovarsi lì, in quel preciso momento. Stava assistendo a qualcosa cui non avrebbe dovuto assistere, stava profanando, con la sua semplice presenza, il dolore totalitario e disumano di un ricordo che ora gli si mostrava indecifrabile e sfocato come un'ombra, trasparendo dagli occhi di quell'uomo “Che cos'ha fatto?”

“Oh, quello che, a detta sua, avrebbe fatto qualsiasi altro barbiere con un minimo di sale in zucca: è uscito dal saloon lasciando lì il suo bicchiere di whisky mezzo pieno, è andato a casa, ha preso la pistola, è tornato nel saloon, l'ha puntata contro Hank davanti a tutti facendo infartare tre quarti dei clienti e gli ha detto chiaro e tondo che se si fosse tagliato i capelli lo avrebbe ammazzato su due piedi.” Dorothy rise, nascosta dalla mano “Ma dico, ti rendi conto? Chi farebbe mai una cosa simile? E pare che fosse persino sobrio...”

Michaela si chiese come facesse Dorothy, che pure era tanto dolce, tanto sensibile, a non aver intuito, a non aver compreso “Lui ha solamente...” realizzò solo allora, con quelle sue stesse parole, la realtà dei fatti “... ha solamente difeso l'unica cosa che gli restava...”

Poi un tonfo, il rasoio che cadeva sfuggendogli dalle dita e Jake, come raggelato, che la fissava con quello che sembrava un misto di odio, terrore e strazio in quei suoi occhi di grafite e d'argento.

Nel silenzio della bottega, interrotto solo dal sommesso rumore delle forbici, nel silenzio odioso di quel ricordo, per quanto avessero parlato piano e a bassa voce, lui doveva averle sentite.

 

La mamma non...”

 

In un attimo, come allora, tutto andò in mille pezzi: le pareti di calce logora e sporca, il letto dal materasso deforme, suo fratello James, da tempo addormentato nel più inestinguibile dei sonni; scomparve l'armadio mezzo zoppo con il suo esercito di tarli e di termiti, scomparve Lucy, la sua piccola Lucy, e scomparve il suo vestitino bianco e i tutti i rammendi nella stoffa consunta e lisa.

Una volta ancora aveva perduto tutto, tutto ciò che un uomo potesse perdere, ma la eco flebile del pianto della sorella ed il respiro sottile del fratellino no, quelli non scomparvero, non se ne andarono e non se ne sarebbero mai andati, lo sapeva.

Tornare alla realtà, venire strappato al ricordo dalla feroce concretezza di quelle parole: si sentì come un esile arbusto sradicato con crudeltà dalla terra e per un attimo, mentre tutto spariva e si dissolveva, egli vacillò.

“Ehy, ma che succ...” la domanda di Hank disarticolò in un grande sbadiglio: il massaggio del barbiere sul suo capo durante il lavaggio era stato così rilassante che anche quella volta, come ogni altra, aveva finito per addormentarsi, risvegliandosi solo allora per quel rumore, mentre l'altro finiva di ritoccargli la barba “Dicevo, che succede? Ho sentito un...”

“Ho finito.” lo interruppe Jake raccogliendo il rasoio da terra per gettarlo nella polla di vetro che conteneva il disinfettante.

“Cristo Santo, amico, come diavolo hai fatto?” il proprietario del saloon sembrava in estasi e nonostante fosse stato sempre piuttosto restio a farsi toccare i capelli da chicchessia alla fine rimaneva sempre soddisfatto del lavoro “Ti meriti un buon compenso. Facciamo così: mi dici quanto ti devo e in più, al saloon, ti lascio da parte una mezza bottiglia del mio miglior Whisky, che ne dici?”

“Accetto la mezza bottiglia di whisky, per il resto lascia perdere...” borbottò cominciando a rimettere tutto in ordine “Piuttosto, la prossima volta, vedi di non lasciar passare i secoli prima di tornare qui...”

“Ma come, Jake Slicker che rifiuta il proprio compenso? Non ci posso credere!” Il barbiere gli lanciò un'occhiataccia brusca, poi abbassò di nuovo lo sguardo

“Se hai proprio questa smania di pagarmi allora dammi un nichelino...” a quella richiesta il biondo sgranò gli occhi e ancora prima che questi potesse sollevare qualsiasi domanda a riguardo il barbiere lo fermò con un cenno della mano “Mi era stato promesso un pezzo di liquirizia, ma a quanto pare lei se n'è dimenticata... Ora me ne è tornata voglia e non ho spiccioli con me quest'oggi.”

Hank, senza averci capito un'acca, dette un'alzata di spalle e con un'espressione stranita si frugò in tasca, cavandone una manciata di monetine, per lasciarle cadere sul tavolo.

Sotto gli occhi un po' smarriti dei presenti il barbiere tirò su un quartino in pezzi da uno e da cinque cents, girò sui tacchi e s'avviò verso la porta della bottega, diretto da Loren, volgendosi solo un attimo, verso Michaela.

“E lei, Dottor Mike, non si arricci i capelli...” le sorrise senza gioia negli occhi, consapevole d'esser nudo innanzi a lei o, quanto meno, vestito solo del suo dolore “A lei stanno bene lisci, si fidi di me.” e detto questo scomparve oltre l'uscio.

“Jake, aspetti un attimo...” lei le disse qualcosa, ma lui non l'udì.

Nelle sue orecchie Lucy, sommessa, piangeva ancora.

 

 

Eccoci, dunque, alla fine..

Sei pagine di OpenOffice, sette quasi, di niente che non capisco se mi lascino più vuota di prima o arricchita di qualche cosa che ancora non vedo e non comprendo.

In realtà credo che mi abbiano lasciato dannatamente vuota, soprattutto a livello gastrico, visto che, dopo averla finita di scrivere, a mezzanotte e qualcosa, mi è presa una fame che non saprei descrivervi, ma questa è un'altra storia.

Ci vediamo, forse, alla prossima.

 

ISI.

  
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