Storia
di Ottobre e di una lettera S
L’aria all’interno del Teatro odora di cipria, di
sigaro e
di sesso. Impregna come un sottile mantello di velluto scuro
l’ambiente, lo
accarezza, gli scivola addosso come il più grazioso abito sulle curve
morbide
di una donna, come il torbido amante sul corpo umido da lui prediletto.
Il
lusso che quel posto sprigiona ai suoi occhi appare come un siero
verdastro, un
liquame torbido e nauseante che sgorga dai leziosi drappeggi d’oro e
diamanti,
dagli stucchi raffinati, dagli sfavillanti lampadari a cascata che
tanto
cercano di imitare il dolce fluire di una sorgente e che, al termine di
ogni
tentativo, si rivelano per l’amara parodia di ciò che tanto invidiano.
Ad ogni angolo si innalzano regali statue dalle
cerule
presenze bagnate di luce, gli occhi trasognati rivolti verso l’alto, i
visi
perfetti eternamente atteggiati nella
maschera dal loro creatore pensata, i drappi che avvolgono i corpi con
maliziosi arabeschi e che disegnano anni di lavori e sudore. Sorridono
loro,
osservando divertiti quei grassi e stupidi pretenziosi mascherati da
ricchi,
buffe scimmie imbellettate da morbide sete e costosi profumi, la testa
vuota
quasi quanto il loro portafoglio. Girano in coppia o in piccoli gruppi
da tre,
chi ridendo ad una battuta idiota, chi tentando di nascondere la noia
dietro ad
un cortese sorriso; una giovane fanciulla dalle aspettative grandi
quanto le
perle che porta al collo sbatte le lunghe ciglia color dell’ambra,
nascondendo
le gote arrossate da una mano forse troppo audace, il ragazzo al suo
fianco con
il pensiero rivolto unicamente al suo corpo ed ai suoi soldi.
Esse volta nuovamente il volto,
spostando la propria
attenzione dalla donna che si sostiene al suo braccio senza aver il
coraggio di
scrutarle il volto, tanta è la paura di non riconoscerla sotto a strati
di
cerone perlaceo in grado di nascondere i suoi tratti ed i lividi sulla
pelle. I
lividi figli delle sue mani –quelle lunghe mani da pianista che tutti
gli
invidiavano, “hai le mani di un angelo”-.
Quelle mani che potevano creare e che allo
stesso modo
distruggevano senza il minimo indugio. Mani sottili –sei un angelo o un
diavolo?-.
La donna inclina le labbra in un
forzato sorriso di cortesia
nei confronti di due conoscenti ed il suo volto altera, si trasforma,
muta in
ciò che lui teme di più. Le stringe piano il braccio niveo al di sopra
del
guanto verde oliva e le sue labbra si contraggono ancora di più, le
lacrime
affiorano lungo il bordo delle ciglia scure, il seno prosperoso si
solleva più
velocemente sotto a quel tessuto che lui stesso ha violato solo poche
ore
prima. E’ bellissima Blair, a metà strada fra il peccato ancestrale e
l’Angelo
della Salvezza. Eppure è l’acido sapore del disgusto che Esse lecca via
dalle
labbra non appena si china a baciarla e lei si lascia andare leziosa,
morbida e
calda, ripugnante, e geme. Geme a bassa voce ma è l’unica cosa che sa
fare.
Esse si scosta, continuando il proprio
cammino verso i posti
a loro assegnati; le poltrone sono più scomode di come appaiono, dagli
schienali terribilmente duri. Il chiacchiericcio si smorza con lenta
aspettativa, smette di mordergli le orecchie, si spegne del tutto
morendo
insieme alla luce della sala mentre con il tiepido fruscio di un timido
rigagnolo, il misterioso cremisi del sipario si scosta svelando ciò per cui molti hanno pagato. La scena è
nuda, pochi sono gli oggetti presenti; gli occhi di sangue di Esse
sorridono
famelici, scrutando l’unica, triste figura al centro del palco.
E’ un piccolo fantasma, vitreo e
malato quello che appare;
una figura minuta, sporca di grigiore e di tristezza, arsa dalla sete,
indebolita dalla peste. Nonostante il pesante mantello marrone che cala
come un
sudario Esse riesce a ripercorrere le vene tagliate, la pelle
martoriata da
parole pungenti e bucata dagli aghi, il cuore dilaniato. E’ Ottobre che
porta
sulla pelle. Ottobre tende una mano verso l’alto, sollevando appena il
mento
piccolo e spigoloso –quanti baci insistenti possono appoggiarsi lì
sopra?-. Ha
i capelli color topo ordinatamente raccolti, modesta cornice intorno ad
un viso
antico e polveroso, sui quali la luce del sole non potrebbe mai
posarsi, pena
la malattia. Gli occhi verdi fissano vacui il nero che ha davanti, non
verde
bottiglia, non verde speranza; un verde patetico, vergognoso, sporco di
polvere. Intona ad alta voce la sua battuta senza emozione, Esse la
avverte
quella passione dispersa in altri testi, in altre parole. La voce di
Ottobre
assomiglia ad un vento gelido, fredda e pungente, capace di trasportare
lontano
il sorriso degli spettatori.
Tutto in lei ha sfumature opache e
terribili, uccide i buoni
sentimenti, distrugge l’amore.
Ottobre esce di scena ed Esse la segue
con gli occhi e la
mente, incurante delle mani bisognose di Blair che corrono alla patta
dei suoi
pantaloni.
Al termine della rappresentazione Esse
corre, lasciandosi
il mondo alle spalle. Corre come avesse
l'Inferno alle calcagna, mordendo il terreno, infiltrandosi nei
camerini. Segue
la scia di morte e tristezza, quel fumo grigio che lo conduce sino a
lei. Non
bussa Esse, entra arrogante e richiude l'uscio alle spalle,
dimenticandosi dei
propri demoni, spogliandosi dei propri principi.
-Sei tu-. Vista da vicino Ottobre è
ancora più decadente di
quanto si aspettasse. Ed è maledettamente ripugnante, così tanto che
Esse non
vorrebbe fare altro che stringerla tra le braccia e divorarle le labbra
fino a
quando il sangue non rischia di farlo vomitare. Si avvicina mostruoso,
lanciando in un angolo il suo bel vestito e mostrandole la bestia che
in lui
dimora.
-Sono io o forse no-
-Non celarti dietro a
brutti indovinelli. Ho preso il tuo nome e l'ho ingoiato con le
spasticche di
ecstasy che tenevo in tasca-.
Ottobre sorride, ed è il sorriso più macabro che
Esse abbia
mai visto. "Finalmente" pensa, perchè la sua anima palpita di terrore. Finalmente.
-Attorcigliamo i corpi
sopra ad un letto di coltelli-.
Ed Esse lo fa.
E' solo una piccola, macabra storia.
La storia di Ottobre e di Esse .
Angolo
dell'Autrice.
Credo di essere l'essere più incoerente
sulla faccia della terra. Perchè avevo promesso di non scrivere più
nulla eppure riecomi quì, a riprovarci ancora una volta. Non credo di
aver nulla da dire a proposito di questa piccola creatura, solo che
essa è dedicata a due delle autrici più importanti per me. Grazie
_Fenice_, grazie Dearly Beloved per le vostre parole, il vostro
sostegno. Non credo sarei tornata senza di voi.
E grazie a voi che continuate a leggere, a scrivere e a colorare il
mondo con le vostre parole.
Un bacio ed un inchino,
Hysteria H.