Cuore
di feltro
Passò
dal nulla ad una sensazione.
Non
sapeva che fosse una sensazione, sapeva solo che prima non esisteva
nulla, dal
momento che lui stesso non esisteva, e adesso sentiva qualcosa, segno
evidente
che c’era anche lui al mondo. Era come un piccolo bruciore,
all’altezza del
petto che si estendeva ovunque, a poco a poco, indicandogli
così altre parti di
sé quali la testa, le braccia e la parte inferiore. Parte
inferiore. Sì, perché
le gambe non le aveva. A quanto capiva non erano funzionali alla sua
utilità.
Certo, era un dettaglio parecchio fastidioso. Ma, almeno, non era nudo
(cosa
che sarebbe stata ancora più fastidiosa) anzi poteva
già vantare, dopo solo
poche ore di esistenza, un perfetto completo su misura. Non tutti
avevano
simili fortune.
Ma
c’era qualcosa che mancava.
Sotto
ogni aspetto aveva tutto, nel giusto posto e perfettamente creato. Ma
non
quella piccola scintilla che aveva sentito all’inizio. Che
poteva dargli quello
che doveva essere il suo punto forte. Un cuore, o anima, o vita come
dir si
voglia. Quel qualcosa, comunque, che gli avrebbe permesso di muoversi.
Perché
quando sei un pupazzo di feltro e stoffa, con del fil di ferro nelle
braccia, e
con un buco al posto delle gambe, hai solo due modi per muoverti:
quando
qualcuno ti manovra con una mano o quando hai un cuore o un anima o una
vita;
scegliete voi il termine che preferite.
*
* *
Alla
fine, arrivò. Cuore, anima, vita.
Prima
c’era solo la mano che lo aveva costruito e che lo manovrava
e gli parlava, e
parlandogli gli aveva dato anche un nome: Kurt Puppet. Poi il vuoto e
il buio
soffocante di un cassetto. Che terminò con una luce piccola
e bianca e di nuovo
la mano che l’aveva creato.
Fu
allora che accadde.
Vide
quella storia. La storia del suo creatore che era un po’
anche la sua storia.
Un incontro casuale su una scala affollata, piena di ragazzi vestiti
con la
stessa divisa, ma un incontro preciso tra uno di questi ragazzi e un
altro
proveniente da un altro luogo, due mani che si toccavano e si
trovavano, una
canzone e due cuori che si riconoscevano. Un amore. Un cuore. Un anima.
Era
vivo.
Se
ne rese conto quando si sollevò con le sue sole forze per
vedere… adesso sapeva
anche il suo nome… Blaine, che si allontanava col cuore
gonfio di nostalgia,
mancanza e amore, amore per quel ragazzo, Kurt, al quale pensava quando
lo
aveva costruito.
Così
capì anche perché esisteva. Era un riflesso di
quell’amore ma non era come
loro, e non perché loro erano fatti di carne, ossa e sangue,
e lui no, ma
perché loro erano completi. A lui mancava una
metà. Avrebbe voluto chiedere a
Blaine dove poterla trovare, per questo motivo si era sollevato da
solo. Ma il
ragazzo se ne era già andato prima che potesse anche solo
provare ad emettere
un qualunque suono.
E
pur contando solo pochi secondi di esistenza, e pur avendo la testa
fatta
interamente di spugna, Kurt Puppet poteva dirsi abbastanza sveglio da
non farsi
notare troppo dagli altri.
Quando
si lasciò ricadere, inanimato, sperò sinceramente
che quella spilungona così
nervosa non lo avesse notato.
*
* *
Kurt
Puppet lo riconobbe subito, appena lo vide; sapeva che era lui, lo
sentiva. Era
giallo come il sole di primavera e leggermente più tozzo.
Sì, non aveva dubbi.
La sua metà, il giorno che aspettava di entrare in comunione
con la sera (Kurt
Puppet era di un blu tenue).
Blaine,
dopo averlo sottratto definitivamente a quella donna spaventosa, lo
aveva
portato a casa sua; Kurt Puppet avrebbe voluto approfittarne per
chiedergli
dove poter trovare la sua metà o, magari, pregarlo di
fabbricargliela come
aveva fatto con lui ma, appena varcata la soglia della stanza del
ragazzo,
venne preso in contropiede… cioè, in
contro… contro quello che non aveva dalla
vita in giù, insomma!
Nel
lasso di tempo in cui era rimasto prigioniero nel cassetto della donna,
Blaine
si era dato da fare e aveva costruito tanti altri pupazzi come lui, ma
Kurt
Puppet si accorse quasi subito che a loro mancava, in maniera completa,
quella
scintilla che aveva caratterizzato il momento in cui aveva capito di
esistere.
E
fu proprio in mezzo a loro che lo trovò. Come avrebbe dovuto
chiamarlo? Il nome
ce l’aveva sulla punta della sua lingua cucita ma non gli
usciva. Quando Blaine
lo posò, proprio vicino al pupazzo giallo, che aveva due
triangoli scaleni di
stoffa nera per sopracciglia, Kurt Puppet si voltò
lentamente verso di lui,
aspettando quasi un movimento di risposta da parte sua che,
però, non vi fu; ma
non si preoccupò poi tanto di quel misero dettaglio, non
quando sentiva di
essere vicino alla sua parte mancante, quella che molti chiamavano,
forse in
maniera troppo spirituale, “anima gemella”, ed era
bellissimo, e voleva solo
toccarlo, per sentire quanto era morbido, quanto era vero e
lì, accanto a lui.
E non appena l’ebbe sfiorato, il pupazzo ebbe uno scatto, si
mosse da solo,
visse. Il tocco di Kurt Puppet gli aveva donato quella scintilla e quel
cuore e
quella storia. Anche lui si voltò verso Kurt Puppet e lo
riconobbe. Se avessero
avuto dei muscoli facciali da muovere, avrebbero potuto sorridere e i
loro
occhi si sarebbero illuminati, ma non ne avevano bisogno. A loro
bastava la
parola.
-
Blaine Puppet – disse Kurt Puppet.
- Kurt Puppet – disse Blaine Puppet.
Si
amavano.
Ma
vennero di nuovo separati.
*
* *
Ci
fu di nuovo il buio soffocante ma accompagnato da sussulti e movimenti,
stavolta. C’erano altri tre come lui, anche loro senza quella
scintilla. Provò
a sfiorarli, pensando che magari avrebbero preso vita anche loro, ma
non
avvenne e… in fondo, Kurt Puppet ne fu contento; da quando
aveva passato una
parte di sé a Blaine Puppet vedeva la vita come una cosa che
solo loro due
potevano condividere, anche se in quel frangente, separati da
chissà quale
distanza e per quanto tempo, non era un pensiero sufficientemente
consolatorio.
Quando
pure quel buio ebbe fine, vide che il mondo attorno a sé era
completamente
diverso e anche le persone che fissavano lui e gli altri pupazzi con
occhi
sbarrati. Tre di loro erano simili ai suoi tre compagni di viaggio,
mentre un
altro, quello che lo prese in mano per primo, era identico a lui. Kurt
Puppet
vide in quegli occhi verde-azzurri la stessa storia che aveva attizzato
la sua
scintilla la prima volta che Blaine lo aveva preso in mano e in seguito
quando
gli aveva inconsapevolmente donato la loro storia.
-
Certo che Blaine riesce sempre a stupirmi quando si tratta di regali
– disse
Kurt.
Questo
ricordò a Kurt Puppet la sua condizione di
“oggetto inanimato e privo di
sentimenti” animato e dotato di sentimenti.
Gli
mancava Blaine Puppet.
*
* *
Kurt
Puppet sapeva che non sarebbe stato facile, sin da quando aveva dovuto
fingere
di essere un semplice fantoccio inanimato davanti allo sguardo rabbioso
della
donna che lo aveva tenuto nel cassetto. Come poteva essere altrimenti?
Secondo
le leggi naturali di quel mondo, lui non “poteva”
parlare; ma non era colpa sua
se la natura aveva commesso un errore di distrazione. Comunque non era
sua
intenzione intavolare una discussione sulle sue “fenomenali
capacità”; l’unica
cosa che voleva era ritrovare Blaine Puppet, e per farlo aveva bisogno
dell’aiuto di chi era abbastanza grande ed esperto da
muoversi in quel mondo
immenso. E l’unico che poteva veramente aiutarlo era Kurt, il
ragazzo a cui
Blaine l’aveva regalato (sentirsi trattato come un oggetto
privo di sentimenti
iniziava un po’ a bruciargli), la sua controparte umana.
Faceva parte anche lui
della storia, in fondo.
Aspettò
qualche giorno… va bene, solo un giorno! Ma la nostalgia per
Blaine Puppet
avrebbe finito col fargli saltare le cuciture!
Quando
scese la notte e tutti andarono a coricarsi, Kurt Puppet si
calò giù dalla
mensola sulla quale era stato messo in bella mostra. Uno dei vantaggi
dell’essere fatto di stoffa e feltro è quello di
cadere senza rumore o farsi
male. Ma ecco il primo inconveniente: Kurt Puppet non aveva le gambe.
A
mali estremi, estremi rimedi.
Aveva
una piccola asta che gli usciva dal palmo della mano destra, altro
accessorio
necessario alla sua condizione di marionetta; facendo, quindi, leva su
quell’asta, Kurt Puppet si tirò su ma sentendosi
mancare un solido sostegno
alla sua base, irrigidì più che poté,
con grandissimo sforzo, l’intera stoffa
del suo corpo come se si stesse costruendo da solo un proprio
scheletro. Alla
fine, muovendosi con piccoli saltelli, rimanendo appoggiato
all’asta, si
avvicinò silenziosamente al letto dove dormiva Kurt. Si
arrampicò lungo la
coperta e raggiunse il ragazzo addormentato. Con un tocco leggero,
dettato più
dal materiale di cui era fatto che da vere intenzioni, gli diede dei
colpetti
sulla guancia con il piccolo pugno di stoffa per svegliarlo, ma Kurt
reagì con
un solo mugolio di protesta e un breve movimento della testa, senza
aprire gli
occhi. Allora Kurt Puppet gli picchiettò il viso con
più decisione, fino a
quando Kurt non si riscosse nuovamente, con una punta di fastidio e
stizza.
Aprì gli occhi. Sbatté le palpebre due o tre
volte, cambiando espressione a
tratti: confuso, rilassato, assonnato, sconvolto, spaventato; tra i
primi tre e
gli ultimi due ci fu, probabilmente, il passaggio da “Sicuramente sto sognando” a
“Cazzo,
temo proprio di essere sveglio” e a
quest’ultimo seguì un urlo, non
inaspettato ma talmente forte da mandare Kurt Puppet a gambe
all’aria (con
tutto che le gambe non le aveva).
L’urlo
di Kurt non poté non richiamare anche l’attenzione
delle sue coinquiline,
Rachel e Santana, tutte e due con gli occhi gonfi di sonno e i capelli
in
disordine.
-
Kurt, che è successo? – chiese subito Rachel,
allarmata.
-
Se è per il tuo cardigan scucito, posso assicurarti che non
sono stata io –
fece Santana.
-
Il… il… il pupazzo… si… si
muoveva da solo! – balbettò Kurt, bianco come un
cadavere e una mano premuta sul petto.
Le
due ragazze lo fissarono basite, spostando lo sguardo da Kurt al
pupazzo e dal
pupazzo a Kurt – Kurt, che stai dicendo? –
domandò Rachel sgranando gli occhi.
-
Il pupazzo! – scattò Kurt, con una nota isterica
nella voce – Ho visto quel
pupazzo, sopra di me, che si muoveva da solo!
-
Kurt avrai avuto un incubo – esclamò Santana,
esasperata.
-
No! Non è stato un incubo – replicò
Kurt – Lo avevo sistemato sulla mensola
prima di andare a dormire e me lo sono ritrovato addosso, non me lo sto
inventando.
-
Kurt, adesso calmati – fece Rachel, con tono accomodante,
rialzando Kurt Puppet
da terra e andando a risistemarlo al suo posto sulla mensola
– Probabilmente te
lo sei portato a letto inconsapevolmente, ti sei svegliato di colpo e,
credendo
di averlo messo sulla mensola, hai creduto che fosse arrivato
lì da solo. Di
solito la stanchezza fa di questi scherzi.
Kurt,
ancora sconvolto, fece leva sulla sua vena razionale pensando che, in
fondo, il
ragionamento di Rachel poteva essere esatto. Eppure non riusciva a
togliersi
dalla testa la certezza che quel pupazzo si fosse mosso da solo, che lo
avesse
svegliato, che sembrava volesse parlargli. Ma la spiegazione di Rachel
era
maggiormente preferibile a quell’incubo.
-
Sì… sì, deve essere andata
così – disse alla fine, ma facendo trasparire il
dubbio nelle sue parole.
-
Benissimo – disse Santana, con astio – Adesso che
abbiamo risolto il mistero
dei neuroni perduti di Lady Hummel potremmo ritornare a dormire? Sono
stanchissima.
Dopo
essersi scambiati dei “buonanotte” a mezza voce, le
ragazze uscirono dalla
stanza; nel mentre, Kurt sentì Santana commentare
– Non vedo l’ora che l’Hobbit
ci raggiunga, così almeno Lady Hummel sarà troppo
impegnato a scoparselo per
farsi venire i suoi chiassosi incubi da mocciosa.
Lasciato
da solo, Kurt si sdraiò
nuovamente sul
letto continuando a tenere gli occhi fissi sul suo alter ego di feltro
e pezza
e possibilmente inanimato. Ci mise un bel po’ ma alla fine
riprese sonno.
“Di male in peggio”
pensò Kurt Puppet risollevandosi e buttandosi di
nuovo giù dalla
mensola.
Arrancò
per la seconda volta verso il letto di Kurt e si arrampicò
lungo la parete di
coperte, per ritrovarsi ancora una volta sul suo equivalente di carne,
ossa e
abbigliamento che aveva conosciuto tempi migliori. Stavolta non avrebbe
permesso che la situazione si complicasse inutilmente; la sua parte
poteva
farla tranquillamente, non poteva che sperare che anche il Kurt umano
scegliesse di togliersi i paraocchi. A quanto aveva capito Kurt Puppet,
le
persone avevano la brutta abitudine di non guardare mai oltre la punta
del
proprio naso.
Batté
nuovamente il pugno di stoffa sulla guancia del ragazzo. Stavolta Kurt
si
svegliò più in fretta della prima volta. E quando
si ritrovò ancora una volta
davanti agli occhi di quella sottospecie di “bambola
assassina” non ebbe
nemmeno la forza di urlare.
-
Ok – si limitò a mormorare con un filo di voce
– se sei solo un incubo fai
quello che vuoi, tanto prima o poi mi sveglierò e
passerò le prossime settimane
a tentare di scordarmi di questa nottataccia; se invece sei reale come
sto
iniziando seriamente a temere, ti prego, potresti uccidermi in maniera
istantanea e indolore e, possibilmente, senza spargimenti di sangue,
queste
lenzuola sono nuove e, per favore, uccidi anche quelle due stronze
delle mie
coinquiline. Anzi, facciamo così: risparmia me e uccidi loro!
Se
è possibile, Kurt Puppet rimase veramente sconvolto per la
primissima volta
nella sua breve esistenza; la sua bocca inespressiva si
spalancò in maniera
tale da non lasciare dubbi sulla sua costernazione.
-
Scu-scu-scusa, cosa stai dicendo? – riuscì a
chiedere, alla fine.
-
Posso anche aiutarti a disfarti dei cadaveri, se vuoi –
continuò Kurt.
-
Per favore, fermati! – lo interruppe Kurt Puppet,
scandalizzato – Mi stai
facendo una pessima prima impressione.
-
“Pessima prima impressione”?! –
esclamò Kurt – Detta dal sadico pupazzo
assassino di un incubo è veramente assurdo!
-
Prima di tutto, ti pregherei di abbassare la voce. Secondo, non sono un
sadico
pupazzo assassino. E terzo, non stai avendo un incubo: posso
assicurarti che
sei sveglissimo, anche se non tanto in te, se mi è concesso
dirlo.
-
Ma fammi il favore! Sto parlando con un pupazzo di feltro e stoffa e
dovrei
credere che tutto questo non è un sogno, anzi un incubo?
Per
tutta risposta, Kurt Puppet lo colpì alla testa con la
sottile asta che usava
per sostenersi. Kurt emise un gemito di dolore e si coprì
con la mano il punto
dolorante della testa; per un attimo sperò che quello fosse
il momento nel
quale l’incubo finiva e finalmente si svegliava. Peccato che
quel pupazzo
posseduto con le sue sembianze fosse sempre lì, impettito
nel suo precario
equilibrio sulle sue mezze gambe di stoffa.
-
Va bene – gemé Kurt, sconfitto – Sento
che sto per urlare ancora.
-
No no no no no! Ti prego, non urlare – saltò su il
pupazzo alzando le braccia
in segno di pace – Per favore, voglio solo parlarti.
-
È proprio questo il punto: tu non dovresti parlare!
– Kurt si alzò dal letto,
si spostò verso la parete e iniziò a coprire la
distanza tra i due lati avanti
e indietro come un animale in gabbia, ma almeno la sua voce non era in
fase
“urla isteriche”, probabilmente era già
tanto se riusciva a mettere una parola
dietro l’altra – Sei un pupazzo, una marionetta, un
oggetto inanimato. Come è
possibile che tu sia in grado di parlare e muoverti da solo?
-
Non lo so. Mi limito semplicemente a pensare, parlare e muovermi come
fai tu –
fu la semplice risposta di Kurt Puppet.
Kurt
si strofinò con forza gli occhi, per scacciare gli ultimi
residui di dubbio
assieme al sonno. Che fosse un sogno o un incubo o un’assurda
realtà, c’era
poco che potesse fare e quel poco si riduceva ad ascoltare quello che
aveva da
dire il pupazzo. E poi, in fondo in fondo, quella situazione iniziava
ad
incuriosirlo.
-
Allora… tu… tu sei –
mormorò, dosando le parole con titubanza - …sei
una
marionetta.
-
Però, che vista portentosa che hai! –
esclamò Kurt Puppet con una punta di
sarcasmo.
-
Sì, sì, va bene – replicò
Kurt, vergognandosi dell’assurdità –
Dunque… che cosa
vuoi?
-
Devi aiutarmi a ritrovare la mia metà.
-
La tua metà? – fece Kurt non capendo –
Stai parlando delle tue gambe?
-
Ma no! Cos’hai capito? – scattò Kurt
Puppet, la voce forte come una cuscinata –
Intendevo la mia metà, la mia parte mancante, la mia anima
gemella. Mi capisci?
Certo
che Kurt capiva; forse ancora gli sfuggiva quanto capisse, dal momento
che quel
pupazzo era la sua esatta riproduzione sia dentro che fuori.
-
E perché dovrei aiutarti? E soprattutto, come? –
chiese il ragazzo – Non
chiedermi di cucirti una fidanzata pupazzo perché non credo
di esserne capace.
-
No, non è necessario, dal momento che lui esiste
già.
-
Hai detto “lui”? – chiese Kurt,
d’un tratto più interessato.
- Sì, Blaine Puppet –
rispose Kurt Puppet.
-
Blaine Puppet – mormorò il ragazzo, saggiando bene
quel nome iniziando a capire
o meglio a sospettare il succo di quella bizzarra faccenda –
Potresti
raccontarmi… tutto quello che dovrei sapere? –
continuò Kurt tornando a sedersi
sul suo letto ma sempre ad una certa distanza dal pupazzo.
Kurt
Puppet, con la pazienza e la semplicità che solo le
marionette di feltro
possiedono, raccontò della sua creazione, del momento in cui
Blaine lo aveva
costruito, dandogli una bozza di animo, passando per quel breve istante
nel
quale era diventato anche lui parte di quella storia d’amore,
quando i ricordi
del suo creatore erano diventati parte del suo corpo di stoffa, fino ad
arrivare al momento in cui aveva incontrato la sua metà,
Blaine Puppet.
A
mano a mano che la storia proseguiva, Kurt iniziò quasi
inconsapevolmente a
lasciarsi catturare da quell’assurda serie di avvenimenti,
come uno di quei
bambini dei racconti fantastici o dei romanzi fantasy che rimanevano
intrappolati dall’incredulità solo per pochi
minuti per poi adeguarsi a quella
“normalità” assai più
attraente, in fondo. Ma essendo un adulto, in Kurt
rimaneva quella punta di cinismo che contraddistingue chi ha superato
la fase
infantile.
-
Storia interessante – commentò alla fine
– Ma ancora non capisco come e perché
dovrei aiutarti.
-
Be’, come tu stesso hai constatato, sono una marionetta, poco
pratico di come
funziona questo mondo esageratamente grande; ho quindi bisogno
dell’aiuto di
uno più competente.
-
E come dovrei fare?
La
marionetta gli si fece un po’ più vicino
– Per iniziare, potresti trovare un
modo per metterti in contatto con il mio creatore.
-
Vuoi dire Blaine? – chiese Kurt.
-
Sì, così si chiama: Blaine –
replicò Kurt Puppet entusiasta, come se Kurt
avesse trovato la risposta a chissà quale mistero
dell’universo – Lui è la tua
metà? – gli domandò poi di punto in
bianco.
In
un primo momento, Kurt avrebbe voluto zittirlo con un “Fatti gli affaracci tuoi” ma la
genuinità con cui gli era stata
posta quella domanda lo frenò e lo spinse a rispondere
semplicemente – Sì – e
quel “sì” gli uscì carico di
una certezza e di un sentimento che aveva
avvertito solo quando diceva “Ti amo”
a Blaine o quando ripeteva a se stesso “Lo
amo” con tutto il cuore, perché sapeva
che era vero. Con gli altri non
riusciva a dirlo così, e invece adesso, a quel fantoccio
animato, con le sue
sembianze e che sembrava conoscere lui e ciò che provava per
Blaine, ci
riusciva. Forse Kurt iniziava a capire meglio quella situazione
paradossale.
-
Ok, ammasso di stoffa animata – disse, cercando di rimanere
quanto più
distaccato possibile – Vediamo di risolvere questa faccenda
quanto prima – e
continuando a tenere d’occhio Kurt Puppet, allungò
un braccio verso il comodino
e prese il suo cellulare; scorse la rubrica digitando poi il nome Blaine. Stranamente non dovette
aspettare troppo; dopo due soli squilli sentì il –
Pronto, Kurt – di un Blaine
più che sveglio e abbastanza agitato.
-
Ciao, Blaine – rispose Kurt, cercando di stare calmo e
pensando ad un modo per
poter spiegare al suo ragazzo quell’incredibile storia senza
risultare un pazzo
squinternato – Scusami se ti chiamo a quest’ora...
-
Stavo proprio per chiamarti io – lo interruppe la voce
nervosa di Blaine – Non
crederai mai a quanto sto per dirti.
-
No, tu non crederai mai a quello che io sto per raccontarti.
-
Fidati, la mia storia ha veramente dell’incredibile.
-
Sicuramente meno della mia.
-
Va bene, Kurt, fammi parlare – tagliò corto Blaine
– Ho qui una marionetta che
si muove e parla da sola – concluse il ragazzo con
l’esasperazione di chi è
disposto a tutto, precisamente come si sentiva Kurt nello stesso
momento.
L’attenzione
di Kurt raggiunse i massimi di tutti i suoi vent’anni di
vita. Dubbi non ne
aveva più da dieci minuti buoni e adesso iniziava a sentirsi
stranamente
euforico: Blaine con un’altra marionetta parlante equivaleva
ad una sicura e,
si sperava, immediata risoluzione di quel problema fin troppo fantasy.
-
Blaine – disse, lapidario – Portatile. Skype. Ora
– e per farsi comprendere
meglio, interruppe la chiamata in quell’istante.
Kurt
saltò giù dal letto, evitando di sfiorare Kurt
Puppet, prese il suo portatile
dalla scrivania e lo accese e, intanto che il programma si avviava,
ritornò sul
letto; preferiva che la sua versione in materiale sintetico non si
muovesse
troppo per la stanza, anche perché, se fosse rimasto sulla
scrivania, quasi
sicuramente avrebbe dovuto prenderlo in braccio per tenerlo alla stessa
altezza
dello schermo e… be’, preferiva toccarlo il meno
possibile.
Tornato
al suo posto, aspettò che sullo schermo comparisse
l’immagine di Blaine, i
capelli liberi dal gel sparati da tutte le parti, gli occhi spiritati.
-
Ehm, Kurt – biascicò Blaine – Mi
piacerebbe molto ma non credo sia il momento
adatto per il cybersesso.
Per
tutta risposta, Kurt si spostò leggermente di lato,
permettendo così a Kurt
Puppet di avvicinarsi al portatile, una grande emozione e una forte
aspettativa
che facevano vibrare il suo piccolo corpo di feltro, e mostrarsi ad un
ancor
più sconvolto Blaine.
-
Oh – si limitò a dire il ragazzo.
-
Senza mani! – tentò di essere spiritoso Kurt
agitando le mani libere davanti
allo schermo.
- Blaine! – disse Kurt Puppet,
emozionato – Dov’è
Blaine Puppet?
-
E tu come fai a conoscere il mio nome? – esclamò
Blaine, sbiancando.
-
Che domande! – replicò il pupazzo esasperato
– Mi hai costruito tu; so tutto di
te, di Kurt, della vostra storia…
-
Ok, ok – si intromise Kurt – Possiamo rimandare le
spiegazioni a più tardi e
risolvere questa faccenda.
-
Stavo appunto chiedendo dove fosse Blaine Puppet – disse Kurt
Puppet – Voglio
vederlo.
Quella
cyber conversazione venne bruscamente interrotta, di punto in bianco,
da
Santana che entrò di gran carriera nella stanza, una luce
omicida negli occhi e
una delle sue lamette per capelli in mano. Nel vedere la sua
coinquilina in
versione Lizzie Borden*, Kurt infilò istintivamente una mano
dentro la
marionetta con le sue sembianze, non per far vedere che,
all’occorrenza, era
lui a manovrarlo (cosa molto intelligente da fare in quel frangente, si
ritrovò
a pensare più tardi) ma per avere qualcosa col quale
difendersi in caso di un
attacco di quella Jill the Ripper di Lima Heights. Tanto Kurt Puppet
era fatto
di feltro e stoffa; un paio di cuciture e sarebbe tornato come nuovo.
-
Kurt – ringhiò la ragazza – Potresti
piantarla di confabulare? In questo
appartamento non esistono pareti divisorie; il tuo dannato cicaleccio
si sente
dappertutto e domani io ho il turno di prima mattina!
-
Sc-scusami, Santana – tentò di giustificarsi Kurt
– se puoi pazientare altri
cinque minuti…
-
Non ho intenzione di pazientare nemmeno due secondi –
scattò Santana, avanzando
verso Kurt – Qualunque cosa tu stia facendo con quel coso
– e indicò un Kurt
Puppet perfettamente immobile, sempre ancorato alla mano del ragazzo
– ti
consiglio vivamente di smetterla e…
La
ragazza si interruppe quando vide l’immagine di Blaine nel
portatile di Kurt;
guardò entrambi con l’espressione più
sconvolta che i due ragazzi le avessero
mai visto in faccia; tenendo soprattutto conto del fatto che sapevano
che
Santana era una che difficilmente rimaneva sconvolta.
-
O mio Dio! O mio Dio! O mio Dio! – iniziò ad
urlare Santana (Rachel doveva aver
messo i tappi per le orecchie per non essere accorsa subito anche lei)
intervallando ogni “O mio Dio!”
con
una parola o parolaccia ispanica – Cosa state combinando voi
due con quel
pupazzo?! Anzi no, non dite nulla, non voglio sapere con quali schifosi
giochetti sessuali state sexando. Oh, è la cosa
più “da malati” che io abbia
mai visto e di certe cose sono anche esperta ma questa… oh
– sembrava sul punto
di vomitare e nessuno aveva il coraggio di azzardarsi a dire nulla
– Piantatela
subito e fate del cybersesso normale, come tutti. E vergognatevi!
E
continuando a borbottare, Santana uscì dalla stanza.
-
Ma che problemi ha quella? – chiese Kurt Puppet ancora
spaventato da
quell’incursione.
-
Lo stesso problema del resto dell’umanità: non sa
cosa fare della sua vita –
rispose Kurt, sfilando la mano dal pupazzo – Adesso, vi
prego, facciamola
finita una volta per tutte prima che io sia costretto a commettere un
“coinquilinacidio” per legittima difesa. Blaine,
tira fuori il fidanzato di
questo mostriciattolo di feltro…
- Ehi! – scattò Kurt
Puppet, offeso.
-
Scusa – riprese Kurt – Blaine, tira fuori il
fidanzato della mia “versione marionetta”.
Senza
farselo ripetere, Blaine si chinò per poi ricomparire sullo
schermo del
portatile con in braccio una marionetta con le sue sembianze, in feltro
giallo
(Kurt annotò mentalmente di fare i complimenti al suo
ragazzo, non per aver
creato dei pupazzi capaci di muoversi e parlare da soli, anzi per
quello
pensava di ucciderlo, ma per il coraggio che aveva a tenere uno di quei
cosi in
braccio).
Nel
vederlo, Kurt Puppet spalancò la bocca come se stesse
sorridendo, si fece più
vicino allo schermo, allungando il braccio davanti a sé, e
la stessa cosa fece
il suo compagno dall’altra parte che quasi ruzzolò
giù dalle braccia di Blaine
nel tentativo di avvicinarsi. Alla fine, le loro mano si incontrarono
attraverso le due parti dello schermo e sui loro visi di stoffa si
poteva
leggere la gioia più grande che si possa esprimere.
Di
comune accordo, capendosi tramite un cenno del capo, i due ragazzi,
sentendosi
fuori posto, si allontanarono leggermente, lasciando alle due
marionette un po’
di privacy. Kurt Puppet e Blaine Puppet parlarono sottovoce per quasi
un’ora,
dicendosi tutte le parole che non erano riusciti a dirsi prima e visto
che
erano vivi da soli pochi giorni, la loro chiacchierata durò
anche più del
necessario ma ogni parola superflua in più era per loro come
una boccata di
aria per un uomo che sta affogando.
Nonostante
l’ora tarda e la stanchezza. Kurt non si riassopì.
Tutto continuava a
sembrargli così strano, assurdo e surreale.
Eppure… eh no, cavolo! Come poteva
trovare adorabile l’immagine di quelle versioni in feltro sua
e di Blaine! Ok,
ecco che la stanchezza e lo stress stavano iniziando a farsi sentire.
Quando
le due marionette ebbero terminato il loro dialogo, Kurt Puppet si
voltò verso
Kurt e gli si avvicinò, saltellando sul letto con
l’aiuto della sottile asta;
come per un riflesso condizionato Kurt si fece scudo col cuscino ma
rimase al
suo posto.
-
Ci avete fatto ritrovare – disse Kurt, sereno e tranquillo
– Adesso riuniteci.
Una
piccola parte di Kurt si dispiacque che quell’ultima
richiesta, alla fine, fosse
così semplice.
*
* *
I
giorni che seguirono il fine settimana scelto per la riunione delle due
marionette, camuffata da visita di Blaine a Kurt (quindi…
normale routine),
sembravano non passare mai sia per Kurt che per Kurt Puppet. Per il
ragazzo furono
dei giorni all’insegna dell’ansia e della
tachicardia; non passò un momento
senza che non sussultasse ad ogni rumore, lieve o forte che fosse,
temendo che
fosse il suo alter ego fatto di feltro che aveva avuto la brillante
idea di
muoversi perché “Non sto
nell’imbottitura
dalla voglia di rivedere Kurt Puppet” facendosi
così scoprire da Rachel e
Santana. Aveva tentato di abituarsi a quanto era accaduto ma, sebbene
una
piccola parte di lui, forse una leggera ombra che veniva dalla sua
infanzia, lasciasse
trasparire una vena di entusiasmo per quella storia così
fantasiosa, continuava
a trovare assurdo ogni cosa e covò, per tutto quel tempo, la
speranza di
svegliarsi una mattina e scoprire che era stato tutto un sogno.
Tanto
rimuginò su questo che, finalmente, arrivò il
fine settimana… con l’ultima e
definitiva conferma che era tutto vero; infatti, fu Kurt Puppet a
svegliarlo
alle prima luci dell’alba, prima ancora che suonasse la
sveglia. Avevano
concordato di incontrarsi in un luogo e ad un’ora privi di
testimoni, motivo
per cui Blaine aveva preso un volo notturno, dicendo di voler fare una
sorpresa
a Kurt la mattina successiva; mentre Kurt aveva detto alle sue
coinquiline che
avrebbe fatto jogging nel parco la mattina presto, ignorando i commenti
delle
ragazze riguardo al fatto che fosse abbastanza strano prendere
l’autobus per
andare a Central Park per fare ginnastica quando avrebbe potuto
semplicemente
fare il giro del quartiere di corsa.
-
Gradirei fare una corsa tranquilla invece di una corsa motivata da
qualche
malvivente – fu la risposta del ragazzo.
Quella
mattina, quindi, verso le cinque e dieci minuti, Kurt fu svegliato
nuovamente
dai leggeri pugni di stoffa ( e dall’asta di metallo) di Kurt
Pupptet.
Sì,
era decisamente reale. E, come in tutte le fiabe, si era quasi giunti
alla
parola “fine”.
-
Dai Kurt, svegliati. È ora – mormorò
Kurt Puppet, emozionato.
-
Sai, ci sono un paio di cose che tu, fortunato, non conosci: la
stanchezza e il
sonno – biascicò Kurt, alzandosi dal letto di
malavoglia.
-
Certo
che voi esseri di carne e ossa siete veramente complicati –
replicò Kurt Puppet
senza che l’acidità di Kurt intaccasse il suo
buonumore.
Per
il bene del pupazzo, Kurt fece finta di non sentirlo. Si
lavò, indossò la sua
tuta e prese uno zainetto, nel quale infilò, senza tanti
complimenti, Kurt
Puppet e uscì. Raggiunse la fermata dell’autobus;
tra le tante fortune del
vivere in una grande città c’era quella di trovare
sempre un mezzo di trasporto
pubblico disponibile, e d’altronde, in una città
dove si trovava sempre
qualcuno che non dormiva… cavolo, perché doveva
pensare a certe cose? In quel
momento, l’unica cosa che Kurt voleva era il suo amatissimo
letto… magari con
Blaine dentro, per poterlo abbracciare e baciare prima di
addormentarsi. Si era
quasi scordato che quella mattina sarebbe stato presente anche Blaine.
Quest’ultimo
e lui stesso erano solo delle comparse in quella storia, mentre i
protagonisti erano
quelle due marionette viventi con le loro sembianze. In genere, nelle
fiabe le
persone in carne ed ossa erano i protagonisti mentre i personaggi
immaginari,
fate madrine, gnomi, o pupazzi animati in questo caso, erano gli
“aiutanti
magici del protagonista”, in questo caso, invece, era
avvenuto l’esatto
contrario: due ragazzi normalissimi che aiutavano due creature che
avrebbero
fatto la loro bella figura in un libro illustrato per bambini.
Anche
nelle fiabe doveva esserci una prima volta per tutto. Forse anche i
personaggi
secondari e gli oggetti non-inanimati meritavano di avere il loro lieto
fine.
Durante
il tragitto in autobus, mentre il movimento del mezzo lo faceva
assopire, gli
sembrò di sentire un rumore provenire dallo zaino, come il
battere delle
lancette di un orologio. Se fosse stato più sveglio e
lucido, Kurt avrebbe
pensato subito che si trattasse dell’asta di ferro di Kurt
Puppet, ma in quel
momento era sospeso tra il sonno e la veglia, in quel momento della
giornata in
cui la mente umana è mille volte più aperta e
sensibile come l’intera struttura
dell’universo.
“Anche lui ha un cuore che batte”
pensò.
Quando
l’autobus sostò nelle vicinanze di Central Park,
Kurt scese e si avviò nel parco:
lui e Blaine si erano dati appuntamento in un punto più
centrale, scelto
apposta perché poco frequentato verso quell’ora.
Adatto per quanto dovevano
fare.
Arrivato
sul luogo dell’appuntamento, Kurt vide Blaine seduto su una
panchina, con il
suo piccolo trolley tra le gambe, gli occhi che denotavano una certa
stanchezza. Kurt avrebbe tanto voluto lanciarsi verso di lui, di corsa,
buttargli le braccia al collo e dargli la carica con una pioggia di
baci. Ma a
richiamarlo ci fu la voce attutita di Kurt Puppet proveniente dal suo
zaino.
-
Siamo arrivati? È qui?
-
Sì, ci siamo – rispose Kurt, aprendo lo zaino e
tirando fuori il pupazzo; evitò
di rispondere alla sua seconda domanda, non avendo visto Blaine Puppet.
-
Ma dov’è Blaine Puppet? – chiese ancora
Kurt Puppet, vedendo Blaine ma non
riuscendo a trovare l’oggetto dei suoi pensieri.
Accortosi
della loro presenza (impossibile non rendersi conto che ci fosse una
macchia di
blu in mezzo a quel misto di verde, grigio e marrone) Blaine si
alzò dalla
panchina e rivolse ai due uno dei suoi sorrisi pieni e sinceri e Kurt,
che riusciva
a leggere dentro quel sorriso, notò anche in lui lo stesso
sollievo che stava
provando lui stesso; Blaine si chinò sul suo trolley, lo
aprì e ne tirò fuori
una sua versione marionetta, una macchia gialla, un sole che
illuminò il
sorriso sintetico di Kurt Puppet.
Senza
dire nulla, i due ragazzi si avvicinarono tenendo in braccio i due
pupazzi,
anche se sembrava quasi che fossero questi ultimi a guidarli tanto
erano tesi
nel desiderio di essere di nuovo vicini. Quando non ci fu che un solo
respiro a
separarli, i due pupazzi si agitarono facendo capire che volevano
essere
adagiati per terra di modo da potersi venire finalmente incontro in
quell’ultimo
tratto con le loro sole forze. E quando furono per terra, Kurt Puppet
avanzò
senza esitazione, mentre Blaine Puppet inciampò su se stesso
dopo un solo abbozzo
di “passo”.
-
Scusami – disse, facendo sentire la sua voce per la prima
volta a Kurt che si
rese conto di quanto anch’essa fosse simile a quella di
Blaine come il suo
aspetto – Sto ancora imparando a camminare, ma non sono molto
bravo.
-
Non preoccuparti – lo consolò Kurt Puppet,
coprendo quei pochi centimetri di
distanza che ancora li separavano e tendendogli una mano di stoffa,
quella
priva di asta – Ti aiuterò io.
Blaine
si intromise con un educato colpo di tosse.
-
Allora – disse – Adesso che vi siete ritrovati,
cosa pensate di fare?
-
Tranquilli – rispose semplicemente Kurt Puppet, la voce che
ancora vibrava di
felicità – Non vi disturberemo più,
avete già fatto tanto per noi.
-
Ma nessun disturbo – disse Blaine – Anzi, se
vorrete rimanere con noi sarebbe…
- non poté continuare perché una gomitata da
parte di Kurt gli bloccò in gola
quello che stava per dire.
-
Grazie per l’offerta – disse Blaine Puppet,
sostenuto dal suo compagno – Ma noi
abbiamo già deciso cosa fare.
-
Ne abbiamo parlato quando ci siamo visti attraverso quella vostra
finestra
magica – continuò Kurt Puppet – Pensiamo
di viaggiare.
-
Cosa volete fare?! – esclamò Kurt, sgranando gli
occhi.
-
Viaggiare – confermò Kurt Puppet –
Questo mondo è così grande e chissà
quanto c’è
da vedere, specialmente per noi che siamo nati da poco.
-
Tanto non dormiamo e non mangiamo – disse Blaine Puppet
– e abbiamo tutto il
tempo.
-
E, soprattutto, abbiamo l’un l’altro –
concluse Kurt Puppet, stringendo teneramente
a sé l’altro pupazzo.
-
Be’ – disse allora Kurt, con un sospiro -
È stato un piacere conoscervi… in
fondo.
-
Scusate, prima che ve ne andiate – disse Blaine –
vorrei sapere una cosa: come
fate a parlare e a muovervi da soli?
-
E voi come fate a parlare e a muovervi da soli? – fu la
semplice risposta di
Kurt Puppet; e per quanto fosse assurda e inconcludente… era
anche vera.
Dopo
aver salutato i due ragazzi, sempre sostenendosi a vicenda, Kurt Puppet
e
Blaine Puppet si incamminarono verso una macchia di alberi.
-
State attenti ai cani, mi raccomando – disse loro Kurt,
alzando un po’ la voce
per farsi sentire.
-
E anche agli scienziati – disse loro Blaine – Sono
pur sempre delle “marionette
magiche” – rispose allo sguardo interrogativo di
Kurt.
I
due pupazzi si girarono un’ultima volta verso di loro,
salutandoli, e con un
altro “grazie” sulle loro facce cucite; infine si
incamminarono di nuovo finché
non scomparvero tra il verde di Central Park, che chissà
dove li avrebbe
condotti. In quali luoghi. Avevano tutto il tempo e anche tutto il
mondo a
disposizione.
-
Wow – sospirò Blaine – Però,
che storia! Vero?
-
Da dimenticare – disse Kurt, andando a sedersi sulla panchina.
-
Dici? – Blaine lo raggiunse e prese posto accanto a lui
– Io pensavo di
scriverci un romanzo – continuò ridacchiando.
-
Non provarci neanche – lo fulminò Kurt, facendo
ridere ancora di più l’altro
ragazzo che poi lo fissò con quella intensità che
faceva sempre sentire Kurt
fragile e indifeso. Quando vide quello sguardo farsi più
vicino, chiuse gli
occhi in attesa di quel bacio che non tardò ad arrivare.
-
Stavamo quasi per scordarlo. Il nostro bacio del buongiorno –
disse Blaine,
posandogli un altro lieve bacio sulle labbra.
-
Quanto si vede che siamo entrambi stanchi.
-
Stai suggerendo, in maniera velata, di andare a casa tua e sdraiarci un
po’ sul
letto?
-
Sì… sdraiarci… l’idea non
è male – disse Kurt mordendosi il labbro inferiore.
Si
alzarono dalla panchina, Blaine afferrò il suo trolley e con
l’altra mano
strinse quella di Kurt; e si avviarono tranquillamente verso
l’uscita più
vicina di Central Park.
-
Sai qual è la cosa più strana? – disse
Kurt, facendo passare un braccio attorno
alla vita di Blaine –Più strana persino di quelle
due marionette viventi?
-
Quale? – chiese Blaine.
-
Il fatto che tu spenda un sacco di soldi per passare il fine settimana
a New
York quasi tre volte al mese.
Nel
mattino newyorkese risuonarono le risate di Kurt e Blaine e il suono
delle
rotelle del trolley.
Fine
*Lizzie
Borden (1860 – 1927) Donna americana che nel 1892 uccise il
padre e la matrigna
a colpi di accetta. Venne processata e assolta per mancanza di prove
concrete.
Note
dell’autore
Eccomi
di ritorno. Stavolta sono tornato prima, per i miei standard XD
Avrò
anche una vita piena, tra università, lavoro, possibile
seconda università, il
Teatro, serie tv da vedere e libri da leggere, ma il tempo per scrivere
almeno
un paragrafo al giorno non mi mancherà mai…
purtroppo XD
Avevo
questa idea in testa da quanto vidi per la prima volta la 5x07,
più precisamente
la scena in cui Kurt Puppet, sulla scrivania di Sue, si alza da solo.
Molti
avranno pensato agli effetti delle perdite di gas nella scuola, altri
ad un
qualche scenario da film horror, io invece vi ho visto
l’ennesima conferma di
quanto la Klaine sia destinata in qualunque mondo e forma. E
così è nata questa
OS, aiutata anche da una full immersion completa nelle fiabe che
leggevo da
piccolo. Mi sto buttando un po’ più del solito sul
genere fantasy, se considero
anche l’altra fanfiction semi original che sto portando
avanti.
Le
idee continuano a bombardarmi ininterrottamente e nessuna vuole essere
ridotta
ad una sola OS, per cui, adesso, mi ritrovo con tre long fic (la semi
orginal,
una Klaine/Doctor Who e una Carson/ Lee, quindi SBL/GML) da scrivere e
poco
tempo. Ma finché c’è vita
c’è speranza.
Mando
un abbraccio fortissimo a tutte le splendide persone che continuano a
seguirmi.
Per
il resto vi rimando alla mia pagina facebook: https://www.facebook.com/pages/Lusio-EFP/162610203857483?fref=nf
E
visto che negli ultimi giorni è tornato a svegliarsi,
c’è anche il mio profilo
ask XD http://ask.fm/LusioEFP
A
risentirci presto e buone vacanze a tutti :D
Lusio