Serie TV > Glee
Ricorda la storia  |      
Autore: Lusio    01/08/2014    4 recensioni
Dalla OS:
"Sotto ogni aspetto aveva tutto, nel giusto posto e perfettamente creato. Ma non quella piccola scintilla che aveva sentito all’inizio. Che poteva dargli quello che doveva essere il suo punto forte. Un cuore, o anima, o vita come dir si voglia. Quel qualcosa, comunque, che gli avrebbe permesso di muoversi.
Perché quando sei un pupazzo di feltro e stoffa, con del fil di ferro nelle braccia, e con un buco al posto delle gambe, hai solo due modi per muoverti: quando qualcuno ti manovra con una mano o quando hai un cuore o un anima o una vita; scegliete voi il termine che preferite."
Tutti vogliono un lieto fine... anche quelli che noi riteniamo oggetti inanimati.
Versione personale e seguito in chiave fantasy della 5x07 ("Puppet Master")
Genere: Commedia, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Nuovo personaggio, Santana Lopez | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Cuore di feltro

 

 

Passò dal nulla ad una sensazione.

Non sapeva che fosse una sensazione, sapeva solo che prima non esisteva nulla, dal momento che lui stesso non esisteva, e adesso sentiva qualcosa, segno evidente che c’era anche lui al mondo. Era come un piccolo bruciore, all’altezza del petto che si estendeva ovunque, a poco a poco, indicandogli così altre parti di sé quali la testa, le braccia e la parte inferiore. Parte inferiore. Sì, perché le gambe non le aveva. A quanto capiva non erano funzionali alla sua utilità. Certo, era un dettaglio parecchio fastidioso. Ma, almeno, non era nudo (cosa che sarebbe stata ancora più fastidiosa) anzi poteva già vantare, dopo solo poche ore di esistenza, un perfetto completo su misura. Non tutti avevano simili fortune.

Ma c’era qualcosa che mancava.

Sotto ogni aspetto aveva tutto, nel giusto posto e perfettamente creato. Ma non quella piccola scintilla che aveva sentito all’inizio. Che poteva dargli quello che doveva essere il suo punto forte. Un cuore, o anima, o vita come dir si voglia. Quel qualcosa, comunque, che gli avrebbe permesso di muoversi.

Perché quando sei un pupazzo di feltro e stoffa, con del fil di ferro nelle braccia, e con un buco al posto delle gambe, hai solo due modi per muoverti: quando qualcuno ti manovra con una mano o quando hai un cuore o un anima o una vita; scegliete voi il termine che preferite.

 

* * *

 

Alla fine, arrivò. Cuore, anima, vita.

Prima c’era solo la mano che lo aveva costruito e che lo manovrava e gli parlava, e parlandogli gli aveva dato anche un nome: Kurt Puppet. Poi il vuoto e il buio soffocante di un cassetto. Che terminò con una luce piccola e bianca e di nuovo la mano che l’aveva creato.

Fu allora che accadde.

Vide quella storia. La storia del suo creatore che era un po’ anche la sua storia. Un incontro casuale su una scala affollata, piena di ragazzi vestiti con la stessa divisa, ma un incontro preciso tra uno di questi ragazzi e un altro proveniente da un altro luogo, due mani che si toccavano e si trovavano, una canzone e due cuori che si riconoscevano. Un amore. Un cuore. Un anima.

Era vivo.

Se ne rese conto quando si sollevò con le sue sole forze per vedere… adesso sapeva anche il suo nome… Blaine, che si allontanava col cuore gonfio di nostalgia, mancanza e amore, amore per quel ragazzo, Kurt, al quale pensava quando lo aveva costruito.

Così capì anche perché esisteva. Era un riflesso di quell’amore ma non era come loro, e non perché loro erano fatti di carne, ossa e sangue, e lui no, ma perché loro erano completi. A lui mancava una metà. Avrebbe voluto chiedere a Blaine dove poterla trovare, per questo motivo si era sollevato da solo. Ma il ragazzo se ne era già andato prima che potesse anche solo provare ad emettere un qualunque suono.

E pur contando solo pochi secondi di esistenza, e pur avendo la testa fatta interamente di spugna, Kurt Puppet poteva dirsi abbastanza sveglio da non farsi notare troppo dagli altri.

Quando si lasciò ricadere, inanimato, sperò sinceramente che quella spilungona così nervosa non lo avesse notato.

 

* * *

 

Kurt Puppet lo riconobbe subito, appena lo vide; sapeva che era lui, lo sentiva. Era giallo come il sole di primavera e leggermente più tozzo. Sì, non aveva dubbi. La sua metà, il giorno che aspettava di entrare in comunione con la sera (Kurt Puppet era di un blu tenue).

Blaine, dopo averlo sottratto definitivamente a quella donna spaventosa, lo aveva portato a casa sua; Kurt Puppet avrebbe voluto approfittarne per chiedergli dove poter trovare la sua metà o, magari, pregarlo di fabbricargliela come aveva fatto con lui ma, appena varcata la soglia della stanza del ragazzo, venne preso in contropiede… cioè, in contro… contro quello che non aveva dalla vita in giù, insomma!

Nel lasso di tempo in cui era rimasto prigioniero nel cassetto della donna, Blaine si era dato da fare e aveva costruito tanti altri pupazzi come lui, ma Kurt Puppet si accorse quasi subito che a loro mancava, in maniera completa, quella scintilla che aveva caratterizzato il momento in cui aveva capito di esistere.

E fu proprio in mezzo a loro che lo trovò. Come avrebbe dovuto chiamarlo? Il nome ce l’aveva sulla punta della sua lingua cucita ma non gli usciva. Quando Blaine lo posò, proprio vicino al pupazzo giallo, che aveva due triangoli scaleni di stoffa nera per sopracciglia, Kurt Puppet si voltò lentamente verso di lui, aspettando quasi un movimento di risposta da parte sua che, però, non vi fu; ma non si preoccupò poi tanto di quel misero dettaglio, non quando sentiva di essere vicino alla sua parte mancante, quella che molti chiamavano, forse in maniera troppo spirituale, “anima gemella”, ed era bellissimo, e voleva solo toccarlo, per sentire quanto era morbido, quanto era vero e lì, accanto a lui. E non appena l’ebbe sfiorato, il pupazzo ebbe uno scatto, si mosse da solo, visse. Il tocco di Kurt Puppet gli aveva donato quella scintilla e quel cuore e quella storia. Anche lui si voltò verso Kurt Puppet e lo riconobbe. Se avessero avuto dei muscoli facciali da muovere, avrebbero potuto sorridere e i loro occhi si sarebbero illuminati, ma non ne avevano bisogno. A loro bastava la parola.

- Blaine Puppet – disse Kurt Puppet.

- Kurt Puppet – disse Blaine Puppet.

Si amavano.

Ma vennero di nuovo separati.

 

* * *

 

Ci fu di nuovo il buio soffocante ma accompagnato da sussulti e movimenti, stavolta. C’erano altri tre come lui, anche loro senza quella scintilla. Provò a sfiorarli, pensando che magari avrebbero preso vita anche loro, ma non avvenne e… in fondo, Kurt Puppet ne fu contento; da quando aveva passato una parte di sé a Blaine Puppet vedeva la vita come una cosa che solo loro due potevano condividere, anche se in quel frangente, separati da chissà quale distanza e per quanto tempo, non era un pensiero sufficientemente consolatorio.

Quando pure quel buio ebbe fine, vide che il mondo attorno a sé era completamente diverso e anche le persone che fissavano lui e gli altri pupazzi con occhi sbarrati. Tre di loro erano simili ai suoi tre compagni di viaggio, mentre un altro, quello che lo prese in mano per primo, era identico a lui. Kurt Puppet vide in quegli occhi verde-azzurri la stessa storia che aveva attizzato la sua scintilla la prima volta che Blaine lo aveva preso in mano e in seguito quando gli aveva inconsapevolmente donato la loro storia.

- Certo che Blaine riesce sempre a stupirmi quando si tratta di regali – disse Kurt.

Questo ricordò a Kurt Puppet la sua condizione di “oggetto inanimato e privo di sentimenti” animato e dotato di sentimenti.

Gli mancava Blaine Puppet.

 

* * *

 

Kurt Puppet sapeva che non sarebbe stato facile, sin da quando aveva dovuto fingere di essere un semplice fantoccio inanimato davanti allo sguardo rabbioso della donna che lo aveva tenuto nel cassetto. Come poteva essere altrimenti? Secondo le leggi naturali di quel mondo, lui non “poteva” parlare; ma non era colpa sua se la natura aveva commesso un errore di distrazione. Comunque non era sua intenzione intavolare una discussione sulle sue “fenomenali capacità”; l’unica cosa che voleva era ritrovare Blaine Puppet, e per farlo aveva bisogno dell’aiuto di chi era abbastanza grande ed esperto da muoversi in quel mondo immenso. E l’unico che poteva veramente aiutarlo era Kurt, il ragazzo a cui Blaine l’aveva regalato (sentirsi trattato come un oggetto privo di sentimenti iniziava un po’ a bruciargli), la sua controparte umana. Faceva parte anche lui della storia, in fondo.

Aspettò qualche giorno… va bene, solo un giorno! Ma la nostalgia per Blaine Puppet avrebbe finito col fargli saltare le cuciture!

Quando scese la notte e tutti andarono a coricarsi, Kurt Puppet si calò giù dalla mensola sulla quale era stato messo in bella mostra. Uno dei vantaggi dell’essere fatto di stoffa e feltro è quello di cadere senza rumore o farsi male. Ma ecco il primo inconveniente: Kurt Puppet non aveva le gambe.

A mali estremi, estremi rimedi.

Aveva una piccola asta che gli usciva dal palmo della mano destra, altro accessorio necessario alla sua condizione di marionetta; facendo, quindi, leva su quell’asta, Kurt Puppet si tirò su ma sentendosi mancare un solido sostegno alla sua base, irrigidì più che poté, con grandissimo sforzo, l’intera stoffa del suo corpo come se si stesse costruendo da solo un proprio scheletro. Alla fine, muovendosi con piccoli saltelli, rimanendo appoggiato all’asta, si avvicinò silenziosamente al letto dove dormiva Kurt. Si arrampicò lungo la coperta e raggiunse il ragazzo addormentato. Con un tocco leggero, dettato più dal materiale di cui era fatto che da vere intenzioni, gli diede dei colpetti sulla guancia con il piccolo pugno di stoffa per svegliarlo, ma Kurt reagì con un solo mugolio di protesta e un breve movimento della testa, senza aprire gli occhi. Allora Kurt Puppet gli picchiettò il viso con più decisione, fino a quando Kurt non si riscosse nuovamente, con una punta di fastidio e stizza. Aprì gli occhi. Sbatté le palpebre due o tre volte, cambiando espressione a tratti: confuso, rilassato, assonnato, sconvolto, spaventato; tra i primi tre e gli ultimi due ci fu, probabilmente, il passaggio da “Sicuramente sto sognando” a “Cazzo, temo proprio di essere sveglio” e a quest’ultimo seguì un urlo, non inaspettato ma talmente forte da mandare Kurt Puppet a gambe all’aria (con tutto che le gambe non le aveva).

L’urlo di Kurt non poté non richiamare anche l’attenzione delle sue coinquiline, Rachel e Santana, tutte e due con gli occhi gonfi di sonno e i capelli in disordine.

- Kurt, che è successo? – chiese subito Rachel, allarmata.

- Se è per il tuo cardigan scucito, posso assicurarti che non sono stata io – fece Santana.

- Il… il… il pupazzo… si… si muoveva da solo! – balbettò Kurt, bianco come un cadavere e una mano premuta sul petto.

Le due ragazze lo fissarono basite, spostando lo sguardo da Kurt al pupazzo e dal pupazzo a Kurt – Kurt, che stai dicendo? – domandò Rachel sgranando gli occhi.

- Il pupazzo! – scattò Kurt, con una nota isterica nella voce – Ho visto quel pupazzo, sopra di me, che si muoveva da solo!

- Kurt avrai avuto un incubo – esclamò Santana, esasperata.

- No! Non è stato un incubo – replicò Kurt – Lo avevo sistemato sulla mensola prima di andare a dormire e me lo sono ritrovato addosso, non me lo sto inventando.

- Kurt, adesso calmati – fece Rachel, con tono accomodante, rialzando Kurt Puppet da terra e andando a risistemarlo al suo posto sulla mensola – Probabilmente te lo sei portato a letto inconsapevolmente, ti sei svegliato di colpo e, credendo di averlo messo sulla mensola, hai creduto che fosse arrivato lì da solo. Di solito la stanchezza fa di questi scherzi.

Kurt, ancora sconvolto, fece leva sulla sua vena razionale pensando che, in fondo, il ragionamento di Rachel poteva essere esatto. Eppure non riusciva a togliersi dalla testa la certezza che quel pupazzo si fosse mosso da solo, che lo avesse svegliato, che sembrava volesse parlargli. Ma la spiegazione di Rachel era maggiormente preferibile a quell’incubo.

- Sì… sì, deve essere andata così – disse alla fine, ma facendo trasparire il dubbio nelle sue parole.

- Benissimo – disse Santana, con astio – Adesso che abbiamo risolto il mistero dei neuroni perduti di Lady Hummel potremmo ritornare a dormire? Sono stanchissima.

Dopo essersi scambiati dei “buonanotte” a mezza voce, le ragazze uscirono dalla stanza; nel mentre, Kurt sentì Santana commentare – Non vedo l’ora che l’Hobbit ci raggiunga, così almeno Lady Hummel sarà troppo impegnato a scoparselo per farsi venire i suoi chiassosi incubi da mocciosa.

Lasciato da solo, Kurt si sdraiò  nuovamente sul letto continuando a tenere gli occhi fissi sul suo alter ego di feltro e pezza e possibilmente inanimato. Ci mise un bel po’ ma alla fine riprese sonno.

Di male in peggio pensò Kurt Puppet risollevandosi e buttandosi di nuovo giù dalla mensola.

Arrancò per la seconda volta verso il letto di Kurt e si arrampicò lungo la parete di coperte, per ritrovarsi ancora una volta sul suo equivalente di carne, ossa e abbigliamento che aveva conosciuto tempi migliori. Stavolta non avrebbe permesso che la situazione si complicasse inutilmente; la sua parte poteva farla tranquillamente, non poteva che sperare che anche il Kurt umano scegliesse di togliersi i paraocchi. A quanto aveva capito Kurt Puppet, le persone avevano la brutta abitudine di non guardare mai oltre la punta del proprio naso.

Batté nuovamente il pugno di stoffa sulla guancia del ragazzo. Stavolta Kurt si svegliò più in fretta della prima volta. E quando si ritrovò ancora una volta davanti agli occhi di quella sottospecie di “bambola assassina” non ebbe nemmeno la forza di urlare.

- Ok – si limitò a mormorare con un filo di voce – se sei solo un incubo fai quello che vuoi, tanto prima o poi mi sveglierò e passerò le prossime settimane a tentare di scordarmi di questa nottataccia; se invece sei reale come sto iniziando seriamente a temere, ti prego, potresti uccidermi in maniera istantanea e indolore e, possibilmente, senza spargimenti di sangue, queste lenzuola sono nuove e, per favore, uccidi anche quelle due stronze delle mie coinquiline. Anzi, facciamo così: risparmia me e uccidi loro!

Se è possibile, Kurt Puppet rimase veramente sconvolto per la primissima volta nella sua breve esistenza; la sua bocca inespressiva si spalancò in maniera tale da non lasciare dubbi sulla sua costernazione.

- Scu-scu-scusa, cosa stai dicendo? – riuscì a chiedere, alla fine.

- Posso anche aiutarti a disfarti dei cadaveri, se vuoi – continuò Kurt.

- Per favore, fermati! – lo interruppe Kurt Puppet, scandalizzato – Mi stai facendo una pessima prima impressione.

- “Pessima prima impressione”?! – esclamò Kurt – Detta dal sadico pupazzo assassino di un incubo è veramente assurdo!

- Prima di tutto, ti pregherei di abbassare la voce. Secondo, non sono un sadico pupazzo assassino. E terzo, non stai avendo un incubo: posso assicurarti che sei sveglissimo, anche se non tanto in te, se mi è concesso dirlo.

- Ma fammi il favore! Sto parlando con un pupazzo di feltro e stoffa e dovrei credere che tutto questo non è un sogno, anzi un incubo?

Per tutta risposta, Kurt Puppet lo colpì alla testa con la sottile asta che usava per sostenersi. Kurt emise un gemito di dolore e si coprì con la mano il punto dolorante della testa; per un attimo sperò che quello fosse il momento nel quale l’incubo finiva e finalmente si svegliava. Peccato che quel pupazzo posseduto con le sue sembianze fosse sempre lì, impettito nel suo precario equilibrio sulle sue mezze gambe di stoffa.

- Va bene – gemé Kurt, sconfitto – Sento che sto per urlare ancora.

- No no no no no! Ti prego, non urlare – saltò su il pupazzo alzando le braccia in segno di pace – Per favore, voglio solo parlarti.

- È proprio questo il punto: tu non dovresti parlare! – Kurt si alzò dal letto, si spostò verso la parete e iniziò a coprire la distanza tra i due lati avanti e indietro come un animale in gabbia, ma almeno la sua voce non era in fase “urla isteriche”, probabilmente era già tanto se riusciva a mettere una parola dietro l’altra – Sei un pupazzo, una marionetta, un oggetto inanimato. Come è possibile che tu sia in grado di parlare e muoverti da solo?

- Non lo so. Mi limito semplicemente a pensare, parlare e muovermi come fai tu – fu la semplice risposta di Kurt Puppet.

Kurt si strofinò con forza gli occhi, per scacciare gli ultimi residui di dubbio assieme al sonno. Che fosse un sogno o un incubo o un’assurda realtà, c’era poco che potesse fare e quel poco si riduceva ad ascoltare quello che aveva da dire il pupazzo. E poi, in fondo in fondo, quella situazione iniziava ad incuriosirlo.

- Allora… tu… tu sei – mormorò, dosando le parole con titubanza - …sei una marionetta.

- Però, che vista portentosa che hai! – esclamò Kurt Puppet con una punta di sarcasmo.

- Sì, sì, va bene – replicò Kurt, vergognandosi dell’assurdità – Dunque… che cosa vuoi?

- Devi aiutarmi a ritrovare la mia metà.

- La tua metà? – fece Kurt non capendo – Stai parlando delle tue gambe?

- Ma no! Cos’hai capito? – scattò Kurt Puppet, la voce forte come una cuscinata – Intendevo la mia metà, la mia parte mancante, la mia anima gemella. Mi capisci?

Certo che Kurt capiva; forse ancora gli sfuggiva quanto capisse, dal momento che quel pupazzo era la sua esatta riproduzione sia dentro che fuori.

- E perché dovrei aiutarti? E soprattutto, come? – chiese il ragazzo – Non chiedermi di cucirti una fidanzata pupazzo perché non credo di esserne capace.

- No, non è necessario, dal momento che lui esiste già.

- Hai detto “lui”? – chiese Kurt, d’un tratto più interessato.

- Sì, Blaine Puppet – rispose Kurt Puppet.

- Blaine Puppet – mormorò il ragazzo, saggiando bene quel nome iniziando a capire o meglio a sospettare il succo di quella bizzarra faccenda – Potresti raccontarmi… tutto quello che dovrei sapere? – continuò Kurt tornando a sedersi sul suo letto ma sempre ad una certa distanza dal pupazzo.

Kurt Puppet, con la pazienza e la semplicità che solo le marionette di feltro possiedono, raccontò della sua creazione, del momento in cui Blaine lo aveva costruito, dandogli una bozza di animo, passando per quel breve istante nel quale era diventato anche lui parte di quella storia d’amore, quando i ricordi del suo creatore erano diventati parte del suo corpo di stoffa, fino ad arrivare al momento in cui aveva incontrato la sua metà, Blaine Puppet.

A mano a mano che la storia proseguiva, Kurt iniziò quasi inconsapevolmente a lasciarsi catturare da quell’assurda serie di avvenimenti, come uno di quei bambini dei racconti fantastici o dei romanzi fantasy che rimanevano intrappolati dall’incredulità solo per pochi minuti per poi adeguarsi a quella “normalità” assai più attraente, in fondo. Ma essendo un adulto, in Kurt rimaneva quella punta di cinismo che contraddistingue chi ha superato la fase infantile.

- Storia interessante – commentò alla fine – Ma ancora non capisco come e perché dovrei aiutarti.

- Be’, come tu stesso hai constatato, sono una marionetta, poco pratico di come funziona questo mondo esageratamente grande; ho quindi bisogno dell’aiuto di uno più competente.

- E come dovrei fare?

La marionetta gli si fece un po’ più vicino – Per iniziare, potresti trovare un modo per metterti in contatto con il mio creatore.

- Vuoi dire Blaine? – chiese Kurt.

- Sì, così si chiama: Blaine – replicò Kurt Puppet entusiasta, come se Kurt avesse trovato la risposta a chissà quale mistero dell’universo – Lui è la tua metà? – gli domandò poi di punto in bianco.

In un primo momento, Kurt avrebbe voluto zittirlo con un “Fatti gli affaracci tuoi” ma la genuinità con cui gli era stata posta quella domanda lo frenò e lo spinse a rispondere semplicemente – Sì – e quel “sì” gli uscì carico di una certezza e di un sentimento che aveva avvertito solo quando diceva “Ti amo” a Blaine o quando ripeteva a se stesso “Lo amo” con tutto il cuore, perché sapeva che era vero. Con gli altri non riusciva a dirlo così, e invece adesso, a quel fantoccio animato, con le sue sembianze e che sembrava conoscere lui e ciò che provava per Blaine, ci riusciva. Forse Kurt iniziava a capire meglio quella situazione paradossale.

- Ok, ammasso di stoffa animata – disse, cercando di rimanere quanto più distaccato possibile – Vediamo di risolvere questa faccenda quanto prima – e continuando a tenere d’occhio Kurt Puppet, allungò un braccio verso il comodino e prese il suo cellulare; scorse la rubrica digitando poi il nome Blaine. Stranamente non dovette aspettare troppo; dopo due soli squilli sentì il – Pronto, Kurt – di un Blaine più che sveglio e abbastanza agitato.

- Ciao, Blaine – rispose Kurt, cercando di stare calmo e pensando ad un modo per poter spiegare al suo ragazzo quell’incredibile storia senza risultare un pazzo squinternato – Scusami se ti chiamo a quest’ora...

- Stavo proprio per chiamarti io – lo interruppe la voce nervosa di Blaine – Non crederai mai a quanto sto per dirti.

- No, tu non crederai mai a quello che io sto per raccontarti.

- Fidati, la mia storia ha veramente dell’incredibile.

- Sicuramente meno della mia.

- Va bene, Kurt, fammi parlare – tagliò corto Blaine – Ho qui una marionetta che si muove e parla da sola – concluse il ragazzo con l’esasperazione di chi è disposto a tutto, precisamente come si sentiva Kurt nello stesso momento.

L’attenzione di Kurt raggiunse i massimi di tutti i suoi vent’anni di vita. Dubbi non ne aveva più da dieci minuti buoni e adesso iniziava a sentirsi stranamente euforico: Blaine con un’altra marionetta parlante equivaleva ad una sicura e, si sperava, immediata risoluzione di quel problema fin troppo fantasy.

- Blaine – disse, lapidario – Portatile. Skype. Ora – e per farsi comprendere meglio, interruppe la chiamata in quell’istante.

Kurt saltò giù dal letto, evitando di sfiorare Kurt Puppet, prese il suo portatile dalla scrivania e lo accese e, intanto che il programma si avviava, ritornò sul letto; preferiva che la sua versione in materiale sintetico non si muovesse troppo per la stanza, anche perché, se fosse rimasto sulla scrivania, quasi sicuramente avrebbe dovuto prenderlo in braccio per tenerlo alla stessa altezza dello schermo e… be’, preferiva toccarlo il meno possibile.

Tornato al suo posto, aspettò che sullo schermo comparisse l’immagine di Blaine, i capelli liberi dal gel sparati da tutte le parti, gli occhi spiritati.

- Ehm, Kurt – biascicò Blaine – Mi piacerebbe molto ma non credo sia il momento adatto per il cybersesso.

Per tutta risposta, Kurt si spostò leggermente di lato, permettendo così a Kurt Puppet di avvicinarsi al portatile, una grande emozione e una forte aspettativa che facevano vibrare il suo piccolo corpo di feltro, e mostrarsi ad un ancor più sconvolto Blaine.

- Oh – si limitò a dire il ragazzo.

- Senza mani! – tentò di essere spiritoso Kurt agitando le mani libere davanti allo schermo.

- Blaine! – disse Kurt Puppet, emozionato – Dov’è Blaine Puppet?

- E tu come fai a conoscere il mio nome? – esclamò Blaine, sbiancando.

- Che domande! – replicò il pupazzo esasperato – Mi hai costruito tu; so tutto di te, di Kurt, della vostra storia…

- Ok, ok – si intromise Kurt – Possiamo rimandare le spiegazioni a più tardi e risolvere questa faccenda.

- Stavo appunto chiedendo dove fosse Blaine Puppet – disse Kurt Puppet – Voglio vederlo.

Quella cyber conversazione venne bruscamente interrotta, di punto in bianco, da Santana che entrò di gran carriera nella stanza, una luce omicida negli occhi e una delle sue lamette per capelli in mano. Nel vedere la sua coinquilina in versione Lizzie Borden*, Kurt infilò istintivamente una mano dentro la marionetta con le sue sembianze, non per far vedere che, all’occorrenza, era lui a manovrarlo (cosa molto intelligente da fare in quel frangente, si ritrovò a pensare più tardi) ma per avere qualcosa col quale difendersi in caso di un attacco di quella Jill the Ripper di Lima Heights. Tanto Kurt Puppet era fatto di feltro e stoffa; un paio di cuciture e sarebbe tornato come nuovo.

- Kurt – ringhiò la ragazza – Potresti piantarla di confabulare? In questo appartamento non esistono pareti divisorie; il tuo dannato cicaleccio si sente dappertutto e domani io ho il turno di prima mattina!

- Sc-scusami, Santana – tentò di giustificarsi Kurt – se puoi pazientare altri cinque minuti…

- Non ho intenzione di pazientare nemmeno due secondi – scattò Santana, avanzando verso Kurt – Qualunque cosa tu stia facendo con quel coso – e indicò un Kurt Puppet perfettamente immobile, sempre ancorato alla mano del ragazzo – ti consiglio vivamente di smetterla e…

La ragazza si interruppe quando vide l’immagine di Blaine nel portatile di Kurt; guardò entrambi con l’espressione più sconvolta che i due ragazzi le avessero mai visto in faccia; tenendo soprattutto conto del fatto che sapevano che Santana era una che difficilmente rimaneva sconvolta.

- O mio Dio! O mio Dio! O mio Dio! – iniziò ad urlare Santana (Rachel doveva aver messo i tappi per le orecchie per non essere accorsa subito anche lei) intervallando ogni “O mio Dio!” con una parola o parolaccia ispanica – Cosa state combinando voi due con quel pupazzo?! Anzi no, non dite nulla, non voglio sapere con quali schifosi giochetti sessuali state sexando. Oh, è la cosa più “da malati” che io abbia mai visto e di certe cose sono anche esperta ma questa… oh – sembrava sul punto di vomitare e nessuno aveva il coraggio di azzardarsi a dire nulla – Piantatela subito e fate del cybersesso normale, come tutti. E vergognatevi!

E continuando a borbottare, Santana uscì dalla stanza.

- Ma che problemi ha quella? – chiese Kurt Puppet ancora spaventato da quell’incursione.

- Lo stesso problema del resto dell’umanità: non sa cosa fare della sua vita – rispose Kurt, sfilando la mano dal pupazzo – Adesso, vi prego, facciamola finita una volta per tutte prima che io sia costretto a commettere un “coinquilinacidio” per legittima difesa. Blaine, tira fuori il fidanzato di questo mostriciattolo di feltro…

- Ehi! – scattò Kurt Puppet, offeso.

- Scusa – riprese Kurt – Blaine, tira fuori il fidanzato della mia “versione marionetta”.

Senza farselo ripetere, Blaine si chinò per poi ricomparire sullo schermo del portatile con in braccio una marionetta con le sue sembianze, in feltro giallo (Kurt annotò mentalmente di fare i complimenti al suo ragazzo, non per aver creato dei pupazzi capaci di muoversi e parlare da soli, anzi per quello pensava di ucciderlo, ma per il coraggio che aveva a tenere uno di quei cosi in braccio).

Nel vederlo, Kurt Puppet spalancò la bocca come se stesse sorridendo, si fece più vicino allo schermo, allungando il braccio davanti a sé, e la stessa cosa fece il suo compagno dall’altra parte che quasi ruzzolò giù dalle braccia di Blaine nel tentativo di avvicinarsi. Alla fine, le loro mano si incontrarono attraverso le due parti dello schermo e sui loro visi di stoffa si poteva leggere la gioia più grande che si possa esprimere.

Di comune accordo, capendosi tramite un cenno del capo, i due ragazzi, sentendosi fuori posto, si allontanarono leggermente, lasciando alle due marionette un po’ di privacy. Kurt Puppet e Blaine Puppet parlarono sottovoce per quasi un’ora, dicendosi tutte le parole che non erano riusciti a dirsi prima e visto che erano vivi da soli pochi giorni, la loro chiacchierata durò anche più del necessario ma ogni parola superflua in più era per loro come una boccata di aria per un uomo che sta affogando.

Nonostante l’ora tarda e la stanchezza. Kurt non si riassopì. Tutto continuava a sembrargli così strano, assurdo e surreale. Eppure… eh no, cavolo! Come poteva trovare adorabile l’immagine di quelle versioni in feltro sua e di Blaine! Ok, ecco che la stanchezza e lo stress stavano iniziando a farsi sentire.

Quando le due marionette ebbero terminato il loro dialogo, Kurt Puppet si voltò verso Kurt e gli si avvicinò, saltellando sul letto con l’aiuto della sottile asta; come per un riflesso condizionato Kurt si fece scudo col cuscino ma rimase al suo posto.

- Ci avete fatto ritrovare – disse Kurt, sereno e tranquillo – Adesso riuniteci.

Una piccola parte di Kurt si dispiacque che quell’ultima richiesta, alla fine, fosse così semplice.

 

* * *

 

I giorni che seguirono il fine settimana scelto per la riunione delle due marionette, camuffata da visita di Blaine a Kurt (quindi… normale routine), sembravano non passare mai sia per Kurt che per Kurt Puppet. Per il ragazzo furono dei giorni all’insegna dell’ansia e della tachicardia; non passò un momento senza che non sussultasse ad ogni rumore, lieve o forte che fosse, temendo che fosse il suo alter ego fatto di feltro che aveva avuto la brillante idea di muoversi perché “Non sto nell’imbottitura dalla voglia di rivedere Kurt Puppet” facendosi così scoprire da Rachel e Santana. Aveva tentato di abituarsi a quanto era accaduto ma, sebbene una piccola parte di lui, forse una leggera ombra che veniva dalla sua infanzia, lasciasse trasparire una vena di entusiasmo per quella storia così fantasiosa, continuava a trovare assurdo ogni cosa e covò, per tutto quel tempo, la speranza di svegliarsi una mattina e scoprire che era stato tutto un sogno.

Tanto rimuginò su questo che, finalmente, arrivò il fine settimana… con l’ultima e definitiva conferma che era tutto vero; infatti, fu Kurt Puppet a svegliarlo alle prima luci dell’alba, prima ancora che suonasse la sveglia. Avevano concordato di incontrarsi in un luogo e ad un’ora privi di testimoni, motivo per cui Blaine aveva preso un volo notturno, dicendo di voler fare una sorpresa a Kurt la mattina successiva; mentre Kurt aveva detto alle sue coinquiline che avrebbe fatto jogging nel parco la mattina presto, ignorando i commenti delle ragazze riguardo al fatto che fosse abbastanza strano prendere l’autobus per andare a Central Park per fare ginnastica quando avrebbe potuto semplicemente fare il giro del quartiere di corsa.

- Gradirei fare una corsa tranquilla invece di una corsa motivata da qualche malvivente – fu la risposta del ragazzo.

Quella mattina, quindi, verso le cinque e dieci minuti, Kurt fu svegliato nuovamente dai leggeri pugni di stoffa ( e dall’asta di metallo) di Kurt Pupptet.

Sì, era decisamente reale. E, come in tutte le fiabe, si era quasi giunti alla parola “fine”.

- Dai Kurt, svegliati. È ora – mormorò Kurt Puppet, emozionato.

- Sai, ci sono un paio di cose che tu, fortunato, non conosci: la stanchezza e il sonno – biascicò Kurt, alzandosi dal letto di malavoglia.

- Certo che voi esseri di carne e ossa siete veramente complicati – replicò Kurt Puppet senza che l’acidità di Kurt intaccasse il suo buonumore.

Per il bene del pupazzo, Kurt fece finta di non sentirlo. Si lavò, indossò la sua tuta e prese uno zainetto, nel quale infilò, senza tanti complimenti, Kurt Puppet e uscì. Raggiunse la fermata dell’autobus; tra le tante fortune del vivere in una grande città c’era quella di trovare sempre un mezzo di trasporto pubblico disponibile, e d’altronde, in una città dove si trovava sempre qualcuno che non dormiva… cavolo, perché doveva pensare a certe cose? In quel momento, l’unica cosa che Kurt voleva era il suo amatissimo letto… magari con Blaine dentro, per poterlo abbracciare e baciare prima di addormentarsi. Si era quasi scordato che quella mattina sarebbe stato presente anche Blaine. Quest’ultimo e lui stesso erano solo delle comparse in quella storia, mentre i protagonisti erano quelle due marionette viventi con le loro sembianze. In genere, nelle fiabe le persone in carne ed ossa erano i protagonisti mentre i personaggi immaginari, fate madrine, gnomi, o pupazzi animati in questo caso, erano gli “aiutanti magici del protagonista”, in questo caso, invece, era avvenuto l’esatto contrario: due ragazzi normalissimi che aiutavano due creature che avrebbero fatto la loro bella figura in un libro illustrato per bambini.

Anche nelle fiabe doveva esserci una prima volta per tutto. Forse anche i personaggi secondari e gli oggetti non-inanimati meritavano di avere il loro lieto fine.

Durante il tragitto in autobus, mentre il movimento del mezzo lo faceva assopire, gli sembrò di sentire un rumore provenire dallo zaino, come il battere delle lancette di un orologio. Se fosse stato più sveglio e lucido, Kurt avrebbe pensato subito che si trattasse dell’asta di ferro di Kurt Puppet, ma in quel momento era sospeso tra il sonno e la veglia, in quel momento della giornata in cui la mente umana è mille volte più aperta e sensibile come l’intera struttura dell’universo.

Anche lui ha un cuore che batte” pensò.

Quando l’autobus sostò nelle vicinanze di Central Park, Kurt scese e si avviò nel parco: lui e Blaine si erano dati appuntamento in un punto più centrale, scelto apposta perché poco frequentato verso quell’ora. Adatto per quanto dovevano fare.

Arrivato sul luogo dell’appuntamento, Kurt vide Blaine seduto su una panchina, con il suo piccolo trolley tra le gambe, gli occhi che denotavano una certa stanchezza. Kurt avrebbe tanto voluto lanciarsi verso di lui, di corsa, buttargli le braccia al collo e dargli la carica con una pioggia di baci. Ma a richiamarlo ci fu la voce attutita di Kurt Puppet proveniente dal suo zaino.

- Siamo arrivati? È qui?

- Sì, ci siamo – rispose Kurt, aprendo lo zaino e tirando fuori il pupazzo; evitò di rispondere alla sua seconda domanda, non avendo visto Blaine Puppet.

- Ma dov’è Blaine Puppet? – chiese ancora Kurt Puppet, vedendo Blaine ma non riuscendo a trovare l’oggetto dei suoi pensieri.

Accortosi della loro presenza (impossibile non rendersi conto che ci fosse una macchia di blu in mezzo a quel misto di verde, grigio e marrone) Blaine si alzò dalla panchina e rivolse ai due uno dei suoi sorrisi pieni e sinceri e Kurt, che riusciva a leggere dentro quel sorriso, notò anche in lui lo stesso sollievo che stava provando lui stesso; Blaine si chinò sul suo trolley, lo aprì e ne tirò fuori una sua versione marionetta, una macchia gialla, un sole che illuminò il sorriso sintetico di Kurt Puppet.

Senza dire nulla, i due ragazzi si avvicinarono tenendo in braccio i due pupazzi, anche se sembrava quasi che fossero questi ultimi a guidarli tanto erano tesi nel desiderio di essere di nuovo vicini. Quando non ci fu che un solo respiro a separarli, i due pupazzi si agitarono facendo capire che volevano essere adagiati per terra di modo da potersi venire finalmente incontro in quell’ultimo tratto con le loro sole forze. E quando furono per terra, Kurt Puppet avanzò senza esitazione, mentre Blaine Puppet inciampò su se stesso dopo un solo abbozzo di “passo”.

- Scusami – disse, facendo sentire la sua voce per la prima volta a Kurt che si rese conto di quanto anch’essa fosse simile a quella di Blaine come il suo aspetto – Sto ancora imparando a camminare, ma non sono molto bravo.

- Non preoccuparti – lo consolò Kurt Puppet, coprendo quei pochi centimetri di distanza che ancora li separavano e tendendogli una mano di stoffa, quella priva di asta – Ti aiuterò io.

Blaine si intromise con un educato colpo di tosse.

- Allora – disse – Adesso che vi siete ritrovati, cosa pensate di fare?

- Tranquilli – rispose semplicemente Kurt Puppet, la voce che ancora vibrava di felicità – Non vi disturberemo più, avete già fatto tanto per noi.

- Ma nessun disturbo – disse Blaine – Anzi, se vorrete rimanere con noi sarebbe… - non poté continuare perché una gomitata da parte di Kurt gli bloccò in gola quello che stava per dire.

- Grazie per l’offerta – disse Blaine Puppet, sostenuto dal suo compagno – Ma noi abbiamo già deciso cosa fare.

- Ne abbiamo parlato quando ci siamo visti attraverso quella vostra finestra magica – continuò Kurt Puppet – Pensiamo di viaggiare.

- Cosa volete fare?! – esclamò Kurt, sgranando gli occhi.

- Viaggiare – confermò Kurt Puppet – Questo mondo è così grande e chissà quanto c’è da vedere, specialmente per noi che siamo nati da poco.

- Tanto non dormiamo e non mangiamo – disse Blaine Puppet – e abbiamo tutto il tempo.

- E, soprattutto, abbiamo l’un l’altro – concluse Kurt Puppet, stringendo teneramente a sé l’altro pupazzo.

- Be’ – disse allora Kurt, con un sospiro - È stato un piacere conoscervi… in fondo.

- Scusate, prima che ve ne andiate – disse Blaine – vorrei sapere una cosa: come fate a parlare e a muovervi da soli?

- E voi come fate a parlare e a muovervi da soli? – fu la semplice risposta di Kurt Puppet; e per quanto fosse assurda e inconcludente… era anche vera.

Dopo aver salutato i due ragazzi, sempre sostenendosi a vicenda, Kurt Puppet e Blaine Puppet si incamminarono verso una macchia di alberi.

- State attenti ai cani, mi raccomando – disse loro Kurt, alzando un po’ la voce per farsi sentire.

- E anche agli scienziati – disse loro Blaine – Sono pur sempre delle “marionette magiche” – rispose allo sguardo interrogativo di Kurt.

I due pupazzi si girarono un’ultima volta verso di loro, salutandoli, e con un altro “grazie” sulle loro facce cucite; infine si incamminarono di nuovo finché non scomparvero tra il verde di Central Park, che chissà dove li avrebbe condotti. In quali luoghi. Avevano tutto il tempo e anche tutto il mondo a disposizione.

- Wow – sospirò Blaine – Però, che storia! Vero?

- Da dimenticare – disse Kurt, andando a sedersi sulla panchina.

- Dici? – Blaine lo raggiunse e prese posto accanto a lui – Io pensavo di scriverci un romanzo – continuò ridacchiando.

- Non provarci neanche – lo fulminò Kurt, facendo ridere ancora di più l’altro ragazzo che poi lo fissò con quella intensità che faceva sempre sentire Kurt fragile e indifeso. Quando vide quello sguardo farsi più vicino, chiuse gli occhi in attesa di quel bacio che non tardò ad arrivare.

- Stavamo quasi per scordarlo. Il nostro bacio del buongiorno – disse Blaine, posandogli un altro lieve bacio sulle labbra.

- Quanto si vede che siamo entrambi stanchi.

- Stai suggerendo, in maniera velata, di andare a casa tua e sdraiarci un po’ sul letto?

- Sì… sdraiarci… l’idea non è male – disse Kurt mordendosi il labbro inferiore.

Si alzarono dalla panchina, Blaine afferrò il suo trolley e con l’altra mano strinse quella di Kurt; e si avviarono tranquillamente verso l’uscita più vicina di Central Park.

- Sai qual è la cosa più strana? – disse Kurt, facendo passare un braccio attorno alla vita di Blaine –Più strana persino di quelle due marionette viventi?

- Quale? – chiese Blaine.

- Il fatto che tu spenda un sacco di soldi per passare il fine settimana a New York quasi tre volte al mese.

Nel mattino newyorkese risuonarono le risate di Kurt e Blaine e il suono delle rotelle del trolley.

 

 

 

Fine

 

 

 

*Lizzie Borden (1860 – 1927) Donna americana che nel 1892 uccise il padre e la matrigna a colpi di accetta. Venne processata e assolta per mancanza di prove concrete.

 

Note dell’autore

Eccomi di ritorno. Stavolta sono tornato prima, per i miei standard XD

Avrò anche una vita piena, tra università, lavoro, possibile seconda università, il Teatro, serie tv da vedere e libri da leggere, ma il tempo per scrivere almeno un paragrafo al giorno non mi mancherà mai… purtroppo XD

Avevo questa idea in testa da quanto vidi per la prima volta la 5x07, più precisamente la scena in cui Kurt Puppet, sulla scrivania di Sue, si alza da solo. Molti avranno pensato agli effetti delle perdite di gas nella scuola, altri ad un qualche scenario da film horror, io invece vi ho visto l’ennesima conferma di quanto la Klaine sia destinata in qualunque mondo e forma. E così è nata questa OS, aiutata anche da una full immersion completa nelle fiabe che leggevo da piccolo. Mi sto buttando un po’ più del solito sul genere fantasy, se considero anche l’altra fanfiction semi original che sto portando avanti.

Le idee continuano a bombardarmi ininterrottamente e nessuna vuole essere ridotta ad una sola OS, per cui, adesso, mi ritrovo con tre long fic (la semi orginal, una Klaine/Doctor Who e una Carson/ Lee, quindi SBL/GML) da scrivere e poco tempo. Ma finché c’è vita c’è speranza.

Mando un abbraccio fortissimo a tutte le splendide persone che continuano a seguirmi.

Per il resto vi rimando alla mia pagina facebook: https://www.facebook.com/pages/Lusio-EFP/162610203857483?fref=nf

E visto che negli ultimi giorni è tornato a svegliarsi, c’è anche il mio profilo ask XD http://ask.fm/LusioEFP

A risentirci presto e buone vacanze a tutti :D

 

Lusio

  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: Lusio