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Autore: Mary_la scrivistorie    01/08/2014    4 recensioni
Riflettei, rapidamente. Volevo davvero rovinare la mia esistenza per un amore impossibile? Volevo davvero restare la dea più vergognosa dell'Olimpo, che nessun umano avrebbe mai venerato? Volevo rinunciare a tutto per una causa persa in partenza?
La risposta era no.
Eppure ero così maledettamente, vergognosamente, crudelmente innamorata.
Alzai lo sguardo e cercai quello di mio padre. Lui mi amava, e desiderava per me un destino sereno ed eroico.
Sapevo quale fosse la migliore delle scelte, il difficile era compierla.
- Questa storia partecipa al contest "Un'offerta per gli dei (no, mi dispiace, niente pizza carbonizzata)" di Fantasiiana -
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Atena, Poseidone, Zeus
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La civetta e il cavallo

Nome autore (sia su EFP sia sul Forum): MaryScrivistorie {Forum}, Mary_la scrivistorie {EFP};
Titolo della storia: La civetta e il cavallo.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo;
Rating: Arancione;
Coppia scelta: Atena/Poseidone;
Tema: Piuma;
Note dell'autore: Eccomi, miei fanciulli! Sì, dopo un'assenza troppo prolungata, sono ritornata da voi! Ho in serbo molte sorprese, ma non divaghiamo. 
Questa storia è stata elaborata per il contest Un'offerta per gli dei (no, mi dispiace, niente pizza carbonizzata) indetto da Fantasiiana sul forum di EFP.
La dea che ho scelto è Atena. Spero di non averla resa sgradevolmente OOC, ma comunque il motivo c'è. Dovevo mostrare il suo mutamento netto e crudele. E saggio. 
La mia ispirazione musicale deriva dalla canzone Fly Away From Here degli Aerosmith *____*
Sì, lo so, questa storia è orribile, ma l'importante resta provarci! :)


Il velo sfiorava delicatamente le gambe della mia forma mortale. Era bianco e rosso. Bianco come la neve appena caduta, magia di Chione, e rosso come il sangue, come la passione. 
Alzai il volto, un viso che sembrava molto più umano che divino - anche se troppo bello per quegli standard - e lo fissai.
"Hai intenzione di rivelarglielo?", chiesi, con voce distaccata. 
Dalla sua espressione vacua e perduta, intuivo lo sconforto che lo aveva sopraffatto.
Non potevo tollerarlo. Io, mentalmente, stavo pensando solo a lui. Ma lui era uno dei Tre Pezzi Grossi, dunque aveva molti affari per la testa, e molte più preoccupazioni.
"Atena, non possiamo continuare così. Sei mia nipote. Diverrebbe uno scandalo scoprire il grave peccato che abbiamo commesso, questa disobbedienza. E sai quanto Zeus sia irritabile, se non ci si attiene alle sue regole.", rispose, esitante, con il respiro corto e affrettato.
"Mi sembra giusto.", sibilai, avvicinando le labbra alle sue.
Era così sbagliato, era così giusto
Quando lo baciai, compresi finalmente quale fosse il mio fato. Io non ero tra le mani delle Parche o di qualunque altra divinità, io stessa ero una dea, non ancora specializzata, e potevo scegliere.
. Avevo un dono. Se avessi deciso Poseidone, avrei decretato la rottura della Pace dei Tre Pezzi Grossi, scatenando una guerra apocalittica.
Sarei stata odiata, al pari di Elena di Troia. Finalmente, la capivo. Quello struggente amore mi stava tormentando, fisicamente ed emotivamente.
Tra gli altri fattori contrari alla mia unione con mio zio, c'era quella Anfitrite. 
Non la tolleravo, mi stava rubando tutto.
Beh, in realtà Poseidone era più suo che mio. Scrollai il pensiero.
"Sposami", suggerii, con spavalderia.
"Sai che non è possibile", mormorò, triste.
"Allora cos'è che vuoi da me? Solo baci, carezze e sesso? Non sono una sgualdrina, purtroppo. Addio.", e scattai in piedi, implacabile. La mia schiena nuda si coprì immediatamente di brividi, perciò raccolsi il velo e l'avvolsi rapidamente intorno al mio corpo.
Mi mancherai. Resta.
La telepatia, creata tra di noi grazie all'empatia, non riuscì a persuadermi. Scomparii con un fruscio leggiadro.

***
"Padre! Smettetela, vi prego!", singhiozzai, in lacrime. 
L'aquila, che era prontamente balzata sul manto dello stallone bianco, fremette e scintillò, riprendendo la sua forma umana.
"Tu, infima ragazzina ingenua e illusa, cosa credevi di fare? Ricorda che non mi servono i fulmini per sconfiggere quest'alga floscia e malaticcia. E che tu devi schierarti con la tua guida, tuo padre. Fai parte della mia Casa, e se non desideri l'Esilio faresti meglio a tenere conto.", sibilò, sottolineando ogni parola con un pugno ben assestato.
Fremetti dal dolore. Cosa diceva Mnemosyne, quando mi cullava da piccola e d'improvviso piangevo? Shh, bambina mia, le lacrime sono un'arma suicida.
Era così maledettamente vero. Mio padre, il mio castigatore. Dolore, sia fisico che morale.
"Se volete qualcuno da incolpare per tutto ciò, perché non parlate con la vostra adorabile e devota figlia Afrodite?", sputai, insieme a un fiotto di sangue.
Lui mi afferrò e mi tempestò di altri cazzotti, mentre io, inerme, lo fissavo.
"Non nominarla, non ne sei degna! Tu non sei una vera dea!", sibilò.
"Sì che lo sono, e posso dimostrarlo."
Mi dimenai e dal mio palmo uscì una saetta che lo colpì in pieno petto, con un'intensità tale da stenderlo.
Con le labbra sanguinanti, boccheggiò : "Rimani sempre mia figlia, una ragazza della tempesta, per ora. Finché non conquisterai un potere tuo, riceverai in dono i miei."
"Non voglio niente di vostro.", borbottai. 
"E io non voglio questo legame di sangue con voi due. Siete la vergogna dell'Olimpo. Il nuovo tabù. Neanche Afrodite sa come spezzare il vostro legame empatico. Fratello, tu mi odi, ammettilo! Hai preso la verginità della mia figlia prediletta, come hai potuto anche solo pensarla? Lei non potrebbe mai essere tua, è troppo per te.", sbuffò Zeus. L'ira era svanita, sostituita dal compatimento e dal rancore. 
Era uno dei molti difetti della natura divina. La volubilità, le emozioni amplificate e ingestibili.
"Zeus, lei è già mia. E lo sarebbe ancor di più se io non fossi sposato. Comunque concordo, non la meriterei neanche fra duemila anni."
Chinai lo sguardo, avvampando. A breve avrei scoperto il mio potere, e non volevo rimanere un'adolescente insicura e indecisa.
Riflettei, rapidamente. Volevo davvero rovinare la mia esistenza per un amore impossibile? Volevo davvero restare la dea più vergognosa dell'Olimpo, che nessun umano avrebbe mai venerato? Volevo davvero rinunciare a tutto per una causa persa in partenza?
La risposta era no.
Eppure ero così maledettamente, vergognosamente, crudelmente innamorata. 
Alzai lo sguardo e cercai quello di mio padre. Lui mi amava, e desiderava per me un destino sereno ed eroico. 
Sapevo quale fosse la migliore delle scelte, il difficile era compierla.
"Conosco il mio potere, la mia vocazione, la mia area di protezione.", dichiarai, "e per servire fedelmente il mio signore ripudierò l'amore e gli spasimanti. Compio il sacro Voto e accetto la saggezza e l'astuzia, l'arte del combattimento."
Si percepì un'esplosione, che soffocava dei gridi di protesta: No, noooo!
Intanto dentro di me una trasformazione ebbe inizio. Una trasformazione irreversibile ma necessaria.

***

Se ci rifletto adesso, non mi pento della mia scelta. In questi millenni, sono rimasta sempre più affascinata dal dono dell'intelligenza. Non rimpiango affatto il mio Voto.
Scivolo sul mio trono e osservo la Terra. Da giovane, essere una dea non era stato un lavoro a tempo pieno, ma dal Momento lo era diventato, eccome. 
La mia mente è in continuo fermento, ed elaborazione. Avere il dono del cervello più efficace del mondo mi entusiasma, ma non me ne vanto. C'è chi, come mio padre, preferisce i poteri fisici, come le saette. Chi ha un minimo di buonsenso riconosce la superiorità del mio.
Dal Momento, il mio carattere è cambiato parecchio. Non sono più stupida e passionale, ma decisamente glaciale e algida.
Sorrido tra me e me, soddisfatta. Ho tutto ciò che ho sempre desiderato. Tutto. Tranne una cosa.
Cerco di non pensare a quella notte con lui, a quanto fossi felice e completa, persino più di adesso.
Cerco di non guardarlo in faccia quando entra in sala e mi porge la mano.
"Atena, ti devo mostrare una cosa.", mi dice, con distacco. In tutte queste ere, mi ha sempre odiato per il torto che gli ho fatto. E adesso tenta di reprimere le sue emozioni non ancora placate.
"Non vado nel tuo regno senza una degna protezione.", valuto, squadrandolo. 
"Comprendo.", mormora porgendomi il suo tridente. "Come sempre, facciamo a modo tuo."
Sussulto, e faccio appena in tempo a mantenere la mia maschera di compostezza.
"Perfetto.", sorrido, glaciale.
Mi prende la mano e fingo che il suo tocco non mi causi quel brivido elettrizzato lungo la spina dorsale.
Scompariamo in un turbinio azzurro e di ritroviamo schiacciati contro la sabbia di una spiaggia.
Mi alzo rapidamente, sistemando il mio elmo che si è trasformato in un berretto mimetico.
Significa che ci troviamo in un luogo mortale.
L'ho già riconosciuto. Santa Barbara. La spiaggia del nostro primo bacio, e dalla passione che ne è derivata.
"Questo è tutto ciò che dovevi comunicarmi?", osservo, con il sopracciglio inarcato.
"Sì.", mormora lui, con aria di sfida. "Volevo vedere se ricordi."
Lacero la mia impeccabile rigidità e scoppio in una risatina crudele: "Non mi serve ricordare, non mi serve a nulla."
Poseidone mi fissa, insondabile: "Già, dimentico spesso che Atena, la ragazza che ho amato e protetto, adesso è un iceberg."
Lo correggo: "Non proprio, un iceberg è costituito da acqua. Io non ho proprio niente a che fare con il tuo elemento."
Non parliamo mai del nostro amore passato, quando siamo in compagnia. Questa è la prima volta, in duemila anni. 
E, per la prima volta in duemila anni, ho paura. Non dovrei ascoltarlo, non dovrei rammentare la mia inaccettabile debolezza. 
"Già, Atena, dovresti essere l'intelligentona dell'Olimpo e neanche ricordi che oggi è il nostro duemilesimo anniversario!", mi rimbrotta lui, ma il suo tono è dolce. E smarrito.
Mi accorgo che anch'io sono smarrita, e terrorizzata. La dea della saggezza da duemila anni a questa parte, che non sa come comportarsi. Ironia della sorte. 
"Forse lo ricordo, ma non è mio desiderio.", mormoro, deglutendo, e non fissandolo.
Mi afferra il viso tra le mani e ci sondiamo.
"Ti odio", sbuffo, quando i suoi occhi verde mare inchiodano i miei.
Sorride: "Ci ho fatto l'abitudine."
Sto pensando in fretta. Credo che mi bacerà, ma non lo fa. Volta lo sguardo verso l'orizzonte e così faccio io.
Quando dall'acqua emerge un bellissimo cavallo che nitrisce e trotta qua e là, trattengo un sospiro in gola.
È allora che capisco. Per noi non è possibile, ma per loro sì. Possiamo assaporare la gioia di vederli insieme.
Sfioro la piuma nella mi tasca e quindi chiamo a me la mia fedele Ainigma, compagna di avventura, e la faccio volare accanto all'animale di Poseidone.
La civetta e il cavallo stanno compiendo quella che sembra una danza d'addio, destinata a dividerli per sempre.
Come un riflesso involontario, appoggio la testa sulla spalla di lui. 
Lui se ne accorge, ma non parla. Per fortuna.
Credo che ritornerei alla mia solita rigidità, se dicesse qualche altra cosa.
Infatti, dopo poco, ritorno alla mia fermezza, e mi sento nuova. Più pulita, più saggia.
Lo guardo e dentro di me so che non ci sarà più un altro momento del genere. Gli porgo la piuma della mia amata civetta, intimandogli: "Conservala. Rammenta me e loro."
Cerco di godermi il suo sguardo verde mare che, per una volta, non è astioso, mentre la civetta e il cavallo continuano il loro rito di saluto.






   
 
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