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Autore: Akiko chan    09/01/2005    4 recensioni
Un lancinante, acuto, crudele dolore, che l’aveva toccata nel profondo. Un dolore che sarebbe rimasto in lei come una traccia indelebile e che l’avrebbe accompagnata per il resto della sua vita. Un dolore totale che non avrebbe mai più dimenticato.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Taro Misaki/Tom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao e BUON 2005 A TUTTI! Avrei voluto regalarvi gli ultimi capitoli di “Tracce Indelebili” per Natale ma non ce l’ho fatta…Purtroppo mi si sono sormontati una serie di imprevisti che hanno assorbito tutto il tempo a mia disposizione. Mi sono dovuta ammalare per trovare un po’ di pace e poter scrivere il penultimo capitolo. Eh sì! Siamo quasi alla fine! Lo sapete che mi state seguendo da quasi un anno? Ancora non riesco a credere che la mia ff vi piaccia tanto … Siete fantastiche e non finirò mai di ringraziarvi.

 

CAPITOLO XXV.

 

Andree sprimacciò a lungo il cuscino prima di risistemarselo dietro la schiena nella vana speranza di trovare una posizione più comoda che le desse un po’ di pace. I diciassette punti che le avevano dato al fianco sinistro, le provocavano ancora un fastidiosissimo dolore pulsante, per nulla attenuato dal blando analgesico che Noam si era premurato di somministrarle regolarmente ogni quattro ore.

 

L’amico le aveva spiegato che il disagio sarebbe perdurato al massimo un’altra settimana, dopo di ché l’unico ricordo tangibile di quell’orribile esperienza, sarebbe stata una lieve cicatrice a malapena percepibile. Ovviamente, lo stress psicologico ci avrebbe messo molto più tempo a venir metabolizzato, Noam l’aveva adeguatamente messa in guardia sulla concreta possibilità della comparsa di spiacevoli incubi ricorrenti che probabilmente l’avrebbero portata a soffrire d’insonnia, sintomi peculiari di quello che i medici definivano in gergo “stress postraumatico”.

 

Ma per il momento la donna non era affatto preoccupata dei risvolti che quell’inspiegabile attentato avrebbero avuto sulla sua psiche. La sua mente era un caos totale e difficilmente qualcosa avrebbe potuto scombussolarla ancora di più.

 

Si riappoggiò mollemente contro i cuscini, facendo scivolare con lentezza le sue iridi di ghiaccio da uno all’altro dei due uomini ai piedi del letto che da più di mezz’ora la stavano annoiando con una serie di domande alle quali lei rispondeva svogliatamente. In realtà, la sua esperienza di avvocato le rivelava che quell’insistenza era più che giustificata, per niente superflua, ma questa consapevolezza non le rendeva certo la situazione più piacevole.

 

Andree non riusciva a dedicare energie mentali a null’altro se non a … Tom Becker.

 

Voleva parlargli, doveva dirgli che l’amava, che le dispiaceva che avesse passato dei guai per causa sua, che Josh sapeva, che lei lo aveva rifiutato perché si portava dentro un assurdo trauma che non riusciva a superare, che …

 

Domande e risposte. Da lui. Solo da lui.

 

Squadrò con impazienza la porta chiusa da cui qualche minuto prima era uscito Josh assieme al capitano Hutton ed ad una giovane infermiera. Il bambino era affamato e così la madre lo aveva convinto ad andare al bar a mangiare un panino, ma era riuscita a persuaderlo solo dopo molte insistenze e la solenne promessa di non rimettersi a dormire. Aveva pazientemente spiegato al figlio che non rischiava più di entrare in coma e che non doveva stare in ansia ogni volta che lei chiudeva gli occhi, ma Josh per ora, non sembrava propenso a correre rischi e le aveva proibito categoricamente di addormentarsi.

 

D’altronde mantenere quella promessa non le costava alcuna fatica, non sarebbe riuscita a prender sonno neanche volendo. L’immagine del bruno centrocampista le balenò davanti agli occhi facendola sospirare mentre le sue mani pallide scorrevano nervosamente su e giù sulla ruvida coperta del letto.

 

-Pedro- disse rivolgendosi familiarmente al comandante della pattuglia in servizio a Tokyo incaricato del suo caso – Sei sicuro di aver trattato Tom con il dovuto riguardo?- chiese scettica fissando l’uomo in divisa scura accanto a Noam.

 

Conosceva Pedro Navarra da tre anni, ovvero da quando Noam glielo aveva presentato durante una tranquilla cena a casa sua. Andree era l’unica persona a conoscenza del reale motivo per cui il medico avesse maturato l’idea di abbandonare l’America, dove aveva da poco intrapreso una fulgida carriera tutta in salita, per andarsi ad occupare di un anonimo reparto di chirurgia d’urgenza nel Paese del Sol Levante. Noam aveva avuto la forza ed il coraggio di fare quella scelta che metteva in crisi la maggior parte del genere umano, anteponendo, senza sterili rimpianti, la sua personale felicità alle soddisfazioni della carriera.

 

Andree reclinò impercettibilmente il capo all’indietro, soppesandoli entrambi con gli occhi socchiusi. A primo acchito erano due persone agli antipodi, almeno da un punto di vista squisitamente fisico. Noam era biondo, con occhi chiarissimi e la perenne abbronzatura tipica del californiano, che lo faceva assomigliare più a un aitante surfista che ad un medico di fama internazionale; Pedro invece era uno spagnolo purosangue, tratti spiccatamente mediterranei, carnagione olivastra, occhi scuri e vellutati, una cortissima zazzera di capelli nerissimi. Ma le differenze si fermavano lì. Entrambi erano solari, atletici, spigliati, intelligenti capaci di autoironia e, particolare che non la smetteva mai di divertirla, erano corteggiatissimi dalle donne, che sembravano perdere ogni amor proprio di fronte al bel medico o al tenebroso poliziotto. Ma la fedeltà ed il rispetto reciproco erano capi saldi ben assodati del loro duraturo rapporto.

 

Non appena era uscita dal coma e Noam le aveva dato la scioccante notizia che Tom era in carcere accusato di tentato omicidio, era quasi impazzita all’idea dell’uomo che amava rinchiuso in una cella male illuminata, sovraffollata e circondato da delinquenti della peggior risma. Aveva trovato un po’ di pace solo quando l’amico le aveva confidato che era proprio il suo compagno, Pedro Navarra, il responsabile del caso e che in via privata aveva provveduto ad assicurarsi che Tom fosse trattato con tutti i riguardi possibili. Aveva così assicurato al calciatore un trattamento speciale rispetto a quello concesso normalmente agli accusati di omicidio, evitandogli snervanti e sgradevoli interrogatori, l’esame di imbarazzanti intercettazioni ambientali e altri mezzi più o meno invadenti usati per mettere alle strette gli accusati e costringerli a confessare.

 

In ogni caso, l’ingerenza era stata accettata di buon grado dal comandante Navarra che sin da principio si era convinto dell’innocenza del calciatore anche se, il suo ruolo istituzionale, lo aveva obbligato a trattenerlo sotto custodia sino al risveglio di Andree o, alla peggio, all’udienza preliminare.

 

-Il tuo boy se l’è persino spassata in cella - le rispose il poliziotto facendole un occhiolino complice – Aveva persino la televisione privata  … ed eravamo lì per mettergli anche la ballerina di lap dance …-

 

-Spiritoso…- bofonchiò Andree con un smorfia eloquente –Ma come ti è venuto in mente di arrestare Tom?!!?- aggiunse ritornando repentinamente aggressiva e per niente disposta a farsi distrarre dall’affabilità de poliziotto.

 

-E che dovevo fare?- si difese l’uomo facendo spallucce -Era lì accanto a te, inzuppato di sangue, che dalle analisi è ovviamente risultato essere il tuo, e dovevi tirargli fuori le parole con le tenaglie…- spiegò con calma –Non ho potuto neppure concedergli gli arresti domiciliari e se tu non lo avessi scagionato, la prossima settimana sarebbe apparso davanti al giudice-

 

Andree lo trapassò con una fredda occhiata carica di impotente frustrazione -Ma non c’erano prove contro di lui- affermò ostinatamente.

 

-Effettive no, ma circostanziali sì. Ha dichiarato di essere il padre di tuo figlio, affermazione confermata dagli esami medici, eppure la situazione familiare non risultava chiara, il bambino non è mai stato riconosciuto, e da indiscrezioni mi risulta che il vostro rapporto non sia proprio limpido …-

 

-E ora?- lo interruppe bruscamente la donna che non aveva alcuna intenzione di mettere in piazza il suo complicato rapporto con Tom - Quando lo rilasciate?-

 

-E’ già libero. Non appena hai aperto gli occhi e lo hai scagionato, Noam mi ha chiamato e io ho provveduto a scarcerarlo …-   

 

La donna gettò un’ennesima occhiata alla porta -Allora perché non è qui?- chiese inquieta

 

-Cara, lasciagli il tempo di riprendersi…in fondo si è fatto cinque giorni di galera…- intervenne prontamente Noam.

 

-Ma mi avete detto che lo avete trattato bene….-

 

-Ed eccola che ricomincia- brontolò il comandante Navarra sollevando in alto le mani in un gesto di resa totale – Non abbiamo spostato un capello al tuo calciatore-

 

-Non è mio- sbuffò Andree scimmiottando il tono allusivo del poliziotto, ma il vivo rossore che si profuse sulle sue guance ancora pallide, la tradì, palesando ai due amici il suo reale turbamento.

 

I due uomini si scambiarono un’occhiata complice e ridacchiarono divertiti indicandola con il dito.

 

-Uff! siete insopportabili!- protestò Andree sollevando le coperte e ficcandoci sotto la testa –Vi odio. Andatevene via e mandatemi il … mio calciatore- brontolò da sotto le coperte sforzandosi di non ridere.

 

Un discreto bussare la fece riemergere velocemente dal suo nascondiglio, togliendole in un colpo solo il piacevole colorito che le aveva ravvivato la pallida carne del volto.

 

-Avanti- disse Noam dopo qualche secondo, notando, con stupore, che l’amica sembrava aver perso l’uso della parola.

 

Il visitatore aprì la porta adagio ed infilò dentro la testa –Ciao- salutò una bassa e calda voce maschile non appena scorse la paziente seduta sul letto.

 

Andree non si stupì della sensazione di vuoto allo stomaco che la colse e si passò velocemente una mano tra i capelli, nel vano tentativo di risistemarsi dietro le orecchie le lunghe ciocche che erano sfuggite alla treccia in cui l’infermiera glieli aveva raccolti.

 

Mentre il suo cuore continuava la sua folle corsa diretto chissà dove, la donna si rimproverò mentalmente pensando all’aspetto orribile che doveva  avere e soprattutto al fatto che invece di perder tempo a fare la lagna con Pedro e Noam, avrebbe almeno potuto darsi una sistemata!

 

Ma lo sguardo adorante con cui Tom continuava a fissarla e soprattutto il dolcissimo sorriso che gli curvò leggermente le labbra, cancellò in un baleno ogni sua remora, facendole dimenticare qualsiasi inutile cruccio. Lo osservò silenziosa mentre lui richiudeva la porta alle sue spalle, esaminandone con avidità ogni particolare. Un sospiro le sfuggì involontariamente notando le profonde occhiaie scure che alteravano la bellezza di quel volto altrimenti bellissimo, e le si strinse il cuore in petto nel rilevare i segni tangibili della sofferenza patita dal calciatore a causa sua.

 

Tom rilevò con la coda dell’occhio la presenza dei due uomini nella stanza -Dottor Lee …Comandante Navarra…- salutò rigido mentre ogni traccia di sorriso scompariva dal suo volto, divenuto all’improvviso una maschera tesa e ostile.

 

-Becker! Finalmente sei giunto- proruppe con tono gaio il comandante Navarra fingendo di non aver notato il brusco cambiamento avvenuto nel calciatore -Andree non la smetteva più di martoriarmi con “e quando arriva” “ e come lo hai trattato”… “perché non è qui”…-

 

-Pedro!- lo riprese la donna fulminandolo con un’occhiataccia.

 

-Non è vero cara?- chiese in poliziotto sfoderando una ridicola espressione da angioletto a cui Andree replicò con una poco signorile linguaccia.

 

Tom assistette immobile a quello scherzoso scambio di battute, chiedendosi come mai quel lato gioviale dell’inflessibile avvocato non fosse mai emerso con lui. Volse lo sguardo altrove, vergognandosi della fitta di gelosia che lo colse violenta, facendogli fare mille fantasiose illazioni sul motivo di tanta familiarità tra Andree e quell’odioso individuo.

 

-La mia assenza non era certo imputabile alla mia volontà- puntualizzò acido dopo qualche istante, recuperando in fretta il controllo di se stesso ed avanzando verso il letto di Andree, deciso a mettere bene in chiaro che quello ora era “territorio di sua proprietà”.

 

Ne aveva passate davvero troppe a causa di quella donna e ora non era disposto a vedere la propria felicità minacciata dal primo sconosciuto di passaggio.

 

-Mi dispiace non ho potuto fare altrimenti…- replicò Navarra osservando con un guizzo divertito negli occhi scuri le mosse di Tom -Le circostanze erano tutte a suo sfavore e purtroppo sino a che Andree non l’ha scagionata, io avevo mani e piedi legati – terminò intercettando lo sguardo astioso del calciatore per qualche istante -Anche se speravo che Andree ci fornisse informazioni utili sulla possibile colpevole- proseguì il poliziotto fingendo noncuranza e sfogliando distrattamente la cartella clinica della donna appesa ai piedi del letto- Invece brancoliamo nel buio ….-

 

-Sulla? È una donna?!?- chiese Tom perplesso continuando a fissare con circospezione le manovre del poliziotto.

 

Andree annuì attirando su di sé l’attenzione di Tom. I loro sguardi si fusero assieme e per un breve, ma indimenticabile istante, le loro anime sembrarono sfiorarsi.

 

Frugò rapita in quelle iridi nocciola che si riempivano di indefinibile calore non appena si posavano su di lei. Come aveva potuto anche solo pensare di poter gettare al vento tutto quello? Come era stata sciocca al solo pensare di poter vivere anche un solo giorno senza di lui!

 

Pedro ruppe a malincuore quel quadretto romantico, richiamato al dovere dalla sua inflessibile etica professionale che gli intimava di proseguire nelle indagini quanto prima – Sì, una donna che si è presentata nel ufficio di Andree qualche giorno fa, esattamente la sera della partita contro la Russia. L’avvocato dice che la signora si è presentata col nome di Norris, ma dalle nostre indagini risulta essere un nome falso…-

 

-E perché voleva ucciderti?- chiese Tom incapace di distogliere lo sguardo da lei e rifiutandosi ostinatamente di rivolgere la parola al comandante.

 

La donna scosse il capo guardandolo confusa -Non lo so proprio, ma … -

 

Un sonoro bussare interruppe a metà la frase di Andree. Un uomo tarchiato con la divisa da poliziotto, fece velocemente capolino – Comandante Navarra ci sono novità!- esordì il nuovo arrivato salutando i presenti con un distratto cenno della mano.

 

-Dalla tua agitazione immagino importanti novità, Manuel- rispose il comandante che non gradiva certe forzate irruzioni in una camera d’ospedale. Sapeva che Noam concedeva delle libertà in nome del loro legame, ma non voleva approfittare dell’indulgenza del medico e rischiare di sollevare delle inutili e fastidiose lamentele.

 

-Eccome. Abbiamo una foto di una certa signora Norma Norris che ha alloggiato da sabato scorso sino alla notte dell’attentato in un albergo di seconda categoria nella zona orientale della città - disse fiero il poliziotto sventolando in aria la riproduzione – E’ abbastanza chiara ma l’abbiamo egualmente ingrandita, così l’avvocato Takigawa può dirci se la riconosce…- concluse passandola pomposamente al suo superiore.

 

Pedro esaminò attento la giovane donna dai capelli rossi, imbacuccata in un cappotto scuro che la copriva quasi sino ai piedi. Il volto era stato ripreso di tre quarti, mentre la giovane sembrava in attesa davanti all’entrata di un mediocre albergo di sua conoscenza. Probabilmente la foto era stata scattata da una delle telecamere del servizio di sicurezza del parcheggio antistante.

 

-Tieni Andree vedi se ti dice qualcosa- disse affiancandosi alla donna e porgendole la foto.

 

Andree fissò l’immagine per un paio di secondi -Mio dio! E’ LEI!-  esclamò incredula.

 

Il comandante Navarra si protese verso di lei sfiorandole la spalla con il braccio, ignaro delle sguardo assassino del calciatore fisso su di lui – Sei sicura?-

 

-Certamente. Ritengo di avere un’ottima memoria per i volti – confermò lei senza la minima incertezza.

 

Il comandante riprese in mano la foto –Bene, ora non ci resta che scoprire chi è veramente questa donna e perché diavolo ce l’ha con te…- commentò raddrizzandosi e lanciando uno sguardo eloquente al suo subalterno che scattò sull’attenti.

 

Tom sbirciò l’immagine mentre questa passava dalle mani di Navarra a quelle dell’altro poliziotto, desiderava solo che quegli scocciatori se ne andassero in fretta e li lasciassero finalmente soli, ma la curiosità di vedere che aspetto avesse la pazza che aveva osato fare del male alla sua donna, fu più forte di lui.

 

In una frazione di secondo, le sue pupille scure si dilatarono per lo stupore -Ma io la conosco!- affermò strappando quasi la foto dalle mani del poliziotto che lo fissò allibito cercando subito dopo con lo sguardo il suo comandante che con un impercettibile cenno del capo gli intimò di stare fermo.

 

-Sì …questa é…. – balbettò stringendo forte l’immagine tra le mani, incapace di credere ai propri occhi.

 

Sa il nome di quella donna?- lo incalzò Navarra con una chiara nota d’impazienza nella voce.

 

-Sì…ma non posso credere che sia stata lei a sparare…-

 

-Becker non mi importa un fico secco di ciò che lei crede. Il nome. Voglio il nome della donna che ha sparato all’avvocato Takigawa!- disse Pedro con tono autoritario scuotendo il calciatore dallo stato di stupore in cui sembrava piombato.

 

-Amily …. Amily Aoba- rispose Tom tutto d’un fiato -E’ la ex manager della Mambo, la squadra in cui ha debuttato Julian Ross…sono stati anche fidanzati per un periodo…-

 

-Uh …. interessante- commentò il poliziotto accarezzandosi pensosamente il mento –Forse abbiamo trovato il movente di quello che sembrava il gesto insensato di un folle…Che legame c’è tra Andree e questa Amily? – rifletté ad alta voce NavarraAndree hai avuto una relazione con Julian Ross?- chiese a bruciapelo ignorando lo sguardo smarrito della donna.

 

-No…cioè non esattamente…- balbettò imbarazzata stropicciando senza sosta il lenzuolo tra le dita pallide -Julian mi ha corteggiata per un periodo ma non vi è stato nulla …ora siamo amici…- aggiunse in fretta notando con disappunto di essere arrossita vistosamente. Era ovvio che la convalescenza l’aveva scossa più di quanto lei potesse immaginare, rendendola incapace di rispondere con dignità a delle banali domande di fronte alle quali, in circostanzi normali, non avrebbe fatto una piega.

 

-Ma forse questa Amily non è del tuo stesso parere-

 

-Non so che dire… io …-

 

-Ora basta- intervenne prontamente Noam che in qualità di medico sapeva esattamente quanto labile fisse l’equilibrio di Andree in quel momento – Credo che la mia paziente sia stata disturbata a sufficienza… signori se volete uscire per favore, l’interrogatorio lo continuerete un’altra volta…-

 

-Certo dottore ci scusi- replicò il comandante mentre nella sua mente andava chiarendosi in tutte le sue sfumature quel caso di tentato omicidio - Ora sappiamo chi cercare…- rifletté ad alta voce -A presto Andree … e … Becker per favore non mi giudichi così male, io ho solo fatto ciò che la mia posizione mi imponeva, ma le assicuro che non ho mai sospettato seriamente di lei-

 

-Solo un pazzo poteva pensare che avessi sparato io- dichiarò Tom porgendogli la foto che ancora teneva in mano – Comunque comprendo che non ha potuto fare altrimenti…- ammise rilassandosi un poco.

 

Attesero che i poliziotti e il medico uscissero finalmente dalla stanza prima di guardarsi ancora negli occhi.

 

– Mi spiace per quello che ti è successo, deve essere stato terribile- iniziò Andree con una certa titubanza.

 

-Stare lontano da te e Josh, saperti in pericolo di vita- replicò Tom sedendosi sul bordo del letto –La paura di non vederti più ... solo questo definisco terribile-

 

-Tom…- mormorò abbassando lo sguardo smarrita. Il cuore le batteva all’impazzata e non era certa di riuscire a reggere tanta emozione –Io ti devo dire una cosa molto importante…io…ti ho mentito quando ti ho detto che non ti amo e che ho cercato di far funzionare la nostra storia solo per il bene di Josh -disse tutto d’un fiato  

 

-Lo so-

 

-Come lo sai?- mormorò guardandolo smarrita.

 

-Ci ho riflettuto a lungo- rispose fiero - In Russia stavo impazzendo, le tue parole continuavano a girarmi in testa e più ci riflettevo, più mi sembravano assurde, tutto il tuo comportamento mi risultava incomprensibile- aggiunse lanciandole un’occhiata di bonario rimprovero -Ma per fortuna accano a me ci sono degli amici sinceri che mi hanno aiutato a fare chiarezza: tu hai un blocco…un trauma…non so quale sia la definizione giusta…comunque non vuoi che io ti tocchi-

 

Andree arrossì sino alla radice dei capelli ma si sforzò di non farci caso -è più forte di me…io voglio, ma ogni volta che la situazione sta diventando…intima…io provo lo stesso dolore che ho provato la prima volta…anzi mille volte più forte….perché la paura mi fa irrigidire sempre di più … sino allo spasmo- il tono di lei era basso e incerto, del tutto privo della sua innata sicurezza.

 

Tom la scrutò  con gli occhi scuri annebbiati dal senso di colpa -Mi spiace io non potevo immaginare che tu fossi vergine….-

 

-Lo so, infatti tu non hai colpe…solo che…- Andree trasse un profondo respiro per farsi forza e poi di impulso afferrò le mani del centrocampista stringendole forte tra le sue -Tom …io … mentre ero in coma mi è successa una strana cosa-

 

Tom ricambiò la stretta fissandola silenzioso in paziente attesa che lei proseguisse.

 

- … ho viaggiato nel tempo, sono ritornata in … Francia. Ho rivisto la mia partenza per il college, ho ripercorso la mia storia con Pierre-

 

-Pierre!??!-

 

-Pierre Le Blanc è il nome del ragazzo che mi ha tradito e che mi ha gettata nella disperazione in cui tu mi hai trovata quella sera…-

 

-Pierre le Blanc! Incredibile…-

 

-Lo conosci?-

 

-Ci ho giocato assieme. Poco dopo averti incontrata ho fatto il provino per entrare nella squadra di Pierre e per otto mesi siamo stati compagni di squadra…-

 

-Così hai conosciuto anche Napoleon…-

 

-Sì certo … ma è lui il ragazzo con cui l’hai trovato?-

 

Lei annuì.

 

-Sospettavo che tra quei due ci fosse qualcosa ma non avrei mai creduto che Pierre fosse omosessuale, era sempre circondato da uno stuolo di ammiratrici e mi avevano detto che si era a poco lasciato con una ragazza american….eri tu!-

 

-Già…-

 

-Ma non sei più tornata al collage-

 

-No, sono partita il giorno successivo al nostro…incontro. Dopo un paio di mesi ho cominciato a stare male, nausea, vomito, stanchezza…insomma ero incinta ma questa parte della storia già la conosci. Invece, mentre ero qui, in questo letto, la mia mente è ritornata nella casa di Pierre al momento in cui l’ho sorpreso, ho rivisto tutto però…ho cambiato il finale ho immaginato come avrebbe potuto essere stata la mia vita se invece di fuggire sotto shock avessi affrontato quella situazione…-

 

-Migliore?-

 

-Solo … diversa. Ma non avrei incontrato te…non avrei avuto Josh-

 

-Ma lo abbiamo concepito nell’incoscienza…e tu sei rimasta traumatizzata-

 

-Ciò non cambia nulla. Mio figlio è il dono più bello che la vita mi ha offerto sino a…che non ti ho rincontrato-

 

-Ma come puoi parlar così…io ti faccio paura-

 

-Non tu  ma il…sesso-

 

-Il sesso con me-

 

-Il sesso in generale-

 

Lei era arrossita e Tom le si avvicinò un poco cercando con lo sguardo il contatto con quegli splendidi occhi grigi -Vuoi dire che da allora non hai avuto nessun’altra relazione?-

 

Andree annuì un’altra volta, incapace di sostenere lo sguardo stupito del calciatore, quella era senza dubbio l’ammissione più imbarazzante che le fosse capitato di fare –Mi sono gettata a capofitto nel lavoro e in pochissimo tempo sono diventata la “macchina infernale”, così mi chiamano in tribunale….dicono che sono fredda come il ghiaccio…-

 

-Amore tu non sei affatto fredda…cioè a volte sì…- rettificò ricordando certe gelide occhiate che lo avevano quasi fatto impazzire -Ma non nel privato, sei la mamma più dolce e tenera che io conosca e …sei anche una donna bellissima che può dare molto-

 

-E io lo voglio dare tutto a te amore mio. Ti amo Tom Becker, ho vagato a lungo tra i fantasmi della mia psiche, ho rivissuto ogni attimo del nostro primo incontro, ho riprovato ogni dolore e sofferto la stessa glaciale umiliazione…eppure da tutto questo sono uscita con una sola certezza: l’amore che provo per te è più forte delle mie paure, dei miei traumi, dei segni che hai lasciato in me… quello che è stato, per quanto sbagliato, mi ha dato Josh e te…e io non ringrazierò mai a sufficienza il cielo per questi due doni meravigliosi-

 

-Tesoro farò tutto quello che posso per aiutarti a superare le tue paure, sarò paziente e comprensivo…vedrai…-

 

-Ti amo-

 

-Sposami-

 

-Sì-

 

-Cosa hai detto?-

 

-Sì ti sposo- ripeté calma.

 

-Ma…-

 

-Che c’è? Speravi che dicessi di no?- lo rimbeccò punta sul vivo -Non hai capito che ti amo e che voglio passare il resto della mia vita con te e renderti felice?-

 

-Oh … è che … niente è mai stato facile con te…credevo che anche questa volta trovassi delle scuse e …-

 

-Mamma sono tornato- esordì Josh entrando senza bussare. Il bambino rimase immobile a fissare la madre tra le braccia di Tom –Oh…- esclamò mentre Holly appariva dietro del piccolo poggiandogli una mano sulla spalla e sospingendolo dolcemente avanti.

 

-Vieni qui Josh, io e la mamma abbiamo delle novità importanti per te- asserì Tom alzandosi in piedi e fissando il figlio con affetto.

 

-Lo so già, tu sei il mio papà- esclamò sicuro sfoderando un’espressione da “non sono mica fesso, con chi credete di avere a che fare!”.

 

Tom sbiancò voltandosi di scatto verso Andree.

 

-L’ha capito da solo- si difese la donna – Josh non devi avercela con Tom per la partita…-

 

-Infatti non ce l’ho più con lui- affermò il bimbo gratificando il padre con un luminoso sorriso -Il capitano mi ha spiegato che sei stato squalificato dal Mister perché volevi tornare dalla mamma perché sapevi che era in pericolo…ma non hai fatto in tempo ad arrivare…comunque la mamma è viva e per fortuna hai chiamato i dottori, anche se non mi è piaciuto essere chiuso a chiave in camera … ma Holly dice che lo hai fatto perché non volevi che vedessi il sangue della mamma … e hai fatto bene perché avrei pianto tanto … ancora di più di quello che ho fatto…-

 

-Oh amore, vieni qui!- esclamò la donna con la voce incrinata per la commozione -Dimentica tutta questa brutta storia- disse stringendo forte al petto il figlio che le si era catapultato tra le braccia -La tua mamma sta bene e presto Tom sarà il tuo papà a tutti gli effetti- mormorò tra i capelli di Josh respirando a fondo l’odore familiare di suo figlio e cercando con lo sguardo, oltre la testa del bambino, colui che da quel momento in poi aveva scelto come compagno della sua vita.

 

  
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