Ambientato da qualche parte tra la saga di Enies
Lobby e il combattimento di Ace contro Barbanera.
Ovvi spoiler per chi segue solo l’anime.
Waves
Written by Mao chan
Rating: arancione
*
1
Correnti
Faceva caldo.
Un caldo afoso, quasi non si respirava.
In coperta o sotto coperta era la stessa cosa.
I mandarini stavano marcendo troppo in fretta.
Chopper, coperto dalla pelliccia, passava le
giornate rotolandosi sul ponte, contando le ore che lo separavano dal tramonto
del sole.
Persino Zoro sudava di più, e non si parla soltanto
di allenamenti.
Era ormai una settimana che erano entrati in un
tratto tropicale della Rotta Maggiore, e la situazione non faceva che
peggiorare.
Nami, accasciata sul parapetto del ponte, guardava
svogliata il pelo dell’acqua sotto di sé, aspettando [invocando…] una minima
incrinatura dell’acqua o un lievissimo alito di vento.
Nulla.
« Nami,
dolcezza, ti preparo qualcosa da mangiare? »
La ragazza voltò distrattamente il capo verso il
cuoco.
« Se
persino il nostro capitano non mangia come il solito, non vedo come potrei
farlo io. »
« Hai
ragione, tesoro. » disse
lui, con voce mielosa.
La navigatrice dubitava seriamente che avesse davvero recepito le sue parole.
Sanji si accese una sigaretta
Come diavolo faceva a fumare??
e si appoggiò accanto a lei.
« Spero
proprio che Robin (la dolce, dolcissima Robin! <3) avvisti presto un’isola.
Vorrei poter fare rifornimento di cibo fresco, stiamo terminando tutta la
frutta e la verdura. Nemmeno le scorte di acqua sono troppo abbondanti. »
« Già, l’ho
notato. »
Usop si era rintanato sottocoperta, cercando un
modo di amplificare i poteri del bastone di Nami, in modo da far soffiare un
po’ di vento, o al più, di far cadere qualche goccia.
Zoro passava la maggior parte del tempo a dormire,
Robin a leggere i suoi amati libri e Franky a saltellare *leggiadro* sotto
coperta.
Dal canto suo, la noia di Rufy era palese.
Si rotolava sul ponte insieme a Chopper, si
addormentava tra i mandarini e irritava i compagni con domande asfissianti come
“Dov’è la prossima isola?”, “Quanto manca?”, “Perché fa così caldo?”, “Ma non
ci sono nemici pronti a battersi?” e tutta una serie di varianti sul genere.
In quel momento era seduto sulla polena della
Thousand Sunny, e teneva gli occhi desiderosi fissi sul mare.
«
Saaaanjiiii! » chiamò
poi, con voce lamentosa.
Il biondo chinò la testa, esasperato.
« Ci
risiamo. Cosa vuoi, Rufy? »
« Ho
faaameeee… »
« Non
sarà pronto fino a che non lo dirò io, chiaro? »
…
…
«
Saaaanjiiii… »
« Che
diavolo vuoi adesso?! »
« Posso
fare un bagno in mare? L’acqua sembra fresca. »
« Non
sai nuotare, idiota. E noi stiamo navigando. »
« Potrei
fissarmi alla polena con una cima. »
Il cuoco sospirò.
« Non mi
sembra un’idea particolarmente brillante. Stiamo navigando, te l’ho già detto.
E poi non abbiamo acqua dolce da sprecare per levarti di dosso la salsedine,
quindi dovresti leccartela via da
solo. »
Nami venne improvvisamente percorsa da un brivido.
Si portò di scatto una mano alla fronte sudata,
persa nel disappunto.
Rufy s’imbronciò.
«
Uffaaa, ho capito. » e si
voltò di nuovo verso l’orizzonte.
Il biondo spense la sigaretta e si stiracchiò.
« Che
ore sono? »
La ragazza non lo sentì.
Stringeva la balaustra con una mano, e con l’altra
si copriva la bocca, gli occhi spalancati fissi sul mare.
« Nami,
tesoro, va tutto bene? Sta per avvenire qualche catastrofico cambiamento
climatico? »
«
C-come? »
La navigatrice venne riscossa dai suoi pensieri, e
mise velocemente a fuoco la situazione.
« Oh,
no, va tutto bene, certo. Scusa, avevo la testa da un’altra parte. »
Una fastidiosa fitta allo stomaco le ricordò
ostinatamente dove.
«
Sicura? »
«
Ovviamente sì! »
rispose, irritata.
« Beh,
meglio così. Che ore… »
« Le sei. »
«
Accidenti, il sole è ancora alto. Sarà meglio che controlli cos’è rimasto in
cambusa. »
Sanji si allontanò, e la ragazza si lasciò andare
ad un sospiro, tornando ad osservare il mare.
Che stupida era! Non le mancava nulla, ora.
Era felice di essere un pirata, felice di essere la
navigatrice di Cappello di Paglia e di avvicinarsi sempre più alla sua meta.
Si trovava bene con tutti i membri della ciurma, e
per la prima volta nella sua vita poteva dire di essere felice.
Certo, le mancava Nojiko, ma sapeva che prima o poi
l’avrebbe rivista.
No, non era quello il problema.
Anzi, infondo di problemi non ce n’erano.
Lei era felice.
Ma…
[ Ma ]
« Cos’è
che mi manca? »
sussurrò al mare.
« Ehi,
Nami, perché così pensierosa? »
La rossa sobbalzò, voltandosi.
Davanti a lei, l’ampio sorriso elastico del
capitano.
« Rufy,
mi hai spaventata! »
« Scusa,
scusa. » disse
lui allegro. « A cosa
pensi? »
Il tono [scemo] non faceva presagire un reale
interessamento, ma Nami aveva imparato a non sottovalutarlo in nessuna
occasione.
« Non
sono affari tuoi quello che una ragazza di diciannove anni pensa! » sbraitò.
Poi, appena pronunciata la frase, si rese
finalmente conto di quale fosse il problema.
Anche Rufy sembrava confuso. Non che non si
aspettasse una reazione del genere, ma perché non aveva mai sentito una frase
simile a bordo della sua nave.
Cioè, mai una frase riferita alla femminilità di Nami o Robin (se si
escludono gli sproloqui amorosi di Sanji), né tanto meno all’età di un
qualsiasi membro dell’equipaggio.
Anzi, ora che ci pensava, non era nemmeno tanto
sicuro di conoscere tutte le età dei suoi compagni.
Nami si morse il labbro, ansiosa.
« Sei
sicura di star bene? »
E due.
« Certo
che sto bene! »
replicò, stizzita.
Senza degnarlo di uno sguardo, marciò dritta nella
sua cabina.
La cena si svolse come al solito.
Mangiarono all’aperto, sul ponte.
Usop, Rufy, Franky e Chopper chiacchieravano
allegramente, talvolta coinvolgendo anche Zoro, ma solo per qualche veloce
scambio di idee che lasciava qualcuno stordito al suolo.
Gli occhi di Sanji cadevano spesso nelle scollature
di Nami e Robin, la quale, come al solito, non parlava molto.
Nemmeno Nami parlava molto a dir la verità, ma
questo era meno normale.
Si era resa conto che qualcosa, in lei, stava
cambiando. Qualcosa d’importante, che aveva cominciato a pulsarle dentro, farla
tremare e rabbrividire.
« Credo
che andrò a dormire. »
annunciò, alzandosi dal tavolo. « Grazie per la cena, Sanji. »
« Te ne
vai così presto? » chiese
il cuoco, dispiaciuto. « Non
sono neanche le dieci. »
« Sono
molto stanca ultimamente, scusatemi. »
Quella notte, nel buio della sua cabina, la ragazza
fece qualcosa che non faceva da molto tempo.
Sapeva cosa voleva. Conosceva da sempre il
problema.
A Cocoyashi, quando ancora lavorava per gli Uomini
Pesce, aveva giaciuto con Arlong diverse volte prima di salpare alla ricerca di
denaro.
Non l’aveva costretta
o cose del genere, ma l’aveva ricattata.
Un abitante morto per ogni rifiuto.
Nami soffocò le lacrime mentre raggiungeva un
piacere dal retrogusto amaro.
Ne aveva parlato solo con Nojiko, e lei l’aveva
pregata di scappare lontano, di dimenticarli.
Quando era sotto la tirannia di Arlong, i momenti
da condividere serenamente con la sorella si erano gradualmente ridotti, fino
quasi a scomparire. Ma nelle rare volte in cui ancora parlavano come se fossero
solo due ragazzine adolescenti – lo
erano, in realtà -, lei le aveva
spiegato che il sesso non era sempre sgradevole o morboso. Esisteva anche il
“fare l’amore”.
Si potevano anche provare dei sentimenti.
Nami aveva riso la prima volta che gliel’aveva
detto. Perché come potevano esistere persone che si amavano, come diceva Nojiko, in un mondo come quello?
Ma poi si era sorpresa a fantasticare su quelle
cose sempre più spesso, fino a desiderarle ardentemente.
Non
puoi Nami!, urlava una voce, nella sua testa. Non c’è amore per te, in questo mondo.
Nessun piacere. I sentimenti sono per i deboli. Tu sei una ladra. Una
navigatrice. Un pirata.
La mattina dopo, Robin avvistò un’isola.
Era una terra tropicale, piccola, ma abitata.
Sembrava avere un porto molto attivo.
Attraccarono tranquillamente, dopo aver smontato la
bandiera pirata dall’albero maestro.
Normalmente non lo facevano, ma in quel momento
erano davvero a corto di provviste, e non avevano alcuna voglia di problemi
inutili.
Ovviamente questo ragionamento fu iniziato e
concluso senza l’intervento del capitano.
« Resto
io sulla nave. »
dichiarò Zoro, tutto preso dai suoi allenamenti.
« Allora
affido la Sunny a te. Mi raccomando. » gli gridò Franky, già sul molo.
« Okay. » disse Nami attirando
l’attenzione dei compagni. « Siete liberi di scorrazzare per l’isola come e dove vi pare. Passeremo
la notte qui, domani il clima dovrebbe rinfrescarsi un po’ e potremo riprendere
il mare. Ci troviamo davanti alla nave alle due in punto. »
Chopper si rese disponibile per dare il cambio a
Zoro prima che cominciasse a fare buio, e la ciurma si separò.
La giornata trascorse senza troppi pensieri per
tutti.
Robin si ritirò in biblioteca, Chopper si rifornì
di materiale medico, Sanji di cibo, Franky di carburante e Usop di un mucchio
di materiale stravaganti che dovevano servire a costruire nuovi dial.
Rufy passò la giornata a mangiare.
Alle nove di sera, si era perso e aveva ancora
fame.
Schizzava allegro in ogni angolo del villaggio, più
di una volta senza pagare, dato che la sua razione di denaro l’aveva ormai
esaurita da tempo.
Mentre attraversava una delle vie principali del
porto, il suono di una musica movimentata lo raggiunse.
Incuriosito, la seguì, finché non si trovò davanti
un locale grande e illuminato, da cui oltre alla musica, provenivano risa
sguaiate e urla inconfondibilmente piratesche.
Accanto alla porta, stavano alcune donne mooolto
poco vestite, e intorno a loro ronzavano alcuni uomini di bassa leva.
Sembravano falene attirate da un lampione.
Ovviamente, non fu questo ad attirare Rufy
all’interno, bensì il grande cartello con scritto “cibo” che pendeva malconcio
alla destra dell’uscio (non si rese neanche conto delle altre scritte,
rispettivamente “alcool”, “gioco” e “donne”).
Dentro, il locale puzzava infatti di alcool stantio
e formaggio ammuffito.
Qua e là erano buttati tavolini rotondi di legno
marcio, e sul palco ballavano un paio di donne quasi completamente svestite.
Ciononostante, era zeppo di gente.
Rufy, che non aveva adocchiato nulla di
particolarmente appetitoso, fece per andarsene, ma qualcosa lo trattenne.
Qualcosa che gli pareva aver visto di sfuggita.
Si girò di scatto verso il bancone.
Nami era lì, attorniata da quattro uomini dall’aria
viscida. Teneva in mano un bicchiere colmo di liquido trasparente, le sue gote
erano innaturalmente arrossate, e rideva.
Ma c’era qualcosa si sbagliato nella sua risata, di
isterico.
All’improvviso, uno degli uomini le sussurrò
qualcosa all’orecchio, alitandole sul collo, e lei ridacchiò, reclinando
sensualmente il capo da un lato.
Rufy sentì lo stomaco accartocciarsi, e la cosa lo turbò.
Non capiva la situazione, né il suo improvviso
malessere.
Solo una cosa gli era chiara.
Non gli piaceva per niente.
Si avvicinò a grandi falcate, giusto in tempo per
sentire le parole di uno di quegli uomini.
« Sta
diventando troppo affollato, bambola. Che ne dici di cercarci un posticino più
tranquillo? »
Lei sorrise, lo sguardo annebbiato dall’alcool, e
si alzò, compiacente.
Stava per seguirli, quando una mano le afferrò il
polso.
« Nami,
dove stai andando? »
Si voltò, confusa.
Rufy la guardava, la sua espressione era un misto
di severità (rara, troppo rara in uno come lui) e turbamento.
Chiaramente-non-capiva.
« Ehi,
bambola, chi è questo, il tuo fidanzato? »
« Cosa
vuoi da lei? Non vedi che ha trovato compagnia migliore? »
Il capitano li ignorò completamente, tenendo lo
sguardo fisso in quello della navigatrice.
« Cosa
vuoi, Rufy? »
ringhiò lei.
« Questi
tipi non mi piacciono. »
dichiarò il ragazzo, semplicemente.
« Beh,
la cosa non mi tocca. »
« Non mi
va che tu vada con loro. »
« Non ti va? »
Il tono di Nami si era fatto minaccioso.
« Non
hai alcun diritto di piegarmi alla tua volontà, capitano. Non adesso! »
« Ma… »
« So
badare a me stessa e non mi interessa quello che pensi! » gridò, montata dall’alcool e
dalla rabbia.
Strattonò la mano bloccata, e Rufy la lasciò
andare, troppo stupito per reagire.
« È così che si parla, dolcezza! »
Un commento non troppo diverso da quelli di Sanji.
Eppure Rufy rabbrividì nel sentirlo.
La differenza doveva essere per forza sostanziale e
schifosa.
Guardò Nami allontanarsi con loro, inebetito.
Guardò la mano di uno avvolgersi alla vita di lei,
come un tentacolo, infilandole le dita sotto la maglietta.
Un’altra fitta allo stomaco lo raggiunse.
Sentiva che aveva sbagliato a lasciarla andare.
Ma non capiva perché.
Continua.
Note à
dunque, perché ho deciso di tuffarmi in questa long-fic, nonostante abbia già
in cantiere “Proibite Love [Red! Red! Red!]” e “Black Heart”, resta un mistero.
Non potevo defluire questo sfizio nella sooolita,
amata one-shot? Eh, nooo, signori miei, la piccola Mao chan deve complicarsi la
vita. ù_u
Sarà che, beh, ora che è ricominciata la messa in
onda di One Piece, ho scoperto che di questo manga proprio non posso farne a
meno.
Ecco a voi, quindi, il mio nuovo sclero.
Devo ammettere che mi ha preso parecchio.
Attualmente sto scrivendo il terzo capitolo.
Questo, in quanto sentimenti era un po’ scarno, ma
è il giusto preludio a ciò che verrà.
Una cosa però voglio chiedervi: se la fic vi piace
(o anche se vi fa schifo), vi pregherei di lasciare un commentino, piccolo,
piccolo.
Altrimenti, rischierei di perdere la motivazione e
lasciare tutto lì, e non voglio che succeda.
Bacio a tutti, al prossimo capitolo [per le
anticipazioni, passare sul mio profilo]!^^