Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Segui la storia  |       
Autore: DarBk Angel    04/08/2014    2 recensioni
QUESTA FF E' IL SEGUITO DELLA OS "Whatever Happens believe..."
***
Gli occhi verdi baluginavano di una luce rossa ,assetata di sangue, una sete che doveva estinguere prima che diventasse incontenibile. La Vendetta.
***
. “Ma vaffanculo” ringhiò, pigiando con una certa forza il pulsante d’accensione: almeno la sua televisione l’avevano lasciata intatta. Girò un po’ di canali svogliatamente, finchè non trovò il TG notte: vedere i problemi degli altri le avrebbe fatto dimenticare i suoi almeno per quella serata. Sbagliato.
***
Bill si coprì la testa col cuscino: quattro fottuti mesi aveva girato quasi metà Europa e sembrava che Tom avesse ragione: l’amore non esisteva.
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
         DREAMS AND NIGHTMARE
 
 Buon giorno gente! Questo è il seguito della one shot “Whatever Happens believe…” vorrei ringraziare per le loro recensioni viebeke_is_falling, Tom Kaulitz ,Alexiel_Slicer e AlienMoon… e tutti i lettori fantasmi che ci sono stati ^.^ grazie di cuore! Recensite i molti <3
    Cap 1:    HELL AND BLOOD:

“E con questo muori ,bastardo!” disse la ragazza stringendo i denti, estraendo con un colpo secco il coltello dal petto del suo stesso proprietario. Gli occhi verdi baluginavano di una luce rossa ,assetata di sangue, una sete che doveva estinguere prima che diventasse incontenibile. La Vendetta.

Si avvicinò al suo aggressore, ora vittima, che ancora si muoveva agonizzante sputando grumi di sangue scuro, si chinò sulle ginocchia e, sussurrando queste parole maligne, ghignò:” Ti ho fatto solo un favore ,figlio di puttana. Così eviterai di macchiarti con altri sporchi peccati. Salutami Satana e a mai più.”                                                                                                                                                                Detto questo, gettò con uno spintone la carcassa dal molo, che venne trascinata lentamente dalle onde nere, lontano, in mare aperto. La ragazza spostò una ciocca di capelli castani dal viso e sorrise: non l’avrebbero mi trovato. Con grande calma, lavò il coltello ( del suo aggressore ) e le mani sozze di sangue nell’acqua salata e poi, sempre con tranquillità, salì a bordo della sua auto, per riprendere il lungo viaggio che l’avrebbe riportata a casa.
Di quell’omicidio solo la luna e le stelle sarebbero state sue complici.
***
“Sono tornata ragazzi!” La sorella maggiore nascose il coltello nel giubbotto nero: non dovevano sapere. “Ehi, Ellie, Rafael, Peter ci siete?” Mikol sentì sopra la sua testa il soffitto vibrare ‘ma che cazzo stanno facendo quei tre?!’, così si riprestò a gridare: “ RAGAZZI ,SONO TORNATA A CASA!” Silenzio improvviso.
Mikol tese le orecchie: non un movimento, non un respiro, nulla di nulla… Il rumore di qualcosa che s’infrange la fece sussultare. Quel rumore , fu seguito da tanti altri piccoli SCRASH , come tante boccettine che si sfracellavano sul pavimento. Un grido arrabbiato, risatine maschili, un guaìto.

 ‘Sono definitivamente fottuta’ si schiaffò una mano in faccia e scuotendo la testa sconsolata, andò in cucina, dove tutto era già perfettamente apparecchiato. Mikol sorrise dolcemente: sua sorella Ellie aveva addirittura cucinato le lasagne, si stavano già riscaldando nel forno ed emanavano un profumino delizioso. Sentì al piano di sopra ancora qualcosa rompersi seguito dalle grida isteriche di Ellie. A quel punto sbuffò e si decise.                                                                                                                                                       Odiava ricorrere  a quella soluzione, ma era l’unica. Si avvicinò all’armadietto accanto alla credenza e vi estrasse una ciotolina in ceramica, nella quale si trovavano cioccolatini, qualche moneta, due forcine (chissà come c’erano finite lì?), e quello che lei stava cercando. Ridacchiò. Lo prese in mano, portò alla bocca quel piccolo oggettino di metallo, inspirò e vi soffiò dentro con tutto il fiato che aveva in corpo. Un altissimo, acutissimo e lunghissimo fischio spaccatimpani attraversò le pareti facendo saltare in aria i tre scalmanati ( quattro se si contava il cane Ship), che si fiondarono come razzi giù dalle scale, schiamazzando e facendo rumore come una mandria di bufali.

Potrebbe essere inutile dire che Rafael s’inciampò –come al solito-travolgendo il povero Ship giù dalle scale e andando a sbattere contro la porta d’ingresso. Ellie ,che portava in braccio Peter, scoppiò a ridere e iniziò a prendere in giro la fretta del fratello, che lo accompagnava sempre e ovunque. Peter ,da parte sua, faceva le pernacchie sul braccino, spargendo saliva a destra e a manca.
Mikol trattenne l’impulso di ridere e piangere contemporaneamente: erano veramente buffi e imbranati, compresa la piccola palla di pelo che cercava di afferrarsi la coda nera e morbidosa. Fecero il loro ingresso in cucina cercando di passare tutti insieme dalla porta contemporaneamente: vinse Ellie, che essendo la più grande , riuscì ad aprirsi un varco. Quella sera ,portava il capelli castano chiaro legati in un elegante chignon sopra la testa, mentre i suoi formidabili occhi celesti, erano contornati da una matita verde acqua;  aveva sedici anni, era bellissima ,ma troppo modesta per ammetterlo e quella sera, anche indossando una semplice tuta da ginnastica grigia e sformata, brillava di luce propria.
 Sbattendo le ciglia contrita e storcendo un poco la bocca, cercò di dare alcune spiegazioni:” Ti giuro che non sono stata io. Ho tentato di fare qualcosa, ma…” “Non è vero sei una bugiarda!” Mikol, mentre cercava di capire il pieno senso delle parole di Ellie, venne travolta da una figura, alta per i suoi dodici anni, che agitava la testa scuotendo i ricci neri e strizzando gli occhi grigi-azzurri, come era Rafael solito fare se sotto pressione, che cercava di dare la SUA  versione dei fatti.
“E’ stato Peter. Lo sai, ha solo cinque anni, adora i colori e pensava fossero tempere e così…” “ No è velo!” il piccolo Peter cercò di darsi un contegno ‘dall’alto’ del suo metro e dieci centimetri. Si grattò la testolina biondiccia e cercò di fare gli occhioni dolci a Mikol, che stava dicendosi mentalmente di contare fino a dieci, prima di reagire a quella situazione assurda. Che cavolo avevano combinato?! Peter la guardò  ancora più intensamente con gli occhioni blu mare e col labbruccio tremulo disse:” E’ tato Ship! E’ uno tupido cane , lo dice sempe anche Ellie!” dal canto suo Ellie gli tappò la bocca e guardò Mikol che la stava squadrando stancamente a braccia incrociate, così si scusò:” Mi è scappato, non volevo!”

Mikol sospirò e si massaggiò le tempie: da quanto dovevano vivere così?  Ah, già: da quando un pazzo aveva ucciso loro padre Jonas, e quando si era scoperto che non era un pazzo, ma un uomo malavitoso che se l’era presa con i loro genitori per controversie passate, era stato troppo tardi, perché aveva già trovato e fatto a pezzi anche loro madre. Per l’esattezza erano cinque mesi che vivevano così, grazie all’aiuto dei vicini, dei parenti, del sostegno economico dell’eredità dei loro genitori e del piccolo lavoro che Mikol era riuscita a trovare, anche Ellie svolgeva qualche piccolo lavoretto, come babysitter per esempio, ma era una cosa saltuaria.
 Quella sera però Mikol aveva fatto giustizia: aveva finalmente trovato l’uomo in un bar, il quale l’aveva riconosciuta. In un primo momento voleva approfittare di lei per poi ucciderla, ma le cose si erano svolte diversamente. Mikol non voleva ucciderlo, non all’inizio, lei voleva che finisse in galera, ma quando quello le aveva puntato contro il pugnale, le era montata la rabbia e non ci aveva più visto.                                                     Fatto sta che a diciotto anni doveva badare ai suoi tre fratelli. Più quello stupido randagio.                                                                                                                                                                                          “Vi prego, potreste spiegarmi cosa diavolo è successo?” Cercò di essere più calma possibile, ma l’ansia ora la stava assalendo: Non era stato un incubo? …No…? Era veramente un’assassina…? “Merda” Si morse il labbro a sangue, ma fortunatamente erano tutti troppo occupati a darsi addosso per accorgersene.
‘ Che diavolo ho fatto? E’ omicidio? O può essere ritenuta legittima difesa?...’ dopotutto ,lui prima aveva cercato di stuprarla, quando non c’era riuscito, aveva tentato di pugnalarla e quando si era trovato senza coltello (merito delle conoscenze sulle arti marziali di Mikol) aveva cercato di buttarla in mare. A quel punto lei lo aveva colpito col pugnale che l’uomo aveva usato per minacciarla e per compiere un eventuale delitto.
Mikol non abitava vicino al mare, ma aveva avuto una giornata libera dal lavoro e si era messa sulle tracce –di nuovo- dell’assassino dei suoi genitori ; quelle tracce l’avevano portata fuori dalla sua ‘amata’ Lombardia e l’avevano portata nella vicina Liguria. E poi era successo tutto. ‘si. E’ stata senza dubbio legittima difesa.’ Ma questa debole speranza che si faceva ora spazio nel cuore spento di Mikol, non bastava per calmarla. Scosse i capelli mossi castani per soffocare quei pensieri troppo pesanti da affrontare: ci avrebbe pensato poi, in un secondo momento. Ora doveva prendersi cura dei fratelli, che avevano già sofferto abbastanza; un ulteriore peso non doveva ricadere anche sulle loro spalle, sopratutto perché la colpa era solo e solamente sua.
Si alzò dal tavolo sul quale si era appoggiata fino a quel momento e schiarendosi la voce, esclamò autoritaria:” Uno alla volta. Voglio sapere cosa caz…cavolo è successo in questa casa.”  Si era bloccata in tempo: avevano deciso per il bene di Peter che in sua presenza avrebbero ridotto al minimo l’utilizzo di termini e parole …ehm…rozze e volgari.

Partì in quarta a parlare, Ellie :” E’ successo un casino, ste due pesti sono entrate in camera tua come un tornado e hanno devastato tutto: Non hai più un abatjour tanto per cominciare, poi i tuoi smalti sono andati a putta…insomma hai capito, e hanno anche stracciato dei fogli sulla tua scrivania, ma non ho idea di cosa fossero…hanno fatto cadere una tenda dalla porta finestra, ma per fortuna li ho bloccati prima che uscissero sul terrazzo.
Solo che per calmarli li ho dovuti portare nella tua cabina armadio, gli ho fatto provare qualche tuo vestito per farli ridere e …ehm…ora sono sparsi per la camera … Mikol, hai presente le decolté nere col tacco dieci? Ecco…sono diventate una col tacco tre e l’altra col tacco cinque…potresti togliere due centimetri alla seconda, così avresti due scarpe uguali…devo continuare?” la sua faccia preoccupata scrutò la sorellona, che sembrava essere entrata in uno stato di coma, con gli occhi sbarrati e la bocca semiaperta.

“Eh?! Co-cosa…?” bastarono queste parole di Mikol che tutti , compreso il cane Ship che non era stupido, fuggirono come razzi al piano superiore, per scampare all’esplosione imminente :”COSA DIAVOLO VI E’ SALTATO IN MENTE, RAZZA DI NANEROTTOLI SCRITERIATI?! CHI VI HA DATO IL PERMESSO DI ENTRARE IN CAMERA MIA?!”  Mikol, ancora nella cucina gialla canarino, piena di rabbia aveva sbattuto per terra una sedia  e ora si dirigeva a passo di carica, ringhiando, su per le scale: direzione camere da letto. Pestò forte gli anfibi: questa gliel’avrebbero pagata cara. Una vocina uscì da dietro la porta vicino al bagno: “Perdonaci ti prego,  non lo faremo più” Si erano nascosti tutti nella grande camera azzurra di Ellie:” “Te lo promettiamo Mikol! Non metteremo più piede lì dentro senza il tuo permesso!”
Mikol tentò di aprire la porta facendo forza sulla maniglia, ma sbuffò: l’avevano chiusa a chiave quei furboni:” Vi perdono per sta volta, ma ora uscite” Si preparò a saltare addosso al primo che sarebbe uscito. La chiave nella serratura scattò e la porta si aprì cigolando lentamente: un coso batuffoloso nero uscì da lì, guardando la ragazza castana negli occhi, uggiolando tristemente.  Avevano giocato la carta del cane bastonato. Merda.  “Su Ship non fare così” si chinò, dimentica del suo programma iniziale e cominciò a fare i grattini dietro la te morbide orecchiette del piccolo bastardino: se solo i cani potessero fare le fusa, Ship per quei grattini, le avrebbe fatte, tanto lo rilassavano. Bastò relativamente poco ( dieci minuti di orologio) per chetare completamente l’animo della ragazza dagli occhi verdi: quel piccolo cagnolino era un vero amore.

Solo quando nella casa riecheggiarono le risate di Mikol , i fratelli si azzardarono ad abbandonare il loro rifugio, unendosi con lei a giocare con Ship. Si stavano divertendo un mondo, finchè Peter se ne uscì con:” Ho fame donna doe è la pappa?” così Ellie si precipitò in cucina al piano sottostante, seguita a ruota da Rafael che inseguiva il cane e Mikol che teneva la manina paffuta del biondino.
Si sedettero attorno al tavolo, potendo finalmente gustare le fantastiche lasagne della cuoca di casa Ellie, che si meritò come premio una fetta in più di torta al cioccolato (sempre cucinata da lei). Anche Mikol aveva provato a cucinare per un certo periodo di tempo, ma dopo aver rovesciato la pasta per terra, aver bruciato le crespelle e aver quasi ucciso per avvelenamento i fratelli con una bistecca di dubbie origini, aveva rinunciato, lasciando i fornelli alla sorella minore, che se la cavava molto ma molto meglio di lei.                                                                                                       
  I fratelli ogni qualvolta potevano, prendevano in giro la sorella maggiore soprattutto su quest’ultimo punto e lei rispondeva sempre molto piccata , con un’evidente nota di fastidio mescolata ad imbarazzo nella voce. Sapeva di essere una schiappa in cucina, ma era un pochino permalosa quando glielo si faceva notare, soprattutto quando era evidente che intenzione era quella di prenderla in giro.
Finita la cena era mezzanotte. Ormai non avevano quasi più orari la sera, l’importante era non far oltrepassare le dieci e mezza ai due fratelli più piccoli: un coprifuoco dovevano pur averlo. Quella sera il coprifuoco era stato deliberatamente andato a farsi fottere, ma Mikol non se ne preoccupava: una volta ogni tanto andare a letto tardi non li avrebbe di certo stremati.                                                                            
 Ellie e Mikol sparecchiarono, posando tutti i piatti nel lavello, portarono a letto il piccolo Peter, che per poco durante la cena non finiva con la faccia nel piatto, cacciarono in camera a spintoni il ribelle Rafael che si ostinava a non voler andare a dormire( gli bastò poggiare la testa sul cuscino che già russava) e infine anche Ellie si ritirò nella sua stanza augurando la buona notte alla sorella, che tornava in cucina a lavare i piatti.
Riempì il lavandino d’acqua fino a metà, vi verso dentro un po’ di detersivo e cominciò a formare le bolle con la schiuma: adorava le bolle e adorava anche giocare con l’acqua, tanto che non vi rinunciava nemmeno quando le toccava il turno la sera: ogni occasione era buona per divertirsi un po’, anche se spesso si sentiva una bambina. Una volta lavati tutti i piatti e le pentole, Mikol poté ritirarsi finalmente nella sua stanza in fondo al corridoio. Camera dolce camera.

 Appena si chiuse la porta alle spalle e si voltò pronta ad affrontare il “mostro” che Ellie le aveva cortesemente descritto, fu costretta a bloccare con una mano il grido che le stava per scappare. Il suo pensiero fu una cosa del tipo: ‘sparatemi su un piede e farà meno male ’ e non aveva tutti i torti: davanti a se giacevano una dozzina di jeans ,magliette, scarpe varie tutte sparse alla rinfusa fino a coprire e a formare uno strato sul pavimento. Il letto appoggiato alla parete destra era sfatto, con evidenti impronte di scarpe sulla sua superfice: quei due demonietti ci avevano saltato sopra senza nemmeno levarsi le scarpe sporche ! Mikol era quasi indignata, quando lo sguardò le cadde con raccapriccio in fondo al letto, sul pavimento, dove risaltavano tante macchie colorate, con tanti pezzi di vetro e pennellini sparsi lì attorno.
Gemette prendendosi la faccia tra le mani: i suoi poveri smalti erano in frantumi rallegrando la cameretta viola e nera con tante piccole pozze gialle, arancioni, rosa, verdi, rosse e tanti altri colori. Almeno non avevano toccato i suoi smalti neri…ah no, eccoli lì, mezzi vuoti rovesciati su un vestitino rosso fuoco nuovo…ora da buttare. Le stava salendo il nervoso, così decise di non guardare più, ma fu costretta a passare accanto alla scrivania e lì vide i suoi amati libri “riutilizzati” come proiettili da cerbottane, mentre il muro era stato colorato con pastelli a cera. Una tenda lilla era stata strappata e sbrindellata dalla portafinestra che dava sul terrazzo: quest’ultima opera era senza dubbio di Ship, che ora se la dormiva beato ai piedi del letto di Rafael.
 ‘ Basta, sono pezzi pulirò domani mattina’ si trascinò sul letto completamente vestita e truccata, calciò via gli anfibi, allungò una mano per accendere la luce dell’abatjour, quando si ricordò con disappunto che lei un abatjour, non l’aveva più. Ma in compenso, mentre afferrava il telecomando della sua televisione al plasma, si punse le dita coi resti della sua amata lampadina. “Ma vaffanculo” ringhiò, pigiando con una certa forza il pulsante d’accensione: almeno la sua televisione l’avevano lasciata intatta. Girò un po’ di canali svogliatamente, finchè non trovò il TG notte: vedere i problemi degli altri le avrebbe fatto dimenticare i suoi almeno per quella serata. Sbagliato.

Omicidio, suicidio, truffa, Omicidio…da far venire i brividi a chiunque, soprattutto a chi non aveva la coscienza pulita…come lei. “Perché proprio a me?” Mikol, strinse forte attorno a se il piumone per proteggersi dai pensieri, ricordi ed emozioni che ora rischiavano di travolgerla. Quando si ritrovò il viso bagnato di lacrime, sussultò e si schiaffeggiò mentalmente e fisicamente: si era ripromessa che non avrebbe più pianto perché erano già passati cinque mesi, cinque cazzo di mesi e lei doveva accudire i propri fratelli come se niente fosse, per non farli soffrire. Come se non sapesse che Rafael già  soffriva di leggera depressione da quando aveva scoperto che i suoi genitori erano stati uccisi, mentre Ellie qualche volta si tagliava, anche se da quando Mikol le aveva parlato gli episodi erano stati ridotti a due al mese. Solo il piccolo Peter sembrava quieto: quando aveva chiesto con gli occhioni lucidi a Mikol :”Dove sono mamma e papà?” lei non aveva trovato niente di meglio da dire che: ”Sono in cielo, sono gli angeli più belli del cielo” lui ingenuamente aveva chiesto:” Torneranno?” e lei cercando di sorridere aveva risposto :”No, lì stanno proprio bene, ma li vedrai ancora: le stelle più luminose la sera sono loro, che vegliano su di noi e ci danno la buona notte. In quel momento potrai parlargli e dirgli tutto, perché loro anche se non ti risponderanno, ti staranno sempre vicino” e lui aveva sorriso felice, felice perché i suoi genitori erano stelle che lì nel cielo stavano bene, anche se a volte sentiva la loro mancanza ma gli bastava uscire la sera e parlare col cielo, a quei puntini luminosi che rischiaravano la notte.

Mikol strinse  gli occhi per bloccare altre lacrime, ma queste le sfuggirono, rigandole il viso e lasciando due strisce nere di trucco. Lei non aveva potuto lasciarsi andare, aveva stretto i denti, ingoiato il dolore, appiccicato una maschera sul volto ed esattamente tre giorni dopo la morte dei suoi, si era presentata in un cafè-bar ,con un bel sorriso falso, per proporsi come cameriera. L’unica fortuna era che l’avevano accettata e lei aveva un lavoro stabile. L’unica cosa per cui viveva erano i suoi fratelli, non viveva neanche più per se stessa, lei era morta tanto tempo fa, cinque mesi fa quando le sue sicurezze e la sua vita erano andate a rotoli.
E quella sera cosa aveva fatto per di più? Aveva ucciso un uomo, legittima difesa o no, nolente o volente, aveva ucciso un uomo più grande di lei. E l’aveva gettato in mare, senza provare rimorso. La cosa che più la spaventava era che non provava rimorso nemmeno ora: la sua anima era affogata nel dolore insieme alla sua coscienza. ‘ha ucciso i tuoi genitori, ha tentato di uccidere pure te, se lo meritava, smettila di fare la cogliona!’ si schiaffeggiò debolmente, prese un fazzolettino pulendosi il viso alla bene e meglio e tornò con un sospiro tremulo al telegiornale: si era persa un po’ di notizie ma poco le importava. Un grande titolo campeggiava sullo schermo: 
                “Bill Kaulitz Front-man dei Tokio Hotel scomparso”   
Rapimento o volontà?   Il gemello Tom Kaulitz si rifiuta di rilasciare dichiarazioni. Tour sospeso, milioni di fan in lacrime”
E poi altre notizie e domande relative alla vicenda. Mikol respirò pesantemente: quanto avrebbe voluto scomparire anche lei come quel Bill, ma aveva qualcuno a cui badare. Fratelli più il botolo. Il discorso era sempre quello.
Fece in tempo a sentire un ultima notizia:
                “Bill K. Avvistato in Svizzera: sarà lui o il sosia?”
che sprofondò nel mondo dei sogni e degli incubi.

Era in montagna per un pic-nic coi fratelli, ridevano e scherzavano mentre stendevano per terra una tovaglia rossa e verde, apparecchiarono e si sedettero a mangiare. Stavano per gustarsi tutto quel ben di dio, quando Mikol vide  spuntare una figura cadaverica da dietro un albero , completamente coperta di sangue. Man mano si avvicinava, Mikol riusciva a vedere il nasino perfetto, i capelli neri vittima di tanti cambiamenti, un piercing all’occhio( e molti all’orecchio), più due occhi ammalianti di un caldo color nocciola. Lei saltò in piedi per fronteggiarlo e difendere i fratelli, ma loro non c’erano più:  c’era solo una scia di sangue, che scorreva lenta verso Bill, il quale si chinava per berla. “Che cazzo hai fatto ai miei fratelli stronzo?!” Mikol ora lo tempestava di calci e di pugni che sembravano non sortire alcun effetto, infatti le braccia di Bill la avvolsero, serrandola in una morsa mortale che le toglieva il respiro:  ” B-Bill… so-soffoco…” Il bel volto diabolico di Bill reso mostruoso dal sangue ancora fresco che lo attraversava, si chinò verso l’orecchio di lei, sussurrando con voce roca:” Potrei ucciderti, ma non lo farò. Ti porterò all’inferno con me e li brucerai tra le fiamme. Non hai chiesto questo all’uomo che hai ucciso?” scoppiò a ridere , una risata che le fece venire i brividi: era uno spettacolo raccapricciate.  Con una mano, Bill spalancò una voragine nera sul suolo e vi si buttò a capofitto, trascinandovi anche Mikol, che ora non vedeva nient’altro che i due occhi rossi di Bill, iniettati di sangue, che la fissavano impassibile. Urlò.

“Vattene via!” Si risvegliò, madida di sudore, nel letto ancor più sfatto della sera precedente. Il cuscino giaceva inutilizzato lontano da lei, sotto la sedia della scrivania. Era stato un incubo, eppure le era sembrato così vero… ’ti è sembrato vero come tutti i sogni che hai fatto! E’ stato solo un incubo, calmati.’ Ma il suo cuore batteva all’impazzata, ancora terrorizzato da quello che la sua mente lo aveva costretto a vedere. Si diede della stupida e gettò via le coperte con un calcio. La luce entrava copiosa dalla finestra ora senza una tenda viola, così Mikol guardò la sveglia e dopo aver appurato fossero le dieci e mezza passate ,si ritenne soddisfatta e si alzò rincoglionita come ogni mattina.
Si diresse verso il piccolo bagno in camera con passo strascicato, e dopo aver mancato la porta due volte, andando a sbattere ripetutamente contro il muro, riuscì a trovare la maniglia, che la condusse verso il mondo incantato, dove sarebbe rinata una nuova Mikol. Si guardò nello specchio appeso al muro decorato da mattonelle rosa di ceramica: fu felice di non essere scesa in quello stato, un armadillo sarebbe stato più bello di lei. Trucco sbavato, capelli sparti e due occhiaie da far paura. Perfetto.
 
Si svestì, entrò nella doccia e via con acqua bollente a tutto spiano: ottimo modo per cominciare la giornata.  Uscì, si asciugò e indossò un paio di jeans neri con le borchie, una maglietta nera scollata con la scritta :”You shall die!” , si truccò con matita eyeliner e mascara neri e iniziò a pulire la camera di buona lena. Fece un miracolo. Le ci vollero un po’ di ore per ripulire quella stalla, ma alla fine ce la fece. Era già l’una e mezza del pomeriggio quando mise piede in cucia, dove trovò il post-it di Ellie:                 
   ” Accompagno io i ragazzi a scuola e poi durante il pomeriggio li porto dai loro amichetti. Torniamo per le sei!
P.S: per pranzo ci sono lasagne riscaldate”
“Perfetto, una giornata tutta per me” Mikol sarebbe dovuta tornare al bar solo la settimana dopo, perciò quel giorno poteva fare quel che aveva voglia. Così decise: sarebbe andata in centro Bergamo a fare un po’ di shopping con Ship e poi avrebbe preso un panino da Mac Donald. Niente lasagne ,le avrebbe mangiate la sera. Sarebbe stata una giornata fantastica!
***
“Ci mancava poco e questa volta mi avrebbero preso! Per fortuna che qui in Italia non mi hanno ancora riconosciuto o avrei fatto la stessa fine come in Svizzera: Foto di qui ,agguati di là e poi fuga improvvisa…è riuscito a beccarmi perfino un paparazzo..” Bill passò una mano tra i capelli, nascosti dal cappuccio di una felpa nera, molto larga per i suoi standard, mentre i suoi occhi ipnotici erano protetti da sguardi indiscreti grazie ad un paio di occhiali da sole anonimi comprati alle bancarelle. I jeans che indossava, ne troppo larghi , ne troppo stretti, gli calzavano ,un po’ rotti sul davanti, alla perfezione.  Il paio di converse alte nere, non facevano che conferirgli un aspetto , se si può dire, normale agli occhi della gente, eppure anche così vestito restava incantevole e seducente.

Ora si trovava a Torino, dove era appena sfuggito ad un gruppetto di Alien che si dirigevano in un bare. Bill si abbandonò sul sedile del pulman che lo avrebbe riportato all’albergo dove alloggiava momentaneamente. Erano quasi quattro mesi che viaggiava, era stato in Francia, in Svezia, in Danimarca, in Spagna, in Svizzera e ora in Italia. Si fermava in ogni posto tre quattro giorni al massimo per non dare nell’occhio, ma per l’Italia avrebbe fatto un eccezione: era o non era il suo paese preferito?
 La moda, il buon cibo, la cultura! Quanto amava l’Italia! Era andato a Torino ora ,poi si sarebbe spostato a Milano , poi avrebbe fatto una tappa a Bergamo e avrebbe proseguito dritto dritto verso Venezia, e lì si sarebbe fermato per un bel po’. Una frenata brusca lo fece rinsavire dai sogni ad occhi aperti: era arrivato, scese dal pulman ed entrò nell’hotel quattro stelle. Avrebbe potuto pagarsi un hotel mille stelle, ma non doveva dare nell’occhio quella volta.
“Mi raccomando Bill, stai nell’ombra e fai l’indifferente” continuava a ripetersi anche quella giornata, come tutti i mesi da quando era partito, ma faticava a soffocare la sua personalità esplosiva, ed era stato questo a tradirlo appunto in Svizzera…Per fortuna avevano scattato solo qualche foto. Bill sospirò ed entrò nella sua camera, la 214 e si fiondò in camera, buttandosi a pesce sul letto bianco a baldacchino. La finestra spalancata sul terrazzo, faceva arrivare le voci dalla strada trafficata dal mare di persone che andavano avanti e indietro. Bill si coprì la testa col cuscino: quattro fottuti mesi aveva girato quasi metà Europa e sembrava che Tom avesse ragione: l’amore non esisteva.

Cioè, per il momento! Bill non si arrendeva facilmente, nutriva ancora qualche speranza, insomma, l’Italia era grande, no? E poi al massimo si sarebbe spostato in Grecia. In quel viaggio aveva intrattenuto relazioni di una notte qualche volta, ma aveva subito capito che non si trattava di amore. Sospirò: poteva avere tutte le ragazze che voleva ai suoi piedi, ma lui voleva una ragazza-una gliene bastava-che lo amasse per come era, per il suo carattere e non per la sua fama.
“Chi cerca trova” mormorò con la voce impastata dal sonno: la notte era stato in un Nightclub dove si era ubriacato da far paura, per poi passare la notte in bianco.
Si addormentò dolcemente abbracciato al cuscino, come un bambino, cullato dal chiacchiericcio delle persone giù in strada e dal vento fresco che entrava dalla finestra spalancata.
Se solo suo fratello l’avesse visto in quel momento.
 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: DarBk Angel