Anime & Manga > 07 Ghost
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Autore: Danielle_Way    05/08/2014    1 recensioni
Vi erano alcuni nomi, alcune persone, che erano sempre stati presenti nella sua vita passata, ma che non aveva mai avuto modo di conoscere.
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«Così... lontano... » Teito sollevò un braccio e lo distese più che poté verso l’alto, allargando il palmo come se cercasse di toccare, afferrare, tirare a sé qualcuno dal cielo.
«Se solo potessi vederti una volta soltanto» disse in un sussurro.
[one-shot post-epilogo]
[shonen'ai]
[accenni ai seguenti pairings: Hakuren/Teito & Frau/Teito, Halse/Kuroyuri, Ayanami/Hyuuga]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Frau, Quasi Tutti, Teito Klein
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Teito amava passeggiare per i lunghi e cupi corridoi della chiesa del settimo distretto di Barsburg.
Da quando poteva ricordare, aveva sempre frequentato regolarmente e con piacere quel posto.
Da quando poteva ricordare.
Già. Perché c’erano tante persone, luoghi, avvenimenti, cose che Teito, all’età di vent’anni, conosceva e ricordava.
E, allo stesso tempo, ve ne erano altrettante delle quali non aveva memoria.
Racconti di amici perduti e poi ritrovati, di nuove e vecchie conoscenze, di viaggi per il grande impero, di battaglie, lotte, ricerche e sofferenze. Tutte cose, queste, che Teito aveva vissuto, ma che non riusciva a ritrovare dentro di sé.
Una vita precedente, interrottasi quando aveva soltanto sedici anni, l’unica spiegazione al perché e in seguito a cosa le persone che gli stavano vicino erano proprio quelle, a come interagivano con lui e tra di loro, e a quell’insistente quanto inspiegabile senso di nostalgia che avvertiva stando con alcuni di loro o visitando alcuni luoghi.
Lui non avrebbe mai potuto trovare quei ricordi nella sua memoria, ma ci sarebbe sempre stato qualcuno pronto a parlargliene.
Così Teito avrebbe conosciuto la storia della figlia del Signore del cielo, della sua famiglia e del suo regno, di Verloren, dei 07-Ghost, di coloro che aveva incontrato durante quella vita che non era più la sua, ma che doveva pur esserlo stata.
Qualcuno li aveva chiamati pezzi di un grande puzzle, quei ricordi sfuggenti che aveva raccolto nel corso di vent’anni di vita per puro caso o indagando, o, ancora, sedendosi all’ombra delle chiome degli alberi ad ascoltare il vescovo Labrador, oppure passeggiando per i verdi campi con Kreuz, o alla fine delle lezioni di Castor. Non solo da loro, ma da tutte le persone che gli stavano attorno aveva appreso qualcosa. Racconti, confessioni, aneddoti.
Non capitava raramente che andasse a trovare Ouka, e si incontrava con Hakuren quando capitava avessero entrambi anche soltanto poche ore libere; qualche volta, soprattutto quando si trovava proprio in questa chiesa, Capella gli faceva una visita. Anche lui gli aveva raccontato la sua parte di storia.
Tuttavia vi erano alcuni nomi, alcune persone, che erano sempre stati presenti nella sua vita passata, ma che non aveva mai avuto modo di conoscere.
Mikage, quel ragazzo, l’unico, che era diventato suo amico quando frequentava l’Accademia militare e che si era sacrificato per salvarlo. E anche se non si erano mai separati davvero, poiché lo spirito di Mikage si era reincarnato in un drago, Teito non aveva modo di incontrare il vero Mikage, il suo amico, quella persona così importante per lui da aver determinato parte del corso di quella vita.
Poteva fare visita alla sua tomba ogniqualvolta lo desiderava, pregare Castor e Labrador perché gli parlassero ancora e ancora di lui, poteva provare a ricreare nella sua mente la sua figura, ma questa non gli sarebbe mai apparsa nitida.
Incontrarlo, guardarlo negli occhi, discorrere con lui- erano cose, queste, alle quali poteva dare spazio soltanto nel limitato universo dei sogni.
Ringraziarlo.
Qualcosa che andava al di là delle sue possibilità.
Qualcosa che, finché non fosse giunto anche il suo momento di migrare nei cieli, lo sarebbe rimasto.
Un’altra persona dalla quale non avrebbe mai ottenuto le spiegazioni che desiderava, era Krom Kreuz Krouwel, meglio conosciuto come generale Ayanami, o Verloren. Il “primo” Verloren.
Non che avesse lo stesso profondo desiderio di incontrarlo -aveva ucciso suo padre, Mikage, e fatto di tutto per ostacolarlo e impadronirsi delle parti che gli mancavano per riformareVerloren- ma non gli sarebbe dispiaciuto porgli qualche domanda.
La sua sete di conoscenza sarebbe sempre rimasta insaziabile- era un essere umano, dopotutto.
Il corridoio buio che stava percorrendo si aprì all’improvviso in un chiostro di forma quadrata.
Teito alzò di scatto una mano per schermarsi gli occhi: il sole, fermo nel punto più alto che poteva raggiungere, splendeva più che mai.
Si avvicinò con calma alla fontana che dominava al centro del chiostro e si sciacquò mani e volto, tirando quasi un sospiro di sollievo: il caldo aumentava ogni giorno di più, e con l’arrivo dell’estate sarebbe stato sempre meno sopportabile portare gli abiti da vescovo.
Con un altro sospiro ben più pesante, Teito si lasciò lentamente scivolare seduto sul prato.
Una lunga fila di nere e quasi invisibili formiche sfilava di fronte ai suoi occhi, mentre un’ape ronzava sul fiore più vicino; ogni tanto, con cadenza irregolare, uno zampillo d’acqua particolarmente forte ricadeva appena sulla sua veste bianca.
Il motivo per il quale Teito non si sarebbe mai stancato di ritornare, di tanto in tanto, alla chiesa del settimo distretto, era che avrebbe sempre trovato ciò di cui aveva bisogno.
Che fossero le amabili chiacchierate con Labrador davanti ad un tè alle erbe, le ricerche in biblioteca con l’aiuto di Castor, le discussioni frivole di Lance, la compagnia di Lazette e delle gentili sorelle, il brulichio incessante dei fedeli, il brusio eccitato dei giovani vescovi apprendisti poco prima dell’inizio degli esami.
Oppure, semplicemente, riuscire a passare del tempo in un posto tranquillo, soltanto in compagnia di se stesso. 
 
***
 
«Cosa ne pensi di questo tè, Castor? Sto sperimentando un infuso alle erbe un po’ differente dal solito».
Castor deglutì un po’ a fatica -possibile che Labrador scegliesse erbe sempre più amare per il suo tè?- e fece un sorriso che, pensò, sicuramente era sisultato alquanto sghembo.
«Ha un aroma molto ... forte» commentò infine, portando due dita ad aggiustare la montatura degli occhiali.
Labrador inclinò la testa di lato e spalancò i grandi occhi lilla.
«Davvero?» fece.
«Forse andrebbe zuccherato leggermente» si decise a dire l’altro.
L’amico sorrise, lanciando uno sguardo alla sua tazza ancora piena per metà.
E pensò che era così che gli sarebbe piaciuto lasciare questo mondo, quando i suoi capelli altrettanto lilla si sarebbero ingrigiti del tutto e poi imbianchiti , davanti a del tè caldo, dopo aver scambiato qualche parola con Castor.
Le erbe molto amare rinvigoriscono lo spirito e allungano la vita.
Labrador sperò di non dover mai ritrovarsi in quel luogo, durante una tale splendida giornata, ad osservare quel tavolino, vuoto tranne che per la sua sola tazza.
Castor aveva fatto finta di sorseggiare la sua razione di tè per un paio di minuti, ma poi si era arreso. Come ad ogni nuovo (e amaro) infuso, gli ci sarebbe voluto un po’ per abituarsi. Preferì piuttosto sistemarsi più comodamente sulla piccola sedia e riprendere la lettura interrotta prima che arrivasse l’ora del the.
Soltanto quando sentì il leggero rumore di qualcosa che venne poggiato sul tavolo, si costrinse ad alzare gli occhi dalle righe.
Labrador sorrise nuovamente, chiudendo gli occhi.
«Hai ragione» disse piano, «andrebbe un po’ zuccherato».

 
***
 
Il ristorante era talmente affollato quel giorno, che i camerieri facevano fatica a soddisfare le richieste di tutti i clienti. Si aggiravano fra i tavoli della zona al coperto e di quella all’aperto prendendo confusionarie ordinazioni, qualche volta servendo una pietanza alla persona sbagliata, saltellando per evitare i bambini che si rincorrevano davanti alla porta delle cucine, urlando indicazioni agli altri e nuovi ordini agli chef.
«Capochef, sono rimaste altre porzioni della sua torta speciale? Ne servirebbero tre per il tavolo dodici!» un cameriere fece capolino all’improvviso, con un vassoio vuoto in mano e l’aria un po’ scombussolata, mentre una bambina lo tirava insistentemente per i pantaloni chiedendo a gran voce la torta.
Per fortuna, una giovane chef aiutante stava già preparando le fette di torta.
Il ragazzo la ringraziò con gran sollievo, tornando in sala con il vassoio finalmente pieno e senza dover camminare con la bambina arpionata alle gambe.
Non appena il cameriere uscì, Kuroyuri sbuffò sommessamente: aveva ormai perso il conto delle ordinazioni che avevano richiesto il miglior dolce di Halse. Tutti impazzivano per la sua torta, ma nessuno aveva mai ordinato i dolci con la salsa blu alla bavarese di Kuroyuri.
Con un sospiro depresso, si lasciò andare sul tavolo.
Halse, che in quel momento si trovava alle prese con un’enorme pentola fumante piena di verdure di ogni tipo, lo intercettò con la coda dell’occhio e lasciò la sua postazione per raggiungerlo.
Kuroyuri sentì due dita solleticarlo sotto il mento.
Alzò la testa, incontrando il sorriso dolce e rassicurante di Halse.
Si disse che non avrebbe ceduto, no—stavolta sarebbe andato fino in fondo, chiedendogli direttamente ciò che voleva.
«Haaalse» chiamò, avendo cura di mantenere un broncio che fosse convincente, «vorrei che aggiungessi la mia salsa alla tua torta speciale. Così lo diventerebbe ancora di più».
Il sorriso del capochef si incrinò appena, ma egli non proferì parola.
«Hal---» il secondo richiamo di Kuroyuri scemò in poco meno di un borbottio contrariato  quando Halse lo sollevò con le braccia e gli posò un bacio a fior di labbra.
Kuroyuri fu rimesso a terra dopo che tutti i presenti ebbero avuto il tempo di assistere con tanto d’occhi all’intera scena, e nel giro di pochi secondi sparì in direzione dei bagni con un balbettio indistinto, coprendosi il viso tendente ad una tonalità ancora più improbabile di quella della sua salsa alla bavarese.
 
***
 
Teito pensò che era passato un po’ più del solito dall’ultima volta che aveva parlato con Hakuren, e pensò anche che desiderava riabbracciarlo presto.
Le palpebre gli si abbassarono lentamente, mentre ricordava il loro precedente incontro. Si trovavano proprio lì, nella chiesa del settimo distretto.
 
«Ti dona molto la veste da vescovo, Teito» Hakuren sorrideva.
Teito aveva distolto lo sguardo, nascondendo le gote, che gli si erano imporporate appena.
«Che mi dici di te? Come procede la vita a palazzo?»
«Tutto benone! Abbiamo avuto molto da fare, ultimamente» aveva risposto allegro, sfilandosi e riponendo in una tasca interna dei suoi abiti gli occhiali dalla montatura rotonda che ormai utilizzava sempre più spesso.
Teito aveva notato in quel momento, per la prima volta, come tra la lunga e bionda chioma dell’amico affacciassero sporadici capelli bianchi.
«Allora, » continuava Hakuren, «immagino che un giornò ti vedrò eletto al soglio pontificio. Oppure passerà così tanto tempo che non mi troverò più in questo mondo?»
«Idiota» aveva sbuffato l’altro, incrociando le braccia. «Non dire mai più una cosa simile!»
«Ovviamente stavo scherzando, vostra Eccellenza».
Hakuren si era allora inginocchiato sorridendo, fissando i suoi penetranti occhi viola in quelli di Teito.
Con un gesto elegante, aveva preso la sua mano per avvicinarla alle labbra.
«Non lascerò mai il posto che hai riservato per me al tuo fianco».
 
Teito non credeva di aver mai battibeccato tanto con Hakuren come i cinque minuti che seguirono, e, allo stesso tempo, non credeva di essere mai stato così grato di averlo conosciuto. 
 
***
 
Konatsu aveva davvero perso la voglia e il conto di tutte le volte che si era ritrovato a richiamare il maggiore Hyuga sul posto di lavoro. Sembrava che, più lo richiamasse ad essere maggiormente ligio e diligente, più il suo superiore trovasse futili motivi per distrarsi.
Quella mattina erano di ritorno da una missione portata a termine il giorno precedente, diretti alla fortezza di Hohburg, dove avrebbero scoperto se spettava loro qualche giorno di riposo o se un’altra missione li attendeva.
Il maggiore, ovviamente, tanto per cambiare, aveva fatto tutto con comodo. Anzi, con i suoi comodi. Non solo aveva perentoriamente deciso di attardarsi prima di far ritorno al primo distretto, ma anche adesso, sulla strada che portava alla fortezza, camminava con andatura lenta e trovava sempre una qualche scusa per fermarsi.
Così d’un tratto, dopo aver svoltato l’angolo, il sottoposto si accorgeva di averlo lasciato indietro chissà dove, e faceva dietro-front maledicendolo con tutto se stesso.
Questa volta si era fermato nel bel mezzo di un prato fiorito, e teneva lo sguardo rivolto in alto, verso il cielo.
«Maggiore, non c’è tempo, dobbiamo ... » la voce e la convinzione di Konatsu si spensero all’improvviso una volta che l’ebbe raggiunto.
Hyuga stava sorridendo dolcemente, mentre la montatura degli occhiali gli era scivolata di un po’ sul naso, lasciando intravedere gli occhi.
Luccicavano molto più del normale. Erano lucidi.
«Oggi è proprio una splendida giornata. Chissà che cosa stara facendo Aya-tan, in questo momento».
Konatsu la vide, la lacrima che era scesa lungo la guancia del maggiore. E rimase in silenzio ad aspettare che si asciugasse.
 
***
 
Teito aprì gli occhi e sbatté le palpebre disorientato.
Alla fine si era persino appisolato, tanto erano il silenzio e la tranquillità che regnavano. Sentì qualche erba spinosa pungerlo e si rese conto che era scivolato del tutto sul prato, così si rimise a sedere con movimenti lenti e misurati.
Aveva sognato- sì, aveva certamente fatto un sogno. Si massaggiò le tempie con due dita, sforzandosi di ricordare: stava camminando, non sapeva dove, alla ricerca di qualcosa, quando gli si era parata davanti una figura alta e snella, avvolta in un largo mantello blu scuro come la notte, bloccando il suo passaggio; Teito stava tentando di ricordare anche che aspetto avesse, ma lo sconosciuto non si era mai lasciato scorgere in volto.
Il suo nome... qual era il suo nome? Teito tentò di concentrarsi meglio.
“Frau”.
Ma certo, non avrebbe mai potuto non ricordarlo. Frau.
Aveva perso il conto del numero di volte in cui, durante i racconti di Hakuren, Castor, Labrador e gli altri, era saltato fuori quel nome; e aveva perso il conto anche del numero di volte in cui aveva domandato, chiesto informazioni su di lui. Stanco di non sapere ancora quasi nulla, assetato di curiosità, Teito aveva sviluppato una brama d’incontrarlo, un desiderio così profondo, che lo sognava periodicamente, anche se, in ogni sogno, non riusciva mai a vederlo davvero.
Non sapendo che aspetto avesse, si era soltanto creato un’ipotetica immagine nella sua testa.
Verloren, il Dio della Morte, colui che raccoglie le anime al termine della loro vita. Chissà quanto avrebbe dovuto aspettare, prima di poterlo incontrare.
«Così... lontano... » Teito sollevò un braccio e lo distese più che poté verso l’alto, allargando il palmo come se cercasse di toccare, afferrare, tirare a sé qualcuno dal cielo.
«Se solo potessi vederti una volta soltanto» disse in un sussurro.
Tenne gli occhi in su per diversi minuti, fissando intensamente quel mare azzurro sopra la sua testa e gli uccelli che sfrecciavano veloci fendendo l’aria e riempiendola dei loro cinguettii. Solo quando sentì uno strano fruscio prodotto da qualcosa che strisciava sull’erba si decise ad abbassare lo sguardo. E subito si mise in piedi di scatto, tanto che barcollò e dovette fare leva sul muretto di pietra che circondava la fontana per non cadere.
Qualche metro più avanti, appoggiata al tronco di un albero, si stagliava un’alta figura avvolta da capo a piedi in uno scuro mantello che sembrava osservarlo tenendo le braccia incrociate al petto.
«Sei rimasto sempre il solito sentimentale, eh, bamboccio?» parlò una voce da uomo, canzonandolo, mentre le mani si spostavano al viso e lo liberavano alla vista dal cappuccio sormontato da una strana coroncina che pareva intagliata con dei rametti.
Il cuore di Teito ebbe un tuffo.
Viso spigoloso, mascella pronunciata, due occhi celesti e dei capelli ribelli ad incorniciare il tutto; tono impertinente e quasi irritante, e gentile e pieno d’affetto allo stesso tempo. Questo era Frau.
Il ragazzo rimase impietrito ad osservarlo con gli occhi spalancati per due minuti buoni prima che la voce, mortagli in gola, si decidesse a ritornare.
«Frau!» esclamò con decisione, perché sì, non ricordava nulla dei momenti passati con lui, ma sapeva che in un’altra vita vi erano stati, e per questo lo ringraziava. Sconvolto e felice al tempo stesso com’era, non si fermò neanche a pensare quanto fosse assurdo che lui si trovasse lì, quasi come se avesse risposto alla sua chiamata.
L’altro ridacchiò con gusto e fece una tirata dalla sigaretta accesa che stringeva tra le labbra.
«E così, mi hai riconosciuto? Quei due ti avranno di sicuro parlato di me».
Teito immaginò che con “quei due” si riferisse a Labrador e Castor. Ma sinceramente non gli importava.
Resto fermo lì, senza distogliere gli occhi da lui neanche per un attimo, un po’ rimproverandosi perché avrebbe dovuto dire qualcosa, un po’ dicendosi di imprimersi nella mente tutti i dettagli, tutto ciò che faceva, i piccoli gesti, le sue parole, il modo in cui lo guardava in tralice mentre soffiava il fumo fuori dalle labbra.
Soltanto quando lo vide muoversi, allontanandosi dall’albero, realizzò che non sarebbe rimasto davanti ai suoi occhi per sempre. E quando lo vide voltargli le spalle per incamminarsi nella direzione opposta, le parole gli sfuggirono di bocca senza che avesse neanche provato a fermarle.
«Frau!» lo chiamò.
Il biondo si voltò dalla sua parte mentre con una mano si sistemava nuovamente il cappuccio sulla testa, permettendo però al ciuffo di sbucare fuori prepotentemente.
«Ti ringrazio».
Frau sorrise, e lo fece tanto di cuore che il ragazzo sentì già delle lacrime pizzicargli gli occhi.
«Grazie a te, Teito» e si avvicinò a lui così in fretta da non lasciare a Teito il tempo di realizzarlo, fino a quando non sentì la sua grande mano poggiarglisi sui capelli.
O forse questo fu soltanto frutto della immaginazione di Teito, perché Frau era scomparso e lo aveva lasciato con le braccia aperte, ancora pronte ad accorglielo, e con le lacrime che lentamente scorrevano e giungevano salate alle sue labbra incurvate in un sorriso. 


 
 
 
Autor corner~
 
*appare dal nulla*
Salve a tutti! (vengo in pace, lo giuro- *schiva pomodori*)
Vorrei dire qualcosa su questa os, come da mia abitudine, sperando di non annoiarvi ulteriormente (speranza vana?).
L’idea è nata dopo aver finito il manga di 07-Ghost, è un po’ il frutto della sofferenza che questa fine ha causato. Non dico che sia stata malaccio -poteva andare mooolto peggio *fissa personaggi che non sono morti*- però è abbastanza distruggi-feelings, e poi è pur sempre una fine.
La mia testolina non riesce ad accettare che Teito -il “nuovo” Teito- non venga a conoscenza di tutto ciò che ha vissuto prima di rinascere; e neanche che tutti gli altri riescano a nasconderglielo, no. E’ per questo motivo che ho deciso di scrivere questa one-shot post-epilogo- dopotutto, le autrici non hanno detto nulla a riguardo, che io sappia. Quindi siamo liberi di immaginare il futuro del nuovo Teito liberamente.
Non volevo che fosse una one-shot che esaminasse nei particolari qualcosa o qualcuno, volevo semplicemente che ci fossero i personaggi principali e una finestra che permettesse di vedere un piccolo spacco della loro vita- sempre secondo il mio punto di vista.
L’unica parte un po’ più particolare è l’ultima, con l’arrivo di Frau. Perché, sì, Frau doveva esserci e doveva necessariamente incontrare il bamboccio.
E’ una os senza molte pretese, ma spero che ci sia qualcuno che legga e recensisca (ai recensori tanto amore e cupcakes e chibi Frau—(?)).
Bien, la smetto di rompervi- un grazie a chiunque capiti di leggere questa storia! <3
 
xx,
Danielle.

 
   
 
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