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Autore: SmellyJelly    06/08/2014    2 recensioni
-"Maicol Gecson", who is it?-
..Dream with me,
Elizabeth.
Genere: Comico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Michael Jackson, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Love the way you lie

Pov Elizabeth
-Finito!- che soddisfazione era vedere l’orologio ancora più bello di prima, modestamente ero stata io a curarlo. Asciugai il velo di sudore sulla fronte e sfregai le mani per togliere il terreno.
Michael non tornava da ore, improvvisamente vidi il “postino” (ricordate?) correre all’esterno della casa, lo fermai.
-Signor postino dove corri?- sorrisi mettendomi le mani sui fianchi.
Si fermò subito e si allargò il colletto della camicia –signorina Elizabeth, sto andando dal signor Jackson- sembrava preoccupato.
-Ma che è successo?- mi avvicinai.
-Un piccolo problema di “tribunale”, comunque la stavo cercando-
-Per quale motivo mi cercavi?- dissi inquieta.
-Deve venire con me-
Subito cominciai a correre verso l’auto, anche con i pantaloni sporchi di terra non importava, la cosa più importante in quel momento era Michael.
Postino si apprestò ad aprire la porta posteriore e invece con sua sorpresa mi sedetti davanti.
-Signorina perché davanti?- domandò curioso.
-La forza dell’abitudine- feci spallucce.
C’era assai traffico quel giorno, anche perché eravamo nel pieno delle feste di Natale, così postino andava lento, sbuffai. Ero preoccupata, d’improvviso alzai la gamba e schiacciai il piede posato sull’acceleratore.
M’impadronii del volante e guidai a tutta birra facendo slalom tra le macchine.
L’adrenalina era fantastica, parte della mia vita praticamente!
Avevo imparato a guidare a 16 anni, a Scampia le regole erano diverse dalle normali, piuttosto non c’erano regole! C’era persino il maestro per imparare a guidare a quell’età, tutti si rivolgevano a lui… peccato che era un pedofilo, chiedeva rapporti per pagare i costi delle guide e se ne approfittava della povera gente, io questo non lo sopportavo e infatti mi beccai un occhio nero da lui per questo, diciamo che ho dovuto imparare a modo mio.
Comunque io ridevo, mentre mister email cercava di riprendere il controllo dell’auto senza successo; arrivammo al tribunale. Scesi dalla macchina, ma fui fermata dal braccio possente di postino che quasi mi schiacciò lo stomaco.
-Elizabeth meglio che lei non…-
-Dammi del tu- lo rimproverai.
-O.. ok- mi guardò stordito, poi continuò –allora è meglio che tu non vieni, penso che il signor Jackson non voglia che tu esca allo scoperto-
-Va bene, per questa volta te la do buona- tornai in auto.
Pensai che i vetri erano oscurati, perché nessuno sembrava notarmi. Vidi tornare Michael con i bodyguard e attaccai la faccia al finestrino; gli aprirono lo sportello dietro.
-Elizabeth!-
-Michael!- ci abbracciammo immediatamente.
Mi tirò dietro per le braccia, così potemmo abbracciarci meglio. Percepii le sue lacrime bagnarmi la maglia.
-Sono felice che tu sia qui…-
-Che è successo tesoro?- gli accarezzavo i capelli.
-Hanno… prolungato la causa a sette anni-
-Sette anni?!- esclamai.
-Devo decidere se pagare e far tacere tutto o… continuare per altri sette anni, volevo un tuo consiglio- alzò quel suo sguardo dolcissimo che mi sciolse in un attimo.
-Un… un consiglio?- deglutii –ecco io… sette anni… non lo so Michael-
Così passammo le feste, bello vero?
Michael era diventato quasi muto, parlava solo se necessario ed era continuamente sovrappensiero. Non mangiava e non beveva quasi più ed era diventato molto irascibile.
Era il primo dell’anno 1994 e su una vecchia altura fuori Neverland vedevo i fuochi d’artificio esplodere alti nel cielo. Adoravo quei fuochi, io li sparavo sempre con degli amici che ogni anno puntualmente mi invitavano… più che altro perché gli serviva un aiuto visto che sparare i fuochi era un compito pericoloso e considerando che la mia vita non valeva più di una punta di spillo si poteva rischiare.
-Ti piacciono?- mi voltai.
-Sì, li amo-
-Più di quanto ami me?- chiese ironizzando.
-Sei diventato quasi invisibile, sei uno stuzzicadenti ormai e quindi sì, li amo più di te-
-Rassicurante direi- sorrise.
-Già-
-Sono diventato meno attraente, meno ricco e meno potente lo so- incrociò le braccia.
Lo fissai. Ogni cosa che avevo intorno sembrò sparire, tale che era la mia rabbia –che cosa?! Dimmi che stai completamente fumato e io non ti uccido adesso!-
-Ma che cavolo ti prende?!-
-No! A te che cazzo ti prende!- mi avvicinai –sei diventato praticamente inesistente da quando sei uscito da quel cazzo di tribunale!- lui indietreggiava –e pensi davvero che sarei stata con te fino ad adesso per soldi?! Non sono così stupida Michael! Certo che te ne esci con delle cazzate quando stai fatto…- terminai ansimante.
Si sedette –anche tu dici queste… cose quando stai fatta?-
-Che cosa ti fa pensare che io mi sia drogata nella mia vita?- domandai incredula.
-Non lo so, sesto senso-
-Ah fantastico…- mormorai seccata.
“Adesso sembro anche un’alterata”.
-Comunque ho detto e fatto molto di peggio, sei salvo per adesso- avanzai.
Lui si alzò e si avvicinò, poggiò le mani sulle mie spalle –ma davvero… non mi ami più?-
Sospirai –ero troppo arrabbiata per dire che ti amavo… beh… purtroppo ti amo ancora- lo guardai e gli scoccai un bacio sul naso.
Continuammo a gustarci quelle luci finché non finirono e tornammo in stanza; da un po’ di tempo avevo capito cos’era successo quella notte in albergo, quella carta metallica… e il bicchiere d’acqua… le “droghe”.
Mi sedetti sul letto –quando la smetterai di prenderle?!-
Gli tirai la pillola dalla mano e la sbriciolai, ero stanca di avere paura della sua rabbia… andai vicino al tavolo dov’erano tutte le scatolette e con il braccio le spazzai via.
-Ma che fai?!-
-Basta Michael!- gli puntai il dito.
“Però… che presa di posizione!” pensai compiaciuta.
-Allora, stammi a sentire… io non ce la faccio più a vederti ogni cinque minuti con una di queste in mano, cazzo ma non ti accorgi di come sei ridotto?! Stai morendo Michael! Queste cose non ti fanno bene, non ti faranno mai scordare il tuo dolore, mai! E a meno che tu non voglia morire devi smettere di prenderle!- presi un forte respiro –quindi… o lasci che ti aiuti, o continui ad ucciderti lentamente e dolorosamente. Eppure non ti accorgi delle persone che ti amano e ti vogliono bene che stanno soffrendo per te? Per quello che ti sta accadendo, per tutto! Non ci pensi?-
Abbassò lo sguardo, ma i suoi occhi non potevano nascondermi niente, mi inginocchiai e poggiai la testa sulla sua gamba.
Il mio tono s’addolcì –siamo qui per te amore, non ti lasceremo solo vedrai-
-Hai ragione…- sorrise.
-Certo che ho ragione- ovviai –e domani mattina fatti la barba e vestiti per bene, usciamo da questa casa, non resterai rinchiuso qua dentro per l’eternità- mi alzai riprendendo il mio ruolo da super sergente salva vite!
-Usciamo? E dove andiamo?- domandò guardandomi.
-Non lo so, probabilmente in un kebab per un bel panino pieno di grassi e schifezze per te!-
Spalancò la bocca e io stessa mi meravigliai di me… belle le prese di posizione, sorrisi.
Il giorno dopo come promesso facemmo ciò che avevamo deciso e Michael sembrava più affamato di un leone che non mangiava da una settimana. Restai sorpresa e contenta di tutto ciò e qualche giorno lo passammo in pace, solo io e lui in una casetta isolata dal mondo. Era una piccola casa in campagna, senza tv, telecamere, paparazzi, giornali scandalistici, tribunali, avvocati o “pagliacci poco simpatici”.
Tutto andò per il meglio, Michael si riprese un po’ e il 25 gennaio 1994 accettò di pagare Jordan con una cospicua somma di denaro. Si parlava di venti milioni di dollari. Il giorno prima gli avvocati di Michael ritirarono le accuse di estorsione contro Chandler e Rothman (avvocato di Chandler). Del denaro poi andò vincolato in amministrazioni fiduciarie per Jordan e fu pagato sotto la supervisione di un amministratore fiduciario assegnato dalla corte stessa, e Michael non fu mai incriminato penalmente.
-È finita finalmente- si sedette su una sedia esausto.
-Hai visto? Ce l’hai fatta…- sorrisi.
-No, ce l’abbiamo fatta-
Quel giorno persino Lisa si fece viva! Lei che per tutto il processo non c’era mai stata, lui e lei si erano sentiti per tutto quel tempo solo a telefono.
Nel letto pensavo a quanto Michael fosse stato forte tutto il tempo, non aveva mai fatto notare che stava male, forse si era mostrato debole solo a me, quando la sera finalmente poteva ritirarsi nelle sue stanze e piangere… Poi il giorno dopo tornava come prima, sorridente e apparentemente felice. Purtroppo però quelle accuse restarono per sempre, una cicatrice nel petto che non sarebbe mai più guarita completamente, tuttavia le persone che lo amavano, come i suoi amatissimi fans, lo sostenettero per tutta la sua vita e continuarono a farlo per sempre.
Ciò nonostante eravamo tutti più rilassati, meno tesi, solo io forse ero preoccupata per tutte le cose che Lisa e Michael stavano facendo nella loro stanza.
Poi chiamò addirittura Siria e con lei c’erano i suoi genitori, Miriam, Scarlett e Ariel che erano contenti per me che le cose si erano sistemate e anche per la nostra “bella” storia d’amore. Bella perché loro non sapevano in realtà che stava ancora con Lisa, ma comunque ero contenta. Gli raccomandai di tenersi tutto per se e che sapevano già troppo, ma potevo fidarmi, Siria, Miriam e Scarlett continuavano a dirgli “Deve restare tra noi, mi raccomando… altrimenti rovinerete tutto!”.
Non osarono dubitare nemmeno per un minuto dell’innocenza di Michael, e questo mi sorprese, i genitori di Siria erano molto scrupolosi… ma meglio così.
Da seduta caddi sul letto a pancia in giù, i capelli si liberarono dal fermaglio e si distesero su di me. Mi voltai e lo sguardo cadde sulla copertina del libro.
The new life, non lo trovavo originale come titolo, ma era pur sempre accattivante; lo presi e cominciai a sfogliarlo velocemente, persi la presa ed arrivo direttamente dov’ero rimasta.
“La cosa più grande cosa che tu possa imparare è amare e lasciarti amare.”
Ecco come si apriva il nuovo capitolo. Era come se la mia bocca in quel momento si fosse riempita di miele, come sempre di mezzo c’era la storia d’amore, e che diavolo! Ma un libro senza storie d’amore esisteva o dovevo scriverlo io?
Dovevo scriverlo io.
Lo chiusi con un colpo secco, non volevo sentire ragioni. Rotolai al centro del letto e cercai di afferrare qualcosa di inesistente.
Pov Michael
-Michael- Lisa entrò in stanza.
-Lisa, dimmi-
-Vai da qualche parte?- domandò trovandomi in piedi.
-Veramente io dovevo…-
-Ti andrebbe di dedicare un po’ di tempo alla tua ragazza?- chiese dolce.
-Devo firmare dei documenti tesoro, lo sai che il mio lavoro è molto importante per me- lei si sedette accanto a me e io le strinsi le mani.
-Andiamo su… solo questa sera, hai appena finito un processo… ce l’avrai un po’ di tempo- mi supplicò.
-Non posso Lisa, non insistere-
Presi l’acqua che era sul comodino dietro Lisa e bevvi impaziente.
Feci per alzarmi, ma lei mi fermò.
-Come ti senti?-
Chiusi gli occhi, la mia mente si appannò e tutto divenne confuso.
-Non mi sento molto bene, sarà un po’ di mal di testa- poggiai la mano sulla fronte.

-Coraggio Michael, rilassati, adesso che è tutto finito lasciati andare…- mormorò lei.
Facevo sempre quello che non volevo fare, eppure sentivo di doverlo fare, per non far del male a nessuno. Forse però a qualcuno del male lo stavo facendo…
Abbracciai forte Lisa e poggiai la testa sulla sua spalla, velata di sudore.
-Tesoro- mi costrinse a guardarla –c’è qualcosa che non va?- sorrise scaltra.
-Sono solo un po’ stanco- le sorrisi e lei ricambiò.
-Sicuro? Non stai pensando a qualcun altro? Ricorda che adesso devi dedicarti solo e soltanto a me, per il tuo bene-
-Certo chick-
Pov Elizabeth
Con le coperte attorcigliate alle gambe, ancora fasciate dai pantaloni, stavo quasi per addormentarmi quando sentii un urlo, gli occhi si aprirono di scatto e il sonno passò di colpo.
Sembrava provenire dalla stanza di Michael…
-Forse non è una buona idea… farmi i fatti miei?- sorrisi malignamente –non questa volta!-
E chi diceva “Chi si fa i fatti suoi campa cento anni” aveva ragione.
Non c’era niente di bello nello scoprire che Michael si stava scopando Lisa.
Piansi, piansi molto quella notte, e quando mai era successo? Non era mio solito piangere… dopo aver patito, subito e sopportato c’avevo fatto l’abitudine, ma una delusione d’amore, la mia prima delusione d’amore… che poi non era nemmeno una delusione, lui era fidanzato con la presunta “signora Jackson”.
Guardai fuori la finestra: nevicava. La bufera era cominciata, solo che si parlava di un’altra bufera, la bufera del cuore… una tempesta più che altro, con colpi di fulmine, sole a catinelle e i venti dei cambiamenti.
Ebbi la brillantissima idea di uscire fuori, al freddo ed andare dritta nel boschetto (non sapevo nemmeno che Neverland lo aveva davvero, io ci arrivai senza volerlo).
Salii sulla chioma di un albero, più o meno ero protetta, poi tutto si calmò di botto. Il vento sparì e cominciò a nevicare dolcemente.
Non sapevo di avere anche il potere di far calmare i temporali, o forse il cielo voleva solo farmi un piacere, vedermi piangere, mmh… diciamo che era un po’ difficile ed aveva avuto pietà probabilmente.
La mia fortezza era crollata, costruirla con tutte le pietre che mi avevano lanciato non era stato facile, e adesso non l’avevo più, una cosa costruita in così tanti anni… crollata in un attimo. Tutto per colpa della “trappola dell’amore”. “Io non ci cadrò mai” mi dicevo, certo come no, infondo Ariel me lo diceva sempre:
“Sono una donna intelligente e mi sono innamorata come una stupida” diceva ridendo, scherzandoci su. Sì, ridere per non piangere…
Avvicinai le gambe al petto e abbassai la testa sulle ginocchia. “Il vero amore non esiste”, le voci di strada non facevano altro che parlare d’amore e alcune persone erano incredule a quello “vero”, come volevasi dimostrare.
E fu allora che mi svegliai.
Niente più amore “rose e fiori”, dovevo tirare fuori la stronza che era in me e che avevo dimenticato, lasciata in un angolino della mia personalità.
I fiocchi di neve cadevano posandosi delicatamente sul palmo della mano, non aveva mai nevicato a Scampia e nonostante non ci fossi abituata mi sentivo a mio agio, tutto così desolato, freddo, forse solo la neve si poteva paragonare a me, solo il ghiaccio, mai il sole, la luce o il caldo… ed io mi sentivo bene in quel magico deserto bianco.
Flashback
-Se avessi un mondo come piace a me, nulla sarebbe com’è, perché tutto sarebbe come non è, e viceversa. Ciò che è non sarebbe e ciò che non è invece sarebbe- dicevo da bambina, seduta sulle ginocchia di Ariel.
-Oh bambina mia, tu hai molta immaginazione!- rise –e quindi tu non vivresti qui, giusto? Ma dall’altra parte del mondo-
-Non solo, dove ci sarebbe una città ci sarebbe un deserto, dove c’è il deserto ci sarebbero cascate, fiumi e ruscelli e qui invece…- il mio sorriso si spense –… e qui invece ci sarebbe la neve e il ghiaccio e… io avrei una famiglia-
Ariel mi accarezzo i capelli già molto folti e lunghi, la abbracciai.
-Ma non sarà mai così, perché io non avrò mai una famiglia e qui non ci sarà mai la neve, mi piacerebbe tanto vedere la neve-
-Piccola, non credi che il ghiaccio sia triste? Così freddo e duro, non pensi?-
-Se ci pensi non sarebbe mai triste perché io avrei una famiglia, qui invece lo sono perché Anisa è cattiva, anzi se ci penso è come se il ghiaccio già ci fosse, nel mio cuore però- feci dondolare i piedi.
Ariel rimase sorpresa da quella mia riflessione, la guardai con i miei grandi occhi vivaci.
Sorrise –hai davvero dei begli occhi, azzurri e…-
-E freddi come il ghiaccio- risi spensierata –adesso vado a giocare, altrimenti si fa tardi, a dopo!- scesi agilmente dalle gambe robuste di Ariel e la salutai con la manina.
Fine flashback
Secondo flashback
-Sono un mostro! Perché non lo ammetti anche tu?!- puntai il dito ad Ariel.
-Ecco io…- spostò lo sguardo.
-Vedi che ho ragione!- diedi un calcio alla sedia accanto a me.
I componenti della famiglia mi guardavano impietriti.
-Perché non sono la ragazza felice della porta accanto?- nessuno rispose, feci per andarmene.
-Perché c’è una storia dietro ogni persona. C’è una ragione per cui loro sono quel che sono, loro non sono così perché lo vogliono… qualcosa nel passato li ha resi tali e alcune volte è impossibile cambiarli- mormorò Ariel.
La guardai –bene. Almeno adesso ho la certezza che il mio cuore sarà un ghiacciaio eterno-
-Noi umani abbiamo sempre bisogno di certezze…- azzardò Ariel.
Me ne andai.
Fine flashback
Io ero il ghiacciaio, per questo mi trovavo bene nel freddo.
Bastavano come parole.
Per me la giusta dose di felicità era: soldi e scarsa memoria, nient’altro.
Decisi di dormire, su un ramo? Sì. Del resto non era la prima volta, quante volte avevo dormito su un albero per evitare di tornare a casa…
Su un albero, sopra una panchina, sul tetto di una casa, in una metropolitana, in un sottopassaggio, sul treno, in una macchina dentro una discarica, in un cartone, sul letto di Michael Jackson… beh di sicuro non capitava tutti i giorni!
Comunque io ero Elizabeth Nastro,  il giorno dopo avrei dimostrato che avevo una dignità da mantenere e nessuno doveva mettermi i piedi in testa!

Andai verso la casa, la porta era aperta e non esitai ad entrare.
-Ti ho cercato tutta la mattinata-
Mi voltai –ah, Michael-
-Dove sei stata?- sembrava nervoso.
-Non riuscivo a dormire e sono andata a fare un giretto- spiegai noncurante.
-Nel bel mezzo di una bufera di neve?-
Sospirai –qual è il tuo problema?- lo guardai arrabbiata.
-Hai sentito tutto ieri notte vero?-
Lo sapeva pure.
-Sì. Sei uno stronzo…- scossi la testa –non pensavo che la gente avesse tanta energia appena dopo un processo così scandaloso… però, ti faccio i miei complimenti- dissi con tanto di applauso.
Restò in silenzio.
-Per la prima volta nella mia vita caro Jackson… la cattiva non sono io, non ti ho tradito io sappilo, non è un particolare insignificante e tu- gli puntai il dito contro –dillo quando lo racconterai-
-Non potevo non farlo-
-Dici? La verità è che ti è piaciuto e che lo volevi, perché se davvero mi amassi avresti trovato qualsiasi scusa esistente al mondo per non farlo. E non sprecare fiato con le scuse, potresti non farcela a dire altre stronzate per qualcun’altra, domani torno a Napoli- feci per andarmene.
Mi afferrò per le braccia –Non vai da nessuna parte se non mi ascolti! Credi che lei non abbia capito che ti amo?! È testarda e non mi avrebbe mai permesso di avere rapporti un’altra, anche se sa che la nostra relazione è a convenienza!-
-Visto? L’avevo detto che dovevi tenerti il fiato per altre stronzate- sospirai –Michael, pensavo che un uomo facesse valere la propria autorità in una coppia!-
-Spiegami come avrei potuto! Mi avrebbe lasciato, l’accordo sarebbe saltato e la mia carriera sarebbe piombata ancora più in basso!-
-Pensavo che per te la nostra relazione valeva di più di un accordo… ma forse siccome la tua vita è un completo scandalo non volevi aggiungere altro- dovevo andarmene, però aspetta! Non avevo finito –io… io ti ho persino aiutato! È questo il ringraziamento? Benissimo, non vedevo l’ora che qualcuno mi riducesse il cuore ad un mucchietto di polvere più di quanto non lo sia già. Tu che dicevi “No, ti amerò per sempre”, tutte stronzate, e io poi sono stata ancora più cretina a credere alle tue scemenze, ricordi quando dicesti “Un rapporto non è mai una perdita ti tempo perché si è amati”, cioè ancora non mi conoscevi e già eri un cazzaro al quadrato- strinsi i pugni –e sai perché adesso me ne vado senza continuare?! Perché non voglio farti mettere a piangere!-
Il bello fu che parlò ancora.
-E tu… tu non ti metti a piangere per aver fatto la puttana con me, nonostante sapessi che c’era Lisa!- si tappò la bocca appena dette quelle cose –Elizabeth, io non… perdonami… io non volevo…-
Sorrisi –no, tu pensi esattamente quello che hai detto, ma tranquillo… ho portato le persone ad un’esasperazione così grande che le cose uscivano automatiche dalle loro bocche e finalmente caro Michael ho saputo cosa pensa la gente di me! E io ti rispondo che non ti darei mai la soddisfazione di vedermi piangere, perché tu non meriti nemmeno di vedere le mie lacrime-
Detto ciò andai in stanza a preparare le valigie.
Dovevo tornare alle vecchie certezze: gli uomini sono tutti stronzi, il vero amore non esiste, l’alcool è una grande cosa e le donne sono delle maledette masochiste.
Siamo così in cerca d’amore che ci facciamo addirittura male da sole per trovarlo! Che stupide.
Almeno pensavo che gli “uomini” (non i maschi) avevano le palle per dire alla fidanzata che amavano un’altra, ma Michael era stato così uomo da dirlo a me (“amante”) e vabbè… le cose in America andavano al contrario.
Certo che era strana la vita, le persone che soffrono devono soffrire ancora di più, mmh curioso come ragionamento. La vita però se ci fate caso è donna, è una maledetta stronza di donna.
Sorrisi prendendo il mio grosso borsone e andare via, dritta verso il cancello per una nuova vita, ed ecco che m’ero levata un altro peso di dosso, una persona in più da mandare a quel paese.
Pov Michael
La persona che amavo stava oltrepassando il cancello della mia casa.
Da fuori la finestra la vidi, corsi immediatamente fuori; aveva davvero il coraggio di andare via senza un posto dove stare.
Ma lei non era una Donna qualunque, Elizabeth Nastro era tutt’un’altra storia. Sembravo una freccia mentre cercavo di raggiungerla, forse non avevo mai corso più velocemente in tutta la mia vita.
La vedevo da lontano, lei si girò e cominciò a correre.
Era troppo veloce, non riuscivo a raggiungerla, ma diedi lo sprint giusto e le afferrai la maglia.
Si dimenava fortissima, mi scappò per un secondo, ma riuscii a riafferrarla e ‘sta volta a costringerla a guardarmi con la forza.
-Elizabeth guardami, ti prego- cercava in tutti i modi di non incrociare il mio sguardo.
Poi si arrese e io le accarezzai il viso –tu mi hai salvato da una fossa che avevano già scavato, lo sai che stavo per crollare, non so come sei riuscita a risollevarmi, ma in qualche modo hai mandato a quel paese quelli che già volevano sotterrarmi- presi aria –ho fatto un errore ieri notte. Non me lo perdonerò mai, sono stato uno stronzo, un bastardo e tutto quello che vuoi tu… io ho perso la ragione ieri ed ero troppo drogato per capire davvero che stavo facendo del male a te, alla mia vita e ti prometto che farò tutto ciò che vorrai… basta che resti con me-
-Amo il modo in cui menti- sorrisi –ma io non ci ricasco… mi hai chiamato puttana e scordatelo che io ti perdonerò… e ricorda che se io sono una puttana tu sei un puttaniere!-
Pov Elizabeth
Gli sputai in faccia –mi fai schifo-
Continuai –ricordi il secondo favore che mi dovevi perché ti avevo perdonato? Bene, non farti mai più vedere- risi e mi voltai per andarmene –la puttana se ne va a fare il suo mestiere!- alzai la mano in segno di “saluto”.

Il giorno lo passai a camminare fino all’aeroporto per comprare un biglietto dritto per Napoli, con lo stipendio che mi aveva dato Michael adesso avevo abbastanza soldi; dopodiché passai tutto il tempo a trovare un posto dove stare la notte, visto che il giorno dopo sarei partita.
La sera la passai in un motel in periferia, uno di quelli con l’insegna quasi fulminata, con i condizionatori rotti e i materassi sporchi. Volevo sentirmi vicina casa e facevo di tutto per esserlo.
Mi affacciai alla finestra per fumare una sigaretta (avevo fumato per un certo periodo della mia vita, poi avevo smesso, ma quando ero nervosa lo facevo spesso) con i gomiti sul davanzale, il fumo nelle narici e gli occhi puntati sulle luci perenni della città di Santa Barbara.
All’improvviso un senso di nausea si fece largo nel mio stomaco, corsi in bagno a vomitare, a vomitare tutto il veleno delle litigate con Michael, o a vomitare qualcosa di inesistente, anche perché non avevo mangiato nulla. Poi fitte alla pancia, seduta sulla tavola del wc ad ansimare dal dolore; ansimare era già assai, di solito il dolore lo sopportavo senza nemmeno fiatare… qualcosa non andava.
Non ci pensai troppo, non era il mio problema più grande al momento, sapevo di avere una salute di ferro nonostante il corpo esile e quindi sottovalutavo i problemi di salute; l’avevo sempre fatto e non era successo niente, perciò perché preoccuparsi… il dolore passò.
Dormii incubi abbastanza tranquilli e il giorno dopo partii con calma.
Cambiavo vita per l’ennesima volta, cosa fatta e strafatta, niente di difficile.
Finalmente dopo secoli continuai il mio amato libro che mi trascinavo ovunque, sfortunato quel povero mucchietto di fogli che era capitato tra le mie mani.
La cosa difficile fu scendere le scale di quell’aereo per tornare a casa con la coda fra le gambe, la seconda volta che dovevo dire addio al mio orgoglio…
Pov Michael
L’amore faceva così terribilmente male… lacerava letteralmente il cuore, il cuore è l’organo della vita, eppure certe persone potevano farne a meno.
Mi voltai a vedere tutto quello che avevo combinato nella mia stanza: specchi rotti, sedie spaccate, mobili sottosopra e vestiti gettati per l’aria. Ero stato io a combinare tutto quel disastro, ma lei avrebbe fatto così, mi aveva insegnato a sfogare la mia rabbia, tenersi tutto dentro faceva male ed infatti io stavo già molto meglio; ma già il fatto che pensavo al suo insegnamento era male, perché mi mancava e dopo la rabbia subentrò la tristezza.
Il telefono squillò. L’unico suono che avrei voluto sentire in quel momento e l’unico strumento rimasto in piedi.
Mi immaginai Elizabeth… che mi chiedeva di andare a prenderla perché ci aveva ripensato e mi aveva perdonato per il male che le avevo fatto. Eppure pensavo che non sarei mai stato in grado di ferire una persona, l’avevo sempre detto che non ero quel tipo di persona, invece in quel momento ero l’artefice della pugnalata al cuore più dolorosa che ad una donna possa essere inflitta.
Lo afferrai frettolosamente e dopo aver risposto… Siria.
-Oh… ciao Siria-
-Ehy che c’è che non va? Non sei contento di sentirmi?- domandò con la sua solita aria allegra e spensierata.
-Oh no, certo che sono felice di sentirti… sono solo un po’ stanco- la mia solita bugia, forse ero in grado di dire solo quella.
-Dov’è Lely?-
No. Io già cercavo di non pensarla, poi lei addirittura mi veniva a domandare proprio di Elizabeth… ma del resto la povera ragazza che ne poteva sapere di ciò che era successo.
-Lely… Lely… lei è…- e come glielo dovevo dire? Come potevo dirle che le speranze poste di me sulla rinascita della fenice erano crollate come un debole castello di carte? Come potevo dirle che le avevo spezzato il cuore? Come dovevo dirle che non era più tra le mie braccia che riposava beata? Come?! –è andata via- ecco, una risposta secca.
-Che cosa?! Stai scherzando vero?! Tu l’hai fatta andare via?! Michael che diavolo ti è saltato in mente, sei impazzito?!!- urlò così forte che dovetti allontanare la cornetta.
-Sì! Sono pazzo… d’amore. Io non avrei mai voluto farlo, ma…- le parole mi si fermarono in gola dalla vergogna.
-Ma?! Che cosa hai fatto di così grave?!!- ancora.
-Siria io… ho fatto sesso con Lisa, ecco tutto!-
-Ecco tutto?! Tu hai fatto una cosa gravissima! La più grave che si possa fare in un rapporto! Pensavo che tu l’avresti resa felice, per una volta nella sua vita!-
-Ma non capisci! Lisa è la mia ragazza!-
-Ma pensavo che avresti avuto le palle di lasciarla! Invece sei come tutti gli altri! Allora Elizabeth ha ragione, gli uomini sono tutti stronzi! Ho visto come sei gentiluomo, sappi che un vero uomo, un vero gentiluomo… rende le altre donne gelosa della propria, tu non hai avuto nemmeno il coraggio di lasciare quello che per te forse era un peso, Lisa. Tu dici che la cosa più importante è amare, in questo momento hai avuto paura di farlo… spero tu ti renda conto-
-Adesso sì…- lacrime –io ero drogato Siria. Sapevo che Lisa era gelosa di Elizabeth e per questo ha messo prima una pasticca nell’acqua e poi mi ha fatto fare tutto ciò che voleva!-
-Se lo sai vuol dire che ne eri consapevole-
-Ti sbagli. Ero così ansioso di andare da Elizabeth che quel giorno mi aveva salvato dal processo e quindi da morte certa, che non mi sono nemmeno accorto di cosa c’era nell’acqua, ma non ha voluto credermi, non potevo obbligarla a restare- spiegai.
-Michael è ovvio che non ti ha creduto. Anche io stento a crederti e probabilmente lei era così confusa e disorientata che non ti ha nemmeno ascoltato- la sentii sospirare dall’altro capo del telefono.
-Che cosa devo fare? Voglio che ritorni, al sicuro tra le mie braccia, nient’altro-
-Dov’è adesso?-
-Non lo so, non ne ho idea e ho paura che le possa essere fatto del male-
-Non devi avere paura che le sia fatto del male a lei, sa difendersi e non così stupida da farsi del male da sola… abbi paura per le persone, pensa a lei come mitragliatrice umana-
-Allora parlale tu, ti prego, dille che è tutto per me…-
-Ma come faccio a rintracciarla?!-
Sospirai –non ne ho idea-

Aprii la porta di casa e con sorpresa trovai Anisa piangendo, su una vecchia poltrona scuoiata.
Si alzò e si posizionò davanti a me.
Inclinai leggermente la testa, i nostri sguardi erano così diversi… il suo forse cercava di ispirare tenerezza, il mio rabbia e dolore.
Ma siccome il tempo è denaro non esitai a scansarla e passare alla mia stanza. Com’era strano rivedere quelle quattro mura, non sembrava più casa mia, ma in un certo modo ne avevo avuto nostalgia.
-Dove sei stata?- la figura ossea e apparentemente timida di Anisa era sull’uscio della porta.
-Non sono affari che ti riguardano- risposi.
-Invece sì… sei mia figlia- sorrise.
La fissai per un attimo, poi giunsi ad una facile conclusione –tu non sei mia madre- scossi la testa.
-Ma ti ho cresciuta-
-Ti sbagli, io mi sono cresciuta da sola, io ero il mio punto di riferimento, io e solo io! Tu non ci sei mai stata e se davvero hai fatto qualcosa di utile per me è stato riempirmi di sberle- distolsi lo sguardo.
-Mi dispiace Elizabeth, io… mi pento di tutto ciò che ti ho fatto, non immagini quante volte ho pianto per te in questi ultimi tempi, ho tentato il suicidio perché mi mancavi troppo e pensavo non saresti più tornata-
-E fai bene a pensare così, avevo bisogno solo di cinque minuti per ricordare l’incubo in cui ho vissuto- continuai –e se davvero ti sono mancata è perché avevi paura di non avere il denaro per mangiare che grazie a me c’era sempre- sorrisi consapevole.
Cominciò a piangere e poi mi fissò.
-Credi di far breccia nel mio cuore con le lacrime? Basta con le sceneggiate Anisa, io ti conosco troppo bene e non c’è scusa per tutto quello che mi hai fatto, questo è l’addio definitivo- andai alla porta.
Lei corse verso di me e si inginocchiò tenendomi stretta la gamba –ti prego Elizabeth, non andartene ancora, non di nuovo, ti scongiuro… piccola mia-
Non più rabbia, pietà per lei.
-Non sono piccola, ne tua. Io non sono di nessuno- strattonai la gamba e mi chiusi la porta alle spalle.
Giù per il quartiere tutti mi guardavano sconcertati, ero lo scandalo, la pecora nera, l’Americana.
-Uardat, è tornat l’American- (Guardate, è tornata l’Americana) rise sguaiatamente un uomo.
-Over, ma pcchè nun t ne vaje, accussì a facim frnut a chella povera mamma toj- (Davvero, ma perché non te ne vai, così la facciamo finita a quella povera mamma tua) disse invece una donna.
Risi mentre un vento disgraziato mi muoveva i capelli –nun v preoccupat signò, tra poc a fernimm sta sceneggiat- (Non vi preoccupate signora, tra poco la finiamo ‘sta sceneggiata) –e chella là nun è a mamma mij, ricurdatavell- (e quella là non è mia mamma, ricordatevelo) dissi soddisfatta infine.
Così li zittii tutti.
Con un treno andai a Napoli e camminai per le strade tutto il pomeriggio in cerca di un lavoro, ma poco trovai. Alla fine giunsi vicino al mare, dove potevo godermi la sua dolce brezza e lasciarmi cullare da quel canto.
Canto. Tutto me lo ricordava, mi mancava così tanto… il suo sorriso, i suoi occhi, il suo nasino. Risi a quel pensiero, che per quanto fosse stato sdolcinato era vero.
***
-E dopo cos’è successo?- mi domanda con le lacrime agli occhi il dottore.
-Beh ho ricominciato una nuova vita, ma al contrario delle altre sarebbe stata per sempre segnata da cicatrici indelebili che giurai di dimenticare… ma che a quanto pare non sarebbero mai guarite, o non del tutto- gli spiego.
-È una cosa terribile- cerca di asciugarsi le piccole lacrime che cominciano a calargli giù –può continuare comunque-
Sorrido al pensiero che almeno quel dottore era una persona molto sensibile, al contrario di come era sembrato all’inizio.
-Bene, la ringrazio- mi schiarii la voce.
***

Te ne starai lì a guardarmi bruciare
Beh va bene perché mi piace il modo in cui fa male
Te ne starai lì a sentirmi piangere
Beh va bene perché amo il modo in cui menti
Amo il modo in cui menti…


*Angolo autrice*

Una pazzia aggiornare quasi alle tre di notte? Non importa. In un certo senso volevo aggiornare oggi pomeriggio, ma non ho avuto tempo come al solito..
Love the way you lie. Come credo sappiate, il titolo del nuovo capitolo è anche il titolo di una famosa canzone di Eminem e Rihanna, e infatti l'ultimo pezzo scritto in corsivo è proprio un pezzo di canzone. Certo, da Michael un tradimento tremendo come quello non ce lo aspetteremmo, ma nella mente di Elizabeth adesso è come se sentisse che a lui piace ferirla, farle del male e alla fine guardarla bruciare. Dopotutto c'è quasi abituata, le hanno fatto così del male che quando le porgono un fiore le ci vuole un po' per capirlo...
Vi dirò anche che questo è il penultimo capitolo, eh già.. Siamo quasi alla fine.
Però c'è anche una buona notizia! Il prossimo capitolo sarà un prequel, una specie di prologo della nuova storia che ho cominciato e che sarà appunto il continuo di questa ^^
Allora, spero che la notizia vi abbia rallegrati e spero che il capitolo vi piaccia :D
I love you and God bless you!
Ve se ama davvero dal profondo gente!

SJ
  
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