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Autore: Kerkira2000    09/08/2014    0 recensioni
Tutti mi guardano, mi osservano, mi studiano come se fossi “ un cucchiaio in mezzo ad un set di forchette” per usare le parole della mia amica Penelope, per tutti Pen. E penso che tutti quegli occhi abbiano ragione ad osservarmi. MI chiamo Zoe, avevo 16 anni, capelli neri lunghi e mossi, occhi neri pece, ed … sono incinta...
non sono mai stata brava con le introduzioni, ma spero di avrvi incuriosito
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAP.6
Estraggo le chiavi di casa dalla borsa e apro il cancelletto di casa. Percorro il vialetto di casa e giungo alla porta. La apro, salgo le scale che portano al piano di sopra e arrivo in camera mia. La mia bellissima camera azzurra. E’ sì, perché nel mio antro l’azzurro domina su tutto: pareti color cielo e trapunta delle tinte della notte, le stelle fosforescenti che impreziosiscono un soffitto blu scuro. Mi butto sul letto e accendo il cellulare. Vedo tante, tante, tante chiamate di Pen. Compongo il suo numero e, dopo un paio di squilli, la mia migliore amica risponde.
-Cazzo, Zoe, dove sei stata?! Ti avrò chiamata 750 volte da quando è finita l’ultima ora!- Ah, la mia dolce cara Pen, con le sue esagerazioni.
-Ehi, Pen, tranquillizzati. Ero a fare una delle mie passeggiate lungo il fiume e poi al centro commerciale con mia mamma. Che cosa c’era di così urgente?- le domando con un sorriso stampato sulla faccia.
-Perché non mi hai chiamato? Comunque ti ricordi quello che mi hai detto prima di andare nell’ufficio della preside?-.
-Ah, sì. Intendi la tua relazione con un certo professore ?- chiedo con un tono di voce che dovrebbe essere malizioso ma che diventa di presa in giro.
- Ma sì, sbandieriamolo ai quattro venti visto che ci siamo!- e sento un sospiro frustrato all’altro capo del telefono. –Ci possiamo incontrare tra, boh, venti minuti al parco in fondo alla tua via, quello sul lungo fiume?-.
-Ma certo, mia incantevole amica, ci vediamo lì.- e attacco.
Mi cambio la maglia, e la sostituisco con un’azzurra. Cerco il mio MP3, le cuffiette che non so come mai erano finite sotto il letto, e ridiscendo le scale. Mi dirigo in cucina e mi verso un bicchiere di spremuta d’arancia dal frigo. 
-Mamma, io esco!- grido sul limitare della porta, e prima che lei possa ribattere, esco e mi chiudo la porta alle spalle. Accendo il mio MP3 e clicco sulla mia playlist preferita. Dentro c’è di tutto, dai Pink Floyd a Vasco Rossi, da Mina ai Beatles. Cammino, cammino, cammino lungo il marciapiede e in lontananza vedo lo scorrere lento del fiume. In circa quindici minuti arrivo a destinazione, e scorgo, su una panchina non molto lontana dall’argine, i capelli biondi di Pen. Mi avvicino cautamente e silenziosamente a lei, e le metto le mani sugli occhi.
-Indovina chi è?- dico divertita. –Potrebbe essere chiunque, forse il macellaio o la sarta?- dice con tono allegro.
-Cavoli Pen, non riconosci nemmeno la mia voce?- dico con faccia fintamente imbronciata . mi siedo di fianco alla mia amica e la osservo. È veramente nervosa: si tortura le mani e gli anelli che porta sempre, la sua gamba trema e lo sguardo vaga da una parte all’altra del fiume, del tutto intenzionata a non fissarmi negli occhi.
-Senti- le dico prendendogli le mani- vuoi parlarne e spiegarmi? Perché cavolo non me lo hai detto?-
-Zoe, non arrabbiarti, ti scongiuro… volevo dirtelo, sul serio, ma sarebbe stato troppo pericoloso. Non per me ma per lui.                                                                                                                                                                               Quando l’ho incontrato, non avevo idea di chi fosse. Non sapevo che professione facesse né che sarebbe venuto a insegnare alla nostra scuola. -
-Quando lo hai incontrato?- le chiedo mentre rivolge lo sguardo all’azzurro del fiume.
- Era un pomeriggio di luglio, e tu mi avevi appena avvertito che dovevi andare a unna visita dal ginecologo. Allora, visto che mi avevi avvertito all’ultimo momento ed ero già pronta per uscire, ho deciso di andare in un bar, quello sulla strada principale, sai qual è?- e dopo un mio cenno d’assenso continua il racconto.
Angolo autrice
Al prossimo capitolo, che posterò subito poiché altrimenti veniva troppo lungo.
                                             Kerkira
  
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