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Autore: Bloodlines    12/08/2014    5 recensioni
Per la fanfiction seguente ho preso spunto da un GdR Modern!AU in cui i personaggi di "Game of Thrones" si ritrovano nel nostro mondo, abitanti della città di Approdo del re.
Domeric è il fratellastro di Ramsay e primogenito di Roose Bolton, Rhaenys invece è una delle tre gemelle Targaryen che, insieme al fratello Viserys, sono giunti da poco in città. Tutti e due hanno storie e caratteri molto simili. Il loro incontro segnerà una svolta nella vita di entrambi.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Domeric Bolton, Rhaella Targaryen
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Le nuvole avevano finalmente deciso di allontanarsi, lasciando che il sole sbucasse timidamente per illuminare la grigia città di Approdo del re con i suoi raggi. Domeric Bolton sollevò lo sguardo, abbozzando un sorrisetto. Anche muovere le labbra spaccate gli provocava un dolore allucinante. Ramsay lo aveva picchiato di nuovo. Forte, questa volta. A volte temeva che, prima o poi, il fratello avrebbe perso il controllo, finendo per ucciderlo. Domeric era riuscito a strisciare via dalla sua camera, fiondandosi verso l'ingresso, con l'occhio destro irrimediabilmente nero e gonfio e il sangue che gli colava da una narice. Non aveva avuto neanche il tempo di prendere le chiavi della macchina, dunque si era limitato a fuggire il più lontano possibile, con le suole delle scarpe che battevano sul selciato accompagnate dal rumore della pioggia incessante.

"Quando tornerai ti ammazzerò di botte! Ti taglierò le palle e te le farò ingoiare! Hai capito!?"

Le minacce di Ramsay gli risuonavano ancora nelle orecchie, e Domeric dovette fare uno sforzo per non permettere alle lacrime di inondargli il viso. Perché? Perché suo fratello ce l'aveva così tanto con lui? Lo aveva trattato sempre con gentilezza. Aveva pregato suo padre, Roose Bolton, di tenerlo con loro a casa sebbene fosse il figlio di un'altra donna, e non di sua madre. Desiderava un fratello. Si sentiva così solo, da sempre. Gli altri ragazzi lo evitavano, lo deridevano, lo picchiavano. E Ramsay, che avrebbe dovuto stare dalla sua parte, sostenerlo e farlo sentire apprezzato, se non amato, era il peggiore. Domeric si passò una mano sul taglio profondo che gli attraversava la guancia, ritraendola sporca di sangue. Suo padre si sarebbe arrabbiato molto, vedendolo tornare a casa in quello stato, e lui come al solito avrebbe dato la colpa a qualche teppista sconosciuto, e non a Ramsay. Lo copriva sempre, perché non voleva che Roose lo mandasse via. Per quanto folle e crudele, era l'unico fratello che aveva. Il Bolton si sollevò dalla panchina sulla quale si era lasciato cadere, gemendo a causa delle fitte alle gambe, che Ramsay aveva calpestato senza pietà. Domeric aveva quasi temuto che gliele avrebbe rotte, ma sembravano a posto. Barcollò leggermente, appoggiandosi a un lampione per ritrovare l'equilibrio, rendendosi conto di quanto fosse ridicolo in quel momento. Per fortuna, sembrava che nel parco non ci fosse anima viva. Il silenzio che regnava al momento era rotto soltanto dal fruscio delle foglie, mosse dal vento, e dal cinguettio di qualche uccello solitario. Non aveva neanche fatto in tempo a prendere la macchina fotografica! In tal modo, avrebbe potuto fare qualche scatto e aggiungere le foto al suo album personale, le cui pagine erano state più volte strappate da Ramsay.

"Ramsay.... non saprai mai quanto ti voglio bene. O forse lo sai, ma non vuoi accettare il fatto che, per una volta, qualcuno non ti odi."

« Accidenti! Sono una frana... »

Una voce femminile interruppe il flusso dei suoi pensieri. Domeric si voltò, ritrovandosi a fissare il profilo di una ragazza china su una pozzanghera, nella quale, a quanto pareva, era finito il suo cellulare. I fluenti capelli argentei di lei ricadevano sulla sua spalla come una cascata. Il primo pensiero che sfiorò la mente di Domeric fu quello di aiutarla, ma poi si rese conto di essere impresentabile. Non voleva farsi vedere conciato in quel modo, sopratutto da una ragazza, tuttavia orma iera troppo tardi. La sconosciuta si voltò verso di lui, spalancando gli occhi e la bocca alla vista delle sue ferite. Chissà cosa stava pensando in quel momento. Magari che lui era una di quelle persone come suo fratello, che amavano scatenare risse senza alcun motivo apparente.

« Sì, lo so... non ho una bella cera, vero? »

Azzardò Domeric, sorridendo timidamente. Ora che la ragazza si era voltata, poté vedere con chiarezza i lineamenti delicati del suo volto, ma la cosa che lo colpì maggiormente furono i suoi occhi, dalle iridi violette. Non l'aveva mai vista prima.

« Ma cos'hai fatto alla faccia? »

Si era aspettato quella domanda, tuttavia rimase comunque sorpreso dal fatto che la ragazza disse quelle parole con tono più preoccupato che canzonatorio.

« Sono caduto dalle scale. »

Mentì Domeric, arrossendo violentemente. Gli succedeva spesso, soprattutto quando era ben consapevole di star dicendo una bugia. La fanciulla continuava a squadrarlo con stupore, quindi il Bolton pensò bene di sviare la conversazione su un argomento che non fosse lo stato del suo viso. Sollevò la mano per indicare la pozzanghera, nella quale galleggiava ancora il cellulare di lei.

« Come ti è caduto lì? »

« Oh... io... c-credo che mi sia scivolato via dalla tasca. N-non me ne sarei neanche accorta se non avessi sentito il rumore che ha fatto quando è finito nella pozzanghera. »


Anche la ragazza arrossì, e questo fece sentire Domeric leggermente più a suo agio. Non sembrava una ragazza cattiva. Ne aveva conosciute molte, purtroppo, alcune delle quali gli avevano giocato brutti tiri, facendogli credere di essere innamorate di lui soltanto per farlo cadere in qualche scherzo crudele. Molte volte aveva pianto a causa loro, e si era ripromesso ogni volta di cambiare, di non permettere più a nessuno di prenderlo in giro. Sfortunatamente, quella promessa si era rivelata vana.

« Lascia che ti aiuti. »

Disse Domeric, avvicinandosi a lei e cercando di non zoppicare. La ragazza indietreggiò leggermente, tormentandosi le mani in grembo. Lo stava studiando con attenzione. I suoi occhi color ametista sfrecciavano da una parte all'altra del suo volto malconcio, senza però mai incontrare il suo sguardo. Domeric si chinò per prendere il cellulare, mentre le fitte alla schiena tornarono a farsi sentire, più atroci che mai. L'apparecchio sembrava ormai inutilizzabile, ma il Bolton lo tese comunque alla ragazza, azzardando un sorriso.

« Tieni, anche se credo che sia... beh... »

« Oh no! Era di mia sorella Visenya! Me lo aveva prestato, adesso cosa le dirò? Se la prenderà con me! Sempre se riuscirò a tornare a casa.... mio fratello si arrabbierà tanto, mi picchierà... »


La ragazza si portò le mani alla bocca, come se si fosse resa conto di aver detto troppo. Domeric sollevò le sopracciglia.

« Ma cosa dici.... nessun fratello picchierebbe mai la propria sorella per una sciocchezza del genere! »

Cercò di scacciare dalla mente l'immagine di Ramsay, mentre le diceva quelle cose. Non erano tutti come lui.... no?

« No, infatti, io... m-mi sono lasciata prendere dal panico. Sono nuova in città, e non ho ancora imparato a muovermi. Senza telefono non potrò avvisare mio fratello e lui... lui si preoccuperà... »

« Oh, ecco! Mi sembrava di non averti mai vista prima, da queste parti! »


Disse Domeric, cercando di cambiare argomento. La ragazza gli stava mentendo, era palese, ma se non le andava di parlarne non poteva, né voleva costringerla. Non poté fare a meno di chiedersi, tuttavia, quale genere di mostro avrebbe potuto anche solo sfiorare una ragazza così dolce. Si preoccupava tanto per il cellulare di sua sorella e di cosa avrebbe detto suo fratello se non fosse rincasata in tempo, senza pensare al fatto che si trovasse praticamente dispersa in una città che non conosceva.

« P-probabile.... io sono... uhm... »

La ragazza scrutò ancora una volta il volto di Domeric, mordendosi il labbro inferiore. Probabilmente non sapeva se fosse il caso di rivelare o meno la sua identità. Il Bolton decise di venirle incontro.

« Non devi dirmi il tuo nome, se non vuoi. Io sono Domeric. Posso aiutarti. »

« Davvero? »


L'espressione della ragazza si fece speranzosa, e le sue labbra si distesero in un sorriso quando Domeric annuì. Almeno, in quel modo, avrebbe avuto una scusa per tornare a casa ad affrontare il padre e il fratello il più tardi possibile.

« Certo! Devi soltanto dirmi dove dovrei accompagnarti. Solo che... uhm... non ho la macchina al momento, quindi dovremo andarci a piedi! »

« Non è un problema! Grazie! Però... aspetta... »


Dalla borsa che portava a tracolla, la fanciulla tirò fuori un fazzoletto. Si avvicinò a lui, sollevandosi sulle punte dei piedi per raggiungere il suo volto, dopodiché gli ripulì la ferita alla guancia. Domeric divenne una fiamma.

« N-non... non importa... »

« Non puoi andare in giro così! »


Insistette lei, continuando a strofinargli delicatamente il fazzoletto sul volto. Il Bolton la lasciò fare, limitandosi a far scorrere il proprio sguardo sul suo profilo. Era davvero molto carina....

« Mio fratello dice che non dovrei accettare l'aiuto di sconosciuti. »

La sua voce riportò Domeric alla realtà. Strabuzzò gli occhi, rendendosi conto soltanto in quel momento che la ragazza aveva smesso di passargli il fazzoletto sul volto e lo stava gettando in un cestino della spazzatura lì vicino. Domeric sperò ardentemente che non avesse notato il suo sguardo, anche se ciò sembrava alquanto improbabile, dato che anche le guance di lei erano color porpora.

« Io non sono uno sconosciuto. Ti ho detto il mio nome, no? »

Disse Domeric, come se volesse ricordarle che non si era ancora presentata. Per tutta risposta, la ragazza sorrise, annuendo, dopodiché fece un gesto alquanto strano. Sembrò che volesse tendergli la mano affinché lui la afferrasse, tuttavia cambiò idea nel procinto di farlo e si limitò a portarsi la mano tra i capelli, sistemandosi una ciocca dietro l'orecchio.

« Ecco, vedi... Jorah Mormont ospita me, le mie sorelle e mio fratello, attualmente. Sai dove abita, vero? »

Gli chiese, con tono quasi implorante. Oh, Domeric conosceva abbastanza bene Jorah Mormont, un uomo alquanto burbero, ma che lo aveva sempre trattato con gentilezza, le poche volte in cui aveva avuto contatti con lui. Ciò però gli aveva consentito di sapere dove fosse casa sua, la quale non distava poi molto da lì.

« Certo. Vieni! »

Questa volta fu Domeric a porgerle timidamente la mano. La ragazza esitò, dopodiché la prese con la sua. Aveva un tocco morbido, delicato, proprio come aveva immaginato. Doveva essere passato molto tempo dal'ultima volta che aveva tenuto per mano una donna, pensò Domeric, mentre si avviavano verso l'uscita del parco. La ragazza sembrava non avere intenzione di proferire parola. Si limitava a guardare fisso dinanzi a sé, anche se Domeric la scorse mentre gli lanciava qualche occhiatina di tanto in tanto, per poi distogliere subito lo sguardo.

« Anch'io ho un fratello, sai? E' più piccolo di me... »

Le disse infine, mentre aspettavano che il semaforo diventasse verde, in modo da poter passare. La ragazza trasalì, al suono della sua voce, come se le avesse urlato contro, ed inizialmente Domeric credette di aver fatto qualcosa di sbagliato, tuttavia, quando ella si voltò verso di lui, gli sorrise.

« Davvero? Il mio invece è più grande! Ha sempre protetto me e le mie sorelle per tutto il tempo, e gli voglio molto bene per questo. Tu vuoi bene a tuo fratello, vero? »

Quella domanda, per quanto innocente, fu come una martellata al cuore per Domeric. Se l'era posta anche lui, più di una volta, e la risposta era sempre stata "sì". Ciò nonostante, più passava il tempo e più non riusciva a capire come potesse evitare di odiarlo. Eppure, anche la ragazza aveva detto di voler bene a suo fratello, e se ciò che si era lasciata sfuggire prima era vero, anche il suo la picchiava, il che lo rendeva, forse, anche peggiore di Ramsay. Non solo faceva del male a sua sorella, ma anche a una donna. Istintivamente, Domeric strinse la presa sulla mano della ragazza.

« Certo che gli voglio bene. Noi siamo molto... uhm... uniti. »

Forse aveva fatto male a sollevare quel discorso, tuttavia non se ne pentì, quando la ragazza lo prese come un modo per aprirsi di più con lui. Gli parlò delle sue due gemelle, Draega e Visenya, che avevano sempre avuto maggior successo di lei con i ragazzi. Gli disse com'era stato strano ritrovarsi in una città immensa come Approdo del re senza conoscere nessuno a parte i suoi familiari. Quando parlava, le sue labbra si muovevano frettolosamente, ma era capace di scandire bene le parole, dunque Domeric non aveva difficoltà a seguirla. Lui invece le parlò della sua famiglia, di suo padre e del suo lavoro, degli anni che aveva passato al conservatorio, e di quanto ne sentisse la mancanza. Per un breve tratto di strada, fecero dondolare le loro mani, ridendo a crepapelle come due ragazzini. Domeric le offrì un gelato quando raggiunsero un bar poco distante dalla loro destinazione, e dovette quasi costringerla ad accettare, dato che lei continuava a scuotere la testa, tentando di pagare con i suoi soldi. Infine, l'abitazione di Jorah Mormont comparve dinanzi a loro, dopo che ebbero svoltato l'angolo. Domeric provò una strana sensazione di vuoto, quando la vide. Aveva quasi sperato che il tragitto durasse di più.

« Ce l'hai fatta! Grazie! Grazie! Non riuscirò mai a ripagarti abbastanza! »

Gli disse, quando si furono avvicinati al cancello. Domeric si strinse nelle spalle, affondando le mani nelle tasche della giacca in pelle.

« E' stato un piacere, figurati! Non devi ripagarmi proprio di nul... »

Prima che potesse finire la frase, la ragazza gli corse incontro, per poi posare le labbra sulla sua guancia.

« I-io... io mi chiamo Rhaenys, comunque. Scusa se non te l'ho detto prima ma... non ero sicura di potermi fidare... »

Abbassò lo sguardo, dopo essersi allontanata da lui. Rhaenys. Un nome davvero molto bello. No, in realtà non aveva nulla di diverso dagli altri, era lei ad essere bella. Oh, ma cosa gli stava succedendo! Domeric scosse il capo con convinzione.

« Non c'è problema, Rhaenys. Ti capisco... »

« Grazie ancora. Beh, allora io... »

« Sì, certo... »

« Ti inviterei a entrare ma... »

« Non c'è problema. »


Ripeté di nuovo Domeric, facendo qualche passo indietro, sorridendo. Sul volto della ragazza comparve un'espressione diversa da quella che aveva quando erano giunti a destinazione. Sembrava quasi delusa. Forse si aspettava che lui le dicesse qualcosa, ma non sapeva come comportarsi. Cosa avrebbe dovuto dirle?

« Allora... io vado. E' stato un piacere, Domeric, davvero. »

Rhaenys agitò la mano, per poi voltarsi e dirigersi verso la porta d'ingresso. No, non poteva lasciarla andare così. Sarebbe stato uno stupido.

« Rhaenys! »

Disse Domeric, prima che lei potesse inserire la chiave nella serratura. La ragazza si voltò quasi automaticamente, come se avesse immaginato -o sperato- che lui l'avrebbe richiamata.

« Q-quando... quando potrò rivederti? »

Anche da quella distanza, Domeric riuscì a intravedere il nuovo accesso di rossore che invase le guance di lei.

« Io... tu... puoi venire qui da me quando vuoi... magari potremmo uscire, qualche volta, non saprei... »

« Sarebbe perfetto! »


Approvò Domeric, entusiasta, e di colpo si sentì libero. Il dolore alle gambe scomparve, e anche le fitte alla schiena. Rhaenys gli sorrise.

« Allora... ci sentiamo.. »

« Certo! »


Disse il ragazzo, e prima che Rhaenys potesse chiudersi la porta alle spalle, Domeric giurò di aver visto un sorriso smagliante sul suo volto, la fotocopia di quello che, al momento, campeggiava sul suo. Fu un'altra persona, quella che varcò la soglia di casa Bolton, quella sera. Roose, ovviamente, si limitò a osservare i suoi lividi con un'espressione tirata, dopodiché gli chiese chi ne fosse stato l'artefice. Ramsay lo stava osservando da un'angolino della stanza, gli occhi glauchi fissi sui suoi, un'espressione indecifrabile sul volto.

« Non lo so, papà, erano troppi.... non li ho riconosciuti. »

« Mhm.. »


Si limitò a dire Roose, dopodiché lo lasciò andare. Ramsay parve soddisfatto, infatti si dileguò silenziosamente. Sarebbe stato felice del fatto che il fratello lo avesse coperto di nuovo, e Domeric, come al solito, non avrebbe ricevuto nulla in cambio se non altre botte. Tuttavia, quando il ragazzo raggiunse, finalmente, la pace e la tranquillità della sua stanza, non stava pensando a Ramsay, né a suo padre, né alla sua schiena che aveva ricominciato a dolere. La sua mente era rivolta a Rhaenys, in particolare al ricordo delle loro mani intrecciate. Un sorriso gli illuminò il volto, e ben presto, i suoi pensieri si tramutarono in sogni.
  
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