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Autore: Dango_mimesis    13/09/2008    5 recensioni
Il mio nome è Ren.
ho sangue Naoki e sangue Uchiha che mi scorre nelle vene.
ma nessuno dei due clan è stato disposto ad accettarmi.
ok come presentazione lascia un po' a desiderare però è una storia carina, almeno dal mio punto di vista... =P
pairings principali: [Itachi/Ren] [Sasu/Naru/Sasu]
pairings secondari: [Neji/Hina] [Shika/Tema] [Ita/Dei]
Genere: Drammatico, Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Itachi, Akatsuki, Altri, Deidara
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Premessa (che credo sarà lunga).

Comincio subito dicendo che questa fic potrà disturbare molti, in quanto:
-inserisce non uno, ma ben (conta…) 9 personaggi attivi, e 7 (mi pare) personaggi comparsa; alcuni di questi ultimi non intervengono per nulla, altri in minima parte;
-li inserisce in una storia ben costruita qual è “Naruto”, e chi non ama gli stravolgimenti di trama non amerà questa storia;
-inoltre, il racconto unisce personaggi inventati con altri già esistenti in pairings che a molti faranno storcere il naso. I personaggi più toccati da questo, anticipo già che saranno Itachi, Gaara, Deidara.
-perciò, chi si sentisse particolarmente disgustato nel vedere i propri adorati pg congiungersi con gente a loro sconosciuta, può anche non leggere.

Se invece la cosa non vi tocca, saltate la premessa e leggete pure^^

Detto questo, non vorrei vedere recensioni che hanno come unico messaggio (e ho detto unico, non è che non potete dirlo) “non sopporto chi mette personaggi nuovi” oppure “Gaara/Itachi/Deidara/altro è solo mio” o ancora “questa fic non mi piace perché la storia sembra perfino un’altra, da quanti pg nuovi ci sono” o affini che al momento non mi vengono in mente.
Io vi ho avvisati: se non vi piace, non leggete. Sono ben accette le critiche relative a come tratto la storia, o critiche grammaticali, lessicali, strutturali, magari se approfondisco male qualcosa, o troppo un’altra. I personaggi non sono miei, ma appartengono a Masashi Kishimoto. I personaggi che mi appartengono sono Momoka ©, Kaito ©, Aoba ©, Ren ©, e tutto il clan Naoki © (wow ho un intero clan XD)
*
Passando oltre: questa fic è dedicata ad areon, una paziente nee-chan che mi sostiene/sopporta nei miei deliri e nei miei momenti di demenzialità acuta.
Grazie nee, ti lovvo un sacco ^^/ (e ti dedico TUTTA la fic, poi non venirmi a dire che non ti voglio bene u.u)
*
Altro appunto IMPORTANTE: gli spoiler sono per me un gran problema. Soprattutto riguardo ad Itachi Uchiha, e a tutto ciò che si cela dietro alla sua strage. So molte cose, che se rivelassi adesso sarebbero spoiler, ma non ne so abbastanza da avere un quadro completo e chiaro della situazione. Quindi, chiunque sia abbastanza informato da spiegarmi la sua storia una volta per tutte, è pregato di scrivermelo in recensione, così magari lo/la contatto su Messenger. Vi prego, ho bisogno di quelle informazioni, o ad un certo punto della storia, mi ritroverò costretta a sospenderla di colpo. Q____Q peffavoreee…
*
Ho finito di scassare, si comincia.
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Momoka era seduta sulla poltrona di paglia intrecciata, guardando amorevolmente fuori della finestra, verso il giardino. I suoi occhi erano posati su una bimba di un paio d'anni circa, infagottata in un kimono color crema a motivi floreali rosa pallido, che la faceva assomigliare ad una bambola di porcellana da collezione, come quelle che si trovavano sulla mensola in cucina. I lunghi capelli castani erano trattenuti in una morbida treccia, che le ricadeva lungo la schiena, ondeggiando ogni volta che la fanciulla si sporgeva a cogliere un fiore.
Sorridendo calma, la donna si beò dell’ilarità della figlia, che scoppiava ogniqualvolta i suoi occhi di bambina, pieni di vita e curiosità, incontravano un insetto o un vegetale che non aveva mai visto prima.
Come se d’improvviso la scena fosse cambiata, un velo di tristezza oscurò il volto di Momoka, che si alzò con grazia dalla sedia, lasciando ricadere sulle spalle i lunghi crini d’ossidiana.
Si diresse verso il bagno, rinfrescandosi il viso con dell’acqua, e lasciando che le stille lucide rigassero il viso regolare.
Si fissò nello specchio: cosa vedeva in sé?
Una donna.
Una donna che il suo clan avrebbe considerato perfetta, una degna rappresentante: pelle nivea, diafana, quasi spettrale, soprattutto perché accostata a due occhi neri come la china, e a lisci capelli corvini che incorniciavano il viso, facendo spiccare in modo quasi fastidioso la carnagione eburnea.
Il contrasto era ovattato, e in una certa maniera, quasi valorizzato dalla buona dose di grazia e raffinatezza proprie della giovane.
Con un aspetto del genere, poteva camminare a testa alta tra le fila della sua stirpe.
Si, Momoka Uchiha era a dir poco perfetta.
Almeno prima di infangare il buon nome di quella cerchia di ninja.
Prima di sporcarne la purezza del sangue, unendosi in matrimonio con un uomo appartenente ad una famiglia diversa, estranea, aliena. Non abitava neppure a Konoha, era di un altro villaggio, un altro mondo, e lei, la sacrilega, lei, la ribelle, la deviata, aveva osato commettere una simile empietà!
Come aveva potuto?
Come?
E, cosa ancor più sconvolgente, aveva messo al mondo un figlio. Aveva sparso il peccato anche nella sua discendenza. Quella bambina, quel frutto di un’unione proibita che ora giocava spensieratamente in giardino era stata condannata ancor prima della sua nascita.
La donna piantò lo sguardo rabbioso sulla propria immagine riflessa, volendo prendere a pugni quel vetro, quasi come se facendolo avesse potuto annullare la punizione che l’allontanava dalla sua stessa famiglia. No, ormai la sua famiglia non erano più gli Uchiha. La sua famiglia erano suo marito e la sua bimba. E basta.

-tesoro?-

Momoka sobbalzò. Persa nei suoi pensieri, non si era accorta della persona affacciatasi alla porta, che ora aspettava una risposta, dondolandosi sui piedi.

-oh, Kaito…-constatò. –non ti avevo sentito arrivare…-

-l’ho notato!- rimbeccò allegramente, slanciandosi in avanti per abbracciare la moglie. –allora, come sta la luce dei miei occhi?-

-è sempre la solita scansafatiche che passa più tempo a rimirare la sua bambina che a fare i lavori di casa… niente di nuovo, insomma…- brontolò.

-beh?-

-oh, lo sai benissimo cos’ho! Ormai Ren ha due anni e mezzo, perché non posso riprendere con le missioni?-

-perché la cosa più importante è badare a lei e seguirla in tutto e per tutto! Lo vedi che nemmeno io sto via per più di un giorno o due!! Però…- si rabbuiò.

-cosa succede?-

-il raikage ha fatto pressione perché mi vuole per una missione…-

-dura tanto?-

-non lo so… so solo che si partirebbe domani, e che è pericolosa, perché l’obiettivo è di catturare, vivo o morto non importa, un mukenin del villaggio delle cascate che stando a notizie più che attendibili, si aggira nei dintorni del Villaggio…-

-Kaito…-

-lo so, lo so Momoka, però… è pericoloso questo tizio, se arrivasse fino a qui, metterebbe in pericolo te e Ren, e poi…-

-ma perché tu?-

-perché… il raikage ha detto che devono esserci tutti i migliori jonin, e io… non posso dirgli di no, Momo!!-

Momoka non rispose, ma si limitò a mordersi un labbro, mentre si torturava la fede che portava sul medio della mano destra. Lo faceva sempre, quando era confusa o stressata.

-tu…tu vuoi andare?-

-si.-

-Kaito, potresti morire!-

-se non andiamo tutti, morirete anche tu e Ren!- baciò Momoka accarezzandole il viso, che si rigava di lacrime amare, consapevole che la scelta più logica era una decisione che le avrebbe straziato il cuore. Perché sapeva che qualcosa sarebbe andato storto. Se lo immaginava.

-ti amo.- mormorò quando si sciolsero.

-anch’io ti amo. È per questo che devo andare.-

Lei sospirò affranta.

-d’accordo.- con un assenso che le seccò la gola e le inumidì nuovamente gli occhi, la donna permise al marito di partire senza andare contro il suo volere.




Kaito Naoki morì due giorni dopo.




Il suo nome fu ricordato tra quelli dei migliori ninja che il villaggio della Nuvola abbia mai avuto, ma non tra quelli dei più grandi shinobi del clan Naoki. Dopotutto, lui ne aveva infangato il nome.
Al suo funerale furono presenti tutti i rappresentanti dei clan della nuvola, tutti gli amici più cari, la moglie, la figlia. Nessuno dei Naoki, però. Solo la madre, stremata dal dolore quanto la nuora e la nipotina, era riuscita ad essere presente, fuggendo di nascosto dall’imponente dimora della sua famiglia. Momoka intravide il viso di Aoba Naoki trasfigurato dalla sofferenza della perdita del proprio figlio minore, dopo quella del figlio maggiore, mentre cercava di celarlo a sguardi indiscreti da un pesante drappo nero.

-signora… Aoba-sama…-

La donna sussultò, sentendosi chiamare in causa, ma si tranquillizzò alla vista della giovane, con Ren a mano.

-Momoka… Momoka… - singhiozzò forte, sorreggendosi alla nuora. Lei, di tutto il clan, era l’unica ad aver anteposto la felicità di Kaito all’impeccabile reputazione dei Naoki. Era l’unica che aveva davvero voluto bene all’Uchiha, l’unica che Ren avesse mai chiamato “baa-san” senza ricevere in cambio sguardi di rimprovero, disgusto o disprezzo.

La bambina ancora non comprendeva. Non poteva farlo. Così, si chiedeva triste perché il suo papà si ostinasse a non tornare dalla missione, o perché la sua mamma piangesse ogni giorno, o ancora, perché la mamma stesse facendo le valige. Un secondo, valige?

-mamma?-

-dimmi, amore…-

-cosa fai?-

-preparo i bagagli… su, portami il tuo borsone, quello viola, che ci mettiamo i vestiti…-

-ma, kaa-san, perché…?-

-Ren…- sospirò, come se dire quelle parole le procurasse un dolore immenso. –ce ne andiamo.-

Gli occhi viola della bimba si spalancarono.

-c-che cosa? Ma… perché?? Io non voglio andarmene! Mamma!-

-non abbiamo più nulla da fare qui.-

-ma dove andiamo? Ma… e papà? Non aspettiamo papà? La missione…-

-Ren, ora ascoltami bene. Il tuo papà… il tuo papà non tornerà più.-

Ren, che aveva aperto la bocca per replicare intestardita come tipicamente fanno i bambini piccoli, la richiuse di scatto; nel giro di una manciata di secondi, realizzò ciò che Momoka aveva appena detto, e scoppiò in un pianto dirotto. La donna la seguì a ruota, abbracciando quel corpicino che sentiva più fragile che mai, per darle sostegno, e allo stesso tempo per aggrapparsi a tutto ciò che restava del suo amore, quello scricciolo di appena due anni e cinque mesi.
Era una scelta dura, soprattutto per la figlia.
Nonostante l’ostilità del clan Naoki, la Nuvola era pur sempre il suo villaggio natale, e la terra dei propri padri è qualcosa che si imprime nel cuore fin dalla più tenera età.
Ma ormai, non c’era più niente per loro lì.

La mattina seguente, le due erano già in partenza. Un semplice biglietto di ringraziamento, colmo d’affetto e riconoscenza, era stato lasciato sul tavolo del soggiorno, con sopra il nome di Aoba Naoki.
Per il resto, non avevano da spartire nulla con nessuno.

Dopo una settimana di viaggio, che si svolse senza guai, imprevisti o affini, Momoka Uchiha e la figlia giunsero a varcare le porte di Konohagure, il prestigioso Villaggio della Foglia, che vantava ninja di straordinario livello, conosciuti in tutti i Paesi.

-mamma, allora, è qui che sei nata tu?-

-si, Ren.- rispose Momo, con il cuore traboccante d’emozione. Dopo dieci anni, non era cambiato nulla. Almeno così sembrava a prima vista: sempre le solite case scassate, sempre il chiosco del Ramen Ichiraku, al solito posto… quando lo vide, l’Uchiha abbozzò un sorriso compiaciuto e nostalgico.
Decise che il suo primo pranzo dopo tutto quel tempo, l’avrebbe consumato proprio lì, in memoria degli anni andati, quando era una ragazzina scapestrata sempre a combinare casini con i compagni di squadra… fortuna che l’hokage era un tipo comprensivo…

-vieni, Ren, di qua. Chissà se è ancora in piedi…-

-cosa è in piedi, kaa-san?-

-seguimi e vedrai…-

La donna svoltò per viuzze strette e secondarie, seguendo un istinto e una memoria che, si accorse con piacere, erano ancora vivi in lei.

-mamma… sei sicura di dove stiamo andando?-

-ahahah… certo che si!!-

Dopo l’ultima curva a sinistra, Momoka si bloccò, tanto che la figlia quasi le si spalmò sulla schiena. Eccola. Non ci credeva: era lì. Era…

-…una casa?-

-no, non una casa… quella è Casa.-

-casa?-

-abiteremo lì. Sai, son dieci anni che non ci vengo, pensavo che l’avessero buttata giù… ma mi sono scordata che a Konoha vanno matti per i ruderi… ah, quale atroce dimenticanza, come ho potuto osare tanto?- rise di gusto.

Ren continuava a non capire. Ma d’altronde, era così piccola… non poteva neppure immaginare tutti i ricordi a cui sua madre era così legata, né la felicità e il senso di completezza che aveva provato sentendosi in terra natia.

In silenzio, lasciando Momoka ai suoi pensieri, la seguì in casa, che scoprirono essere… pulita? Ma come poteva essere? Chi andava a fare le pulizie in un luogo abbandonato? Boh… comunque fosse, non se ne curarono, e iniziarono a sistemare i bagagli. Non avevano mai posseduto granché, e non erano mai state amanti delle suppellettili. Solo qualche foto sulle mensole, bastava a farle contente. Infatti, la prima cosa a cui fu trovata un’ubicazione sicura, fu un quadretto in cui tre figure spiccavano davanti ad un giardino di ortensie: la loro foto di famiglia.
Appena ebbe un po’ più di tranquillità, la giovane Uchiha si soffermò ad osservarla.
Ren era un perfetto miscuglio tra lei e Kaito: gli occhi viola, erano del padre, però a differenza di quelli tipici dei Naoki, che erano caratterizzati da un taglio piuttosto sottile e allungato, erano grandi e pieni come quelli di Momo. I capelli lisci, erano castani, scuri ma non neri, dato che la chioma di Kaito era di un pallido lilla, che aveva come “schiarito” il corvino della madre. La pelle, infine, era pallida più che mai, tanto che a volte pareva quasi d’avorio: questo era l’unico punto in comune di entrambe le stirpi, che vantavano una rigorosissima epidermide diafana (che, detto tra noi, al sole dell’estate non durava più di dieci minuti e si scottava in un lampo).

-la mia dolce Ren… chissà se ho preso la decisione giusta a portarti qui…d’altronde, un covo di serpi vale l’altro, ma c’è da dire che qui mi sento terribilmente più sicura… ah, non mi fido più delle mie scelte…-

-mamma!- accorse la diretta interessata –che fai, parli da sola?-

-eh? Ma no, tesoro, tranquilla, non sto impazzendo, pensavo a voce alta, tutto qui… vieni qua a farti abbracciare…-

Stretta addosso alla madre, in quel momento Ren guardò fuori della finestra, mentre un uccellino si posava su un ramo… e pensò che forse, quella Konoha, non doveva essere tanto male.

***

Erano passati un anno e sei mesi da quando Ren e Momoka si erano trasferite alla Foglia. La bambina non usciva molto di casa, perché non le piaceva la confusione, anzi, era piuttosto amante della solitudine. Di questo la giovane Uchiha a volte si preoccupava, ma poi ripensava al fatto che se a sua figlia andava bene così, quando e se avesse voluto cambiare lo avrebbe deciso lei. Dopotutto, voleva solo la sua felicità.

-mamma…-

-si?-

-esco.-

-ah...- Momoka rimase piacevolmente sorpresa. –e dove vai?-

-boh, non lo so, in giro!-

-ok… sta’ attenta agli estranei, e agli sconosciuti, d’accordo?-

-si, certo…-

-senti, ti accompagno…-

-mamma… sono grande ormai!! Voglio andare a vedere se ci sono altri della mia età!-

-g-grande? Ren, ti rendi conto che hai quattro anni?-

-certo! Sono grande!!-

Ah. I bambini.

-non dare retta agli estranei, e se qualcuno di sospetto ti si avvicina, sai cosa fare! Ti ho insegnato le posizioni per quella tecnica…-

-certo! Sarò bravissima!-

Si, speriamo. Ren, da vera Naoki, aveva l’abilità innata di controllare l’aria. Il suo chakra, esatta fotocopia di quello del padre, aveva una particolare consistenza che appena emesso si impastava automaticamente con l’aria circostante, permettendo così allo shinobi che lo possedeva di controllarne la forma, la velocità, la direzione. Ovviamente la ragazzina era ancora alle prime armi, e tutto ciò che riusciva a fare era vorticare chakra e aria in maniera scomposta e non sempre nel modo in cui lei voleva, ma nell’ultimo anno e mezzo si era concentrata su una tecnica particolare che permetteva di creare una sorta di “pugno gassoso”. In sostanza, era una mini onda d’urto creata a scopi difensivi.
Ora, Momoka sperava vivamente che la figlioletta non se ne andasse in giro per strada a picchiare la gente solo per verificare di essere capace ad eseguire quel jutsu, ma infine optò per la fiducia.

-ok, allora ci vediamo tra un’ora-

-cosa, solo una?-

-un’ora e mezza.-

-ma mammaaaa!!!-

-non più di un’ora e mezza.-

-uffa… occheiii…-

Appena due secondi dopo, Ren scattò come una cerbiatta fuori dalla casa. In realtà un obiettivo ce l’aveva: il bosco. Konoha era immersa nel verde più puro, e lei adorava quell’ambiente, era il suo habitat naturale praticamente, perciò quale miglior posto per rilassarsi?
Correva scatenata, ansiosa e nello stesso tempo traboccante di gioia. Si, quella Foglia decisamente le piaceva.
Il vento le correva tra i capelli, andando a scompigliare l’immancabile treccia morbida fermata da un nastro rosso ciliegia. La maglia azzurro pallido, piuttosto larga per la sua esile corporatura, le sbatacchiava sui fianchi, ma lei non ci badava minimamente. Una sola cosa le interessava, e quella soltanto.
Superati i primi alberi, trovò esattamente ciò che si aspettava: una radura con un laghetto naturale. Doveva essercene per forza uno prima o poi.
Si fermò di botto e si sedette su una grossa roccia piatta, chiudendo gli occhi e annusando l’aria: ok, promossa, assolutamente limpida e profumata, umida, sapeva di alberi, di natura.

-tu sei quella nuova? Ho sentito mia madre che ne parlava con mio padre, un giorno. Diceva che anche se è un anno e mezzo che stai qua, quasi nessuno ti ha vista perché te ne stai sempre nel tuo giardino, è vero?-

Ren non aveva osato voltarsi, ed era rimasta pietrificata ad ascoltare lo sconosciuto. Il cuore le martellava così forte che pensava che sarebbe scoppiato da un momento all’altro.

-beh?-



-non mi rispondi? Ti ho solo chiesto se sei tu quella che viene dalla nuvola…-

Il tono dello sconosciuto si era addolcito. Ora il silenzio regnava sovrano; solo un leggero alito di vento faceva ondeggiare i suoi lunghi capelli castani, che le colpivano lievemente il viso.
Sempre senza rispondere, Ren si voltò. Di fronte a lei si era immaginata di trovare un ragazzo, un uomo. Il tono di voce era chiaro, ma pacato e misurato come quello di un adulto. Invece…
Era un ragazzino.
Anzi, un bambino. Che doveva avere la sua età.
Aveva lunghi capelli neri, raccolti in una coda di cavallo sulla nuca, mentre due ciuffi più corti gli incorniciavano il viso regolare. Gli occhi erano bellissimi: grandi, con le ciglia lunghe, neri. Neri. Neri. Profondi e neri. Più della notte, più del buio. Neri. E belli. Anzi, meravigliosi. Ma la cosa che la colpì di più era la pelle: era dello stesso colore della sua.

Anche l’altro bambino era rimasto sorpreso da lei. Dal viola intenso degli occhi, soprattutto. A Konoha nessuno aveva degli occhi così. Pure la sua bocca era abbastanza particolare, però. Si vedeva che era straniera, perché non aveva mai visto una sola persona in quel villaggio con occhi di tal genere, e anche la sua bocca… sembrava un bocciolo. Non era grande, ma neanche piccola, e le labbra non erano sottili, ma neanche troppo grosse… erano piene e di un rosa intenso.
 
Ren notò subito la curiosità che quel ragazzino dai capelli neri le aveva rivolto, e scacciando la sorpresa, si decise a parlare.

-però, tu che mi chiedi chi sono, non ti sei presentato.-

L’altro sussultò, ma rimase zitto.

-in ogni caso, si. Sono io.-

Scese dal masso su cui si era accoccolata in precedenza e si portò davanti all’altro.
Era fiera e superba. Non presuntuosa, solo, orgogliosa. In tutti i suoi quattro anni. Squadrò il bambino, leggermente dal basso verso l’alto, aspettando una risposta. Lui sembrò quasi ghignare, ma non era perfidia quella che leggeva nei suoi occhi, quanto più un’immensa, completa, soddisfazione.
Le porse la mano destra, che lei afferrò e strinse convinta.

-molto piacere. Io sono Ren Naoki.-

-il piacere è mio. Itachi Uchiha.-

-una marmotta, dunque?- azzardò.

-no, non una marmotta. LA marmotta.-

Ridacchiarono.

-quanti anni hai? Io quattro.-

-anch’io.-

Continuarono a stringersi la mano per altri cinque, sei, forse dieci minuti.
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Fine primo chap! \^_^/ allora, che ve ne pare? Per delucidazioni sui personaggi chiedete pure… per avere un’ideuzza sul loro aspetto fisico, ho messo il link per un disegno che ho fatto di loro, pure di Ren da piccola.
(link: per Ren a 4 anni: Ren
        per Momoka Uchiha & Kaito Naoki: Momo/Kai)
Lasciate un commentino se potete, mi fanno tanto felici ^^
Grazie a tutti quelli che hanno letto, perché se hanno avuto la forza di arrivare fino in fondo al cap, vuol dire che hanno del fegato XD. Per i più precisini, ogni ripetizione nel testo è voluta, come quella di famiglia nei pensieri di Momoka all’inizio della fic ^^
Se trovate castronerie grammaticali in genere, segnalate, mi fa sempre piacere correggere…
Appunto per areon: adesso non iniziare a chiedere di Ichi o Shu, perché mancano ancora una valanga di capitoli, chiaro? Bacioni a everyone,
-Dango-
  
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