Il
Dio della Pioggia
5
Rain
Uscirono dall’ascensore e Seiji le cinse la vita con un braccio, «Che
ne dici di dirmi dove vivi? O devo leggerti nel pensiero?»
Riportò l’indirizzo sforzandosi di restare seria.
Appena fuori dal portone, un vento gelido li investì.
Bella serata per lasciare il cappellino
a casa!
Il braccio di Seiji salì alle sue spalle e la strinse, «Che tempo da
lupi…» disse praticamente nel suo orecchio.
Annuì senza riuscire ad aprire la bocca dal vento che tirava.
La guidò verso la macchina cercando di proteggerla e in un lampo si
trovò all’interno della vettura.
Lo vide muoversi velocemente ed entrare al posto di guida.
«Accidenti‼» esclamò portandosi i capelli indietro «Non era un
tempo del genere quando siamo arrivati!»
«No, infatti. E’ peggiorato in maniera incredibile.»
«Stai attenta come l’unico fine settimana libero da mesi coincide con una bufera da primato eh…»
Accese l’avviamento, il motore e il riscaldamento in rapida
successione.
«Mana vi ha lasciato liberi? Allora avete fatto i compiti.»
Sarà il momento di dirglielo? Fra una
risata e l’altra non c’è stato verso. Alla fine Manabu ha capito che toccava a
me in separata sede.
«Puoi dirlo forte. E’ stata una settimana da cardiopalma, ma i
risultati sono eccezionali. Tutto ok? Hai freddo?»
«Mi sto scongelando» rispose con un sorriso.
Riaprì bocca per introdurre il discorso della tastierista misteriosa,
quando Seiji rispose al sorriso, poi si voltò per prendere la cintura di
sicurezza, «Anche mia madre aveva il terrore che ti ammalassi.»
Il sorriso si allargò automaticamente, solo a sentirla nominare, «Sì,
rammento. Lo dico a te come lo dissi a Manabu: in casa tua c’era un calore che
esulava dal riscaldamento.»
Lo vide bloccarsi, poi voltarsi lentamente verso di lei, gli occhi socchiusi,
«Se non fossi mai entrato a Villa Sasakawa avrei potuto chiederti cosa
intendi.»
Rimase un attimo talmente spiazzata da non riuscire a muoversi,
«Credimi… sono felice di non doverti dare spiegazioni. Tu hai conosciuto sia
mio padre che mia madre.»
Sistemò anche la propria cintura di sicurezza, mentre Seiji faceva
manovra per uscire dal parcheggio.
«Davanti a Kaede ho preferito non approfondire… ma li senti spesso?»
riprese lui.
Scosse la testa. «No. Mia madre con la mia maggiore età ha perso anche
l’unico fattore che in qualche modo la obbligava verso di me, mio padre… beh,
non faccio parte della famiglia perfetta che si è creato dopo il divorzio da
mia madre.» Ci fu un attimo di silenzio, poi, guardando rigorosamente fuori dal
finestrino… «Manabu mi ha detto di tuo padre… non so dirti a parole quanto mi
dispiace. Non ne sapevo niente.»
Sentì il suo sorriso, «E come potevi? Anche se lì per lì è stato devastante,
me ne sono fatto una ragione. Soffriva e basta, non era vita.»
«Ti spiace se quando torno a Hiroshima faccio visita alla sua tomba?»
«Non vedo perché dovrebbe, ma già che me lo hai chiesto, possiamo
andarci insieme.»
Sentì distintamente i muscoli del suo corpo rilassarsi, senza sapere
quando si erano tesi come corde di violino, «Sono poco più che un’estranea per
la tua famiglia e…» sentì il bisogno di giustificare la richiesta.
«Non è vero. Rain, sbagli clamorosamente se la pensi così.»
«… non volevo offenderti, pensavo solo…»
Si bloccò quando quello che aveva detto Seiji si fece spazio nel suo cervello.
«Non mi hai offeso. Ti sei sempre mossa come un’ombra… e mi dispiace
ammettere che ho capito pienamente solo stasera il perché, ma i miei genitori
ti hanno riconosciuta subito per quella fonte di luce che sei.»
Si voltò lentamente verso di lui, ricordandosi a malapena come si
respirava.
Seiji sorrise appena e le lanciò un’occhiata, «Per la cronaca, ho
riconosciuto la sciarpa e i guanti che porti stasera.»
La bocca le si aprì senza permesso. Ma
che idiota sono. Sono quelli che mi ha regalato sua madre.
«Bella serata per scordarsi il cappellino» aggiunse con la solita
faccia da schiaffi.
Scoppiò a ridere, «L’ho pensato appena messo piede fuori dal
portone‼»
La seguì nella risata.
«Sai perché mi sono incantato a guardarti a cena?» chiese Seiji
improvvisamente «Quando hai sventolato la mano davanti al mio viso.»
«Perché?»
«Ho realizzato di aver sentito la tua mancanza in questi anni. Mancava…
qualcosa e l’ho semplicemente ignorato.»
Rimase, per l’ennesima volta, cristallizzata.
E il fatto che avesse parlato senza staccare gli occhi dalla strada,
non fu di aiuto.
Rimasero in silenzio per tutto il resto del viaggio.
Un silenzio rilassato. Morbido.
Ci si adagiò sopra, avvolta da quella ammissione.
Aveva pensato spesso a lui… adesso, a distanza di quindici anni, poteva
ammetterlo, almeno con sé stessa: aveva…
Quando il motore si spense, sussultò tornando alla realtà.
«C’è qualcuno nella tua vita adesso, Rain?»
Si voltò verso di lui, «No.»
Seiji incatenò i suoi occhi con una facilità sconcertante, «Credi che
sia un caso che Mana ci abbia fatto ritrovare così?»
So che non lo è, maledizione… ma quando
sarà troppo tardi per dirtelo?
«No.»
Lo vide spostare lo sguardo oltre lei, fuori dal finestrino. «Ho
scoperto anche un’altra cosa… ed è quest’ultima scoperta che mi sta dando il
coraggio di chiederti se posso salire con te.»
Non si sarebbe stupita se sotto il sedere si fosse aperta una voragine
che l’avesse ingoiata.
«Cosa hai scoperto?» chiese con la poca voce che le era rimasta.
Seiji puntò di nuovo lo sguardo su lei. «Ti ho cercata in questi anni…
in ogni donna che ha attirato per qualche motivo la mia attenzione c’era
qualcosa di te.» Sorrise appena «E non sono riuscito a trovare il tuo senso
dell’umorismo, la tua testardaggine, la tua ironia, i tuoi occhi, la tua voce, la
tua complicità, il tuo profumo… ti guardo anche adesso e non riesco a
capacitarmi di quanto sia stato idiota.» Quel sorriso si accentuò, «Non posso
prometterti che sarò un bravo ragazzo o che tu sia improvvisamente al riparo
dalla mia ironia… ma posso assicurarti che non forzerò le cose. Semplicemente,
in questo momento, mi è inconcepibile allontanarmi da te.»
«Parcheggia.»
Le ubbidì alla velocità della luce.
Scesero dalla macchina e si ripeté la scena di quando erano usciti dal
portone di casa di Mana.
«A che piano vivi?»
«L’ultimo.»
«Ah già… non tolleri che qualcuno ti cammini sulla testa…»
Si trovò a sorridere mentre aprì il portone.
Entrarono in ascensore che lei stava ancora scendendo a patti con i
suoi capelli… e per fortuna che la maggior parte erano bloccati sotto la
sciarpa e dentro il cappotto!
Seiji, perfetto anche spettinato, si appoggiò alla parete davanti a
lei, «Facciamo un gioco?»
«Del tipo?»
«Vediamo se indovino casa tua.»
«Ok, proviamo.»
«Nero, grigio e bianco. Vetro. Marmo. Cristallo. Legno… chiaro però.
Odi la plastica, quindi l’avrai evitata con tutte le tue forze. Pochi mobili,
ti piacciono gli spazi ampi, ma ogni stanza è ben definita… quasi a sé stante.
Come sto andando?»
Era a bocca aperta, ecco come stava andando.
«Direi… bene…»
Lo vide sorridere. «Hai sempre un debole per la seta?»
Fu lei a sorridere, «Sì.»
«Collezioni sempre bicchieri strani?»
Cercò di trattenersi dal ridere, «Sì.»
L’ascensore si fermò e le porte si aprirono.
Seiji le fece segno di precederlo.
«Non stavo scherzando da Manabu: non ti ricordavo gentiluomo.»
«Quando ci siamo visti l’ultima volta non ero neanche un uomo ancora.
Se lo fossi stato, tu saresti salita su quel treno con me.»
Rimase spiazzata.
Completamente.
Aprì la serratura con la mano che tremava.
Seiji dovette accorgersene, perché l’avvolse nella propria, aiutandola.
«Sono nervoso anche io» mormorò.
L’ammissione la tranquillizzò un po’.
Entrarono e accese di riflesso la luce nell’ingresso.
Seiji chiuse la porta alle loro spalle.
♠ † ♠ † ÷ † ♠
† ♠
Seth
Adesso restava da capire cosa intendeva il suo cervello quando le aveva
detto che non avrebbe forzato le cose.
Dove avesse trovato il coraggio di chiederle di salire in casa sua e,
in seguito, di dar voce a tutti gli altri pensieri, sarebbe probabilmente
rimasto uno dei misteri più insondabili della sua vita.
Ho già perso troppo tempo con lei, ecco
da dove nasce quel coraggio. Troppo, maledizione.
«Che ne dici di un altro caffè?» chiese Rain.
«Ti seguo.»
Era facile immaginare che non avrebbero dormito molto, a prescindere
dalla stanza dove sarebbero finiti.
La tv si accese come per magia.
Quasi si staccò da terra per la sorpresa.
«Sono abituata ad accenderla appena entrata in casa» disse Rain
accorgendosi del suo sussulto. «E’ automatico.»
Si trovò ad annuire, «Mia madre ha preso questa abitudine da quando è
sola in casa.»
Rain lo fissò per qualche secondo, poi annuì. «Vedo che hai capito.»
Si tolsero i cappotti senza una parola.
Già suo padre, all’epoca, aveva inquadrato Rain come una ragazza molto
sola. Gli ci erano voluti quasi diciassette anni per capire cosa intendesse.
La seguì in silenzio fino alla cucina e passando accanto alle porte,
Rain gli diede una panoramica dell’attico.
«Ecco, già che ho inquadrato il bagno, ne approfitto subito!» esclamò.
«Ok, la cucina è la stanza in fondo, sulla destra. Appena hai fatto
devo dirti una cosa importante.»
Qualcosa nella sua voce gli fece bloccare la mano sulla maniglia della
porta, la guardò allontanarsi.
♠ † ♠ † ÷ † ♠
† ♠
Rain
A parole o semplicemente facendogli trovare la maschera sopra il tavolo
di cucina?
Non poteva più rimandare. Proprio no.
Poi, sarebbe successo quello che doveva succedere. Anche vederlo di
nuovo uscire dalla sua vita, ma stavolta incazzato nero.
Non mi è mai sembrata una grande idea,
ma ora è a dir poco pessima.
Seiji arrivò in cucina che stava versando il caffè nelle tazze, «Come
al solito?» gli chiese.
Lo vide annuire.
«Ok, spara. Ti sei ricordata un fidanzato dimenticato nell’armadio?»
Scosse la testa, cosciente di star prendendo tempo. «Senti per caso
puzza di decomposizione?» Gli tese la tazza e… « No, niente di tutto ciò. Ti ho
detto che non c’è nessuno nella mia vita ed è esattamente quello che intendevo.
Siediti, è meglio.»
Le ubbidì sempre più perplesso.
Prese fiato e… «Seiji, la cena a casa di Manabu è stata organizzata per
farci incontrare… ma in realtà tu mi hai sotto il naso da una settimana, e da
una tua considerazione ho capito che sei ad un passo dal capire come stanno le
cose. Il punto è che non posso più aspettare che ci arrivi da solo, perché da
ora in poi potrebbe succedere di tutto. Sono io, Mystery.»
♠ † ♠ † ÷ † ♠
† ♠
Seth
Il primo istinto fu di mettersi le mani nei capelli, il secondo di
mettersi a ridere.
Optò per il secondo.
«Io lo ammazzo!» esalò.
Rain lo fissava sbalordita. «Pensavo che ti arrabbiassi» mormorò.
«Arrabbiarmi?? E’ vero: ero ad un passo dal capire. Ho riconosciuto la
tua voce, a casa di Mana, e l’ho associata subito a Mystery! Non ci vedevamo da
quindici anni Rain. Quindici anni. E’
bastata una maschera per nascondermi la tua identità! Potrei battere contro un
muro Mana, ma realisticamente che me la riprendo a fare con quello spostato?»
«Senza mi hai riconosciuta subito. Non scherzavo neanche quando ti ho
detto che mi hai fatto perdere cento Yen. Prima o poi Manabu verrà a battere
cassa…» aggiunse con un sorriso.
«Pensavi davvero che non ti avrei riconosciuta?»
«Sono passati quindici anni» gli ricordò.
Quella donna, fin dalla prima volta che l’aveva vista sotto forma di
una quattordicenne, gli aveva fatto vibrare il cuore in una tonalità che non
aveva riconosciuto fino a quella sera.
O forse, a voler essere proprio onesti, non aveva voluto riconoscere.
Forse, tutto si riassumeva con il fatto che a diciassette anni, una
multimilionaria di quindici anni scarsi non era un’ipotesi da prendere in
considerazione, specie se eri povero.
Specie se era talmente affine a te da non riuscire a crederci.
Specie se avevi già un biglietto per Tokyo, nel tuo destino, prima del
compimento dei ventuno anni.
Si era impegnato.
Avevano combattuto ad armi pari, a colpi di ironia e senso
dell’umorismo.
Adesso vedeva la situazione per quello che era: se non si fossero
trinciati dietro l’ironia…
«Io e te potevamo stare insieme da almeno quindici anni, ne sei cosciente
anche tu adesso?»
Rain lo fissò con un sorriso, «Sì. Manabu ci è arrivato molto prima.»
Si trovò ad annuire.
Posò la tazza e si alzò.
Aggirò il tavolo.
Non abbiamo più bisogno di parole.
Anche Rain si sbarazzò della tazza vedendolo avvicinarsi.
La baciò ancora prima di toccarla.
Ancora prima di trovare finalmente il suo posto nel mondo incollato a
lei da capo a piedi.
Ancora prima di ammettere finalmente, anche se solo con se stesso, io sono pazzo di lei.
Fu in quel preciso momento che il suo cellulare cominciò a squillare.
♠ † ♠ † ÷ † ♠
† ♠
K
Maledizione, in casa di Seth non rispondeva nessuno.
Qualcosa sbatté con violenza contro la persiana, facendolo sussultare.
No, doveva saperlo al sicuro, non avrebbe chiuso occhio altrimenti.
Gli altri tre erano già a casa, e anche se Mana lo aveva rassicurato, quasi
proibendogli di contattare il solista, doveva sentirlo dalla voce di Seth che
era al riparo.
Ti pareva che un fine settimana libero
dopo mesi venisse messo in risalto da una tempesta in piena regola?
Si risolse a chiamarlo sul cellulare e, dopo diversi squilli, rispose,
«K, qual buon vento?»
«Un vento di tempesta in piena regola, Seth. Dimmi che sei al sicuro da
qualche parte, a casa non mi hai risposto.»
Seguirono secondi di silenzio perfetto, poi… «Fammi capire. Il vento
gelido che c’è fuori si sta evolvendo?»
«Hai una tv a portata di mano?»
«Certo, è anche accesa, ma ero un po’ preso.»
«Ah, da cosa se non sono indiscreto?»
«Sei indiscreto, ma te lo dico lo stesso: non sono più single.»
Toccò a lui rimanere in silenzio. «Oh merda, non dirmi che ti ho
interrotto… mentre…» L’incredulità mista ad imbarazzo lasciò presto il passo
alla risatina divertita. «Sorry!»
«Sì, certo, sento quanto sei dispiaciuto…»
Scoppiò a ridere, «Dai Seth, cosa ne potevo sapere??» chiese omettendo
accuratamente i segnali ricevuti da parte di Mana.
Accidenti a quell’uomo e alla sua mania
di lasciare conigli nel cilindro! Cosa dannazione ci voleva a dirmi che era con
una donna??
«La mia priorità era di saperti al sicuro e a casa non rispondevi!»
concluse.
Seth lo stava già seguendo nella risata, «Dai, lo so! Gli altri?»
«Tutti al sicuro.»
«Ottimo. Oh cazzo… ne sta parlando il telegiornale.»
«Beh, almeno sei al sicuro.»
Il silenzio di Seth lo mise inspiegabilmente in allarme.
«Seth?»
«Maledizione, devo tornare a casa.»
«A fare cosa???» esplose «Non
fare stronzate Seth, resta dove sei!»
«K, ascoltami. Se la tempesta continua, rischio di rimanere bloccato
qui almeno fino a stasera. Quasi ventiquattro ore piene. E sono andato
direttamente a casa di Mana dopo le prove. Non posso lasciare il pitone da solo
per tutto questo tempo. Senza contare che sentendo la tempesta potrebbe rimettere
il pasto… e… merda. Devo tornare.»
Sentì una voce in sottofondo.
«Cosa? Scordatelo Rain.»
Rain?
«Seth, ascolta almeno lei.»
«Mi ha informato che viene a casa con me.»
Si trovò la mano sugli occhi ancora prima di decidere di farla
schiantare lì, «Ah, siete appaiati bene.»
«Più di quanto tu non immagini. E’ andata a preparare un valigiotto da
portarsi dietro, pensa.»
«Fantastico, ti ho chiamato per tranquillizzarmi e invece mi sono
guadagnato un’ansia da infarto multiplo.»
«Ovviamente ti chiamo quando sono a casa.»
«Non è quello il punto Seth.
Ci devi arrivare, a casa.»
«Con lei in macchina, stai certo che ci arrivo. Per forza.»
Alla fine vinse la sua leggendaria curiosità, «Da quanto la conosci?»
«Quasi vent’anni.»
«Eh??»
«Eh… e la parte migliore è che la conosci anche tu, amico mio.»
«Se conoscessi una che si chiama Rain, penso che me lo ricorderei.»
«Tu l’hai conosciuta come Mystery.»
La risata in sottofondo, stavolta, fu inequivocabile. L’avrebbe riconosciuta ovunque.
«Ma… ma…»
«Ciao K» disse inderogabilmente la voce di Mystery.
«No, aspettate un attimo…»
«Te lo spieghiamo lunedì mattina, ok?» disse Seth.
«Stai scherzando vero? Io non
ci arrivo a lunedì mattina dalla curiosità!» lo rimbeccò scatenando le risate
di entrambi «No, ascolta cosa facciamo: voi due vi imbarcate in questo suicidio
e io sto al telefono con quello che non guida! Così mi racconta cosa è successo
e mi assicuro allo stesso tempo che arriviate tutti e due interi a casa tua!»
«E’ un distillato di senso pratico alto un metro e ottantasei» disse
Seth.
«Sì, lo avevo già notato.»
«Come devo chiamarti a questo punto?»
«Rain.»
«Ok.»
«Senti K, ti richiamo quando siamo in macchina. Avremo bisogno di tutte
e due la mani per arrivarci» disse Rain.
Anche questo è vero.
«D’accordo, ma per favore: fallo.»
«Tranquillo, a fra poco.»
Riattaccò e i suoi occhi furono attratti dall’orologio.
Si mise a contare i secondi.
Seth e Mystery stanno insieme? Si
conoscono da vent’anni…?
Improvvisamente, come un fulmine, tutto fu chiaro.
Mana è a dir poco un folle
genio‼‼!
Quando il cellulare squillò era ancora a bocca aperta a guardare fisso
l’orologio.
«Pronto??»
«Ci siamo» disse Rain.
♠ † ♠ † ÷ † ♠
† ♠
Rain
Era roba da pazzi.
Quindi in casa teneva un pitone.
Non ricordava la passione per i serpenti.
«Come è il tempo?» chiese K.
Al di là della curiosità, sentiva la tensione nella sua voce e già il
fatto che non riuscisse a mascherarla, era segnale più che evidente di quanto
fosse profonda.
«Ha cominciato a nevicare.»
«Sono in viva voce?»
«Assolutamente no: Se…th deve concentrarsi sulla guida.»
«Molto bene. Adesso, donna, mi spieghi cosa dannazione è successo.
Perché la tua voce l’ho riconosciuta e sei inderogabilmente la tastierista che
registra con noi da una settimana.»
Lanciò un’occhiata a Seiji che era concentratissimo sulla guida.
Solo il poco tempo e la consapevolezza che non lo avrebbe mai lasciato
affrontare la tempesta da solo l’aveva convinto a desistere. L’alternativa,
come giustamente le aveva fatto notare il
suo ragazzo, era di legarla da qualche parte… e non sarebbe stato
divertente legarla e andarsene.
Era evidente che quel pitone fosse importante per lui.
Prese un profondo respiro e raccontò al chitarrista come era iniziata.
«Quindi tu eri al liceo con loro» concluse alla fine K. «Ho improvvisamente
capito perché Mana ha avuto quell’improvvisa esitazione nel rispondere a Seth
con il loro linguaggio… e ho capito anche chi è la terza persona che lo
conosce.»
K era intelligente, c’era poco da fare.
«Penso tu abbia centrato il punto. Mana pensava che la cosa si sarebbe contenuta
ad una sorta di scherzo, ma i ricordi lo hanno sopraffatto e alla fine ha
deciso di sistemare la cosa fra di noi.»
«Quei blackouts continui… ricordava situazioni di voi al liceo.» fece
una breve pausa «Seth ha capito di conoscerti. Era vicino alla verità.»
«Già, e ho dovuto mentire dicendo di essere sfigurata.»
«Mh mh… guarda, ne parlo con te e non riesco a crederci.»
A chi lo dici.
«Ho Mana in attesa, ti richiamo» disse improvvisamente K.
«Ok.»
Riattaccò.
«Allora?» chiese Seiji.
«Non riesce a crederci, ha riattaccato perché Mana lo stava chiamando.»
«E’ in buona compagnia. Mi è appena venuto in mente che hai scoperto in
maniera piuttosto rocambolesca che ho un pitone in casa.»
«Sei una fonte continua di sorprese. E’ quasi rassicurante che anche
dopo quindici anni, riesci ancora a stupirmi.»
«Hai dei problemi con i serpenti?»
«Quanto è lungo?»
«Tre metri e ottanta centimetri.»
«Mh, lo vedo e ne riparliamo, ok?»
«Guarda che non mangia le donne.»
«Neanche gli uomini, voglio sperare.»
Seiji sorrise, senza staccare gli occhi dalla strada. «Sistemato il
bimbo, io e te abbiamo un discorso dolorosamente in sospeso.»
«Più di uno, in realtà. Hai affermato di non essere single ma…»
«… vuoi essere la mia ragazza?»
Le venne da ridere. «Tutto sommato è anche un contesto romantico.»
Chissà se si ricorda che amo la ne…
«Cosa vuoi di più dalla vita? Tu ami la neve. E’ un sì?»
«Sì che è un sì. Ci abbiamo messo più di quindici anni, vuoi che ti
dica anche di no?»
Squillò di nuovo il cellulare di Seiji, «Ah, deve essere K…» cominciò
portandosi il display davanti al naso «Mana.»
«Cosa?? Oh no, K gli deve aver detto che siamo per la strada!»
Prese la chiamata con un sospiro, «Pronto?»
«A farvi fuori tutti e due, sicuro!» esplose il loro comune amico
dall’altro capo della comunicazione.
«E’ una situazione di emergenza Manabu, il bimbo è solo in casa.»
«E’ completamente pazzo maledizione, è solo un dannato serpente!»
«Mmmmhhhh no. Credo proprio di no. Se lo fosse, non saremmo per la
strada.»
Il silenzio era totale dall’altra parte. «Hai ragione» ammise più
calmo. «Sono io il coglione che si ostina ad aspettarsi della normalità da lui.
Maledizione, vi ho appena messo insieme, vedete di non farmi scherzi, intesi?
Chiamami appena arrivate!»
«Stai tranquillo.»
«Ormai manca poco» disse Seiji. «Tempo venti minuti e siamo a casa.»
«Sentito? Fra una ventina di minuti ci siamo.»
«D’accordo, a fra poco.»
«Che ha detto?» s’informò Seiji.
«Che tu sei pazzo, lui un coglione che si aspetta ancora della
normalità da te e ha concluso che ci ha appena messi insieme, non facciamogli
scherzi» riassunse. «Come è la visibilità?»
«Ho gli abbaglianti accesi. Direi mezzo metro, più o meno. Sono
facilitato dal fatto che conosco bene la strada e siamo i soli fuori di testa a
girare con questo tempo.»
Cominciarono a ridacchiare.
«Abbiamo cominciato proprio bene…» commentò Seiji «neanche il primo
bacio in santa pace ci hanno concesso.»
«Ce ne saranno altri, tranquillo. Non ho mai neanche preso in
considerazione che potesse essere qualcosa di normale.»
«Da quanto lo hai preso in considerazione?»
La domanda la prese in contropiede. «Non lo so» ammise. «Forse una
settimana o poche ore, ma non sapevo cosa ne pensavi tu. Con il senno di poi…»
«Io ho perso la testa per te che eri una quattordicenne rompiballe. E
credo ormai che Mana se ne sia accorto subito. E con subito intendo proprio vent’anni fa.»
«Sì… è sempre stato il divertito spettatore dei nostri scambi.»
«Già… oh, finalmente… oh cazzo.»
«Eh?»
«Ma… no, non è possibile!» Lo vide fermarsi con cautela senza toccare i
freni ma scalando le marce e buttare giù il finestrino, «Junnosuke‼!»
Oltre il finestrino aperto, apparve come per magia un
uomo.
«Ah menomale sei tornato!»
«Che ci fai qui? Ma sei impazzito?»
«Non più di te, ragazzo. Che ci fai in macchina? E per
di più con una donna. Una vita è troppo poco da mettere in pericolo?»
«… disse quello che ha affrontato la tempesta per
venire a controllare il pitone a casa mia…» cantilenò quasi Seiji.
Tale Junnosuke alzò gli occhi al cielo «Vado a casa.»
Afferrò un braccio a Seiji. Non potevano lasciarlo
andare via.
Seiji annuì senza voltarsi, intuendo cosa voleva
dirgli.
«Non vai da nessuna parte, resti con noi.»
«Non posso. Tu ne hai uno, io un intero negozio,
rammenti?»
Sentì lo sbuffo di Seiji, «Maledizione. Chiamami
quando arrivi, non farmi stare in pensiero.»
«D’accordo, ci sentiamo dopo. Ah, ho visto gente
togliere la neve dall’entrata del garage, non manchi solo tu all’appello nel
condominio.»
Sparì com’era apparso.
Seiji chiuse il finestrino e… «Ok, scendiamo in
garage.»
Annuì.
In pochi minuti si trovarono al sicuro nel sottosuolo.
Furono accolti da tre o quattro uomini, il più anziano
dei quali manca poco si mise a piangere quando lo vide scendere dall’auto «Siano
ringraziati gli Dei‼! E’ salvo!»
«Grazie infinite per aver ripulito l’entrata, sarebbe
stato un problema trovarla. Chi manca oltre me?»
«Li ho già rintracciati. Si fermano dove sono,
ripuliremo di nuovo in mattinata, per stanotte non torna nessun altro.»
«Ottimo. Grazie ancora per il vostro lavoro» si
rivolse agli altri uomini che sorrisero e annuirono.
Le cinse la vita con un braccio, «Andiamo, che
dobbiamo chiamare mezzo mondo.»
Si trovò al caldo dentro l’appartamento senza avere
davvero la coscienza di come ci fosse arrivata, anche perché in ascensore aveva
abbracciato Seiji ed era rimasta con il viso contro il suo collo.
Con un rapido movimento lo vide togliersi il cappotto
e avviarsi verso una stanza.
Doveva essere la tana del pitone. Lo seguì più per
riflesso e curiosità che per volontà.
Rimase a fissare l’enorme serpente bianco dentro la
teca.
Sembrava dormire, ma, guardando meglio, gli occhi rossi
erano aperti e puntati su Seiji.
«Ehi… come stai? Non farmi scherzi tipo rimettere la cena,
intesi? Qui sei al sicuro.»
Rimase perfettamente
immobile.
«Sembra tranquillo e
non ha vomitato.»
«Perché dovrebbe?»
«Perché se si sente
in pericolo rigurgita la cena, ritenendola un potenziale intralcio.»
«Ah, cosa mangia?»
«Prede morte, ogni
dieci giorni. Ci pensa Junnosuke a procurarmele. Nei primi quattro dopo il
pasto non deve essere manipolato o potrebbe rigettare.»
«Quindi hai temuto
che sentendo la tempesta non si sentisse al sicuro e rimettesse la cena.»
«Esatto.»
«Sei più tranquillo
ora?»
Annuì. «Pensiamo ad
avvisare gli altri adesso o…»
Squillò il telefono
di casa e Seiji la fissò perplesso un attimo, poi lo vide uscire dalla stanza e
tornò a guardare il pitone bianco. Che strano colore per un serpente.
«Mamma???»
Istintivamente lo
seguì e lo trovò nel corridoio.
«Mamma, calmati, per
favore. Certo che sono a casa e sono tutto intero. … Non ho risposto prima perché
non… lascia perdere. Ora sono qui e sto bene. Tu come stai?» Ascoltò la
risposta e si voltò verso di lei «Mamma, scommetti che ho trovato il modo di
farmi perdonare la preoccupazione di stasera? … Ti passo una persona che vuole
salutarti…»
Prese la cornetta
«Buonasera signora Matsudo…»
La sentì smettere di
respirare.
«Signora?»
«Rain? Oh Dei, Rain sei
davvero tu?»
Sorrise, «Sì, sono
io.»
«Non… non posso crederci!
Come stai bambina mia? Vi siete ritrovati?»
Guardò Seiji che
stava annuendo, «Certo, te l’ho passata apposta» rispose alla muta domanda.
«Beh, sto bene
signora e… sì, ci siamo ritrovati e… ci siamo messi insieme. Davvero, stavolta» aggiunse facendo
piegare Seiji in due dal ridere.
Accidenti a lui.
Fortunatamente affrontava qualsiasi cosa con ironia e senso dell’umorismo!
«Da… davvero?
Finalmente!!» fu il commento di quella donna «Alla fine fu mio marito a capire
che quella storia non era vera… non del tutto almeno. Quando venite a
trovarmi?»
«Presto, così le
raccontiamo tutto. E non si preoccupi: restiamo a casa adesso, fino alla fine
della tempesta.»
«Mi raccomando
ragazzi miei, ho visto immagini alla tv da far paura!»
«Non ci muoviamo di
qui, promesso.»
«Mana, tranquillo, ci
siamo e siamo tutti interi. Rain è al telefono con mia madre, mi ha cercato
anche lei a casa…» stava dicendo Seiji al cellulare. «Sì, ora sento K e poi
magari riuscirò a dare alla mia ragazza le attenzioni che merita, eh?» Breve
pausa «Hai capito benissimo, infame.»
«Saluta Seiji da
parte mia.»
«Lo farò, è al
cellulare con Manabu.»
«A presto Rain. Non
so dirti quanto sia felice.»
Sorrise, «Neanche io
ho le parole in quel senso signora. A presto.»
Riattaccò in
sincronia con Seiji.
«Ok, K» disse Seiji
facendo partire un’altra chiamata.
Tornò nella stanza
del pitone.
Il serpente era
tranquillamente acciambellato e sembrava dormire, se non fosse stato per il
netto contrasto degli occhi con il bianco che li circondava, avrebbe detto che avesse
gli occhi chiusi.
Improvvisamente sentì
le mani di Seiji sulle spalle, «Hai freddo?»
«No, perché?»
«Non ti sei tolta il
cappotto.»
«Non ci ho pensato. E’…
bello.»
«Sì, lo è. Mi ci sono
voluti dieci anni per potermi permettere un esemplare come questo.»
«Costoso?»
«Aggressivo e
delicato. Bisogna sapere come trattarlo.»
Annuì, «Mi hai
lasciato intendere che non è pericoloso.»
«Non lo è. Nella
fattispecie, lui è un animale domestico da generazioni. E’ nato fra gli uomini,
allevato da uomini. E’ una particolarità che stia così acciambellato anche ora,
di solito quella posa indica paura, ma se avesse paura…»
«… avrebbe rigettato la
cena.»
«Esatto.»
Si trovò fra le sue
braccia, con il mento di Seiji appoggiato su una sua spalla.
Appoggiò le proprie
braccia sulle sue, «Lo lasci libero per casa?»
Lo sentì annuire,
«Non prima di domani l’altro però. Sono certo che farete l’abitudine l’uno
all’altro, anche per lui sarà una bella novità avere te che giri per casa.»
Scoppiò a ridere, «Ci
credo!»
«Io, al contrario, mi
abituerò in un lampo.»
Si girò verso di lui
e gli cinse il collo con le braccia, «Non lo metto in dubbio. Controlliamo che
sia tutto chiuso e…»
«… riprendiamo il
discorso interrotto. Sì.»
La sciolse
dall’abbraccio e la prese per mano, «Ti do anche una veloce panoramica
dell’appartamento.»
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NOTE:
Uff, siamo a -1 alla fine. J