Storie originali > Generale
Ricorda la storia  |      
Autore: iride verde    15/08/2014    0 recensioni
"A Sara piaceva da morire la pioggia. Quando lo diceva, si guadagnava perlopiù un’occhiata stranita, oppure una risata incredula. Ma lei non scherzava, la amava davvero. Le piaceva l’idea che qualcosa cadesse dal cielo sulla terra. Per lei la speranza, e se la mattina veniva svegliata da un leggero ticchettio contro la tapparella della camera, non poteva fare a meno di pensare che quel giorno le sarebbe accaduto qualcosa di nuovo."
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“PIOGGIA”
A Sara piaceva da morire la pioggia. Quando lo diceva, si guadagnava perlopiù un’occhiata stranita, oppure una risata incredula. Ma lei non scherzava, la amava davvero. Le piaceva l’idea che qualcosa cadesse dal cielo sulla terra. Era come un regalo, in un certo senso, perché la pioggia dava la vita. A lei ricordava la speranza, e se la mattina veniva svegliata da un leggero ticchettio contro la tapparella della camera, non poteva fare a meno di pensare che quel giorno le sarebbe accaduto qualcosa di nuovo.
Così, quella mattina, mentre aspettava il treno delle sette e quaranta, Sara sembrava davvero l’unica persona sul binario a mostrare un po’ di buonumore. Perché se piove, è mattina presto ed è pure lunedì, il panorama prevede di solito visi imbronciati, capelli crespi, occhiali appannati. Zaini infradiciati e ombrelli che gocciolano da tutte le parti. La colonna sonora: un “che palle” sussurrato fra i denti. Sara non ci badava molto. Puntava il suo sguardo verso l’alto, verso la distesa umida di nuvole dalle mille sfumature di grigio , che sembrava coprire il mondo come una coperta.
Non si accorse che qualcuno le si stava avvicinando finchè quel qualcuno non le toccò leggermente una spalla. Si voltò con un brivido e sperò che la pioggia non la deludesse neppure quella volta.
-    Scusami, questo treno va per Varese, vero?
Chi aveva parlato era un ragazzo che doveva avere all’incirca la sua età. Aveva il cappotto gocciolante e i capelli fradici di chi ha dimenticato l’ombrello a casa. Anche gli occhiali erano bagnati, quindi Sara non riusciva a vedere bene i suoi occhi. Però era carino: a Sara ricordò, buffamente, Harry Potter, e il pensiero che fossero in una stazione le fece scappare un sorriso.
-    Sì, certo. - Rimase lì in attesa, sperando che lui prolungasse la conversazione. Però il ragazzo non sembrava averne affatto l’aria, infatti, ottenuta l’informazione, si era già messo a guardare da un’ altra parte. Sara aveva perso la sua aspettativa, quando la voce di lui la raggiunse di nuovo:- Che tempo orribile eh?- esordì, tossicchiando.
Che approccio banale. Sara era persino un po’ delusa, però non si perse d’animo: significava che toccava a lei rendere la conversazione interessante.
-    A me non pare, invece- rispose.
-    Ma se piove a dirotto!- esclamò il ragazzo.
-    Appunto. A me piace quando piove, soprattutto la mattina. Non so di preciso perché, ma se mi sveglio con la pioggia, poi ho la sensazione che mi stia per accadere qualcosa.
-    Capisco - rispose lui, osservandola con gravità - magari che stai per scivolare sul marciapiede bagnato…
I due si guardarono per un attimo negli occhi e poi scoppiarono a ridere. Il fischio del treno che si fermava sbuffando tra i binari li sorprese alle spalle. Le porte automatiche si aprirono e i due salirono insieme, cercando di non venire travolti dall’orda di studenti come loro, ciascuno preso dall’ansia di rimanere giù dal treno.
Sara si destreggiò abilmente tra le persone in piedi nello scompartimento, alla ricerca di due posti, insinuandosi tra i passeggeri con un’ agilità frutto di anni di esperienza. Il suo compagno, invece, sembrava più in difficoltà.
-    Non prendi il treno tanto spesso, vero?- esclamò la ragazza divertita. Lo tirò leggermente per un braccio per farlo spostare: stava bloccando un’intera colonna di passeggeri inferociti in mezzo al corridoio.
Il ragazzo si girò:- Ooops, scusate! - esclamò ridendo, non appena incrociò lo sguardo seccato dell’anziana signora dietro di lui. Certo  non gli mancava il buon umore.
-    Senti, guidami un po’ tu, visto che sei esperta - aggiunse, rivolto a Sara.
 La vecchietta, convinta che stesse ancora parlando con lei, gli scoccò un’altra occhiataccia.
I due passarono in uno scompartimento meno stipato del precedente, e riuscirono anche a trovare due posti liberi. Sara, ovviamente, prese posto vicino al finestrino: sin da bambina si incantava ad osservare le gocce scivolare veloci sui vetri, provando a indovinare quale sarebbe arrivata per prima sul bordo.
Si liberò della cartella e la posò,come sempre, a terra tra i piedi, e solo allora notò che, stranamente, il suo compagno di viaggio non l’aveva.
-    Qual è la tua destinazione?- gli chiese.
-    Devo andare a Varese, a casa di un mio amico. Vado recuperare il mio cane che ho lasciato lì ieri sera.- lo disse con estrema naturalezza, mentre cercava di asciugarsi le lenti con un lembo della maglietta, come se un cane fosse una borsa  o una sciarpa di cui ci si può dimenticare l’esistenza.
Il ragazzo sollevò gli occhiali tenedoli in controluce e, dopo averli osservati con aria soddisfatta, li inforcò di nuovo, sotto lo sguardo attonito di Sara.
-    Che c’è?- domandò perplesso.
-    Vedi tu- rispose Sara, con malcelata ironia - come si fa a dimenticarsi un cane?!
-    Beh, ce l’ho solo da pochi giorni, e non mi sono ancora abituato all’idea. Ieri sono andato a cena da questo mio amico, e il cane si è andato ad infilare sotto il tavolo perché aveva paura. E poi, quando me ne sono dovuto andare… insomma, l’ho lasciato lì.
Le sue ultime parole furono coperte dalla risata di Sara. Rise anche a lui. A Sara piaceva molto quando rideva, anche se doveva essere proprio strano se dimenticava i cani a casa degli altri.
-    …e quindi - proseguì poi lui, ignorando il ghignare della ragazza- appena sono arrivato a casa mia madre mi fa: “Ma il cane?”. Così stamattina mi ha intimato di andarlo a recuperare. E così salto la scuola, bella mia - concluse, colpendo col piede la cartella di Sara e allungandosi sul sedile con le braccia dietro la nuca, con l’aria di chi si è preso la rivincita.
Presero a parlare del suo cane. Il ragazzo le raccontò che aveva appena pochi mesi, il terrore di tutto quanto non fosse cibo e che la notte ululava tutto il tempo, perché soffriva la mancanza della madre.
-    Sarà stato felice di ospitarlo, il tuo amico- osservò Sara, tra il divertito e il preoccupato.
Il ragazzo alzò le spalle:- Mah, lui ha il sonno pesante.
Certo che per lui era facile minimizzare ogni problema!
-    Ah- disse, come se si fosse ricordato improvvisamente di qualcosa - ecco un’altra cosa divertente della pioggia: a volte si vedono in giro i cani con l’impermeabile. Sono buffi, no? Secondo te, ne dovrei comprare uno anch’io?
Sara sorrise, fingendosi leggermente offesa perché la sua passione non veniva presa sul serio.
Il treno rallentò lentamente, fino a fermarsi del tutto. Le ruote emisero un suono piuttosto sinistro, che ricordava una balena spiaggiata. I due si alzarono automaticamente e scesero per andare ciascuno incontro alla propria avventura: lei a fronteggiare professori affamati di interrogazioni, lui un amico infuriato.
-  Ciao!- disse Sara.
-    Ciao!- rispose lui sorridendo. Un attimo dopo le dava le spalle e veniva risucchiato dalla folla frettolosa, e la sua nuca si confuse con altre anonime, che non si sarebbero mai fermate a parlare con lei…
Di colpo Sara realizzò che non gli aveva chiesto il numero di telefono. Né dove abitava… neppure il nome, pensò sgomenta. Si mise a correre con il cuore in gola nella direzione in cui era sparito.Uscì dalla stazione e si fermò un attimo sul marciapiede: scrutò la strada piena di gente, senza vederlo da nessuna parte. Restò immobile, non aprì neppure l’ombrello che teneva in mano, mentre le gocce di pioggia cadevano e scivolavano sul suo cappotto. Non sapeva cosa fare.
 E all’improvviso Sara lo vide. Camminava là, in fondo alla strada, unica schiena nera in mezzo a tante cartelle colorate. Avrebbe voluto chiamarlo, ma come poteva? Non poteva mettersi a gridare “ehi tu!” in mezzo alla follla. Lo seguì con lo sguardo mentre si allontanava: un bellissimo regalo che la pioggia le aveva fatto e di cui lei aveva visto solo la carta. Ormai stava per girare l’angolo… E una frazione di secondo prima si voltò verso di lei. La ragazza era a metri e metri di distanza, non poteva vedere se stesse sorridendo, ma le sembrava di sì, e poi lui svoltò, e lei non lo vide più.


   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: iride verde