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Autore: Shadow writer    17/08/2014    6 recensioni
Fuggo oltre il locale con la musica a palla, fuggo sulle strade buie, fuggo nel vento gelido della notte.
Fuggo dagli altri, dai loro giudizi, fuggo da me stessa e da ciò che provoco.
Corro, con le ali ai piedi, per le strade deserte.
Anzi, ai piedi, ho il vento. Vento che mi spinge, che mi solleva, che obbedisce ai miei ordini come se fossi la sua padrona assoluta.
Faccio un balzo e l'aria mi spinge in alto, oltre le cime degli alberi. M'innalzo contro il cielo nero bagnato di stelle.
Apro le braccia, stringo l'orizzonte tra le mani. Inspiro il freddo della notte e tutti i suoi sapori.
Potente, ecco quello che sono.
____________________________________________________________
Trasferirsi in un nuovo continente è di certo una cosa grandiosa, ma non mi sarei mai aspettata il genio ribelle, il vecchio misterioso, il giocatore di football, una ragazza che sarebbe diventata come una sorella per me, ma soprattuto qualcosa di molto, mollto più grande di me.
Genere: Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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La voce ronza come sottofondo dei miei pensieri, ma non ci sto prestando veramente attenzione. È come il sorriso statico sul mio volto. Continua, anche se non ci penso, non ci faccio caso.
I miei pensieri stanno volando, lontano.
Dovrei per lo meno essere grata al signore che sta salendo adesso sul palco, saluta il pubblico e si avvicina al microfono.
Io resto ferma, sorriso statico, pensieri galoppanti.
Penso a dove sto per andare, un anno lontano, un paese nuovo.
Riesco a risvegliarmi appena in tempo per rendermi conto che l'uomo dietro al microfono è cambiato e sta dicendo:
«Ed ora i meritevoli ragazzi della borsa di studio che coprirà le intere spese di un anno scolastico in America, offerta dal signor Benedict Lennox.»
Comincia a chiamare i nomi e cerco di emergere dai miei pensieri.
Mi rendo conto che i muscoli facciali mi fanno male a forza di sorridere e che sto per svenire per essere stata qui immobile in piedi sul palco, sotto le luci accaldanti dei riflettori.
«Luna Leach» 
"Sei tu."
Grazie tante.
"Allora cammina!"
Avanzo, cercando di non apparire impacciata.
Sorrido a trentadue denti quando l'uomo mi stringe la mano e mi consegna una busta. Sorrido alla fotocamera quando il flash mi acceca.
"Cammina lentamente, non vedi bene."
Come se non lo sapessi.
Barcollo in avanti.
Qualcuno mi afferra da dietro.
Sarà il presentatore, mi dico.
"Non sarebbe così maleducato", mi fa notare la solita vocina.
Qualcosa di freddo glaciale mi si posa sulla tempia.
«Non muovetevi!» grida chi mi sta tenendo ferma «O le sparo un colpo in testa»
"Ha una pistola," mi avvisa Voce.
Grazie tante.
Non riesco a mettere a fuoco il pubblico, ma appare come una sagoma nera enorme, nascosta dalle luci.
Ci si aspetterebbe un brusio, ma c'è un silenzio di tomba. Sento solo il fiato pesante del mio rapitore.
Deglutisco.
Se mi spara, sono morta.
Vedo l'immagine della mia testa che esplode e del corpo che si affloscia a terra.
«Voi, spostatevi in avanti!» ordina butalmente al presentatore e agli altri uomini che stavano alle mie spalle.
Il sangue mi pulsa nelle vene.
Le braccia del rapitore sono robuste, i muscoli forti. Profuma di miele.
«Non una parola o giuro che sparo» ripete.
Il freddo glaciale si allontana dalla mia testa, poi sento una detonazione.
Rumore di vetro che si frantuma.
Vetro?
"C'era una vetrata alle tue spalle", continua la voce.
«Se avevate qualche dubbio che la pistola fosse carica, eccovene una dimostrazione. Signor Lennox» chiama a gran voce «Salga sul palco»
Ha il fiato pesante.
D'un tratto mi rendo conto che un proiettile è esploso, ma ora la pistola è vuota. Non so come, non so perché, ma il vento gli passa attraverso, libero.
Perché io sento il vento? 
Sto impazzendo.
Però ciò significa che non può spararmi.
Vedo in lontananza la sagoma di un uomo che si avvicina alle scale.
Alzo il tallone e lo sferro tra le gambe del rapitore.
Lui geme, la sua presa si allenta abbastanza perché possa scivolare verso il basso e liberarmi.
Mi afferra per un polso e mi spinge dietro di sé, sfrutto la sua stessa forza per trascinarlo ancora più in là.
Goffi, inciampiamo al di là dei vetri della vetrata e ci catapultiamo nel giardino buio.
Lui ha il volto coperto ed è vestito di nero dal capo ai piedi.
"Colpiscilo."
Come desideri.
Gli sferro un calcio sullo stomaco e lui rotea le braccia per non cadere.
Si allunga, in equilibrio precario e agguanta il mio braccio.
Il mio strattone dà il colpo di grazia e precipitiamo alle sue spalle.
Peccato che alle sue spalle ci sia una piscina.
L'impatto con l'acqua è imprevisto e mi lascia senza fiato.
Emergo, avida d'ossigeno, mentre il vestito bagnato mi spinge verso il basso.
Anche il mio rapitore emerge,  e imprecando si toglie il passamontagna fradicio.
Trattengo il fiato.
Lo vedo.
È un ragazzo, poco più grande di me, dalla pelle mulatta e gli occhi neri.
"Studialo, la polizia di chiederà un'identikit."
Sono sempre stata una schiappa a Memory.
Lui resta paralizzato per pochi secondi, poi scappa verso il bordo e fugge via, nell'ombra dei giardini.
Il ragazzo che mi ha quasi ucciso.
«Signorina Leach, tutto bene?»
Mi volto e vedo un gruppo di uomini vestiti da guardie farsi avanti.
Alcuni setacciano la zona circostante la piscina, altri si avvicinano per aiutarmi ad uscirne.
Accetto la mano di uno di loro per rimettermi in piedi e barcollo sotto il peso dell'abito.
«Luna!» mia mamma mi corre incontro, con il volto trasfigurato dalla paura.
Appena vede che sono sana e salva fa un sospiro e mi stringe forte tra le braccia.
«Sono tutta bagnata» è l'unica cosa che riesco a dire.
«Ti daranno qualcosa di asciutto» replica.
«No è che...» lei si allontana "ti sei bagnata abbracciandomi".
Scorgo arrivare anche mio papà e alle sue spalle c'è Calvin.
Quando mi vedono fanno tutti un sospiro di sollievo.
«Tu sei matta» mi dice mio fratello avvicinandosi «Quello era armato!»
«Aveva un solo proiettile» rispondo.
«E tu come fai a saperlo?»
Scrollo le spalle.
«Signorina, sappiamo che potrebbe essere sotto shock, ma è essenziale per noi avere una descrizione dell'uomo» mi dice un signore vestito da poliziotto.
"Era solo un ragazzo" vorrei replicare, ma mi rendo conto che non è importante chi fosse, considerando che avrebbe potuto uccidermi.
"No, in realtà."
Hai fagione, lui non voleva uccidermi. Il primo proiettile era per spaventare il pubblico, ma non aveva un secondo per farmi male sul serio. Ma cosa voleva?
"Prima che tu avessi quella rivelazione ha chiamato "Signor Lennox""
È l'uomo che mi paga l'anno all'estero, cioè che mi da la borsa di studio.
"Quindi poteva volere soldi, essendo Lennox ricco."
Forse hai ragione, però non me sono del tutto convinta...
«Luna?» mi risveglia mio papà.
Annuisco.
«Stai bene?» il suo sguardo è serio.
Annuisco ancora.
«Te la senti di testimoniare ora? I ricordi potrebbero farsi sbiaditi»
Ipoteticamente dovrei essere sotto shock perché ho appena sfiorato la morte, perché i poliziotti sono così insistenti?
"Perché non hai dato l'idea di essere shoccata."
E tu cosa ne sai?
Silenzio. Voce è fatta così, quando non vuole, non risponde.
Vengo portata in una delle tante stanza della villa che ha ospitato l'evento.
Ad un certo punto mi trovo con un asciugamano sulle spalle, ma non ricordo chi me l'abbia messo.
Alla mia famiglia non è permesso entrare così mi ritrovo sola in una stanza con colma di poliziotti.
Mi fanno avvicinare ad uno che ha carta e matita in mano, poi mi chiedono di descrivere l'assalitore.
Comincio a parlare e nel frattempo l'uomo disegna, di tanto in tanto lo correggo, ma alla fine non sono neanche io tanto convinta di ciò che ne esce.
«Era buio, non ho visto granché» mi scuso davanti all'immagine.
È più vecchio e più cattivo del vero ragazzo.
«Altri dettagli?» mi chiede il poliziotto che disegnava.
«Era muscoloso»
«Perfetto grazie mille»
E profumava di miele.
"Non è così importante. Questo sembra il dettaglio che nota una ragazzina romantica."
Ah, eccoti tornata.
Silenzio.
 
 
Mi affaccio dal finestrino. L'aereo sobbalza, segno che è pronto al decollo. 
L'ho già fatto altre volte, eppure il mio cuore accelera.
Guardo l'asfalto che scorre e penso alla mia vita che sta scorrendo più veloce di quanto io possa vedere.
Ero convinta di essere una normale studentessa e per quanto ambissi a grandi realizzazioni, non avrei mai pensato che un ricco imprenditore americano fosse stato in grado di scovarmi e di offrirmi una borsa di studio per un anno in America.
La mia famiglia non era apparsa granché entusiasta, ma il mio insistere li aveva fatti cedere.
Non li rivedrò per molto tempo, eppure sono felice.
Li ho appena salutati, prima del controllo bagagli.
I miei genitori parevano commossi. Mia mamma era come la signora Bennet davanti ad una delle sue figlie maritate, soddifatta ed orgogliosa.
Calvin mi è sembrato quasi dispiaciuto, anche se adesso avrà la casa tutta per sé quando i miei non ci sono, forse gli mancherò un po'.
L'aereo sobbalza e mi sento comprimere sul sedile.
"Partenza e arrivo sono i momenti peggiori."
Bentrovata anche a te, Voce.
Quando manteniamo una posizione stabile frugo nella mia borsa ed estraggo il libro che mi sono portata per leggere.
Sì, credo che Il Signore degli Anelli mi basterà per tutto il viaggio.
 
Il viaggio è lungo e per quanto la Compagnia dell'Anello mi impedisca di addormentarmi, decido di interrompere la lettura e mettermi a guardare un film.
L'aereo è piuttosto elegante, i sedili sono larghi e comodi, non c'è rischio di essere disturbati dal vicino.
A quanto pare il mio benefattore non ha badato a spese, mi ha fornito lui il biglietto aereo.
 
Atterriamo verso sera, quando il sole sta tramontando e il cielo si tinge di rosso.
Ho le gambe così intorpidite che è un miracolo riuscire a camminare.
"Prendi la borsa" mi ricorda Voce mentre sto per andarmene senza.
Scendo dall'aereo respirando finalmente una fresca boccata d'aria.
Accendo subito il telefono, perché mi hanno obbligata a promettere che li avrei chiamati il prima possibile.
Mi avvio verso la costruzione attraverso la pista.
Dopo il controllo dei documenti recupero le mie valigie e mi dirigo verso l'uscita in equilibrio piuttosto precario.
Ho troppe cose da trasportare per farcela da sola.
Fortunatamente appena esco vedo il cartello "Miss Luna Leach" e penso che il mio benefattore comincia a starmi simpatico.
Il viaggio in auto dura un paio d'ore.
L'autista mi fa domande gentile sul volo, sul paese da cui vengo e su cosa mi aspetto di trovare.
Il tempo trascorre piacevolmente tra le chiacchiere e il paesaggio nuovo da gustare con gli occhi.
Il viaggio termina davanti ad una distesa di piccole case simili tra loro, dietro alle quali sorge un grande edificio.
«Quella è la tua scuola e una di queste belle casette sarà il tuo alloggio» m'informa l'autista.
Parcheggia accanto al marciapiede, dove sta fermo un uomo.
Inizialmente penso che sia solo un curioso, poi mi rendo conto che ci sta seguendo con troppa attenzione. Ci stava aspettando.
«Luna Leach?» chiede l'uomo avvicinandosi quando scendo dall'auto.
Dimostra circa una sessantina di anni, è basso e ha il volto rotondo solcato da numerose rughe che contornano degli occhi azzurri gentili.
«Sì, sono io» annuisco con un sorriso.
«Mi chiamo Jim Jacobs e sono il custode della scuola. Ti mostro la tua casa»
Prendo le valigie e saluto l'autista.
«Ti aiuto io» si offre Jim e con una forza che non immaginavo potesse avere prende metà delle mie valigie.
«Grazie mille» dico 
«Figurati...ecco la tua bella casetta è vicina alla scuola»
Abbiamo percorso quasi tutto il sentiero che serpeggia tra le costruzioni e Jim mi sta indicando una casa.
Ci avviciniamo e l'uomo estrae delle chiavi dalle tasche, poi le infila nella serratura.
«Questa è tutta tua. Io vivo laggiù» indica una piccola costruzione con dei fiori sui balconi, ma per il resto piuttosto umile.
«Nel caso avessi bisogno di qualsiasi cosa, sono sempre disponibile»
«Grazie mille, davvero.»
Mi tende una delle mie borse e le nostre dita si sfregano per caso.
Sento una scossa risalirmi per tutto il braccio.
Da come ritira in fretta il braccio, mi rendo conto che anche lui l'ha sentita.
Fa un sorriso enigmatico, poi con un cenno di saluto si allontana verso casa sua.
Non ho tempo per rimanere perplessa perché sta calando il buio e non vedo l'ora di scoprire com'è la mia dimora.
Giro le chiavi e spingo la porta, incerta su cosa sto per vedere.
Mi sono preparata a tutti gli scenari peggiori, quindi la vista mi lascia soddisfatta, anche se timorosa che in realtà ci sia nascosto dell'altro.
La stanza principale è una sala cucina non molto ampia, ma in cui ci sta tutto.
In un angolo si trova un piccolo divano davanti al quale è posizionato un televisore ultrapiatto.
Dall'altra parte c'è la cucina, mobili e tavolo con sei sedie.
Lascio i bagagli davanti alla porta, poi mi avvio delle altre stanze.
Trovo la camera da letto, più grande di quel che mi aspettavo, con un letto matrimoniale e un armadio molto spazioso.
L'altra porta conduce al bagno.
Tutto sommato la casa è spaziosa, pensavo mi rifilassero un buco sporco e maltenuto.
"Il tuo benefattore è stato molto gentile, a quanto pare sei più intelligente di quanto pensassi."
Grazie per la stima, Voce



Ciao a tutti, questa è la prima storia che pubblico, una sorta di esperimento. Se avete commenti sono tutti ben accetti (soprattutto critiche e correzioni). Lasciatemi anche una minuscola recensione se potete :) Alla prossima Lux
   
 
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