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Autore: Dreamhunter    15/09/2008    1 recensioni
AU. Una vacanza, un incontro magico che resta un bel ricordo. Ma se dopo dieci anni il destino ci si mettesse di mezzo? Fred Burkle saprà cogliere l'inaspettata occasione?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Angel, Winifred Burkle
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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E' amore vero.
Credi che capiti tutti i giorni?
(The Princess Bride)


Prologo

Da dove comincio?
Ogni storia ha un prologo, giusto?
Ebbene, il prologo di questa inizia nel campus dell'università di Los Angeles, nell'estate di dieci anni fa. Io ero all'ultimo anno, stavo per laurearmi in matematica, mentre Cordelia Chase era al primo. E' divertente, a ripensarci...
Non avremmo potuto essere più diverse. Una, appena uscita dal liceo, bellissima, sofisticata, piena di soldi e di ragazzi, californiana dalla testa ai piedi, con un sorriso che avrebbe fulminato e disciolto anche una parete rocciosa e un ego in grado di mantenerla in equilibrio anche durante un terremoto. L'altra - cioè io - texana in trasferta con una borsa di studio, vita sociale pari a zero, gambe storte, seno piatto e timidezza a livello di guardia.
Eppure, stranamente, eravamo diventate subito amiche.
C'era una dolcezza segreta, in Cordy, che riuscivo a vedere meglio di altri. E lei aveva abbastanza cuore ed intuito per rendersi conto che io non ero soltanto una nerd noiosa come credevano in tanti. Tra un boyfriend bello e ricco e l'altro, trovava il tempo di guardare film con me, di chiacchierare fino a notte fonda, di portarmi a comprare abiti che non avrei mai messo... Adorabile Cordy. Da prendere a piccole dosi, con indulgenza.
E piena di sorprese.
"Cosa? In Toscana? Italia?".
Cordy annuì. "Certo. In Italia. Ovvio. I miei hanno una villa, laggiù. La mia amica Lilah si è laureata e le organizziamo una festa".
"Una festa lunga una settimana? Dall'altra parte dell'oceano?".
Decisamente lo stile di vita dei ricchi presentava dei punti oscuri che non avrei mai compreso.
"Sì", esclamò Cordelia, come se infatti si trattasse della cosa più naturale del mondo. "Allora, ci stai?".
Sbarrai gli occhi. "Io? Che c'entro io? I tuoi amici neanche li conosco...".
Lei arricciò il naso. Nessuno sa arricciare il naso come Cordy Chase. "Oh, su, stai parlando con me. So che non sopporti Lilah. E so che sei atterrita all'idea di trovarti in mezzo ad un sacco di ricconi in vestiti firmati che se la tirano... Giusto?".
Niente da eccepire. Mi venne da ridere.
"Punto primo, Lilah non sta granché simpatica neanche alla sottoscritta", confessò spudorata, con un sorriso complice. "Ma... ehi... che cavolo i miei e i suoi sono amici da anni e ci hanno regalato questa settimana in Italia... Una vacanza spesata, capisci? Insomma, perché buttarla via?". Mi prese le mani, stringendole. "Dai, non sprecare quest'occasione!! Accantona i tuoi libri e concediti un viaggio".
L'ho già detto che Cordy è adorabile?
Già. E convincente.
Accettai. Che altro potevo fare?
Me ne pentii almeno una ventina di volte, specialmente durante il lungo trasvolo oceanico pieno di turbolenze. Accidenti. In cosa mi stavo andando a cacciare?
Già mi sudavano i palmi, la schiena appiccicata al sedile.
Ma sto andando troppo veloce. La storia, in realtà, non era ancora cominciata.
Non cominciò nemmeno quando giunsi nella villa, antica, splendida, tra le colline toscane, tutta di mattoni a vista e ferro battuto. Né quando conobbi i signori Chase - che sbirciarono con curiosità la figlia, domandandosi cosa diavolo potessimo avere in comune noi due - o quando mi mostrarono la stanza a me riservata, grande il triplo della mia, a casa, in Texas.
Ero lì, a prepararmi, a paventare la cena che mi attendeva alla stessa tavola di tutti quegli estranei, quando la voce squillante della signora Chase riecheggiò lungo le scale. "Cordy, tesoro... Scendi. Ci sono i ragazzi".
"Arrivo!", gridò di rimando Cordelia, poi irruppe in camera mia. "Su, forza!!".
Oddio. Sapevo che Lilah e alcune altre ragazze sarebbero arrivate l'indomani. Quella sera ci sarebbero stati solo amici di famiglia.
"Ma...non so...Questo abito va bene?".
Era a fiori, longuette, con corte maniche a volant. Uno di quelli che lei aveva insistito per farmi comprare mandandomi in rosso.
"E' perfetto, però...". Senza troppe cerimonie, mi sciolse la treccia che avevo raccolto sul capo. "Giù questi bei capelli !". Me li spazzolò rapidamente, incurante delle mie proteste, e gettando la spazzola sul letto, mi trascinò per mano al piano di sotto.
Ed ecco...beh...é qui che termina il prologo, credo.
Perché, raggiungendo il salotto, lo vidi.
Lui. In piedi, le mani in tasca. Il volto girato verso la scala da cui stavo scendendo.
E qui la storia comincia.



PARTE PRIMA


Capitolo Uno

Prima di quell'estate, l'attrazione più forte che avessi provato per un ragazzo era stata quella per William, il figlio della mia insegnante preferita al liceo, quattro o cinque anni addietro. Ma non era stata una cosa istantanea.
Certo l'avevo trovato immediatamente attraente. Lui era più grande, con il fascino esotico del sangue inglese che gli scorreva nelle vene per parte di padre e il carisma che gli derivava dagli studi all'estero. Veniva a trovare la madre a scuola, nei periodi in cui tornava ad Austin, e tutte le ragazze avevano attacchi ormonali per i suoi occhi blu ed i suoi capelli scandalosamente ossigenati. Io pure, però senza eccessi.
Poi ad una festa di fine trimestre, lui mi era spuntato alle spalle, abbracciandomi i fianchi da dietro. Ritengo per gioco. Mi conosceva. Ero la pupilla di sua madre. Ed in quel momento avevo sentito il suo profumo aleggiarmi intorno, il suo petto solido premermi contro la schiena e...
Boom. Andata. Partita. Travolta.
La prima, autentica, folgorante cotta della mia vita si era abbattuta su di me.
Non che avesse dato chissà quali risultati. William non se n'era mai accorto, o se lo aveva fatto, era stato così discreto da fingere di ignorarlo. Ed io avevo finito il liceo ed ero partita per la California. Ogni volta che tornavo a casa, rivedevo la cara professoressa Shelby, ma suo figlio non c'era mai. Sapevo che, terminati gli studi, era rimasto a lavorare in Inghilterra. E poco a poco, dovevo ammetterlo, il suo ricordo si era affievolito, aveva perso di consistenza, sfumando lentamente.
Questo lungo preambolo per sottolineare che nel salotto di villa Chase, sulle colline vicino a Firenze, accadde una cosa completamente differente.
Non posso nemmeno definirlo un caso di attrazione immediata. No. Fu qualcosa di più sottile ed intenso.
Fu riconoscimento. Ecco sì, forse é la parola adatta.
Riconoscimento.
Lo vidi, lì, in fondo alla scala, e mi sentii d'un tratto come a casa.
Rammento perfettamente che un pensiero assolutamente assurdo mi attraversò il cervello: che finché lui fosse stato lì, in quella villa, tutto sarebbe andato bene ed io sarei stata al sicuro.
Non avevo detto che era un pensiero assurdo?
Eppure pensai proprio questo.
E non perché fosse probabilmente il ragazzo più bello che avessi mai visto. Di fatto, non fu la sua bellezza a colpirmi. Non subito.
Lo pensai perché...beh, perché era lui.
Semplicemente lui.
Dio. E tenete presente che tutto questo vorticare di sensazioni mi turbinò in testa nell'arco di una manciata di nanosecondi.
Poi il tempo riprese a scorrere.
Cordy si slanciò in avanti, balzandogli al collo. "Liam!!! Ciao!!".
Liam, già...Sì. Il quadro acquistava definizione. Cordelia me ne aveva parlato. Liam O'Connor. Buona famiglia irlandese, trapiantata a Los Angeles. Gli O'Connor e i Chase erano amici da sempre. Tanto che, lì in Italia, le loro ville erano a distanza di una passeggiata. E i loro figli erano cresciuti insieme.
Specie tra Cordy, figlia unica, e Liam, più grande di lei di cinque anni, c'era una profonda, fraterna, amicizia.
Evidentissima.
Lui la abbracciò affettuosamente, chiudendo gli occhi.
Poi li riaprì. E li puntò su di me.
Erano grandi, scuri, stupendi.
"Fred?", chiese.
Cordelia mi fece segno di avvicinarmi, raggiante. "La tua fama ti precede".
"Certo. E' la tua unica amica con caratteristiche umanoidi", scherzò Liam.
Lei gli diede un pugno sul braccio. "Che stupido...Sì, questa é Winifred Burkle. Fred...Liam. Liam...Fred".
Allungai una mano, lui me la strinse. Una stretta forte, salda, asciutta.
Mi sorrise con calore.
E scoprii che, oltre agli occhi, anche il suo sorriso era stupendo.
E quell'emozione...Il riconoscimento. Aumentava di minuto in minuto.
Ricambiai il sorriso, le guance in fiamme.
Il resto della serata...Uhm, é nebulosa nella mia memoria.
La cena fu tranquilla, piacevole. Con Liam, c'era sua sorella Dru, magrissima ed aggraziata come una ballerina. Ma i discorsi li ho rimossi.
Le luci dei lampadari lo illuminavano, bruno, elegante, nel suo elemento.
E stranamente io non mi sentivo in soggezione, come invece mi succedeva di solito con i ragazzi affascinanti.
Partecipai alla conversazione, riuscii persino a dire cose intelligenti.
Bella, bella serata davvero. Lui mi salutò chiamandomi per nome. Waw. Quelli attraenti non lo facevano mai.
"Ti sembra che stia meglio?", domandò Cordy a sua madre, dopo, mentre sedevamo sul terrazzo, nell'aria tiepida della campagna fiorentina.
La signora Chase scosse il capo. "Chissà...E' così riservato".
"Qualche mese fa, Liam ha rotto con la sua ragazza", mi spiegò Cordelia.
"Non ha voluto dire perché si siano lasciati", aggiunse la signora Chase.
"E ci sta soffrendo parecchio". Un sincero, preoccupato affetto traspariva dalla voce di Cordy. Una nota di quella sua sensibilità segreta che tanto apprezzavo in lei. "Era innamoratissimo di Elizabeth...".
Non fui stupita.
Era logico che nella vita di uno come Liam O'Connor ci fosse una donna, un grande amore...no?
Anche se...quella notte mi addormentai molto rattristata per lui.


Lunedì. Martedì. Mercoledì. Giovedì.
La settimana trascorse sorprendentemente veloce. Per fortuna.
Lo devo confessare : il giorno era un supplizio. Con le amiche di Cordy, lo passavamo interamente sul bordo della piscina, in costume da bagno. Il che, di per sé, non sarebbe stato poi così orribile. Avendo un corpo da favola e una decina di costumi , minuscoli e costosissimi in proporzione inversa. Ma se eri secca come un'acciuga, con un unico costume intero del periodo della guerra di Secessione e - orrore - non eri mai stata a farti i capelli da Jean - Louis David o non avevi le scarpe firmate Prada...beh, c'é bisogno che continui?
Con Cordy, certi problemi non erano mai emersi. Con Harmony Kendall, Lilah Morgan e Darla Nest....
Due bionde e una bruna mozzafiato, tutte ricche, tutte perfette.
Io, scialba castana, con un brutto accento, ero invece la sgradevole sorpresa di quella vacanza.
Nessuna di loro faceva nulla per nasconderlo. Darla, specialmente.
La sua avversione nei miei confronti rasentava l'odio puro e Cordy poteva farci ben poco, se non cercare di essere una buona padrona di casa e lanciarmi sguardi complici del tipo "resisti, non badarci". Dal canto mio, per un radicato istinto di conservazione appreso in un decennio di vita scolastica in modalità nerd, mi isolavo in una sdraio a leggere, protetta da un cappello di paglia e dal libro di turno aperto sul naso. In quattro giorni ne lessi tre. Avevo tutto il tempo di questo mondo.
E poi il sole calava. E scendeva la sera.
Un altro pianeta.
Perché arrivava lui.
Sulla sua Plymouth convertibile nera del '68, con i suoi amici, ex compagni di college, ospiti della sua villa. A parte John Lawson, un tipo gentile e posato, nessuno degli altri mi piaceva. Martin Penn era uno strafottente figlio di papà e Alexander Harris un buffone che giocava al giullare e non mi divertiva affatto. Uomini di quasi venticinque anni che ancora fingevano di essere adolescenti. Ma questo poco importava.
L'arrivo di Liam cambiava tutto. Lo seguivamo a Firenze, in giro per ristorantini e piazze. Il suo stile era impeccabile, superiore. Non ho mai dimenticato come camminava, come vestiva, come si accendeva la sigaretta. Era bello ed era il leader. E sapeva di esserlo. Però non lo ostentava. La sua era un'arroganza naturale che non necessitava di essere imposta.
Avevo sempre creduto che quelli come lui esistessero solo nei romanzi. Figurarsi se mi ero mai sognata di parlarci.
Però incredibilmente era proprio ciò che succedeva.
Ogni sera, ignorando Harmony, Lilah, e soprattutto Darla, sedeva accanto a me e Cordy e chiacchierava con noi.
Per carità, erano chiacchiere, appunto. Sciocchezze, scherzi. Ma io non ero la terza incomoda. Ero inclusa nella conversazione. Liam mi guardava negli occhi, mi riservava gli stessi sguardi d'intesa di Cordelia.
Era simpatico. Persino buffo, a volte, malgrado la sua bellezza. Le serate finivano sempre per essere troppo corte, per volare via.
Ed il giorno dopo, al riverbero accecante dell'acqua della piscina, Darla sembrava detestarmi più di quello precedente.
"Tu non c'entri", mi rassicurò Cordelia un pomeriggio, mentre le spalmavo un po' di crema solare sulla schiena. "E' gelosa di Liam. Le rode il fegato che lui passi le serate a parlare con noi e poi se ne vada a rimorchiare altre donne in discoteca...".
Strabuzzai gli occhi. Cordy ridacchiò. "Oh, andiamo...Perché credi che quei quattro vengano qui solo dopo il tramonto?". Sbirciò l'orologio : le quindici e venti. "A quest'ora staranno ancora dormendo, smaltendo i bagordi della nottata". Mi sorrise, divertita dal mio stupore. "Liam é fatto così. Noi siamo tutte ragazze da rispettare. Per le sveltine vanno benissimo le cubiste sconosciute. E per il momento...grazie a Dio...non intende tornare con Darla".
"Tornare?".
"Oh, sì. Sin dai tempi del liceo, si saranno mollati e ripresi un centinaio di volte, almeno fino a che Elizabeth non é entrata in scena. E ora che Liam é di nuovo sul mercato, Darla lo rivorrebbe nel letto...".
Osservai Darla.
L'avrei volentieri fulminata buttandole un phon acceso nella vasca, eppure dovevo essere onesta : era bellissima. Una delle ragazze più sexy e carismatiche che avessi incontrato. Anche più di Cordelia, che era solare e prorompente, ma mancava della sua carnale, viscerale sensualità.
"E' una puttana", sentenziò Cordelia.
"Scusa...ma non é una tua amica?".
Il suo sorriso si allargò. "I nostri genitori sono amici. Non noi. E quando dico amici, mi riferisco a un'amicizia che riguarda un sacco di soldi, affari comuni, quote di società, ecc. In pratica, sono costretta ad intrattenere quella troietta. E a guardarla mentre tenta di mettere le mani su Liam".
"Lui mi sembra un tipo intelligente...".
"Lo é, infatti". Cordy storse la bocca. "Ma ahimè ha un deleterio debole per le bionde...".
La brezza pomeridiana sollevò una delle mie ciocche castane.
Appunto.


Il venerdì fu lungo e faticoso.
Per la festa di laurea di Lilah, arrivarono parrucchiere e catering. La villa si trasformò in una beauty farm.
L'unica fonte di sollievo fu Dru, la sorella minore di Liam. Non la rivedevo dalla cena della domenica. Venne a farsi pettinare e constatai come anche lei, nonostante ci fosse nata e cresciuta, vivesse con grande disagio quell'ambiente.
Era deliziosa. Più magra addirittura di quanto lo ero io, pallida come la luna. Non assomigliava affatto a Liam, mi raccontò di aver preso dalla madre, e infatti i suoi capelli erano più neri, gli occhi di un colore chiaro sfumato tra il grigio e il viola, il volto imperfetto e spigoloso. Sembrava una gatta, una di quelle gatte sottili e asciutte, dal muso triangolare. E aveva la passione per i tarocchi e gli oroscopi.
Insistette per leggermi la mano.
"Strano. E' faticosa da decifrare...".
La sua voce era sospirata. Ti pareva sempre che cantasse una ninna-nanna, anziché parlare.
Faticosa, eh?
Chissà perché, non ero stupita.
"Però...".
Ma Darla - già, lei - la interruppe. Se la portò via a braccetto, ridacchiando con aria complice, comportandosi come se io neanche fossi lì. E Dru non finì mai la sua lettura. Se ne dimenticò. Ho l'impressione che avesse una certa tendenza a distrarsi...
Il parrucchiere fu veloce, con me. Curiosamente non pretendevo alcun trattamento particolare o messa in piega alla moda. La cosa, credo, non lo stimolò. Mi raccolse i capelli dietro la nuca, puntandomeli con un fermaglio decorato.
"Ci guadagnano la fronte alta e il collo lungo", mi assicurò.
Mmm...Traduzione : sei una cozza e io non sono mago Merlino.
Cordelia completò l'opera. Mi costrinse ad indossare un abito che non ricordavo assolutamente di aver messo in valigia.
Perché ce l'avevo messo lei.
Un abito che detestavo e che rimpiangevo di aver comprato.
Lo descrivo?
Ok. Era una tunichetta morbida e nera, lunga sino a metà polpaccio, con lo scollo rettangolare, spalline sottilissime. Semplice. Elegante. Adatto per più di un'occasione.
Dove stava il problema?
Beh...Uno: lasciava la schiena scoperta. E con l'acconciatura che avevo quella sera mi sentivo praticamente nuda.
Due: sottolineava la tragica inesistenza del mio seno.
Su di me si sarebbe potuta giocare una partita a biliardo. E le palle sarebbero andate tutte dritte.
Ed é una presa di coscienza sconfortante, quando ti trovi davanti Darla Nest in uno strettissimo prendisole rosso fuoco, da cui rotondeggianti, voluttuose forme di panna tentano di straripare...
Per una volta, anche la serata fu penosa.
C'erano un sacco di invitati, anche della buona società fiorentina. Lilah ringraziò Cordelia per il regalo - costosissimo - che le avevamo fatto insieme. Cordelia cercò di starmi vicina, ma a più riprese i suoi doveri di padrona di casa la allontanarono nella mischia. John Lawson mi invitò a ballare e furono dieci minuti di maldestro imbarazzo, perché con i tacchi io ero più alta e lui non aveva nemmeno una scollatura decente da poter guardare.
E Liam...
Liam, quella sera, era bellissimo. Una riedizione riveduta e corretta di Tony Manero, con un completo bianco e la camicia nera. Sfavillava. Letteralmente un dio. E perennemente dall'altro lato del parco rispetto alla sottoscritta, circondato di ragazze.
Tutte con le tette. Per lo più bionde.
Sia chiaro, non che mi fossi mai fatta illusioni su di lui. La mia era la muta ammirazione di chi si accorge che il suo attore preferito sta girando la scena di un film proprio nel suo quartiere. Se ero fortunata, forse mi avrebbe sorriso, forse ci sarebbe scappato un autografo. Magari, meglio ancora, avremmo chiacchierato affabilmente in una pausa tra un ciak e l'altro. Poi, finita la scena, mi sarei ritirata con una foto autografata da incorniciare e su cui costruire mille fantasie, e lui se ne sarebbe andato con la favolosa fidanzata da copertina, dimenticandomi in un nanosecondo.
L'avevo sempre saputo.
Nonostante ciò, un mezzo, incidentale miracolo avvenne.
Mi ero appartata in un angolo tranquillo, a meditare sul mio seno latitante, il deejay stava dando fondo a tutti i pezzi lenti del suo repertorio e qualcuno mi sedette accanto con uno sbuffo annoiato.
Un qualcuno vestito di bianco.
"Ci sei, allora...", disse Liam, stiracchiandosi. "Ti avevo data per dispersa...".
No, pensai, sono solo le mie tette ad essere disperse...
Mi incrociai le braccia sul petto, per mascherare la desolazione del mio decolleté.
"C'é tanta gente. E non conosco nessuno...".
Finse di imbronciarsi. "Nessuno? Io sono nessuno?".
Sorrisi, ma non ci cascai. "Piantala. Sei solo spudoratamente a caccia di complimenti, O'Connor. Non ne hai ricevuti abbastanza, per stasera?".
Lui rise. Si sporse più vicino e, malgrado la - falsissima - nonchalance con cui gli stavo resistendo, i miei organi interni si fusero in un unico ammasso informe e gelatinoso. Aveva un dopobarba leggermente muschiato. E più sotto percepivo l'odore del suo sudore, della sua pelle.
"Succede a quelli che hanno tutto. E' come se non avessero niente". Scosse la testa tra sé. "Sto dormendo troppo poco in questi giorni. Divento filosofo. Ed é un male. Sparo delle gigantesche cazzate quando filosofeggio".
Sollevò un braccio, appoggiò il gomito allo schienale della panchina, sfiorando la mia spalla. E un bagliore attirò il mio sguardo.
"Che bell'anello...", commentai. "L'avevo già notato le altre sere, ha una forma così bizzarra...".
Liam allargò per bene le dita della mano sinistra. Erano lunghe, affusolate, con unghie perfette e curatissime, da ragazzo ricco. E all'anulare spiccava l'anello, in argento: due mani che reggevano un cuore sormontato da una corona.
"E' un claddagh. La fede irlandese", mi spiegò. "Le mani simboleggiano l'amicizia, la corona la lealtà e il cuore...". Deglutì. "...l'amore. Se lo si indossa con la punta rivolta all'interno significa che si é impegnati, con la punta verso l'esterno che si é liberi".
"Il tuo claddagh ha la punta rivolta verso l'interno...", sussurrai.
Nell'aria risuonò un vecchio brano di Phil Collins. Uno di quelli che avevo ascoltato a ripetizione nel pieno della mia cotta per William. Another day in paradise.
Lui mi fissò. Con occhi profondi e scuri da smarrirci l'anima. E non rivolerla più indietro.
"Già", ammise.
Cordelia e sua madre non si sbagliavano. Stava veramente soffrendo molto.
E dove c'é un ferito che perde sangue giungono gli squali, giusto?
Infatti Darla si materializzò davanti alla panchina.
Ovviamente, mi ignorò. Si chinò seducente su Liam. "Dai, ti é sempre piaciuta questa canzone, no?".
Come aveva fatto quel pomeriggio con Dru, si portò via anche lui.
Liam la accontentò con passo stanco, girandosi per salutarmi.
Sciolsi le braccia. Ecco il mio attore che se ne andava.
Avevo rimediato un sorriso, una chiacchierata.
Niente autografo, ma...ehy, avevamo Another day in paradise in comune.
Non era mica da tutti.


"Ce l'ha fatta", sibilò Cordelia. "Se l'é scopato".
Il succo di frutta della colazione mi andò di traverso. La ciliegina sulla torta di una giornata che si prospettava memorabile.
La vacanza volgeva al termine. Il mio aereo decollava la mattina dopo. E per quell'ultima sera era stata organizzata una grigliata per pochi intimi in mio onore. Da morire dal ridere.
Avrei dovuto essere sollevata, all'idea di tornare in America. E lo ero. Ma ero anche triste.
La campagna toscana mi sarebbe mancata. E, alla malora, mi sarebbe mancato Liam.
Potevo essere razionale fino alla nausea e ripetermi che non ne avevo alcun motivo, però era così.
"Come mai ne sei tanto sicura?", domandai tossicchiando.
"Non sono nata ieri, tesoro. Ti sarai accorta che ad un certo punto, ieri notte, Liam e Darla sono spariti...".
Me n'ero accorta.
"E Darla é rientrata solo poco prima che sorgesse il sole. L'ho sentita salire le scale". Con un coltello sporco di marmellata, Cordelia indicò il soffitto. "Ci siamo già alzate tutte, tranne lei...Dev'essere stanchina...".
"Lui é ancora innamorato della sua ex", mormorai.
"Lo so. Ed é questo il guaio", borbottò Cordelia, scura in volto. "E' vulnerabile. E una storia con Darla, adesso, non é esattamente l'ideale".
Non digerii la colazione. Mi rimase un fastidioso crampo allo stomaco per tutto il giorno. E l'espressione tronfia di Darla, la sua aria sazia, soddisfatta, non migliorarono la situazione. Confabulò per ore con Lilah e Harmony, esibendo il proprio corpo in costume più del solito, quasi che si aspettasse che le impronte delle mani di Liam emergessero alla vista di tutti.
Quando fu il momento di scendere per la cena, io piuttosto avrei preferito circumnavigare il globo con una barchetta a remi...Infilai svogliata dei jeans e una camicetta. Che Cordy protestasse pure...Avevo chiuso con l'alta moda.
E non appena misi piede in giardino...iniziarono i colpi di scena.
Primo colpo di scena.
Liam era già arrivato, lui pure con dei semplici jeans ed una maglietta a maniche corte. Compresi che non erano gli abiti firmati a renderlo bello. Lo era proprio di suo. Anche vestito come uno qualunque. E alla luce del sole era persino meglio che di notte. Poi realizzai che zoppicava.
"Che hai combinato?", indagò Cordelia andandogli incontro.
"Questa mattina sono inciampato come un idiota. Avevo sonno...".
"Me lo immagino", ribatté lei ironica.
"Smettila". Lui le diede un pizzicotto, quindi spalancò le braccia. "Allora? Qualche volontaria si offre di sorreggere questo povero guerriero ammaccato?".
Si abbandonò contro Cordy, ridendo, e, con la coda dell'occhio, intravidi Darla che si avvicinava, con un abito sottoveste blu decisamente appariscente per una grigliata.
Figurarsi.
Secondo colpo di scena.
"Fred...". Liam mi invitò con un dito. "Coraggio. Sono troppo pesante per una sola...".
Ammiccò. Che furbastro.
Come non obbedirgli?
Mi circondò le spalle ed io, dopo aver annaspato, mi decisi a passargli il braccio intorno alla schiena. Oddio...Lui era così solido...Mi superava di tutta la testa. Era una montagna accogliente. Non mi importò dell'occhiata assassina che mi lanciò Darla, non mi importò di nulla. Stavo bene lì dov'ero. Benissimo.
Terzo colpo di scena.
A cena, Liam sedette accanto a me. Dividemmo addirittura il piatto.
Non capivo cosa stesse capitando. Lui non guardava Darla. Mai. E mi resi conto soltanto vagamente che, più che mangiare, aveva soprattutto bevuto. A dire il vero non avevo ascoltato una sola delle sue parole...Mi bastava starlo a guardare, bearmi della sua compagnia. Ero con lui, per una sera ancora. E per quanto mi sentissi stupida e patetica, intendevo godermi quell'emozione.
Conclusa la cena, Penn tirò fuori una videocamera e Liam si alzò dalla sedia infastidito.
"Detesto rivedermi nei filmati", sussurrò. Abbassò gli occhi su di me. "E' come rivedere un tempo che non può tornare".
"Stai filosofeggiando di nuovo?".
Ma mi sembrava di no. Era brillo e mortalmente serio. In vino veritas.
Non rispose. Si strinse nelle spalle. Mi accorsi che non aveva il claddagh.
"Hai tolto l'anello...".
"L'ho tolto, sì". Non aggiunse altro.
Ci unimmo mesti al resto del gruppo. Harris si mise a strimpellare una chitarra, alcune delle ragazze ballarono e, dopo che i signori Chase si furono congedati per la notte, le bottiglie di birra circolarono a più riprese. Darla, corrucciata, flirtava poco convinta con Penn, fissando inutilmente Liam, intento a chiacchierare senza un filo logico con Lawson e Cordy.
Io mi allungai su una sdraio a bordo piscina, un gran desiderio di piangere.
Ed ecco il quarto colpo di scena.
Quello con la C maiuscola.
D'un tratto lui deambulò verso la mia sdraio e vi si lasciò cadere con un sospiro. Appoggiò la testa nell'incavo del mio collo, rilassandosi come se volesse dormirmi addosso. I neuroni mi circuitarono per la meraviglia.
"Ti sta importunando?", domandò Lawson, su una sdraio lì accanto.
"No, non preoccuparti. E' un bravo bambino ubriaco...", scherzai.
Con il cuore nelle orecchie, stile grancassa.
Liam rise, sistemandosi meglio, e fui invasa da una morbida tenerezza. Era così grande e grosso, normalmente così sicuro di sé...Ed insieme così fragile, fra le mie braccia. Avrei voluto poterlo accarezzare fino all'alba, rassicurarlo, curare la sua tristezza...
Naturalmente non mossi un muscolo.
"Mi dispiace che te ne vai", bisbigliò lui.
Il suo fiato si insinuava caldo nella mia camicetta.
"Davvero?".
Spostò il viso, adagiando il capo di fianco al mio, per guardarmi negli occhi.
Precipitai nei suoi.
"Tu mi sei piaciuta da subito. Appena ti ho vista", continuò.
"Davvero?", ripetei come una cretina.
Annuì con enfasi, quella sua bellissima faccia da angelo impudente a pochi centimetri dalla mia...
E' ubriaco, Fred. E con il cuore spezzato. E ha un debole per le bionde. Non dargli retta.
Non dargli retta... Già...però il famoso in vino veritas di prima?
"Voglio baciarti...".
No. No. Un secondo. Rewind.
"Scusa?".
Mi contemplava la bocca. "Ho detto che voglio baciarti. Tu mi vuoi baciare?".
Oh, mamma mia... Mi leccai le labbra, la salivazione azzerata. Liam di rimando si leccò le proprie.
Mamma mia, mamma mia...
"Non...non siamo soli".
Ebbene sì. Fu questa la mia risposta da antologia.
E non avevo mica finito. Seguirono a ruota queste mistiche perle di saggezza.
"Tu sei il migliore amico di Cordy ed io sono sua ospite...e poi tutti gli altri sono qui attorno a noi...io...".
Cioè...si può essere più deficienti? Si può?
Incredibilmente lui dimostrò di comprendere. Distolse lo sguardo, si riaccomodò nella posizione precedente, stringendomi.
"Hai ragione. Non é né il momento, né il luogo...". Infilò un piede tra i miei. "Però ti avrei baciata volentieri".
Non parlò più. Si appisolò, lo intuii dal ritmo regolare del suo respiro.
Ne ho conservato un buffo, dolce ricordo. Liam pesava su di me, la spalla mi faceva male, ma le stelle sopra di noi brillavano ed era un dolore che potevo sopportare, se paragonato al piacere di quel contatto...
Quando Cordy venne a svegliarlo, parve confuso. Discretamente mi allontanai per salutare gli altri. No, esagero. Per salutare Lawson e Dru, in effetti.
"Aspetta, ti aiuto...", esclamò John vedendo Cordy che caracollava sostenendo Liam. La sua sbornia stava evolvendo rapidamente in stato soporoso.
"Vuole salutare Fred...", lo informò Cordelia con un tono da mammina paziente.
E infatti lui mi accartocciò in una stretta vigorosa, quasi sollevandomi da terra.
"Mi dispiace veramente tanto che te ne vai", sussurrò con le labbra sul mio collo.
Mi limitai a ricambiare l'abbraccio. Poi fummo sbrigativamente separati. Imprecando per la difficoltà, John lo condusse oltre il cancello della villa.
E non vidi se lui si girò a guardarmi... Cordelia mi coprì la visuale, parlando di qualcosa che non rammento. E a quel punto...che importava?
Era finita.
Lui era il migliore amico di Cordy, viveva a Los Angeles, ma sapevo con cristallina certezza che era finita.
Non era neanche mai cominciata, in fondo.
La mattina dopo, nessuna delle altre ragazze, a parte ovviamente Cordy, si alzò per augurarmi buon viaggio. Non mi dispiacque. Il volo fu orribile. A causa del maltempo ci fu uno scalo imprevisto e arrivai in Texas con oltre quattro ore di ritardo, stanca, depressa, sudata.
Un brusco ritorno alla realtà...
Se mai ce n'era stato uno.

  
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