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Autore: GoatLord    18/08/2014    1 recensioni
Dopo averci riflettuto per notti intere, la bella vampira Serana Volkihar decide che è l'ora di curare il vampirismo, recandosi a Morthal con la volontà di riprendere in mano la sua vera vita.
-Breve one-shot su un altro momento non trattato nel gioco. Spero vi piaccia,fatemi sapere cosa ne pensate!-
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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E' l'alba.
Il sole spunta all'orizzonte,baciando le facciate di queste povere case e i visi di queste genti.
Io vago,come un'ombra della passata notte,lungo la strada principale,protetta dal mio mantello.
La gente mi osserva,mi scruta,cerca di capire chi io sia. Mi credono un mago forse? La gente di qui odia la magia,la necromanzia in particolare.
Sono una necromante,ma non è questo il motivo per la quale mi trovo qui oggi,all'estremo nord,in questa città coperta da neve e circondata da paludi.
L'aria è immobile,quasi tesa per la mia presenza. Ogni passo pare un boato intorno a tutto questo silenzio,che, costantemente rimane,nonostante alcuni già sono a lavorare per sfamare le loro bocche al tramonto.
Attraverso la città a questo modo,camminando lentamente e sorridendo ai fanciulli che si avvicinano, curiosi, e presto richiamati indietro dalle loro madri.
La presenza della luce mi mette voglia di sdraiarmi qui sulla neve e riposare. Mi sento debole,nonostante il cappuccio copra il mio pallidissimo viso.
Ci sono già stata qui però.
Notti scorse,io ero qui.
Rogmir era un uomo spregevole a detta di tutti,un individuo che abusava del potere conferitogli dallo Jarl. Una guardia cittadina corrotta, un barbaro per la quale la giustizia non contava nulla,se non per il fatto che gli consentiva di abusare delle donne d'altri e picchiarne i mariti.
Nessuno avrebbe sentito la sua mancanza.
Notti scorse io ero qui, giustiziera del fato,emissaria della morte, a decretare la sua fine.
Quella sera era ubriaco, e nella sua testa non passava altro se non “seguire la donna pallida in nero”.
Forte era il ricordo che la gente aveva dei vampiri. In questa stessa città, mesi fa, veniva combattuta una battaglia che avrebbe segnato il destino della stessa,con i vampiri da un lato e i mortali dall'altro.
Ma io sono una Volkihar,un lupo tra le pecore: così ben nascosta che nessuno mi sospetta.
Si avvicinò a me, con le sue sporche manacce, desideroso di attenzioni femminili.
-”Vieni più vicino, mio virile soldato.”-
Non ho idea del perché lo feci. Non ho idea del perché lasciai che lui passasse le sue rozze mani tra i miei delicati corvini capelli, del perché lo avvicinai ancora di più,tanto da poter sentire il suo vivo respiro sulla mia morta pelle.
Un bacio sul collo, ecco qual'era il mio ultimo pasto.
Avevo viaggiato parecchio e morivo dalla voglia del vino della vita, il sangue.
Bevevo dalla sua fontanella, assaporavo quel delicatissimo attimo; il piacere più puro mi conquistava, mi possedeva, impregnando di dolce vita il mio arido corpo morto, illuminando debolmente i miei rossissimi occhi.
Lo condussi dove nessuno avrebbe potuto vederci, senza torce, al buio.
Un altro morso sul collo,dall'altro lato però. Un altro attimo di quel purissimo piacere immortale...
Poi venne il momento.
Con le mie abilità necromantiche gli intrappolai l'anima, chiudendo i suoi occhi e accoltellandolo, col mio pugnale di fattura elfica, al cuore.
-”Cosa si prova ad avere il cuore spezzato da una lama dopo averne fatti a pezzi mille, maiale?”-
La sua anima passò per le mie mani fin dentro alla gemma che portavo.
La gemma ora aveva assunto un colore nero come la morte.
Gettai il suo corpo nel laghetto dietro la città, e come spettralmente arrivai, spettralmente me ne andai.
Ma ora non sono qui per mietere vittime.

Il mio ultimo pasto era stato consumato.

Passai oltre le case in legno, sempre camminando lentamente, ma con un timido sorriso. Come quelli che vengono naturali dopo un incubo,dopo tutti quegli incubi che avevano assillato tante mie notti.
Le mie carni morte non sapevano cosa si provava a vivere, non se lo ricordavano.
La supplica arrivò dal mio Amico poche settimane fa. Avevamo fatto molti viaggi insieme, e tutta questa catena di avvenimenti in poco tempo mi aveva in qualche modo legata a Lui. Prima il mio risveglio dal sonno secolare,sempre per mano sua, poi il ricongiungimento con mio padre, quello dopo con mia madre, il compimento della profezia, il tempio di Auri-el e le falene, poi ancora l'ultimo, terribile gesto, l'assassinio di mio padre. Egli era sempre stato con me, mi aveva accettata e ne avevamo parlato. Mi faceva sentire allegra quando dentro volevo solo morire; mi abbracciava quando più mi sentivo sola; e mi difendeva, quando tutto il mondo voleva distruggermi, quando mia madre non accettava i miei sentimenti e quando mio padre mi usava. Lui mi ha sempre fatto sentire una persona prima di tutto, mi ha alleggerito il cuore da tutte le colpe che io stessa mi ero data.
Lui aveva fatto per me in poche settimane più di quanto mai avessero fatto i miei genitori in una vita, in una vita immortale.
Perché che vita è, una vita che dura per sempre? Vedere il tempo passare, i luoghi mutare, le persone morire.
Quando gli raccontai la mia infanzia, Lui mi fece capire che non avevo colpe se i miei genitori si odiavano. Io ho sempre sognato una famiglia felice, un sogno che mi è stato negato per la sete di potere di entrambi. Ho sempre desiderato attenzioni, ho sempre desiderato compagnia e vita.
E dove la mia famiglia mi privò di tutto, lui mi ridiede ciò che mi era stato rubato.
Mi ridiede compagnia, mi ridiede attenzioni, mi ridiede umanità.
All'inizio ero scettica.
In fondo questo oscuro potere mi aveva tenuto in vita fino ad ora,mi aveva fatto vivere nel corso delle ere.
Ma con Lui ho capito che questo potere non faceva altro che distruggere, e avrebbe distrutto me come aveva distrutto i miei genitori.
Così accettai, ma volevo essere sola sul cammino. Volevo che fosse un momento in cui ci sarei stata solo io.
I passi mi portano lontana da Morthal, lontana dal chaos cittadino.
Devio il sentiero, passo tra gli alberi secondo l'indicazione ed ecco che il luogo si apre davanti ai miei occhi.
Un posto magico, con un cerchio di pietre dove avrebbe preso funzione il rituale.
La vita non aveva mai toccato quel luogo, da tanto pareva essere distante, incontaminato e lontano dal mondo.
La dolce nebbia domina il tutto,poggiandosi delicata sulle foglie. E proprio da questa nebbia esce Falion, il mago che mi avrebbe ridonato la vita.
-”Oh, eccoti qui fanciulla.”-
-”Facciamola finita.”-
-”Come più ti aggrada. Ce l'hai?”-
-”Si,tieni.”- gli consegno la gemma nera.
-”Non voglio sapere come te la sei procurata, ma certe voci dicono che una guardia in città è sparita..”-
-”Si ho saputo. Un piccolo incidente al lago dicono, l'armatura pesa.”-
-”Mettiti qui e attendi.”-
Mi posizionai al centro del cerchio,e Falion,solennemente,iniziò a recitare parole alzando le braccia al cielo.
-”Io chiamo dai Reami dell'Oblivion le vite sparite dei nostri antenati. Così come nella morte vi è nuova vita, nell'Oblivion c'è un nuovo inizio per tutto ciò che è finito. Io richiamo i poteri, accettate l'anima che vi offriamo! Così come il sole muore nella notte, nell'oscurità di quest'anima ritorni la vita come lo era prima di ciò che è ora!”-.
Svengo.
La mia anima è in un posto illuminato, dove ogni piacere è soddisfatto,ma è diretta dentro un oscurissimo tunnel doloroso. La vita.
Al mio risveglio vedo il sole colpirmi il viso. Ma non provo più dolore.
Apro gli occhi e mi sento soffocare. Respiro.
Quanto tempo era che non provavo la freschezza dell'aria?
Quanto tempo era che non provavo il dolore passandomi la lama del pugnale sulle carni?
Quanto tempo era che non sbattevo gli occhi,che non ingoiavo saliva, che non necessitavo di forza per camminare?
Tutto mi pareva pesante,muovermi,alzarmi.
Tutto mi pareva di nuovo colorato. Potevo finalmente guardare il cielo in pieno giorno,potevo di nuovo saggiare il profumo dei fiori e di tutto il mondo che mi circonda.
Il freddo sulla pelle non era più per causa della morte: ora era freddo vero,quello causato dalla neve e dal vento.
Un sorriso mi squarciava le labbra, i miei occhi finalmente vedevano i colori del giorno.
Falion se n'era andato già quando io iniziai a correre allegra per il posto,sentendo di nuovo il vendo colpirmi il corpo,scompigliarmi i capelli.
Dentro di me la consapevolezza di essere di nuovo viva era come purissima acqua, abbeverata da chi l'acqua non l'ha beveva da una giornata intera.
Provai di nuovo la fame,la sete,il sonno,la stanchezza.
Era ricominciato di nuovo tutto e la mia vita aveva di nuovo un significato,una meta. Quella che rincorrono tutti questa volta però, la morte.

 

  
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