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Autore: ophelia_5    19/08/2014    0 recensioni
Si dice di solito "l'apparenza inganna" forse è proprio quella la chiave di lettura per le persone: non fermarti alle apparenze.
La semplice storia di due ragazzi che vengono giudicati in un modo, solo perché quello è il modo in cui vogliono essere giudicati, a costo di affrontarne le conseguenze, tutto pur di non mostrare i loro angoli più bui.
Genere: Fluff, Introspettivo, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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C H A P T E R     I
No, I don't want no scrubs


*
 

«Mamma io sto andando, non credo di fare in tempo a fare colazione» disse Georgette scendendo di fretta le scale con lo zaino di pelle nero in mano.
«Ma Georgie lo sai che la colazione è il pasto più importante della giornata, sopratutto oggi che è il primo giorno, poi come farai a scuola? se ti senti male? quante volte te lo devo dire? sempre fare colazione la matt..»
«Mamma è
tardi, tardi, TARDISSIMO! Non ho tempo di fare colazione! La farò li a scuola in caso, prenderò qualcosa alle macchinette al cambio dell'ora non lo so, in qualche modo farò ma devo andare! Ti chiamo appena esco, buona giornata, Je t'aime maman!»

Lasciò un bacio sulla guancia della madre e uscì a malincuore da casa, lasciando sua madre da sola a godersi la colazione. Suo padre era rimasto in Francia per questioni di lavoro quando loro se ne erano venute in Inghilterra, almeno questo era quello che le era stato detto da sua madre, ma sapeva benissimo che in realtà i suoi genitori si erano "separati" da tempo e avevano ricominciato le loro vite senza farsi nessunissimo problema
.

Ma Gette si era abituata subito al clima Londinese, aveva sempre sognato da bambina di vivere in quella grande città e quando a 14 anni si ci era trasferità beh.. non si era dovuta sforzare più di tanto per abituarsi, anzi, aveva trovato subito il suo gruppo di amiche inseparabili, con le quali dandava in classe dal primo giorno in cui si era trasferita senza mai separarsi.
Georgette era la tipica ragazza francese: snob, orgogliosa, con la "puzza sotto il naso" ma allo stesso tempo curatissima e sempre raffinata nei modi. Alta, longilinea, mora, verdi occhi luminosi, un sorriso da fare invidia e quel suo accento così irresistibile, inutile a dirsi, era una delle ragazze più popolari della scuola insieme al suo gruppo di barbie.
La classica ragazza che non si faceva problemi a rispondere (con raffinatezza ovvio), e a fare lei la prima mossa (anche se raramente accadeva), quella che non ha paura di niente. Nessuno le diceva cosa fare, era lei che faceva le regole. E quanto le piaceva insultare tutti in francese senza che loro se ne rendessero conto, era il suo sport preferito, tutto sembrava più fine in francese. Tutti a scuola facevano la fila per sedersi accanto al suo gruppo, ragazzi e ragazze, anche se i posti erano riservati a pochi. Non che lei facesse preferenze sulle amicizie, magari solo un po', ma alla fine il suo "circolo" si era formato da solo; si sa "popolare attira popolare" e viceversa. Ma al contrario di quello che si ci può immaginare c'è sempre il rovescio della medaglia: lei era la classica oca giuliva, per tutti. Certo davanti la elogiavano con i migliori complimenti, neanche fosse la regina d'Inghilterra, ma dietro le dicevano le cose più svariate. Ovviamente lei ne era a conoscienza ma era "il prezzo da pagare" per la fama, diceva.
Era, però, sempre circondata da quell'alone di mistero, nessuno sapeva cosa pensava, nessuno sapeva cosa faceva quando era sola, nessuno riusciva nemmeno ad immaginare cosa sognava, i suoi interessi, le sue abilità, o forse più semplicemente a nessuno era mai interessato davvero.

Ad ogni modo, la nostra storia inizia proprio da qui: Georgette uscì di casa e cominciò a camminare come faceva sempre verso la scuola, lungo la strada avrebbe incontrato le sue amiche. Mentre camminava sentì da una finestra una canzone che non aveva mai sentito prima, un ritmo convolgente, si, ora che ci pensava bene la voce del cantante non le era nuova, un gruppo, si ora ricordava! Aveva ascoltato qualche loro canzone ma questa non le era mai capitato di sentirla, così sorrise pensando che doveva essere destino, sentire quella canzone in quel momento che la colpì così tanto. Cominciò a camminare a tempo e a battere leggermente le mani sulle coscie per riprodurre i bassi muovendo la testa, senza nemmeno rendersene conto.

« Georgette cosa stai facendo? »
« Mandy! Hem.. niente stavo ascoltando quella canzone, bella vero?»   si ricompose

« Si ma qui in mezzo alla strada..»

In effetti era vero, stava quasi ballando in mezzo la strada, imbarazzante, sentì le farfalle nello stomaco rendendosi conto di quello che stava facendo, ma si limito a dire "e chi se ne frega?" e ovviamente Mandy rimase compiaciuta della risposta, era ciò che si ci aspettava da Georgette. La musica si fermò, e dopo pochi secondi scattò la porta della casa da dove quest'ultima proveniva, ma non riuscì neanche a vedere chi uscì  poichè l'amica la trascinò via in un secondo

« E' tardissimo dobbiamo muoverci, le altre sono già in classe hanno detto che non potevano aspettarci, ti rendi conto che stronze? Noi le avremmo aspettate di certo!»
« Umh .. infatti, proprio stronza» disse senza nemmeno pensarci «Sai chi abita in quella casa da dove veniva la musica?»
« No non ne ho idea, ma chi se ne frega no? ahahah»

Georgette rise alla battuta, per circa tre secondi, poi si voltò con una faccia esasperata, odiava quando cercavano di fare le simpatiche a tutti i costi.
Arrivarono a scuola dopo poco e si precipitarono in classe

«Buongiorno professor Martin, scusi il ritardo» disse Gette e si sederono nei due banchi rimasti vuoti
Il professor Martin insegnava letteratura, una materia che piaceva particolarmente alla ragazza che infatti aveva i voti migliori della classe, cosa per cui la elogiavano sempre anche se lei non se ne era mai vantata, non prendeva voti alti per sbatterli in faccia agli altri, ma solo perché scriveva bene, scriveva se stessa, ci metteva tutta se stessa, almeno una volta alla giornata poteva essere lei e scrivere quello che le pareva senza che nessuno leggesse, che nessuno sapesse ( a parte il professore ovviamente) e sopratutto senza aspettative particolari.
Era il primo giorno di scuola, non il primo in assoluto ovvio, ma il primo di ritorno dalle vacanze estive e c'era molta calma nell'aria, tutti erano rilassati e nessuno aveva in mente di cominciare a studiare o a spiegare in quel giorno.

« Allora ragazzi, come avete passato le vacanze? Mary Elizabeth? Josh? Mandy?»
Georgette si voltò a guardare dalla finestra, non che non le importasse sapere cosa avevano fatto i suoi compagni durante le vacanze, beh in effetti non le importava.. ma più che altro era presa dai suoi pensieri, stava pensando a quell'estate passata con suo padre e sua madre che fingevano di essere ancora una famiglia unita, e che la sera litigavano come sempre, oppure quando lei aveva le cuffie e pensavano che non stesse ascoltando, o ancora quando suo padre si faceva qualche goccetto, non era ubriaco ma cominciava a fare discorsi come un pazzo sul fatto che lui le aveva abbandonate e che meritava di morire per questo, per tutto quello che aveva fatto. Lei non sapeva bene cosa era successo, o meglio lo sapeva ma non aveva mai approfondito ma quello che diceva le faceva paura, la morte, anche solo il pensiero. Fuori dal vetro c'era un ragazzo che stava entrando dai cancelli, capelli neri, un po di barba barba, occhiali da lettura, jeans, una maglia nera con dei lupi sopra. Georgette sorrise soffermandosi sulla maglia, suo padre gliene regalava tante di quel genere quando era piccola, infatti lei aveva una sorta di fissazione con la luna e i lupi, e la notte.

«E tu Georgette? sei stata anche quest'anno in Francia?» 
Si riprese dai suoi pensieri e si schiarì la voce
«Hem.. si sono stata in Francia, ho passato le vacanze con mio padre e mia madre..» si accorse che tutta la classe la stava guardando e sentì di nuovo quella sensazione di imbarazzo nello stomaco
«E con i miei amici di lì ovvio, feste quasi tutte le sere, aperitivi sotto la torre Eifelle, cavalcate, eccetera, una figata»
Tutti sembrarono soddisfatti della risposta, si senti anche un sospiro sognante di una ragazza.

La giornata proseguì senza intoppi, la gente fermava Georgette per i corridoi chiedendole come erano andate le vacanze, i ragazzi la salutavano ammiccando, le sue amiche le raccontavano delle loro vacanze da sogno, e tutto era al suo porto.  A pranzo si sedettero tutti insieme al solito tavolo, che era sempre vuoto perché "riservato" per una sorta di gerarchia scolastica che non era scritta, ne mai stata pronunciata, ma tutti ne erano a conoscienza. Le sue amiche mangiarono i loro schifosi pasti dietetici mentre lei prese un pasto completamente normale, il solito. Al suono della campanella tutti si alzarono dai propri tavoli per la penultima ora di lezione, ora in cui Gette avrebbe fatto matematica, non era proprio il suo corso preferito, tralasciando il fatto che lo seguiva da sola, senza nessun amico, ma era una delle materie più importanti quindi pur contro voglia si avvio sola soletta nel corridoglio, verso la classe. Guardava le sue scarpe nere con i lacci bianchi e pensò a quanto fossero anonime, eppure davano quel tocco in più ad ogni abbinamento, erano perfette nella loro semplicità, cosa che lei non era mai riuscita ad essere. Ad un tratto si trovò davanti un muro e andò a sbattere, ma no aspetta.. non era un muro era una persona.

«Scusami non ti avevo vi..»
«MA VUOI STARE ATTENTO BAISE» disse Gette senza nemmeno guardarlo, quando alzò lo sguardo lo riconobbe
«Si vabbe ma stai calma, ti ho chiesto scusa non serve fare tutta questa scena» era il ragazzo con la maglietta con i lupi
«Si ma...» lei che non riusciva a trovare una risposta? cosa?
«Et ce que l'enfer!» disse ringhiando la ragazza senza alzare lo sguardo
« Si si, che diavolo..» disse il ragazzo allontanandosi senza darle peso, un momento, sapeva il francese?

Georgette, si sedette ad una delle panche che erano nel corridoglio, non riusciva proprio a contemplare il fatto di non essere riuscita a rispondere nient'altro che "Eh che diavolo!" cosa le era successo. Si alzò rimettendosi a posto la maglia e infilando le spalline dello zaino e riprese la sua via verso la classe col mento in alto. Entrò in classe, c'era molta più gente di quanta ne ricordasse negli anni precedenti, e tra le tante persone chi non poteva mancare? Esatto, la fortuna volle che l'unico posto libero fosse proprio vicino a quel ragazzo.

«Oh mon Dieu.. ok..» disse tra se e se avvicinandosi al posto vuoto, il ragazzo che stava tirando fuori il suo libro le lanciò un occhiata e fece una smorfia, lei prese posto nella sedia e si mise comoda. Dopo un po' tirò fuori i libri anche lei e li posizionò ordinatamente sul tavolo bianco. Restò a guardare dritto davanti a se per un minuto o due.

« Ok senti, mi dispiace per prima, non sapevo che parlassi francese»
« Il fatto che io parli francese non è proprio il problema»
« Si e forse non dovevo gridarti contro ecco, è stata anche colpa mia, non guardavo dove andavo, scusa..»
« Scuse accettate» disse il ragazzo sorridendo, lei sorrise tranquillizata. Stava li a guardarlo aspettandosi una presentazione un "come va?" qualcosa.. di solito erano sempre gli altri a fare il primo passo. E non capiva di nuovo cosa stava succedendo. Il ragazzo si volto a guardarla distrattamente poi, accortosi che lei lo stava fissando, si volto nuovamente
« C-cosa c'è? qualche probelma?» le disse a bassa voce guardandosi intorno dubbioso
« È? No niente.. comuqnue, piacere io sono Georgette Moreau..» disse la ragazza porgendo incerta una mano
Non le era mai successo di trovarsi due volte di seguito in una situazione di imbarazzo con la stessa persona.
«Ah, piacere mio Daniel Campbell Smith, ma puoi chiamarmi Dan» disse lui stringendole la mano e guardandola negli occhi, poi tornò al quaderno. Lei lo osservò di nuovo in attesa, era.. strano.
« Quindi sei francese? Mi sembrava di averlo intuito in effetti» aggiunse lui dopo un po' senza staccare gli occhi dal professore che nel frattempo aveva cominciato a scrivere qualcosa alla lavagna.
«Si, si sono nata e vissuta in francia fino a qualche anno fa in effetti» rispose Georgette sorridendo e guardandosi le mani
«Forte! Mi piace la francia, non ci sono mai stato ma deve essere bella, io sono di qui invece»
« Si è bella.. molto bella anche se sono di parte»
Lui sorrise alla battuta. Per il resto della lezione un silenzio tombale, un silenzio che la costrinse a stare attenta alla lezione nonostante fosse la penultima ora, pensò che magari quello era il metodo per seguire, stare vicino ad uno che non ti rivolge nemmeno uno sguardo, una parola, niente.
Suonò la campanella e tutti si avviarono verso l'uscita della classe. Dan si alzò dalla sedia e cominciò a riporre i libri e Georgette fece la stessa cosa.
Il ragazzo si stava avviando verso la porta quando ad un tratto si fermò
«Ah comunque ho visto che la canzone stamattina ti è piaciuta, bei gusti»
Lei alzò di botto la testa, era lui allora che aveva messo quella canzone! Dan uscì dalla stanza sorridendo.
Gette infilò tutti i libri nella borsa alla rinfusa e corse fuori dall'aula dietro a Daniel.
« Hey Dan, aspetta!» disse raggiungendolo «Come si chiama quella canzone?»
« Ah allora ti piace proprio! -disse lui ridendo- no, non te lo dico, sei così brava puoi trovarla anche da sola»
« Ma brava di cosa, no aspetta dai dimmelo!»
« Aaah no! Non se ne parla, fammi sapere se la trovi» concluse lui correndo via, probabilmente aveva un ora buca perché si dirigeva verso il parco.
Georgette si recò nell'aula di scienze sbuffando, avrebbe voluto seguirlo e costringerlo a sputare fuori il titolo di quella canzone, ma ce l'avrebbe fatta da sola ok? era in grado di trovarla.
L'ultima ora volò via in un secondo e tutti i ragazzi furono liberi di uscire finalmente da quella prigione. All'uscita Georgette accese il telefono e inviò un messaggio a sua madre "Je suis enfin libre, maman! ahah xx", alzò lo sguardo e vide Dan con altri tre ragazzi che non aveva mai visto prima che si avviavano verso la via di casa sua. Fece per raggiungerli con faccia determinata quando venne afferrata per i fianchi.

«Gette, non mi saluti nemmeno più?»
«Paul, hey.. ciao..»
« Dove vai con questa fretta..?»
« In realtà stavo raggiumgendo quei..»
« Non starai mica veramente frequentando quei tizi? Uno più schizzato dell'altro a partire dal loro "leader", sempre con quelle magliette ridicole e quel quaderno nero, poi quello con i capelli lunghissimi, quello con i baffi, e quello che si veste sempre di nero.. ma dai ti prego»
«Credo che "quello", "quello" e "quello" abbiano dei nomi, e anche il "leader" ne ha uno.»
«Piccola non ti mischiare con questa gente, tu sei migliore» disse lui posizionando il suo braccio palestrato attorno alla schiena della ragazza
« Migliore per cosa? Lasciami in pace Paul et vas te faire encule!» disse lei girandosi dall'altra parte e tornando verso la via di casa
« Mi piace quando parli francese!»

Si diresse allora verso casa visto che ormai Dan e gli altri erano andati, passando sotto la sua finestra sentì delle voci maschili e delle risate. Sorrise pensando alla canzone di quella mattina, cercando di ricordare le parole così da poterla rintracciare più facilmente, ormai era diventata una missione personale, l'abrebbe rovata a qualsiasi costo.


☯  Note dell'Autrice  ☯

Ok buonasera a tutti, come sempre mi è venuta una cosa enorme e senza nessun filo logico CHE BELLO!
Detto questo volevo scusarmi se ci sono alcuni inprecisioni o errori, ho riletto ma potrebbe essermi sfuggito qualcosa
Poi volevo ringraziarvi per aver letto questo primo capitolo, fatemi sapere cosa ne pensate, e lasciatemi qualche commento se vi va, fatemi sapere se volete leggere il seguito insomma.
Inoltre volevo precisare tre cose:
  1. La canzone di cui tanto si parla la scoprirete nel prossimo capitolo eheh
  2. Se non capite qualche cosa in francese ditemelo, anche se sono cose molto basilari insomma
  3. Il fatto che Paul non capisca il "et vas te faire encule" che mi pare molto semplice da intuire, era solo per sottolineare la stupidita del tizio, ecco
  4. La protagonista è una mia omonima, ma non sono io, solo che mi piaceva il nome quindi
  5. mi piace fare i punti
Detto ciò, fatemi sapere mi raccomando, e spero con tutto il mio cuore che vi sia piaciuto! Un bacio enorme a tutti!
Georgette
   
 
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