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Autore: _M e l_    20/08/2014    1 recensioni
«Siete troppo intelligente per vivere felice», è veramente dispiaciuto per lui e persino il suo sorriso vacilla un po', sotto il peso di quella consapevolezza. Otis crede che l'intelligenza si calcoli in base alla quantità di cose che una persona conosce, e Benjamin ha voglia di piangere quando si rende conto che è davvero troppo intelligente e che Otis ha ragione nel dire che non potrà mai essere felice.
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Questa storia partecipa al contest "Indovina La Citazione", indetto da Il_Genio_del_Male su Facebook. I prompt utilizzati sono i numeri 7 ["Se vuoi che rinunci a te, dovrai prima uccidermi”. (Warrior Baek Dong Soo)] e 3 [“Sei troppo intelligente per vivere felice” (I Simpson)], rispettivamente del Sabato e del Venerdì.
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non dimenticarlo.



Benjamin porta il bastone da passeggio sotto il braccio sinistro, stringendolo contro il torace, e posa la mano destra sulla staccionata di legno che delimita il confine della proprietà del fabbro del paese. Mise per la prima volta piede in quella casa a nove anni: entrò insieme al padre e con una faccia disgustata che immediatamente fece capire agli inquilini il suo rango superiore – cosa che avrebbero comunque intuito dagli abiti preziosi e così puliti che ai loro occhi parvero scintillare. Il fabbro istintivamente aveva portato avanti la mano per farsela stringere, ma, vedendo il signore serrare le labbra in una smorfia contrariata, aveva subito rimediato con un lieve inchino imbarazzato. Non ricorda neanche il motivo della loro visita – che era stata causa di altre visite al negozio del fabbro –, però gli sembra quasi di essere di nuovo in quella stanza, con il fabbro inchinato e il suo garzone – il figlio – che li osserva con i suoi occhi neri, tant'è vivida l'immagine che gli è rimasta impressa di quell'avvenimento. Come allora, un brivido gli scorre lungo la spina dorsale e si sente ridicolo quando si scopre a puntare lo sguardo altrove, proprio come se il bambino si trovasse realmente lì e lui non riuscisse a reggere quel suo sguardo scuro che sembra promettere un vuoto che allora Benjamin aveva associato alla morte, ma che adesso riesce a paragonare solo alla pace – probabilmente perché sta provando così tante cose così tristi e orribili da riconoscere nel morire la fine di tutte le sue sofferenze, e il brivido che ha sentito non è più di paura, quanto di desiderio. Benjamin scuote la testa per scacciare via quei pensieri: non è mai stato un tipo troppo cupo, dunque, conclude che quell'attacco di malumore debba essere stato causato dal salottino della Signorina Daisy – da cui era letteralmente scappato via – dove non si era fatto altro che parlare di fiori e ricami e vasi e piatti e tonalità di rosa, ovvero tutto ciò che riguardava il suo imminente matrimonio con Audrey, la quale l'aveva costretto ad assistere per far vedere agli altri che anche a lui interessavano i preparativi di quello sposalizio forzato.
Che in realtà non gli importi nulla lo sanno entrambi, lui e Audrey, e lo sa Otis, il figlio del fabbro; ed ecco il motivo per cui si trova lì: cercare di fargli credere che lui ci tiene davvero alla sua fidanzata. Audrey sa anche questo: gli ha detto che ha capito il suo affetto per quel garzone – e quella definizione detta da lei aveva preso un accento così dispregiativo da non lasciargli alcun dubbio sul rancore che Audrey provava verso il ragazzo, e forse anche verso lui stesso – dagli sguardi complici che si scambiavano, dal sorriso sincero che Benjamin gli concedeva in risposta ai  “Signore” che Otis gli rivolgeva, spesso in tono velatamente impertinente, quando lo vedeva, e dal fatto che la scusa della collezione di spade rare e pregiate aveva retto per poco, dato che raramente, dopo i loro frequenti incontri, lui ritornava effettivamente con una spada vera e propria.
Audrey è una principessina fuori posto, che tenta di cambiare ciò che la circonda a suo piacimento, proprio per ricreare l'atmosfera fiabesca da cui proviene e di cui sente la mancanza. Non le importa se Benjamin non la ama, d'altronde neanche lei prova dei sentimenti per lui – quando Audrey gliel'aveva detto era rimasto stupito, e anche un po' ferito nell'orgoglio, perché si conoscevano da quand'erano bambini e non gli era mai sembrato che lei fingesse; dopo, si era solo vergognato, perché non gli era importato della possibilità che lei potesse essere ferita dalla sua indifferenza, e, anche se quella possibilità era stata appena scongiurata dalla diretta interessata, lui si era sentito un villano, riconoscendo il suo comportamento sgarbato. Ad Audrey non importa di rinchiudersi in un'illusione, è stata molto chiara quando gliel'ha spiegato. Lei vuole il suo – seppur finto – lieto fine ad ogni costo, ed è per questo che non ha gridato allo scandalo quando ha capito.
«Non vi permetterò, però, di distruggere i sogni che rincorro da tutta una vita!» gli aveva detto fervidamente, con gli occhi lucidi e l'aria fiera – una leonessa, aveva pensato Benjamin.
«Non vi permetterò di usare questo come scusa per annullare tutto. Io vi perdono, e accetto di sposarvi ugualmente, dunque non avete nessuna scusante per lasciarmi. Io non rinuncio a voi – e con quel voi era ovvio che si riferisse a se stessa e ai propri desideri, ma Benjamin non avrebbe potuto avercela con lei per questo, proprio perché lui stesso fino a quel momento si era comportato in modo sconvenientemente egoista – e se volete che rinunci a voi, dovrete prima uccidermi.» era stata maledettamente seria, e per un momento Benjamin si era visto davanti agli occhi il suo corpo esanime e le sue mani macchiate di sangue ed era impallidito subito, stringendole le mani e dicendole affannosamente che non c'era bisogno di arrivare fino a quel punto e che se lei l'avesse voluto, avrebbe immediatamente detto addio al garzone.
Non voleva veramente lasciarlo, ma questa divenne la sua intenzione quando Audrey lo congedò.
«Ebbene, ditegli addio! E badate che sia per sempre, perché se accadrà di nuovo, vostro padre sarà il primo a saperlo, e poi tutti gli altri. Voi cadrete in disgrazia, ma sapete che la sorte peggiore toccherà a lui.»
Benjamin non si sente più egoista ora che si trova nel cortiletto della casa del fabbro, ma questo non lo conforta per nulla. Desidera solo che quel dolore che sente all'altezza dello stomaco diventi più sopportabile, e che Otis non ne resti troppo ferito – e al tempo stesso desidera che ciò avvenga, perché significherebbe che l'amore che diceva di provare non era una menzogna e lui ne ricaverebbe l'ultimo ricordo tristemente felice.
«Signore! Cosa ammirate così assorto?»
Otis, ignaro, gli si rivolge con lo stesso tono irriverente di sempre, e Benjamin non può impedirsi di sorridere.
«Aspetto di vedere una stella cadere per esprimere il mio desiderio, affinché questo si avveri.» ribatte ironico. Otis coglie il sarcasmo e scoppia in quella sua risata speciale – così di cuore, come Benjamin non aveva mai visto in tutti i salottini in cui si era ritrovato; era questo che l'aveva fatto avvicinare all'apprendista, il modo in cui rideva: arricciava le labbra, scoprendo le gengive e i denti sporchi, socchiudeva gli occhi in due fessure e cacciava fuori l'aria dalla gola così forte che questa si tramutava in grida ed era costretto a tirare dei lunghi respiri per recuperare ossigeno. Non è un modo buffo di ridere, a dirla tutta a Benjamin inizialmente dava molto fastidio, ma ne era rimasto incuriosito, proprio perché circondato da persone che raramente si lasciavano andare così totalmente difronte a degli estranei.
«Vi sbagliate! Voi dovete desiderare così tanto una cosa da buttar giù una stella. Solo così il desiderio si avvererà.» Otis gli è ormai accanto, e il sorriso ancora non ha lasciato le sue labbra, mentre lo scruta cercando di capire il perché della sua venuta improvvisa.
«E scommetto che voi abbiate fatto degli esperimenti per constatare tale teoria.» continua Benjamin e vede Otis arricciare la fronte al suo tono amaro.
«Desideravo essere felice, e la stella è caduta.»
«E il desiderio è stato avverato?»
«Sono felice.»
Quando risponde, Otis lo cerca con lo sguardo e gli posa una delle sue grosse mani da fabbro sul braccio, stringendoglielo un po' – e Benjamin, nonostante i vestiti, sente sulla pelle il tocco di quelle dita callose e spaccate in alcuni punti che conosce tanto bene, e vorrebbe concentrarsi solo su quello, ma ha altro da fare. Si scosta, come scottato, al suo tocco: «Sciocchezze! Le stelle cadenti altro non sono che frammenti di meteore che cadono sulla terra perché questa si ritrova nella loro scia. Non possono avverare i desideri di nessuno.» sbuffa e non sa se Otis è riuscito a seguire il suo ragionamento, ma deve aver capito almeno il finale, in base a ciò che dice.
«Siete troppo intelligente per vivere felice», è veramente dispiaciuto per lui e persino il suo sorriso vacilla un po', sotto il peso di quella consapevolezza. Otis crede che l'intelligenza si calcoli in base alla quantità di cose che una persona conosce, e Benjamin ha voglia di piangere quando si rende conto che è davvero troppo intelligente e che Otis ha ragione nel dire che non potrà mai essere felice. Perché lui sa e capisce quanto ciò che lo rende felice sia innaturale, sbagliato, e non solo per il fatto che sono due uomini, ma anche perché Benjamin è un gentiluomo ed Otis un fabbro, perché Benjamin è il promesso sposo di Audrey da quando sono nati e perché stanno per convolare a nozze. Non potrà mai essere felice perché sa che Audrey sa, e che le sue minacce non sono da prendere alla leggera, perché sa che prima o poi saranno scoperti e sa la pena che spetterebbe scontare a Otis – infatti sa che a lui non lo toccherebbero, perché, anche se in disgrazia, resterebbe pur sempre il figlio di un esponente molto influente, e questa forse è la parte peggiore, perché sa che il padre, pur di proteggere i propri interessi, sarebbe disposto a insudiciare il nome e le intenzioni del giovane garzone, e a Benjamin non va che la loro storia venga sporcata da ingiuste menzogne (forse perché ha paura che finirebbe col ritenerle vere, conoscendo l'arte di persuasione del padre).
«Avete ragione, sono troppo intelligente e voi troppo ignorante.»
Otis aggrotta le sopracciglia a sentirlo parlare così, chiedendosi se non sia stato troppo offensivo, poi è lui stesso a sentirsi risentito, perché pensava che quella fase – la fase del: sono un aristocratico e dunque migliore di te, un garzone – l'avessero superata da tempo, e dopo si ricorda che il matrimonio è alle porte e pur essendo un ignorante ha già intuito dove Benjamin andrà a finire – pensa che centri il fatto che l'ha ascoltato così tante volte parlare che adesso gli è fin troppo facile prevedere i suoi ragionamenti, ed è ironicamente triste che questa sua capacità l'abbia portato a capire in anticipo che la loro storia sta volgendo al termine.
«La Signorina Audrey invece è intelligente come voi, vero? Lei sì che vi merita.»
Benjamin non aveva intenzione di dire questo e resta così sorpreso di quelle parole che la prima cosa che gli viene in mente di fare è negare e scusarsi, dicendo di aver passato un pomeriggio terribile e di avere dentro troppo acido da dover cacciare fuori. Ma poi si rende conto che Otis l'ha inconsapevolmente indirizzato sulla via giusta – quella che Audrey gli aveva indicato – e adesso lui è costretto a proseguire; così l'acido, al posto di cacciarlo giù, lo lascia scorrere nelle sue parole: «Sì. E mi rincresce di averlo capito solo adesso, mi sarei risparmiato la vergogna di accompagnarmi a un garzone qualunque. Ma finalmente sono giunto alla conclusione che l'amo, e non sono più disposto a macchiare la fiducia che lei ripone in me continuando le nostre assolutamente sconvenienti visite.»
Otis sobbalza, e il dolore che prova è ben leggibile nella espressione contratta del viso – Benjamin ha sbagliato: non lo vede come la prova del suo amore, ma solo per quello che è, ovvero una sofferenza che lui sta volontariamente causando ad entrambi. Non riesce subito a ribattere e quando lo fa il suo tono non è rabbioso come Benjamin si aspettava, ma solo rassegnato – e di nuovo lo sorprende e di nuovo Benjamin vorrebbe solo smentire tutto e non arrivare davvero fino in fondo.
«Mi duole di avervi fatto vergognare di voi stesso, quest'umile garzone qualunque vi chiede perdono; e se il Signore realmente lo vuole, è disposto a dare un taglio a queste sconvenienti visite da subito.»
Non è ancora pronto, Benjamin, all'addio: lui si aspettava una grossa lite e di uscirne vittorioso, sì, ma così stanco da non avere neanche la forza di pensare al suo cuore in frantumi, e invece Otis l'ha congedato subito, senza alcuno sforzo da parte sua, e quindi Benjamin ha tutta l'energia necessaria per concentrarsi sul quel crack che ha sentito e che preannuncia il suo andare in mille pezzi – e non è sicuro di riuscire a ricomporsi.
«Io... certo, avete pienamente ragione. Allora... io vi saluto.» è impacciato e insicuro, Benjamine, e questo fa intenerire Otis, che decide di intervenire un'ultima volta – dicendo quella parola che l'altro non aveva avuto il coraggio di pronunciare: «Auguro ogni bene a voi e alla vostra consorte. Siate felici. Addio
Benjamin ha già superato la staccionata di legno quando gli risponde in un sussurro: «Sono troppo intelligente per essere felice.»
E non è proprio questo a renderlo un immenso idiota?

Quando raggiunge Audrey, lei fa in modo che si trovino soli nella stanza per poter parlare liberamente.
«Ebbene, vi siete chiarito con quel garzone?» domanda altezzosa, con il mento sollevato e le braccia incrociate elegantemente sotto il seno.
«Sì, e vi posso assicurare di averlo anche già dimenticato.» risponde, e Benjamin suona falso alle sue stesse orecchie – o forse è solo perché lui sa la verità, e cioè che non sarà mai in grado di dimenticarlo. Nello sguardo di Audrey passa una malinconia momentanea, che la porta a parlare con una insolita dolcezza: «Non ho mai voluto che voi dimenticaste.»
Benjamin è a pezzi, lui vorrebbe dimenticare e non riesce, e non fa che soffrire e cercare qualcosa – qualcuno – contro cui urlare per sfogare la sua frustrazione, e allora legge nelle parole di Audrey l'ennesima provocazione e si ritrova a risponderle infuriato prima ancora di rendersene conto: «Cos'altro volete da me? Volete vedermi soffrire-- volete che io soffra per punirmi di quello che ho osato fare? Non vi basta che ho rinunciato alla mia felicità per voi? Non vi bastano le mie scuse? Vi divertite così tanto, strega, a torturarmi?»
Tutto nella figura di Audrey – viso in fiamme, occhi lucidi, braccia lungo la schiena rigida e mani chiuse in piccoli pugnetti – induce Benjamin ad aspettarsi uno schiaffo così forte da alleviare anche se solo per un attimo le sue pene interiori con il dolore fisico – e probabilmente è per questo che ha detto quelle cattiverie –, e invece lei esplode – e Benjamin non sarà mai in grado di dimenticare neanche questo momento.
«Voi dite così perché siete un ingrato! Non vi rendete conto della fortuna che avete e avete avuto! Voi avete provato qualcosa, Benjamin, e questo dolore non fa altro che rammentarvelo, e dovete tenervelo stretto, perché quando la sofferenza si tramuterà in dolcezza e vi ritroverete a sorridere di questi ricordi che tanto vi dolgono, voi riproverete quell'amore puro che vi lega a quel ragazzo e allora sarà magnifico, e sarete felice di non aver dimenticato. Soffrite, per mantenere vivido il ricordo del vostro amore, nella speranza di poterlo conservare nel vostro cuore senza nessuna ombra, perfetto com'era. Non dimenticate
È una supplica quella di Audrey, e Benjamin cede sotto il peso di quelle verità strillate con così tanto ardore. Quando le sue ginocchia toccano il suolo, Audrey sta già cingendo la sua testa tra le braccia, premendosela contro il ventre e accarezzandone la nuca con gesti lenti e rassicuranti – e Benjamin si sente come un bambino e non può fare a meno di ridere, con il cuore, come Otis, solo che quando l'aria esce fuori si tramuta in grida strazianti e dagli occhi stretti a fessure sente cadere lacrime amare.







 
La storia non ha una collocazione temporale ben precisa, diciamo che è ambientata in un tempo antico, ma non troppo xD È stata ispirata dal prompt "Sei troppo intelligente per vivere felice" ed inizialmente doveva essere molto più piccola - sì, so che comunque non sono 20 pagine, però vi assicuro che è abbastanza più lunga e triste di quello che mi aspettavo. Si è allungata con l'introduzione di Audrey e la scenetta delle stelle cadenti - cosa che mi ha ispirato mia madre, dicendomi la teoria secondo cui solo se il tuo desidio è talmente forte da far cadere la stella dal cielo, si avvera (che lei ha letto chissà dove grazie a chissà chi xD).
Non ho nient'altro da aggiungere; comunque, se avete domande da fare, fate pure :))
Questa storia partecipa al contest "Indovina La Citazione", indetto da Il_Genio_del_Male su Facebook. I prompt utilizzati sono i numeri 7 ["Se vuoi che rinunci a te, dovrai prima uccidermi”. (Warrior Baek Dong Soo)] e 3 [“Sei troppo intelligente per vivere felice” (I Simpson)], rispettivamente del Sabato e del Venerdì.

Ringrazio chi metterà la storia tra le seguite/preferite/ricordate, chi recensirà e chi leggerà solamente :)
Vostra,
     _M e l_
   
 
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