Questa
storia è
stata pensata come uno spin-off di “Molecole di vita”,
una long composta da dieci
capitoli che ho scritto un paio d’estati fa. In
realtà risulterà più lunga
della storia originaria e avrà poco a che fare con essa,
quindi si può
leggere anche senza conoscere “Molecole di vita”.
Per
essere
certa che comprendiate tutto, vi faccio un brevissimo riassunto di
quanto è
successo precedentemente, ma non credo sia necessario leggerlo
perché in questo
primo capitolo è spiegato tutto.
In
“Molecole di
vita”:
Allie
(la
protagonista di questa storia) e Dafne, due ragazze inglesi,
festeggiano la
fine degli esami di maturità trascorrendo due settimane a
Rodi, un’isola della
Grecia. Qui Dafne conosce Michael, un ragazzo del posto con cui nasce
subito
un’amicizia ricca di sentimenti che crescono velocemente.
Hanno solo dieci
giorni per stare insieme, ma l’attrazione li porta a
diventare più che amici e a
trascorrere l’ultima notte insieme. Dovendo tornare in
patria, i due si
separano: non si tratta di una relazione a distanza, dovranno cercare
di andare
avanti con le loro vite. Nel frattempo, Allie decide di dare una
possibilità a
Thomas (il fratello di Dafne, che è in Inghilterra) dato che
in quei giorni si
sono sentiti spesso al telefono e hanno scoperto di provare qualcosa
l’uno per
l’altra.
A story of everyday life
Capitolo 1
Thomas
le stava aspettando da più di mezz’ora: era
appoggiato al muro dato che tutte
le sedie erano state occupate da una comitiva di vecchiette arrivate da
chissà
dove. Stava iniziando a stancarsi, dopotutto aveva passato
l’intera giornata a
studiare per l’esame che avrebbe dovuto dare di lì
a pochi giorni. Era
impaziente di rivedere Dafne e Allie, di riportarle a casa e mettersi a
dormire, dato che il giorno seguente non si prospettava migliore.
Le
due amiche avevano trascorso due settimane a Rodi, un’isola
della Grecia dove
avevano deciso di andare in vacanza dopo la fine della scuola. Dafne,
sua
sorella, sembrava aver fatto conquiste in quei giorni. Per lo meno,
questo era
ciò che gli aveva detto Allie.
Allie,
la migliore amica di sua sorella, la ragazzina che aveva tormentato per
anni
finché non era cresciuta e, a quel punto, aveva cominciato a
piacergli sul
serio. Ricordava di aver tentato un approccio a una festa qualche mese
prima,
ma nelle condizioni in cui si trovava aveva ovviamente ricevuto un
rifiuto. Da
pochi giorni, tuttavia, avevano cominciato ad avvicinarsi.
Paradossalmente,
proprio mentre si trovavano agli angoli opposti dell’Europa
avevano scoperto la
chimica che c’era tra loro. Avevano iniziato a parlare al
telefono quasi per
sbaglio, quando lei aveva risposto alla chiamata destinata a Dafne, che
era
impegnata. Thomas si era sentito così felice dopo quella
telefonata che aveva
preso a cercarla tutti i giorni, magari anche solo per cinque minuti,
per
sentire la sua voce e ridere con lei. Aveva speso un sacco di soldi ma
ne era
contento. Le aveva proposto di andare al cinema insieme quando fosse
tornata,
per vedere un film di cui avevano discusso e che Thomas era convinto le
sarebbe
piaciuto. Lei, facendosi seria, gli aveva assicurato che ci avrebbe
pensato e
gli avrebbe dato una risposta al suo ritorno.
Un
ritorno che si faceva attendere ma che, finalmente, era arrivato. Le
vide
avvicinarsi a lui, i volti sorridenti, mentre tiravano i trolley,
attente a non
urtare nessuno. Dafne lo abbracciò per prima: un gesto
strano da parte sua,
dato che non erano soliti scambiarsi quel genere di tenerezze, ma a cui
rispose
sinceramente.
«Ti
trovo bene» approvò Thomas, guardandola.
«Ti sei abbronzata.»
Dafne
gli sorrise, prima di farsi da parte, consapevole che anche la sua
amica
avrebbe ricevuto un bel saluto. E infatti Thomas
l’attirò a sé, un po’
impacciato a causa dell’improvviso cambiamento del loro
rapporto, ma sollevato
dal sentirla rilassarsi insieme a lui in quella stretta nuova e
delicata.
«Ciao,
Allie» mormorò prima di lasciarla andare.
«Ciao»
gli sorrise lei. «Ti trovo un po’
addormentato» scherzò, «ma penso sia
comprensibile data l’ora.»
«Allora
è meglio andare a casa» replicò
lui, invitandole a seguirlo nel parcheggio.
Dafne sembrava
davvero star bene,
sorrideva e aveva già preso a raccontargli tutto
ciò che aveva visto, senza
però fare il nome del ragazzo che aveva conosciuto. Thomas
non aveva capito
molto bene la situazione che si era creata, sapeva solo che aveva
incontrato un
certo Michael e che erano diventati inseparabili. Allie non gli aveva
rivelato
fino a che punto fosse giunto il loro rapporto e lui non ci teneva a
saperlo,
ma aveva messo in chiaro che, una volta tornata in Inghilterra, Dafne
ne
avrebbe certamente sentita la mancanza. E in effetti, per quanto
naturale
potesse sembrare il comportamento che stava tenendo in quel momento a
occhi
estranei, Thomas si rese conto che non era davvero se stessa. Dafne non
era mai
stata così entusiasta di nulla e, per quanto avesse
apprezzato l’isola, era
ovvio che stava cercando di enfatizzare ogni cosa, per non pensare
invece alle
persone che l’abitavano.
Allie,
d’altro canto, se ne stava in
silenzio a osservarla preoccupata, intervenendo solo ogni tanto in quel
lungo
discorso. Thomas la guardò nello specchietto retrovisore,
distinguendo appena
la sua figura nell’oscurità della notte, eppure
avrebbe giurato di averla vista
ricambiare lo sguardo.
«E il
mare!» esclamò Dafne, richiamando
la sua attenzione. «Mio Dio, non avevo mai visto
dell’acqua così limpida e
pulita! Sembrava di essere in una piscina, non fosse stato per i sassi
sul
fondo che rendevano il tutto ancora più
meraviglioso.»
«Avete
fatto anche un bagno di
mezzanotte, spero» rispose Thomas, lanciando
un’occhiata alla sorella. La sua
reazione non fu però quella che si aspettava: il sorriso
vacillò e gli occhi
persero per un attimo la luce dell’eccitazione mentre
rispondeva. «Sì, una
volta.»
Incerto su cosa
dire, inconsapevole del
ricordo che quell’ingenua domanda aveva risvegliato, Thomas
preferì lasciar
perdere e alzare il volume della radio, dato che
nell’abitacolo si era diffuso
un silenzio che si stava facendo pesante. Fortunatamente mancava poco
alla loro
casa e, nel giro di qualche minuto, Dafne si era già
defilata. Aveva preso la
sua valigia e aveva augurato la buonanotte, sentendosi improvvisamente
stanca a
causa del volo. Disse ad Allie di non affrettarsi a raggiungerla, che
tanto non
l’avrebbe svegliata, e salì le scale.
Così
loro rimasero in salotto, soli e
muti finché lei non si richiuse la porta della camera da
letto alle spalle. Poi
Thomas si voltò a guardare Allie, confuso.
«Cos’ho
detto?» domandò, sedendosi sul
divano e invitandola a fare lo stesso. Lei gli si accomodò
accanto con un
sospiro e chiuse gli occhi, la testa reclinata contro lo schienale.
«Questo
bagno di mezzanotte l’ha fatto
con Michael, non con me» rivelò. «Ed
è stato il momento in cui tutto è
degenerato.»
«Si
riprenderà» disse Thomas, con
convinzione. «Ora è suscettibile perché
è una sorta di ferita fresca, ma con il
tempo le passerà.»
«Lo
spero» mormorò lei, guardandolo
negli occhi.
«Non
credi?»
«Non
l’avevo mai vista così» rispose
solamente, prima di stiracchiarsi.
«Sei
stanca?» chiese Thomas.
«Solo
un po’.»
Forse quello non
era il momento giusto,
forse avrebbe dovuto prendere più seriamente lo stato
d’animo di sua sorella,
forse avrebbe dovuto aspettare almeno il sorgere del sole, ma Thomas
voleva una
risposta a quell’interrogativo che le aveva posto
più di due giorni prima. «Hai
pensato alla mia proposta?»
Lei
annuì e aspettò un momento prima di
parlare.
Aveva riflettuto
a lungo, anche durante
il viaggio di ritorno, e si era decisa ad accettare. Aveva scoperto che
parlare
con Thomas la faceva stare bene, l’aveva aiutata nei momenti
in cui si sentiva
un po’ sola, mentre Dafne era tutta presa da Michael. Lui era
simpatico ed era
cresciuto, non era più il bambino che le faceva i dispetti,
né il ragazzino che
la prendeva in giro. Ormai era un uomo, aveva degli ideali e un buon
carattere,
sebbene di tanto in tanto sembrasse regredire all’infanzia.
Aveva deciso di
provarci, perché
altrimenti si sarebbe tormentata a lungo su cosa sarebbe potuto
succedere e lei
odiava i rimpianti. Aveva ritenuto che, anche se non fosse andata bene,
sarebbero comunque riusciti a mantenere un rapporto di
neutralità, che lei non
avrebbe perso la sua migliore amica per una storia finita.
«Credo
che dovremmo uscire» disse,
annuendo, felice di vederlo sorridere a quell’affermazione.
«Fantastico»
la ringraziò.
«Dopodomani?» domandò.
«Sei
impaziente» rise Allie, dandogli
un amichevole pugno sulla spalla. Lui le afferrò la mano
prima che potesse
ritirarla, intrecciando le dita con le sue. Lei abbassò per
un attimo lo
sguardo, andando a fissare le loro mani unite, poi rispose.
«Cos’avevi in
mente?»
«Avevamo
detto qualcosa di semplice,
film e pizza» le ricordò.
«Ah»
esclamò Allie. Certo, avevano
parlato di una piccola cosa, ma non credeva che sarebbe stato davvero
un
appuntamento così banale.
«Oppure
potremmo cambiare piano.
Qualcosa di più romantico?» tentò lui,
che aveva notato l’espressione
lievemente delusa sul suo viso.
Lei fece
spallucce, trattenendo un
sorriso e replicando con un semplice «Come vuoi, tocca a te
organizzare.»
Quella frase non
lo rincuorava affatto,
consapevole che la prima impressione era importante e che, nonostante
si
conoscessero da anni, quello sarebbe stato il loro primo appuntamento e
non
avrebbe potuto cambiarlo. Ormai deciso a fare qualcosa di diverso, di
originale
o perlomeno non banale, promise: «Ti
sorprenderò.»
Allie, contenta
di averlo portato sulla
buona strada, si sporse verso di lui e gli baciò la guancia.
«Buonanotte»
sussurrò, prima di sollevarsi lentamente, facendo scivolare
le dita fuori dalla
sua presa e salire le scale, diretta con un sorriso verso la stanza di
Dafne,
dove avrebbe passato la notte.
∞
La mattina
seguente, Thomas si svegliò
presto. Nonostante avesse dormito meno del solito, si sentiva fresco e
pimpante, pronto per una nuova giornata. Avrebbe dovuto continuare a
studiare
per l’esame che si avvicinava a un ritmo spaventoso, ma
sapeva già che avrebbe
passato ore per definire i dettagli dell’appuntamento che
Allie gli aveva
concesso e per organizzarlo. Senza contare che la ragazza stava
dormendo
dall’altra parte del corridoio e che quindi avrebbe avuto
l’occasione di
vederla anche quel giorno.
Si decise ad
alzarsi e ad andare a
bruciare un po’ di energie. Dopo una breve capatina in bagno
e un caffè rubato
a sua madre, che stava facendo colazione, uscì di casa.
Aveva infilato le
cuffiette dell’i-pod nelle orecchie e aveva cominciato a
correre, mentre nella
sua testa si affollavano le idee più diverse e contrastanti.
Con ogni
probabilità, se avesse chiesto
un consiglio a Dafne, avrebbe creato un appuntamento perfetto;
tuttavia,
preferiva arrangiarsi e magari non avere quel grande successo,
piuttosto di
riciclare le idee di qualcun altro. Voleva essere in grado di darle
esattamente
ciò che desiderava, per dimostrare, a lei ma anche a se
stesso, che ne valeva
la pena.
All’improvviso,
tra le varie ipotesi
difficilmente realizzabili, si fece spazio il ricordo di una scommessa
vinta di
cui doveva ancora riscuotere il premio. Un suo compagno di studi aveva
accettato di mettergli a disposizione il suo appartamento quando glielo
avesse
chiesto; quella sembrava essere l’occasione giusta.
∞
Dafne, come suo
solito, si era
svegliata alquanto presto e, attenta a non fare rumore per non
svegliare
l’amica, era scesa a fare colazione. Non era pronta per
affrontare Martha, sua
madre, che l’avrebbe sommersa di domande finché
non le fosse venuto mal di testa,
ma d’altronde non lo sarebbe mai stata.
Amava quella
donna solare e affettuosa
che l’aveva cresciuta e sostenuta nei momenti di
difficoltà, ma talvolta era
difficile sopportare il suo entusiasmo, specie quando non si era di
buon umore.
Per quanto fingesse di essere felice di essere tornata a casa
nonostante la
vacanza le fosse rimasta nel cuore, dentro sentiva un vuoto e una
malinconia a
cui non voleva cedere. Non avrebbe permesso a nessuno di vederla triste
e
abbattuta, perché nessuno avrebbe capito come avesse potuto
legarsi così tanto
a un ragazzo che conosceva da pochissimo, perché in fondo
non lo capiva nemmeno
lei.
«Dafne,
tesoro!» l’accolse sua madre,
andandole incontro e abbracciandola. «Come sei bella! Questa
vacanza ti ha
fatto proprio bene. Raccontami tutto, su!»
Dafne dubitava
di essere poi così
avvenente di prima mattina, con gli occhi ancora arrossati dal sonno e
la
tristezza nel cuore, ma lei ne sembrava sicura. Ricambiò il
saluto e s’informò
sulle novità in famiglia, evitando di narrarle le sue
avventure, mentre
preparava il thè. Tuttavia, Martha non abboccò e
insistette perché le
raccontasse la sua vacanza.
«È
un posto bellissimo, è sempre
soleggiato e l’acqua è cristallina. Sembra un
altro mondo, almeno per me,
dopotutto sono sempre stata abituata alla pioggerella insistente di
questo
paese. È caldo ma non afoso, perché
c’è sempre un lieve venticello che
rinfresca l’aria. E anche il cibo è diverso, molto
saporito e tipicamente
mediterraneo.»
«E la
lingua? Hai avuto difficoltà a
farti capire?» domandò, mentre la ascoltava
curiosa, figurandosi nella mente
ciò che le veniva narrato.
«Niente
affatto. Quasi tutti
comprendono l’inglese, forse perché è
un luogo che vive di turismo. Ho anche
imparato qualche parola in greco, quelle base per dimostrare che si
apprezza il
posto e la gentilezza degli abitanti» continuò.
«Per
esempio?»
«Kalimera
significa buongiorno, efharisto significa grazie,
parakalo
significa per favore, milate anglika? viene usato per chiedere
se parlano l’inglese» rispose, tentennando un
po’ con la sua pronuncia
inesperta.
Seirí̱na
significa sirena,
pensò, ricordando che Michael le aveva tracciato quella
parola sulla schiena
con un pennarello indelebile.
«E hai
conosciuto qualcuno?»
«Tutte
le persone che ho incontrato
sono sempre state amichevoli e bendisposte, intrattenendosi a parlare
sebbene
non mi conoscessero.» Si limitò a rispondere in
questo modo, evitando ogni
riferimento specifico, per passare poi a inzuppare i biscotti nella
tazza.
«Zia
Agatha come sta? Pensavo di
passare da lei oggi, per accordarci riguardo al lavoro»
disse, nel tentativo di
distrarla per non farle approfondire il discorso.
«A
dire la verità non la vedo da più di
dieci giorni, è talmente oberata di impegni. Sono certa che
ti sarebbe grata se
andassi ad aiutarla» rivelò, prima di alzarsi.
«Ora è meglio che vada a fare la
spesa, voglio preparare un bel pranzo oggi, dato che siamo di nuovo
tutti insieme»
spiegò con un sorriso prima di uscire dalla stanza.
Dafne
tirò un sospiro di sollievo,
conscia di aver scampato la descrizione di coloro con cui aveva fatto
amicizia,
ma anche del fatto che non poteva dirsi salva per sempre.
∞
Thomas
rientrò dopo più di due ore,
sfinito per la corsa ma anche soddisfatto, perché nel
frattempo era riuscito ad
accordarsi con l’amico per il favore che gli era dovuto.
Scalciò le scarpe
infangate in un angolo del portico e rientrò in casa,
diretto in cucina per
bere un bel bicchiere d’acqua. Quando giunse sulla soglia
notò che al suo
interno c’era già qualcuno. Era Allie, che
dandogli le spalle stava preparando
qualcosa sulla tavola. Grato di essersi avvicinato senza far rumore
fino a quel
momento, ne approfittò per fare altri due passi e fermarsi
dietro di lei. Le
circondò la vita con le braccia, stringendola in una dolce
morsa, e lei
sussultò, colta di sorpresa.
«Thomas!»
lo rimproverò, rendendosi subito
conto dell’identità del suo assalitore. Non
cercò tuttavia di sottrarsi a
quella presa mentre seguitava a parlare. «Mi hai quasi fatto
rovesciare il thè!»
Lui si
scusò con un sorriso, poi le
posò un bacio sui capelli. Allie trattenne a stento un
sospiro a quel gesto,
doveva ancora abituarsi a quella nuova confidenza, e lo
scacciò scherzosa. «Sei
tutto sudato, per favore!» lo riprese, anche se in fondo quel
contatto non le
dava noia, piuttosto la confondeva, trovandola impreparata.
«Hai
ragione» accondiscese lui,
allontanandosi per andare a farsi una doccia, non prima però
di averle
ricordato con gioia l’impegno della sera seguente e di averle
assicurato che
lei ne sarebbe stata entusiasta.
Ora che se
n’era andato, Allie si
ritrovò piena di curiosità e aspettative. Da un
lato avrebbe voluto sapere cosa
avesse organizzato, dall’altro sperava che quella sorpresa le
sarebbe piaciuta,
non volendo deluderlo e mettere un’ombra su
quell’appuntamento prima ancora che
iniziasse. Scoprì di star aspettando con ansia che il tempo
che la separava
dalle ore che avrebbero trascorso insieme passasse, perché
ora che aveva
conosciuto il lato più dolce e amorevole di Thomas, dopo le
infinite telefonate
dei giorni scorsi, lo vedeva sotto un’altra luce. Ora fremeva
dal desiderio di
stare sola con lui, di scoprire ulteriori dettagli della sua vita, di
vederlo
ridere e di stare bene con lui.
Prima,
però, avrebbe dovuto far ritorno
a casa, per dar prova ai suoi genitori che era ancora in vita. Si
sbrigò quindi
a far colazione e chiese a Dafne, che se ne stava in camera a disfare
la
valigia, di darle un passaggio.
«Come
stai?» chiese, approfittando
della solitudine. Non era una domanda di cortesia, quanto piuttosto un
interrogativo volto a capire quanto soffrisse realmente per la
lontananza dal
ragazzo che aveva conosciuto.
«Bene,
perché?» rispose lei, come se
non avesse capito il vero scopo di quelle parole.
«Dafne»
la richiamò. «Quanto hai
pensato a Michael da quando siamo tornate?» Decise di essere
più diretta,
rischiando forse di risultare dura e impertinente, ma era un rischio
necessario
per capire di quanto aiuto e supporto avrebbe avuto bisogno la sua
amica nei
giorni a venire.
«Siamo
tornate da mezza giornata» le
fece notare, senza dare una vera spiegazione. Dopo aver visto il suo
sguardo
insistente, però, si convinse a parlare. Dopotutto Allie era
la sua più cara
amica, l’unica persona su quell’isola piovosa che
avesse conosciuto Michael e
che sapesse cosa provava per lui. Non c’era nessun altro che
la potesse capire
a quel modo. «Tanto, mi manca e sono sempre più
convinta che siamo stati degli
idioti.»
Al suo sguardo
dubbioso, Dafne
continuò. Ora che aveva iniziato a parlare, sentiva il
bisogno di sfogarsi.
«Sapevamo
di avere poco tempo e che poi
non ci saremmo più rivisti, eppure ci siamo cascati
comunque. Non siamo
riusciti a contenerci e siamo andati addirittura a letto insieme,
nonostante
avessimo deciso di fermarci all’amicizia. Come due bambini,
siamo stati
incapaci di pensare alle conseguenze e ci siamo limitati a soddisfare
ogni
nostro desiderio.»
Allie la
osservò con attenzione mentre
parlava: Dafne era triste, certo, ma soprattutto arrabbiata con se
stessa per
essersi cacciata in quella situazione. Lei l’aveva avvisata
all’inizio, quando
ancora non era successo nulla tra loro due, ma non se la sentiva di
farglielo
notare. Inoltre, non era nemmeno così certa che, al suo
posto, lei si sarebbe
comportata diversamente.
«Non
essere troppo dura con te stessa.
Non puoi vivere trattenendoti per paura delle conseguenze, hai fatto
ciò che
avrebbero fatto tutti» tentò di rassicurarla.
«Questo
non lo rende giusto» commentò Dafne,
distogliendo per un attimo lo sguardo dalla strada per puntarlo
sull’amica.
«No,
è vero» acconsentì. «Ma
nessuno è
perfetto» le ricordò.
«Spero
solo di riuscire a superarlo
presto, anche se ora come ora mi sembra impossibile»
confessò, fermando l’auto
davanti alla casa di Allie.
«Non
disperare, ci penserò io a
distrarti» la confortò, posandole una mano sulla
spalla. «E poi chi lo sa cosa
ci riserva il futuro!» esclamò, prima di salutare
e scendere.
Aveva notato le
macchine dei genitori
parcheggiate in garage, quindi dovevano essere in casa.
Entrò trascinandosi
dietro il trolley e lo lasciò all’ingresso,
chiamando a gran voce per
salutarli. Suo padre era seduto sul divano, intento a guardare un
programma
televisivo, mentre sua madre stava spolverando il salotto. Si
chinò per dare un
bacio sulla guancia all’uomo e abbracciò la madre,
che le era corsa incontro.
«Ancora
non capisco perché non sei
voluta tornare subito ma ti sei fermata a dormire da Dafne!»
domandò subito,
mettendola a sedere e accomodandosi accanto a lei.
«Non
volevo rischiare di svegliarvi,
non so mai quando dovete scappare per andare in ospedale»
spiegò lei.
«Oh,
ma non dovevi preoccuparti! Sai,
pensavo che uno di questi giorni potremmo cenare tutti insieme,
è da un sacco
di tempo che le nostre due famiglie non si riuniscono!»
propose. «Non credi che
sarebbe una bella idea?»
Allie sorrise e
approvò: era contenta
che i suoi genitori apprezzassero la famiglia di Dafne, soprattutto
perché
voleva dire che avevano in simpatia anche Thomas. Per quanto non avesse
intenzione di dir loro nulla finché la loro storia, sempre
ammesso che fossero
riusciti a costruire qualcosa, non fosse stata seria, era bello sapere
che non
avrebbe affrontato problemi. D’altro canto, anche Martha
l’adorava e Dafne le
aveva rivelato che sua madre aveva sempre incoraggiato il giovane a
farsi
avanti, pur non conoscendo i suoi veri sentimenti.
«Mi
aiuti a preparare il pranzo, tra un
po’?» domandò. «Mi mancano i
nostri momenti madre-figlia.»
Allie rise,
divertita dal tono che
aveva usato. Non avevano mai condiviso grandi momenti, nonostante
avessero un
ottimo rapporto, a causa del lavoro di sua madre. Un lavoro che le
richiedeva
molto tempo e che si presentava urgente anche in quel momento. Il suo
cercapersone squillò e la donna si affrettò ad
afferrarlo, sbuffando.
«Tesoro,
scusami tanto. Devo correre,
c’è un emergenza» disse, alzandosi in
piedi e salendo velocemente le scale per
andare a cambiarsi.
Un attimo dopo,
anche quello del padre
emise lo stesso suono e la scena si ripeté.
Allie, con un
sospiro, si lasciò
scivolare lungo il divano. Non
ne era sorpresa, era una tradizione, ormai. Progettavano di fare
qualcosa
insieme e poi, puntualmente, l’ospedale chiamava e tanti
saluti a tutto il
resto. Da bambina odiava quei momenti, aveva perso il conto delle volte
a cui
aveva chiesto ai genitori di cambiare lavoro, ma ora aveva capito. A
tredici
anni, durante l’ora di educazione fisica, aveva preso una
pallonata in faccia.
Ancora faticava a crederci, le sembrava impossibile che fosse successo
davvero:
non capitava solo alle protagoniste dei film sdolcinati che guardava
Dafne, che
poi si svegliavano tra le braccia del loro principe? Beh, lei, dopo
aver
battuto la testa a terra e aver perso i sensi, si era risvegliata in un
ambulanza. Quando era arrivata al pronto soccorso e aveva visto sua
madre che
con il suo camice bianco le stava andando incontro, il sollievo era
stato
enorme. Da quel
giorno non aveva più tentato
di dissuaderli dall’andare a lavoro, anzi, li aveva incitati
a sbrigarsi,
perché c’era qualcuno che aveva bisogno del loro
aiuto.
Così
Allie si
ritrovò sola e per una
volta non si fece vincere dalla pigrizia. Trascinò la
valigia al piano di sopra
e cominciò a tirar fuori i vestiti, iniziando già
a pensare a cosa avrebbe
potuto indossare la sera dell’appuntamento con Thomas.