Libri > Hyperversum
Segui la storia  |       
Autore: Agapanto Blu    20/08/2014    9 recensioni
Anno Domini 1234.
Chatel-Argent, feudo dei Montmayeur, Francia.
Quando Daniel Freeland decide, come ultimo tentativo di aiutare la figlia diciottenne, di portare la sua Alexandra nel passato, non si aspetta certo l'immensità di sciagure che, con più foga e sadismo del solito, Hyperversum gli scatenerà contro...
Tra un rapimento, segreti che tornano alla luce e giovani amori, sembra che tutto si stia rivoltando contro il gioco di maschere dei Ponthieu e perfino la morte potrebbe non essere così certa...
Ma chi si cela dietro tutto ciò?
**********
Quando i battenti furono aperti di nuovo, il Falco d’Argento non esisteva più e Ian Maayrkas veniva portato fuori dalla sala con i polsi incatenati dietro la schiena e due guardie ai fianchi.
Lo sgomento della corte francese fu totale.
*****
Daniel non voleva crederci, non riusciva a crederci.
Eppure davanti a lui, terribili nelle loro armature, l'una con un leone d'oro rampante in campo rosso e l'altra bianca con una croce nera centrale, stavano gli incubi più tremendi che Hyperversum gli avesse mai fatto incontrare.
Jerome Derangale sorrise.
"Chi abbiamo qui?"
Al suo fianco, il barone Gant rise.
"Una spia senza signore!".

Alcuni personaggi leggermente OOC.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Daniel/Jodie, Etienne/Donna, Geoffrey/Brianna, Ian/Isabeau
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A





38. È tutto chiaro?
 

Nel momento in cui Daniel si avvicinò a Jas, seppe che qualsiasi cosa ne avrebbe cavato fuori non sarebbe stata buona. Innanzitutto, Alex lo avrebbe fatto a pezzi per aver messo sotto torchio il suo migliore amico; poi Ian lo avrebbe sminuzzato per aver rischiato di rivelare (o direttamente rivelato) la verità su HYP a qualcun altro.
Ovviamente, se entrambi sopravvivranno abbastanza a lungo da farlo., si ritrovò a pensare, ma poi scosse la testa.
Raddrizzò lo sguardo e incrociò quello verde e maledettamente consapevole dell’amico di sua figlia.
Jas annuì, come se si fosse aspettato la chiacchierata che stava per avvenire, quindi scoccò un’occhiata alla porta della stanza dove avevano portato Alex a termine dell’operazione e sospirò.
“Tanto ci vorranno ancora un paio d’ore prima che l’anestesia finisca il suo effetto…” mormorò Daniel, ripetendo a pappagallo le parole del chirurgo, ma omettendo l’ultima parte, perché non necessaria.
Le parole “…solo allora potremo dire quali saranno le conseguenze della crisi.” aspettavano con loro sin da quando erano state pronunciate la prima volta.
Jas si alzò e, silenzioso, seguì Daniel nel corridoio che collegava il reparto di chirurgia con quello di pediatria. Corridoio rosa, come attestavano le pareti. Daniel si sentiva soffocare, in quel cemento mascherato da confetto, ma si costrinse a non farlo vedere e si voltò. Lui e Jas rimasero l’uno di fronte all’altro per un attimo, studiandosi, ognuno chiedendosi come iniziare e cosa l’altro sapesse. Alla fine, Jas decise che non era nella condizione di pretendere troppo.
“Signor Freeland, seriamente:” esordì, sul viso un’espressione cupa, “mio padre sta venendo internato o arrestato proprio in questo momento, mia madre era una drogata. Se anche non ci fossero questi presupposti e io andassi in giro a raccontare che la mia migliore amica se ne va a fare delle grandi scampagnate di famiglia ottocento anni nel passato per andare a salutare allegramente uno zio archeologo che per un motivo a me sconosciuto è rimasto di là, non penso mi crederebbero in molti, non è d’accordo?”
Daniel tacque per un attimo. Il ragazzo sapeva più di quanto lui avesse immaginato.
“Ho trovato per pura combinazione il nome del personaggio del dottor Maayrkas nei dati della partita mentre svisceravo il virus di mio padre,” ammise il ragazzo, forse leggendogli in faccia la realtà, “poi ho visto i personaggi di lei e sua moglie muoversi nonostante i visori fossero inutilizzati e infine l’avatar di sua figlia iniziare a fare lo stesso. Ho fatto alcune ricerche e per il resto credo che mio padre mi abbia fatto sbattere la testa contro qualcosa quando ero piccolo, è l’unica spiegazione che riesco a darmi per il fatto che credo realmente a questa favoletta inquietante.”
Un sorriso mesto riuscì a prendere possesso delle labbra di Daniel, che annuì mesto.
“Già, probabilmente l’ha fatto anche il mio.” mormorò.
Jas lo fissò, come chiedendosi cosa fare, ma alla fine prese coraggio.
“Alex le ha detto chi è mio padre, vero?” chiese piano.
Daniel annuì, il petto strattonato in due direzioni diverse dalla propria rabbia e dalla consapevolezza che Jas non c’entrava nulla.
“Per quello che vale,” mormorò il ragazzo, “credo riusciranno ad incastrarlo per l’incidente stradale. Non è molto, ma meglio di niente. Non credo convenga a qualcuno provare a farlo accusare di tentato omicidio plurimo su suolo francese…”
“…e in età monarchica.” completò Daniel con un sospiro. Alla fine annuì e guardò Jas, ma il ragazzo si limitò ad annuire, tra sé e sé come perso dietro a qualche pensiero tutto suo, e poi a voltarsi per tornare a fare buona guardia alla sua amica.
Non ho idea di cosa vi abbia legati così tanto, pensò Daniel guardandolo andarsene, ma Alex si è aggrappata a te tante volte, perciò grazie.
 
***
 
Ian sbatté le palpebre un paio di volte, sgomento, quindi provò a dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma si ritrovò a boccheggiare silenziosamente.
Donna, che cosa hai fatto?!
Lanciò un’occhiata sgomenta alla nobildonna in questione, ma questa sbuffò piano, le braccia incrociate al petto e il mento sollevato mentre, dalla sua posizione alla destra del marito, sosteneva le occhiate di fuoco del sovrano senza scomporsi minimamente.
“Dunque, Monsieur Ian?” incalzò Luigi, palesemente irritato, “Siete sempre stato un ottimo diplomatico e ora avete perso la lingua?”
“Non…” Ian si fermò, incapace di continuare.
Si era aspettato i due soldati che lo erano andati a prendere nella sua cella, così come si era aspettato di venire portato in catene nel salone di fronte alla corte, ma non si era certo aspettato che Donna avesse letteralmente raccontato tutto e che il sovrano lo avesse fatto chiamare solo per sentire la sua versione e vedere se questa combaciasse con quella della contessa de Sancerre.
“Badate” aveva detto Luigi, “se un solo particolare non combacerà, manderò entrambi sulla forca senza rimorsi di coscienza.”
E io adesso cosa faccio?!
Ian guardò di nuovo Donna sperando in un indizio, un aiuto, un qualcosa, ma lei se ne stava ferma, tranquilla, e con lo sguardo lo incoraggiava a parlare.
Ma non poteva aver detto la verità, avrebbe dovuto tirare in mezzo anche Guillaume, Isabeau, Martewall, Filippo Augusto! Non lo aveva fatto, vero? Vero?
“La verità, Ian.” mormorò Isabeau in quel momento, attirando gli sguardi su di sé, “Solo quella.”
L’americano sostenne per un minuto lungo una vita gli occhi da cerbiatto della moglie, di un castano liquido e morbido che scaldava più del fuoco di un camino.
Quindi sospirò e si decise.
“Eravamo su una nave, io con monsieur Daniel, madame Jodie, Martin, madame Donna e Carl White…” esordì, serio.
 
***
 
Quando Alex aprì gli occhi e vide solo nero, non si sorprese più di tanto. La sorpresero, invece, i suoni di macchinari alla sua destra, il respiro pesante e cadenzato -come l’eco di un russare- che somigliava moltissimo a quello di suo padre quando si addormentava in una posizione scomoda e la voce bassa di sua madre in lontananza. Poi quell’odore che la portava con la mente alle ore seduta nell’auto di Jas, la sera tardi quando tornava a casa dall’allenamento di scrima ma non aveva voglia di rientrare e allora rimaneva lì, accoccolata sul sedile del passeggero, ad ascoltare la voce del suo amico, a rivelargli quei piccoli segreti che non avrebbe affidato neppure ad un diario ma che sapeva erano al sicuro in quell’abitacolo. Era un misto di libri vecchi, quelli che Jas andava a scovare nelle biblioteche per le sue ricerche, e del caffè nero di lui e del cappuccino al caramello di lei presi dallo Starbucks accanto alla palestra, tutto con quella strana nota di limone e cannella che era di una pelle sola.
“Jas…?” cercò di parlare piano, per non svegliare l’addormentato che probabilmente era suo padre, ma la sua voce uscì tanto bassa che lei stessa la udì e riconobbe a malapena, visti i tremori.
“Qui.”
Una parola che cambiò tutto. Alex sorrise appena perché i muscoli del viso le facevano male, ma piegò la testa sul lato del cuscino, verso la voce dell’amico, e mosse un po’ le dita perché questi capisse che voleva sentirsele stringere. Jas le prese subito gentilmente la mano tra le sue, quindi iniziò a muovere il pollice sul suo dorso, facendola sorridere perché era il suo modo inconscio di ammettere quanto si fosse preoccupato. Non l’avrebbe mai detto a voce, ma senza volerlo le teneva sempre la mano a quel modo dopo che lei aveva fatto una delle sue sciocchezze o aveva terminato un incontro. Alex non aveva bisogno di vederlo per conoscerlo come le proprie tasche.
“Dove sono?” gli sussurrò.
“In ospedale, zuccona.” La voce di Jas era calda, ma tradiva un po’ di irritazione per la sconsideratezza dell’amica. “Hai avuto una crisi di rigetto, le cornee che ti avevano messo si sono rivelate incompatibili, perciò ti hanno operata di nuovo. Come ti senti?”
“Cieca” rispose Alex, poi però sorrise, “ma ancora viva. Immagino di doverne essere felice, eh?”
“Non scherzare. Ti sei messa deliberatamente in pericolo, lo sai, vero? Se mio padre non fosse tornato nel presente, avrebbe potuto farti succedere qualsiasi cosa mentre eri in quel videogioco! Una volta capito che c’era qualcosa che non andava, non saresti dovuta rientrare!”
Alex sbuffò. Non la sorprendeva più di tanto sapere che il suo amico aveva messo insieme un po’ di pezzi, anche se forse non tutti, ma ancora meno la sorprendeva quella ramanzina. Ormai aveva fatto il callo alle strigliate del suo maestro.
Sentì chiaramente l’aria entrare rapida nella bocca di Jas mentre questi si preparava a ricominciare a sgridarla, ma prima che questi potesse farlo il respiro di Daniel cambiò il proprio ritmo, divenne più silenzioso, e Alex sentì suo padre borbottare qualcosa mentre si tirava a sedere facendo cigolare la sedia di plastica su cui doveva essere seduto.
“C’è qualche novità?” lo sentì chiedere a Jas, ma prima che il suo amico rispondesse, Alex lo precedette.
“Papà…” La sua voce tremò pericolosamente e non solo per la debolezza dell’operazione appena affrontata. Per alcuni terribili momenti, al castello, aveva avuto paura di non rivederlo più, che qualcosa andasse storto e che quei Derangale e Gant oppure Carl gli facessero del male. Aveva avuto paura che per colpa di quel viaggio improvvisato per lei suo padre non tornasse più e ora invece era lì…, “Papà…”
Non sarebbe riuscita ad aggiungere altro neppure se le parole ci fossero state. Daniel si gettò a stringerla senza lasciarla finire e la abbracciò e baciò senza sosta, continuando a ripetere il suo nome, fino a quando anche Jodie, di ritorno dalla sua litigata di sfogo con il chirurgo, non pretese la sua parte di figlia.
 
***
 
Jas aspettò che Daniel e Jodie avessero chiuso la porta, diretti l’uno a parlare con un medico per ottenere altri antidolorifici per la figlia e l’altra a chiamare i parenti per avvisare dello scampato pericolo, quindi prese di nuovo la mano di Alex.
“Sicura di stare bene?” le chiese.
Alex fece una smorfia.
“Gli occhi mi stanno uccidendo, ma credo che sia normale…” ammise.
Jas annuì, continuando a muovere il pollice sul dorso della mano dell’amica, quindi sospirò.
“Lo sai che sei praticamente la mia sorellina adottiva, vero?” le chiese a bruciapelo. Alex sembrò sorpresa, ma dopo un attimo annuì. “E allora non farmi mai più una cosa del genere: se c’è qualcosa che non va, mi chiami e me lo dici prima di infilarti in un casino medioevale dal quale non ho idea di come tirarti fuori, ok?!”
Alex non poté trattenere un sorriso, però giurò solennemente di fare la brava e questo sembrò tranquillizzare un po’ Jas. Dopo un attimo, alla ragazza tornò in mente una cosa.
“Jas, tu sei esperto di Medioevo?” chiese.
Il ragazzo emise un verso di disappunto, probabilmente irritato dalla sola idea del periodo storico che per poco non si era inghiottito la sua amica, ma borbottò un ‘sì’.
“Jas?” chiese Alex a tradimento.
“Sì?”
“Se…” Alex esitò, ma ormai era dentro quindi decise di giocarsela. Suo padre ed Ian l’avrebbero uccisa, ma ormai aveva scelto. “Se io ti procurassi un codice medievale, abbastanza antico, tu potresti tradurlo per me?”
Jas aggrottò la fronte per la domanda inattesa. Dopo un attimo, comunque, scrollò le spalle: con Alex nulla era mai scontato.
“Non so. Se parli del periodo dove sei stata tu, allora potrei farcela, ma mi ci vorrebbe un po’… E poi bisogna vedere le condizioni della pergamena… Comunque posso dare un’occhiata, se ci tieni.”
Alex sorrise e annuì.
“Sì, per favore…”mormorò solo, poi rimase in silenzio per un lungo momento, cosa che da sola bastò a mettere Jas sul chi vive -Alex non taceva mai-. Dopo parecchi secondi, gli chiese di andarle a prendere dell’acqua.
Jas esitò. Si alzò in piedi, raggiunse la porta e uscì, ma poi si fermò per un attimo a controllare dal vetro di cui era fatta la parte alta di questa.
Alex aspettò un secondo, poi però iniziò a singhiozzare sommessamente.
Perché, nonostante non condividesse con lui neanche un gene, aveva finito per fare lo stesso errore di suo zio Ian: innamorarsi di un medioevale.
 
***
 
Luigi puntò lo sguardo sui suoi uomini che portavano i prigionieri in catene nelle segrete. Hugues, vecchio conestabile di Chatel-Argent, era stato scoperto complice di Derangale e Gant e ora stava indicando tutti gli uomini che aveva coinvolto nel piano.
La sala alle spalle del sovrano era silenziosa. Il racconto di Ian Maayrkas, per quanto esitante e pieno di occhiate dubbiose rivolte ai complici del gioco di maschere, si era rivelato maledettamente uguale a quello di Donna.
“Monsieur Ian” disse, apatico, “voi avete scoperto che uno dei vostri uomini vi tradiva e che dei nemici della Francia stavano organizzando una congiura per rapire sua Maestà la principessa Margherita.” Ian sobbalzò, ma il sovrano continuò a parlare. “Questi criminali hanno tentato di far ricadere su di voi la colpa di un tradimento, ma voi mi avete portato prove della vostra innocenza. Con il consiglio di pochi uomini fidati, è stata una mia decisione fingere di credere ai vostri accusatori per far uscire allo scoperto i veri colpevoli, mentre il figlio maggiore di Sir Martewall si occupava dei rapitori della principessa Margherita. Ora che tutti i responsabili sono stati catturati, non è più necessario che voi fingiate di essere colpevole di una storia così assurda come quella che vi accusa di essere un qualche bandito. È tutto chiaro?”
Isabeau si lasciò sfuggire un singulto e si voltò a fissare il marito, ma nemmeno Ian era sicuro di aver compreso bene.
Luigi si voltò verso l’interno della sala, dando le spalle alla finestra, e fissò l’americano con espressione gelida.
“È tutto chiaro,” ripeté, “Monsieur Jean Marc de Ponthieu?”
Per un attimo le labbra di Ian si schiusero a vuoto, senza che una parola riuscisse ad uscire, ma gli occhi del sovrano erano più espliciti di qualsiasi altro ordine e così l’uomo deglutì e annuì.
“Certo, vostra maestà.” rispose, serio.
“Bene,” disse Luigi poi sospirò sedendosi sullo scranno e massaggiandosi la fronte con una mano, “e ora qualcuno mi porti del vino.”
 
***
 
“Sì, sì, sì, è sveglia, sì!” ripeté Martin per l’ennesima volta, sbuffando mentre si infilava il giacchetto con una mano sola, l’altra saldamente aggrappata al cellulare, “Sì, mamma, ti dico che sta bene! No, papà non può guidare e tu lo sai benissimo che non ci vede niente! Sto andando in ospedale io, tu non ti preoccupare!”
Mentre usciva dallo studio di Daniel, Martin Freeland afferrò la propria sciarpa senza badare troppo al fatto che su questa fosse appoggiato il portamatite di suo fratello.
Il bicchiere si rovesciò mentre il ragazzo usciva dalla stanza e si chiudeva la porta alle spalle, lasciando il computer acceso per essere certi che non capitasse nulla ad Ian al di là dello schermo.
Una penna nera rimbalzò pigramente sul tasto Y della tastiera e poi cadde sul pavimento, beatamente ignara di ciò che aveva appena commesso.
Hyperversum emise un contento ‘bling!’ prima di mostrare una mela blu di caricamento.
 
***
 
Hyperversum
“HYP Multiplayer Week Festival”
 
Download ongoing.
Please wait.




 
Non ho scuse e lo so, quindi non ne userò. Ho avuto problemi di recente, ma se non ho scritto è stata tutta colpa mia.
Se nessuno sta più seguendo questa storia, lo capisco perfettamente e purtroppo non sono qui per dire che d'ora in poi aggiornerò più spesso o con regolarità. La verità è che non lo so.
Quello che so e che continuo a dire è che non abbandono questa storia. Non lo farò.
Grazie per quelli che hanno aspettato, scusate voi che non l'avete fatto.
A presto,
Agapanto Blu
  
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hyperversum / Vai alla pagina dell'autore: Agapanto Blu