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Autore: FoxeyLady    20/08/2014    1 recensioni
Raccolta di One Shot autonome ma collegate tra loro per raccontare la storia di Robert e Jimmy nel corso del tempo, è un omaggio ai Led Zeppelin, che dedico principalmente a quel dolcissimo depravato del loro cantante che oggi compie 66 anni.
Quei due si amano, guys, questa è la realtà.
Grazie a Little Black Moon per aver illustrato questo delirio!
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jimmy Page, John Bonham, John Paul Jones, Robert Plant, Un po' tutti
Note: Lemon, Lime, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Bring It On Home

  Pangbourne, estate 1968.





In un gesto istintivo lanciò un'occhiata all'orologio d'ottone che portava sempre al polso.
Le quattro del pomeriggio.
Page misurava a grandi passi la stanza inondata di luce tormentandosi i capelli corvini tra le dita.
Era agitato perchè non era abituato a ricevere visite.
Camminava avanti e indietro nella solitudine e nella penombra della sua casa dalle otto del mattino, incapace di stare fermo.
Aveva aperto le tende e le finestre per far entrare la luce e l'aria, sistemato i cuscini del piccolo divano nero, riposto il libro di magia sullo scaffale della libreria e riordinato le sedie intorno al tavolo di legno scuro.
Non si era mai preoccupato di tenere in ordine la casa prima di allora, ma quella volta voleva fare bella figura.
Jimmy sapeva che quella sarebbe stata la volta buona per formare i New Yardbirds.
Lo sapeva da quando era andato a Birmingham a sentire gli Hobbstweedle in un decadente collegio per docenti, accompagnato dal manager degli Yardbirds, Peter Grant.
Un ventenne alto e biondo, simile a un principe delle favole in caffettano che avevano pensato fosse il buttafuori, li aveva fatti entrare dal retro.
Page e Grant si erano piazzati in un angolino in penombra, curiosi di assistere allo spettacolo; da lì avevano una perfetta visuale sul palco e sul pubblico composto da una ventina di ragazzi che, intenti ad ubriacarsi, ignoravano il concerto degli Hobbstweedle.
Quel vichingo che avevano come cantante possedeva una voce così dannatamente magnetica e sensuale che era rimasta intrappolata nella testa di Jimmy.
Profondamente colpito dall'esibizione e convinto di aver trovato la voce che stava cercando, aveva telefonato a Robert Plant poco tempo dopo per invitarlo a trascorrere qualche giorno nella sua casa sul Tamigi.
Voleva studiarselo. Doveva scoprire come mai quel cantante eccezionale non era ancora diventato famoso.

Dopo aver scosso la testa per scrollarsi di dosso quel ricordo, continuò a camminare attraverso il salotto illuminato con passo svelto, come se il movimento potesse alleviargli la tensione.
Non era abituato a ricevere visite, e si sentiva impaziente come non mai.
Improvvisamente il silenzio della casa fu spezzato dal suono limpido e squillante del campanello.
Jimmy, colto di sorpresa, si voltò di scatto e si fiondò verso la porta in stato febbrile. Non appena la aprì, fu investito dalla luce accecante del sole pomeridiano e dovette coprirsi gli occhi con il dorso della mano pallida.
In controluce riuscì a scorgere la figura di un ragazzo alto e abbastanza muscoloso con le dita strette intorno al manico di una grande valigia.
Page sfoderò il sorriso più accogliente del suo repertorio.
-Ciao! Tu devi essere Robert!- la sua voce risuonò forte e chiara nel cortile assolato.
Mise a fuoco un sorriso cordiale e genuino, una nuvola di capelli color grano e un paio di occhi socchiusi resi di un azzurro accesissimo dal sole.
-Ciao! Ehm... si, sono io!- lo salutò l'altro, e il moro per poco non si sciolse al calore di quella sua voce meravigliosa -Posso... entrare?- domandò titubante, indicando la soglia con la mano libera.
-Ma certo, accomodati pure!- rispose Jimmy, spostandosi indietro per lasciarlo passare.
Il suo sguardo indugiò sulle spalle larghe di Robert, avvolte in una camicia gialla, e sul suo fondoschiena, fasciato da pantaloni attillati neri.
Le guance gli si infiammarono.
Approfittando del fatto che Plant fosse occupato ad osservare il salone come un bambino al parco giochi, il chitarrista chiuse la porta e si passò una mano sul volto in un gesto stizzito, come a volerne cancellare il colorito rosso acceso.
Dopotutto non era colpa sua se quel dannato ragazzo vestiva in un modo così... vistoso.
-Così è qui che abiti! Ho attraversato tutto il paese a piedi per trovare questo posto!- Il cantante si sforzò di rompere il ghiaccio, prima di scostarsi i capelli dalla fronte con uno scatto del capo.
-E' un posto un po' discutibile, lo so... Ma è tranquillo. Hai avuto problemi a raggiungere Pangbourne?- Page evitò accuratamente di guardarlo negli occhi color zaffiro mentre gli prendeva la valigia di mano. Non poteva arrossire di nuovo.
-Seguimi, da questa parte.- Aggiunse pratico, prima di dirigersi a passo svelto verso le scale che conducevano al piano di sopra.
-No, ci sono arrivato facendo l'autostop- ammise il cantante dietro di lui, le labbra chiare piegate in un sorriso imbarazzato.
Il moro ridacchiò.
-Vieni, ti faccio vedere la tua camera.-
Imboccò le scale, seguito a ruota da Robert, che che riusciva a stento a trattenere l'emozione di essere nella casa di uno dei chitarristi che più ammirava.
-Oh si, grazie!- Esclamò trepidante.
-Figurati. Qui c'è il bagno...- spiegò Jimmy, aprendo una porta sotto gli occhi attenti del cantante -Lì c'è la mia stanza...- Indicò la porta chiusa in fondo al corridoio -La tua, invece, è questa- Si sistemò la camicia bianca con un leggero strattone mentre apriva un' altra porta, rivelando una piccola camera luminosa.
L'atmosfera era accogliente; la luce proveniva da una finestra che affacciava sul Tamigi.
Il chitarrista appoggiò con cura la valigia sulla poltrona di quella che sarebbe stata la stanza del biondo per i giorni successivi, e finalmente, si decise a guardarlo con l'espressione di chi attende un giudizio o un parere.
Plant varcò la soglia con cautela, avanzò di qualche passo ed esplorò rapidamente l'ambiente con lo sguardo, fino a che le sue labbra si sciolsero in un sorriso riconoscente.
-Grazie mille, Jimmy, davvero.-
-E di che cosa? Ho fatto solo il mio dovere. Immagino che tu voglia darti una rinfrescata ora... Io scendo, ti aspetto giù!-

Robert scese le scale silenziosamente, fermandosi di tanto in tanto per osservare le fotografie incorniciate appese alle pareti. Ne sfiorò una con le dita. Lui, Robert Plant, si sentiva onorato di poter ammirare attraverso un sottile strato di vetro i ricordi personali di un musicista che a ventiquattro anni aveva già girato il mondo.
Poichè impiegò qualche secondo per ricordare il tragitto giusto, si avviò verso il salone a passo incerto.
Gli era sempre risultato difficile orientarsi in una casa nuova.
Una volta arrivato a destinazione, la sua attenzione fu catturata dalla figura seduta sul divano, piegata su se stessa, una chitarra acustica in grembo.
Le sue dita sottili si muovevano rapide, con delicata sicurezza, scivolando sullo strumento come fosse l'unico oggetto esistente sulla Terra, elogiandolo in un turbine di note malinconiche.
Page non sembrava essersi accorto di lui, così Plant decise di immobilizzarsi accanto alla porta, in silenzio, per non spezzare ciò che gli sembrava un sottile, prezioso equilibrio.
Certo che ci sapeva proprio fare. Era incredibile mentre pizzicava i fili di metallo, assorto. Sembrava nato unicamente per suonare.
Ma c'era qualcosa di strano in quell'arpeggio. A poco a poco si fece drammaticamente implorante, quasi come se chiedesse di insinuarsi in ogni molecola del suo corpo, e Robert tremò.
Si sentì stordito, tanto da doversi appoggiare al muro, gli occhi chiusi, il viso rivolto verso l'alto e la fronte increspata. Cedette, completamente sopraffatto dalla cascata di note che gli accarezzava l'anima, perdendosi in essa.
Solo quando dalle sue labbra socchiuse si levò un sospiro, il chitarrista smise di suonare.
-Oh sei lì! S..stai bene?- chiese, ponendo la chitarra al suo fianco sul divano con premura.
Robert cercò di riprendersi staccandosi immediatamente dal muro, come se quest'ultimo fosse ricoperto di spine, e si mosse verso il moro barcollando appena. Era confuso mentre tornava a respirare con regolarità. Sperò di non aver fatto una figura di merda troppo grande.
Si passò una mano tra i capelli, in un gesto che li rese ancora più scompigliati di quanto già non lo fossero.
-Io? si, sto bene... Scusami se ci ho messo tanto.-
Jimmy gli rivolse uno sguardo indecifrabile, e dopo una breve pausa lo invitò a sedersi.
Il biondo prese posto sulla poltrona proprio di fronte al moro, e cercò di sedersi con compostezza.
A volte si sentiva così inferiore... lui era solo un ragazzo di campagna, che cosa ci faceva lì, in casa di Jimmy Page?
Jimmy Page, che adesso lo stava fissando, consapevole della sua irresistibile aura di mistero.
E lui non poteva far altro che ricambiare timidamente il suo sguardo con un misto di ammirazione, rispetto e timore. Non poteva far altro che rimanere completamente affascinato da quegli occhi color smeraldo incorniciati da ciglia nere e lunghissime.
-Vorrei spiegarti perchè ti trovi qui ora.- disse pacatamente il chitarrista, intrecciando le mani davanti a sè.
-Certo, ti ascolto...- Il cantante accavallò le lunghe gambe e cercò di apparire più serio e professionale possibile.
Jimmy si maledisse quando i suoi occhi si posarono per un attimo sul rigonfiamento tra le gambe di Robert.
"Adesso basta. Perchè diavolo ti stai comportando così?!"
-Sono stanco di girare a vuoto senza ottenere risultati, è arrivato il momento di fare il salto di qualità. Ho in mente qualcosa di grande: voglio formare un gruppo che diventi il migliore nella storia del rock...- cominciò Page, parlando con disinvoltura, pregando gli dei affinchè il biondo non si accorgesse della stronzata che aveva appena fatto. -Voglio creare un nuovo sound, ma soprattutto, voglio che la nostra musica sia diffusa e conosciuta in tutto il mondo.-
Se non fosse stato Page in persona, il miglior chitarrista in circolazione, a pronunciare quelle parole, Plant sarebbe scoppiato a ridere.
Annuì, incerto, appoggiando il gomito sul bracciolo della poltrona.
-Puoi fidarti di me. Con la tua voce e la mia chitarra faremo grandi cose, ne sono sicuro.-
-Chi altro c'è in questa band?- Chiese il biondo agitandosi sulla poltrona.
-John Baldwin al basso e alle tastiere. È un arrangiatore, sa suonare qualsiasi strumento. Abbiamo fatto alcune jam insieme... È un genio. Pochi giorni fa gli ho telefonato, gli ho gli ho proposto di accompagnarmi in questa avventura e lui ha accettato.- Spiegò Jimmy gesticolando lievemente e continuando a guardare il cantante dritto negli occhi. Sperò con tutto il cuore di essere stato convincente.
-E alla batteria?- Si informò Robert, che ora si fissava le dita intrecciate sul grembo, incapace di reggere lo sguardo dell'altro.
-Ancora nessuno, ma ho un'idea precisa: la batteria non dev'essere un semplice accompagnamento. Deve avere un ruolo fondamentale in questa band, come quello della chitarra o della voce.-
Gli occhi verdi di Page si illuminarono non appena il cantante parlò.
-Conosco un batterista che può fare al caso nostro... Si chiama John Henry Bonham ed è una forza! Abbiamo suonato insieme per un periodo e siamo diventati grandi amici... Potrei parlargli...-
Quel "nostro" rimbombò nella testa del chitarrista. Aveva appena preso due piccioni con una fava.
-Allora ci stai?- domandò, la voce venata di speranza.
Plant si accigliò per un attimo, e fece il punto della situazione della sua vita per la centesima volta.
Pensò al suo lavoro. Sarebbe tranquillamente potuto tornare a spargere asfalto sulle strade se il progetto avesse fallito.
Pensò a Maureen. Le voleva un gran bene, certo, proprio per questo aveva sempre trovato umiliante vivere a sue spese.
Pensò anche ai suoi genitori. Aveva davanti l'ennesima occasione per dimostrare loro di cosa era capace.
-Ci sto!- esclamò poi -Quando mi ricapita un'occasione così?- Un sorriso incoraggiante gli fiorì sul volto, lo sguardo pieno di ottimismo.
Il moro avrebbe voluto scattare in piedi e correre ad abbracciare il cantante, ma si limitò ad annuire con un sorriso soddisfatto dipinto in viso.
-Perfetto! Non te ne pentirai. Ti va di ascoltare un po' di musica?- chiese, alzandosi dal divano. Senza aspettare una risposta, si avvicinò lentamente al giradischi.
Jimmy era al settimo cielo, ma fece del suo meglio per non darlo a vedere.
-Vuoi ascoltare qualcosa in particolare?- Domandò con nonchalance, rovistando tra i vinili. Rabbrividì quando sentì vicinissima la voce sabbiata di Plant alle sue spalle -Hai Robert Johnson?-
-Certo!- rispose Page sorridendo. Tirò fuori dallo scaffale un vinile dalla copertina bianca e nera, lo posò sul piatto del giradischi come se avesse ripetuto quel movimento migliaia di volte prima di allora e subito nell'aria si diffusero le note di Hellhound On My Trail.
Quando il chitarrista si voltò, per poco non gli venne un colpo: il corpo di Robert era a pochi centimetri dal suo e lo bloccava contro il giradischi.
Jimmy puntò immediatamente gli occhi a terra, pensando freneticamente ad un modo per sfuggire alla situazione, mentre un delicato, accattivante odore di tabacco gli stuzzicò le narici, scatenandogli una violenta, inspiegabile sensazione di calore nel ventre.
Cos'era? Imbarazzo? Sorpresa?
Di certo non era attrazione. Al moro piaceva perdersi tra le sinuose forme femminili, non aveva mai guardato un uomo in vita sua.
D'accordo, non si era mai innamorato di una ragazza nonostante ci avesse provato parecchie volte... ma ciò non significava nulla. O forse si?
Il tempo pareva dilatarsi, rendendo quella situazione assurda sempre più pesante, secondo dopo secondo.
Page doveva assolutamente trovare un modo per uscirne fuori, così decise di chiamare a raccolta tutto il suo coraggio e alzò la testa per guardare il cantante in volto.
Plant teneva gli occhi fissi sul giradischi alle sue spalle, la testa inclinata leggermente in avanti. Lo sovrastava e canticchiava a bassa voce le parole della canzone. Jimmy rimase a fissare il movimento delle labbra rosa dell'altro, cercando di soffermarsi sulla sua voce appena accennata e di ignorare la musica che la copriva prepotentemente. Doveva riuscire a catturarla. La desiderava, così come desiderava continuare ad osservare la bocca dell'altro muoversi flessuosa.
Quando Robert spostò gli occhi su di lui e notò la sua espressione rapita, incurvò le labbra in un sorriso obliquo a metà tra l'innocente e il malizioso.
-Amo questa canzone!-
Jimmy sbattè le palpebre, colto alla sprovvista, sentendo le proprie guance andare a fuoco.
Doveva allontanarsi dal biondo, e in fretta.
Come se fosse stata un'altra persona a parlare, ascoltò la propria voce articolare meccanicamente una risposta.
-Ehm... Anche io... Vuoi un thè?-
-Certo! Vengo con te, ti aiuto!- esclamò Plant con tutta la naturalezza del mondo.
-Va bene...- disse il moro grattandosi la testa. Di solito nessuno ha bisogno di aiuto per preparare un thè.
Non volle fermarsi a pensare e si diresse nella grande cucina di pietra, seguito dal cantante.
-E dimmi, Robert, com'è che hai scoperto il blues?-
Page, appoggiandosi al bancone, si prese qualche secondo per osservarlo, dopo aver messo a bollire l'acqua.
-Oh beh.. Un po' per caso. Diciamo che l'unione di varie circostanze mi hanno avvicinato a questo tipo di musica...-
Il biondo portava il ritmo ora battendo distrattamente il piede a terra, ora dandosi del leggeri colpetti sulla coscia con la mano, mentre rispondeva.
Si lasciava attraversare dalla musica, le permetteva di scorrere fuori e dentro di sé come un flusso vitale, e sembrava non poter fare a meno di esprimerla con tutto il corpo.
Continuava a parlare animatamente impegnandosi per rendere interessante il discorso che Page ormai non seguiva più, non per noncuranza, ma perchè era concentrato più sul suono della sua voce che sulle parole stesse.
Era un frontman perfetto.
C'era qualcosa in quel giovane vichingo, che lo attraeva.
Era forse quell'aria innocente, quasi infantile, che gli aveva visto nascondere dietro gli atteggiamenti maliziosi che aveva assunto quella sera sul palco?
Era forse la curiosità con la quale spalancava quegli occhi celesti sul mondo che lo circondava?
Jimmy non lo sapeva, ma era certo di riuscire a scorgere l'anima di Plant dietro i suoi occhi trasparenti.
O forse quella che vedeva era la sua di anima?
L'acqua incominciò a bollire, riportando il moro alla realtà.
-...e poi ho sempre invidiato tutti coloro che sono stati sostenuti dalle proprie famiglie in questa passione. Pensa che la prima volta che mi presentai a casa con un disco di Elvis, mia madre lo spezzò in due!- Concluse il biondo.
Era incredibile con quanta facilità le sue labbra si dischiudessero in un sorriso.
-Si, è vero, alcuni sono più fortunati di altri... Ma tutto dipende dalla volontà. Se vuoi una cosa la ottieni, in un modo o nell'altro. Fai ciò che vuoi, così potrai essere.-
-Sono d'accordo con te, infatti me ne sono andato di casa proprio per questo motivo. Sai, mio padre voleva che diventassi un contabile...-
Robert fece una pausa, fissando il vuoto. -Ma no, non fa proprio per me. Ogni volta che immagino me stesso seduto ad una scrivania, in giacca e cravatta, sommerso da carte mi vengono i brividi!- Ridacchiò, contagiando anche il chitarrista.
-Verrebbero anche a me se solo ci riuscissi! I tuoi capelli non aiutano!-
Jimmy versò il thè in una tazza bianca, sorridendo, e mentre stava per versarlo nell'altra, qualche goccia bollente gli cadde sul dorso della mano, scottandolo.
Imprecò a bassa voce, scuotendo vigorosamente la mano.
-Aspetta, fammi vedere.- Il più giovane gli si avvicinò e gli prese la mano dolorante tra le proprie.
Page sussultò a quel contatto inaspettato. Nessuno aveva mai fatto una cosa del genere, tranne forse sua madre quando lui era ancora un bambino.
Robert portò il dorso arrossato della mano del chitarrista alla bocca, appoggiandoci sopra le sue labbra fresche, chiudendo gli occhi. Il più grande non riusciva a credere a ciò che stava succedendo. Il dolore sparì in fretta, forse per il semplice fatto che quella situazione improbabile lo aveva distratto. La sua mente si svuotò come per magia. Rimase a fissare quella bocca morbida sulla propria pelle, incapace di reagire o di dire una parola, e poi, dopo attimi che sembrarono durare un'eternità, il biondo riaprì gli occhi e sciolse il contatto.
-Va meglio adesso?- Domandò accarezzando lievemente con il pollice la mano del moro.
Page era semplicemente sconvolto, tuttavia non si sentiva in imbarazzo.
Una miriade di pensieri gli invasero la mente.
Che cazzo stava succendendo?! Quel tocco delicato gli era piaciuto, ma... Non riusciva a smettere di pensare che Robert fosse un ragazzo.
-Si... Si, va meglio, grazie.- Rispose Jimmy, abbassando lo sguardo sulla teiera.
-Lascia che ti aiuti!- Sorridendo, Robert la afferrò e versò il thè nell'altra tazza, facendo attenzione a non farlo cadere fuori dai bordi.
I due si sedettero al tavolo della cucina e il moro si affrettò a rompere lo scomodo silenzio.
-Allora... Se ti piace Robert Johnson ti piacerà sicuramente Howlin' Wolf!-
-Se mi piace?! Quell'uomo è praticamente il mio dio!- Rispose, rigirandosi una ciocca dorata tra il pollice e l'indice. Sorrise di quel suo sorriso contagioso, e Jimmy non potè fare a meno di ricambiare, come se fosse stato sotto l'effetto di uno strano incantesimo.
Ma il mago era lui; a quanto si ricordava, era sempre stato lui a far cadere tutti ai suoi piedi...
Per un attimo sentì il desiderio di nascondersi, di sottrarsi al giovane uomo che aveva di fronte, così si portò la tazza alla bocca, alzandone il bordo in modo da coprirsi la visuale, e bevve.

-Sai, Jimmy, penso che sia arrivata l'ora per me di andare a dormire. Meglio approfittare del fatto che sono ancora capace di camminare.- Plant soffocò un altro sbadiglio, e Page guardò la finestra: fuori era buio.
-Non voglio vivere l'ebbrezza di trascinarti su per le scale, quindi affrettiamoci.- disse ridacchiando a Robert alzandosi svogliatamente dalla sedia. Gli sfiorò il braccio con la mano, con apparente noncuranza, e si diresse verso la porta della cucina.
-Bravo, vedo che hai capito.- Sorrise pigramente il cantante.
Salirono al piano di sopra, e si fermarono davanti alla camera del biondo.
Robert aprì la porta e corse a sedersi sul letto, lasciando l'altro in piedi sulla soglia.
-Gr...Grazie di tutto, Jim.- Sussurrò, chinandosi per sfilarsi le scarpe.
-Figurati- rispose Page, abbassando lo sguardo e affondando una mano dietro la testa tra i capelli color pece. -Se hai bisogno di qualcosa, chiamami...- Aggiunse con una nota di speranza nelle parole.
-Va bene! Buonanotte!- Fece Plant, sorridendo tra sè e sè.
Il chitarrista non uscì subito.
Prima di andarsene, osservò per un attimo la creatura fiabesca seduta sul letto.
Rimase affascinato dalla lentezza con cui ora le sue lunghe dita sbottonavano la camicia gialla, rivelando una pelle candida e un mucchio di peli biondi. Robert aveva il capo chino sul petto, e i capelli dorati gli ricadevano in avanti, nascondendogli il viso.
Il moro distolse a malincuore lo sguardo da quella visione e andò a rintanarsi nella propria stanza.
Per un secondo l'immagine contaminata dal desiderio che il cantante bussasse nel cuore della notte alla sua porta per chiedergli una stronzata qualsiasi gli balenò nella mente.
Si sentì un idiota. A volte odiava i pensieri e le sensazioni, così come odiava tutte le altre cose che non riusciva a controllare.
Se ne andò a letto, sapendo che non sarebbe riuscito a dormire.
Non gli importava, ci era abituato. La notte era il suo mondo.

In un pomeriggio di pioggia, Page aveva preso la sua amata chitarra e l'aveva fatta incontrare con l'archetto di un violino, dando vita ai caratteristici suoni. Plant l'aveva seguito, cantando versi improvvisati, occhi chiusi e lineamenti assorti. Sembrava provare piacere ogni volta che l'archetto del moro accarezzava le corde dello strumento.
-Si, continua così...- Gli ordinava il chitarrista, avido di quella voce meravigliosa che gli penetrava nel cervello, e aumentava il ritmo, costringendo il cantante a fare lo stesso.
-Lasciati andare, Rob... Fallo per me.- Incitava Jimmy, desideroso di inebriarsi la mente con le parole sospirate o gridate.
Gli piaceva pensare che fossero schegge dell'anima di Robert, scivolate via attraverso la sua gola.
La voce del biondo e la chitarra del moro si inseguivano, si cercavano e si fondevano in suoni mai sentiti prima, diffondendo elettricità ed eccitazione nell'aria.
L' impressionante alchimia sprigionata dai due li faceva vibrare, e più giorni passavano tra improvvisazioni, dischi folk, blues e rock 'n' roll, più Page vedeva in Plant la realizzazione dei suoi sogni.

-Ti conviene reclutare al più presto quel batterista di cui mi hai parlato se vuoi andare in America.- Jimmy si allungò pigramente sul divano e voltò la testa verso la finestra ridotta ad un riquadro nero.
La sua mano si muoveva con calcolata lentezza in una chioma dorata.
-Cosa? Di che stai parlando?- Robert, che se ne stava seduto sul pavimento all'altezza dell'addome dell'altro, era smarrito nel piacere delicato di quella carezza. Si sistemò con la schiena contro il divano e diede un tiro alla sua sigaretta, fissandone poi il tizzone rosso ardente.
Il moro ritrasse la mano e fece una pausa prima di rispondere, giusto qualche secondo per pregustare la reazione che avrebbe scatenato.
-Sto parlando, signor Plant, del tour che faremo tra qualche mese!- Disse quella frase come se fosse la cosa più normale e scontata di questo pianeta.
Il più piccolo, il quale stava tirando un'altra boccata di fumo, si piegò di scatto in avanti con così tanta forza che Page immaginò la cena consumata prima agitarsi nel suo stomaco.
-CH... OSA...- Riuscì a dire tra i colpi di tosse, il fumo che usciva a intervalli e quantità irregolari dalla sua bocca.
Il chitarrista ridacchiò rumorosamente, tenendo gli occhi bassi, e si mise a sedere.
-Hey, Rob, datti una calmata! Non mi pare di aver detto chissà cosa!- Lo punzecchiò con un sorriso provocatorio che gli faceva risaltare i denti bianchi alla luce dell'abat-jour.
Il cantante si girò, sempre di scatto, e i riccioli ricaddero morbidamente intorno al suo viso. Schiacciò nervosamente la sigaretta nel posacenere lì vicino a lui.
-Cioè mi stai dicendo... Che...- Lo fissò con occhi stralunati.
-Che gireremo gli Stati Uniti!-
Robert balzò in piedi e si portò entrambe le mani al lati del volto.
Il ritratto dell'incredulità.
-Ma... Ma io non posso permettermelo...- Soffiò, la voce tremante.
-Non devi preoccuparti, ho pensato a tutto io.- Jimmy si premette il palmo aperto sul petto.
-Aspetta...-
-Ho già preso accordi con Peter, il mio manager. Mi restituirai il pagamento appena potrai.- Lo interruppe, guardandolo dritto negli occhi, serio in volto.
Plant scoppiò a ridere, di quella sua risata graffiata che in pochi giorni era stata capace di tenere lontane le tenebre che avevano da sempre avvolto il chitarrista.
L'immagine gli apparve ferma, dandogli la percezione che i secondi si fossero cristallizzati in un unico istante.
Le labbra chiare tirate indietro a definire un meraviglioso sorriso, i ridenti occhi socchiusi, i capelli che vibravano ad ogni suo piccolo movimento... sembrava illuminare tutto intorno a sé, tingere ogni cosa di allegria e speranza come mai nessun altro aveva fatto.
Meglio di un raggio di sole, pensò Jimmy.
Ed era bello.
Cazzo, se era bello mentre batteva le mani e gli correva incontro, straripante di gioia.
Era bello mentre saltava sul divano con uno slancio che per un pelo non lo rovesciò.
Era bello mentre lo travolgeva con un abbraccio soffocante che quasi lo mandò a gambe all'aria.
E Page si accorse di essere così sottile sotto il suo peso, così fragile tra le sue braccia forti, e in quel momento non gli importava più di niente. Ricambiò l'abbraccio, aggrappandosi al profumo dei capelli dorati che gli coprivano il viso come se gli fosse stato indispensabile per sopravvivere.
Robert lo stringeva a sè, premendolo contro lo schienale del divano.
-Grazie! Grazie! Grazie! Grazie!- Gli sussurrò all'orecchio, una mano dietro la nuca ad accarezzargli i capelli color pece.
Rimasero così per interi minuti, e fu come se due elementi opposti si incontrassero per la prima volta.
-Jimmy, ci vado domani.-
-Dove?-
-A parlare con John. A Oxford.-
-Ma guarda che non è così urgente, non è necessario che tu ci vada subito... Puoi restare qui ancora qualche giorno, se ti va.- Il più grande si agitò sotto di lui.
Plant si allontanò da lui quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi.
-Mi farebbe molto piacere restare, e ti ringrazio, ma no. Non hai idea di cosa significa per me l'America. E' il mio sogno nel cassetto, il mio desiderio proibito. Credimi, ti farei una statua d'oro per ringraziarti.- Sussurrò, il suo viso a pochi centimetri da quello dell'altro.
Jimmy abbassò lo sguardo e sorrise senza scoprire i denti, combattuto tra la contentezza e l'amarezza di doverlo lasciare andare.
Il cantante aveva portato un raggio di luce nella vita di Page, e Page ne era diventato dipendente.
Non voleva separarsi da lui, e finalmente aveva osato ammetterlo a se stesso.
-Se devi partire domani, godiamoci l'ultima sera insieme.-
-Certo! Ti andrebbe di fare un giro per la campagna?- Chiese il biondo, scendendo da sopra di lui per alzarsi in piedi.

Camminarono vicini, in silenzio, quasi come se non volessero disturbare il paesaggio addormentato.
Si godettero il fresco di quell'ultima sera insieme, sfiorandosi le mani in un gesto apparentemente involontario.
Gli unici rumori che i ragazzi sentivano erano l'abbaiare lontano di un cane, il fruscio delle foglie degli alberi, il canto di un uccello notturno, e il frinire dei grilli nascosti nell'erba che calpestavano.
La leggera brezza estiva scompigliava i loro capelli.
I lampioni sparsi qua e là lungo la strada in lontananza e la luna illuminavano il prato attraversato dai due.
Jimmy amava la luna. Metteva in risalto il contrasto tra i suoi colori, aumentava il nero della sua chioma e faceva risplendere la sua pelle chiarissima.
Il più giovane, invece, ammirava la notte con curiosità e interesse, ma non si sentiva completamente a suo agio in essa.
Camminando fianco a fianco, passarono vicino a un torrentello impetuoso, il cui rumore liquido si mischiò ad un miagolio acuto.
Robert si fermò di colpo e tese le orecchie. -Hai sentito anche tu?- Sussurrò a Jimmy.
-Cosa?- Domandò l'altro, fermandosi a sua volta.
-Ci dev'essere un gatto da qualche parte!-
Page sospirò. -E allora? Qui è pieno di gatti!-
Il biondo scosse vigorosamente la testa, facendo ondeggiare i riccioli che brillavano sotto i raggi lunari. -Dobbiamo trovarlo, potrebbe essere ferito!- Esclamò euforico, gli occhi resi grigi dal buio che luccicavano di entusiasmo.
Il moro rise a quell'improbabile scusa, scuotendo la testa. -E va bene, andiamo.-
I due cominciarono a cercare il gatto ovunque, seguendo il suo miagolio insistente.
Guardarono sotto tronchi d'albero coperti di muschio, in mezzo a cespugli e arbusti, e alla fine lo trovarono accoccolato ai piedi di un muretto di pietra circondato da erbacce.
Era un gattino bianco e grigio di non più di tre mesi, magro da far paura.
Smise di miagolare non appena Robert, incurante delle eventuali pulci o zecche annidate nel pelo dell'animale, si accoccolò lentamente vicino a lui, e lo prese in braccio.
-Hey piccolino... Stai bene? Fatti guardare...- sussurrò, rigirandosi il gatto tra le mani con movimenti esperti, osservandolo attentamente.
Jimmy rimase stupito dalla delicatezza con cui Plant maneggiava la bestiolina scheletrica grande poco meno della sua mano. Notò che Robert era capace di essere di una dolcezza disarmante, in perfetta contrapposizione con la sua sfacciata esuberanza.
Arrossì, provando gratitudine verso il buio come mai prima di allora.
Il biondo accarezzava il micio con fare materno, sussurrandogli parole dolci alle grandi orecchie sproporzionate.
Jimmy l'avrebbe guardato per ore. Come faceva quel ragazzo grande e grosso ad essere tanto gentile?
Finita l'ispezione, Robert annunciò che, tralasciando la sua magrezza, il gatto era sano.
-Menomale- Annuì il moro -Ora puoi lasciarlo andare.-
-Stai scherzando?!- Il cantante spalancò gli occhi. -Non possiamo abbandonarlo qui, portiamolo a casa!-  Esclamò con un sorriso a trentadue denti.
Jimmy incrociò le braccia sul petto e sporse il mento in avanti. -Non se ne parla proprio.-
Plant si alzò in piedi e implorò il chitarrista, tenendo il micio avvolto in un lembo della sua maglia. -Daaaai! Ti farà compagnia quando me ne sarò andato!-
-Ho detto di no, sto bene da solo.- Sentenziò Page, impassibile.
Quest'ultimo dischiuse le labbra, inarcò le sopracciglia e sgranò gli occhi in un'espressione di sorpresa quando il biondo gli pose tra le mani il gattino che lo guardava con gli occhietti spalancati.
Robert ammirò la sua opera appoggiandosi le mani sui fianchi.
Jimmy, tenendo il capo chino, stava cercando imbranatamente di avvolgere il riluttante micino nella sua camicia, in un goffo tentativo di imitare il cantante.
-Visto? Non è così tanto male!- Cinguettò Plant, prima di incamminarsi verso casa con un sorriso soddisfatto stampato in volto, sotto lo sguardo incredulo del moro.

-Non sapevo ti piacessero gli animali!- Sorrise Page, intenerito, sedendosi sul divano accanto ad un Robert impegnato a giocare con il gatto che teneva sulle sue ginocchia.
Era una visione meravigliosa.
-Io AMO gli animali! Lo sai che sono cresciuto in campagna.- Fece il biondo, rivolgendo un sorrisone al micio. -Ma quanto sei bello, tu?!- Esclamò con voce stridula, toccando il nasino dell'animale con la punta del dito.
Il chitarrista osservò la scena, incantato, senza osare interferire.
-Jimmy, non pensi che sia carino?- Gli domandò Plant senza voltarsi a guardarlo, continuando a fissare con gli occhi socchiusi in un'espressione buffa l'animaletto bianco e grigio che aveva sulle ginocchia.
Il moro guardò il cantante di sottecchi, stando ben attento a non farsi scoprire, le labbra rosse piegate in un piccolo sorriso obliquo. -Si, davvero carino...-
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