Fanfic su artisti musicali > Beatles
Segui la storia  |       
Autore: velvetmouth    22/08/2014    2 recensioni
'' E se la Beatlemania non fosse scoppiata negli anni '60? Come sarebbe andata la storia se i 4 di Liverpool fossero dei giovani d'oggi? Un'altra epoca, un mondo diverso, le loro vite completamente differenti...Proverò a raccontarvi questa What if? con tutta la passione e l'amore possibili, sperando che possa piacere anche a voialtri! Peace & Love''
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Harrison, John Lennon, Paul McCartney, Quasi tutti, Ringo Starr
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
WHAT IF BEATLES 2 CAPITOLO 2 - PAUL


La luce filtrava appena dalla porzione di tapparella lasciata semichiusa. Si rigirò nel letto ignorando il sussurro di Mike che lo chiamava. Odiava essere svegliato nel bel mezzo di un sogno e odiava ancor più non ricordarsi minimamente cosa stesse sognando.
- Ti vuoi alzare? Il pullman passa tra meno di mezz'ora!-
Suo fratello era sceso dal letto, si era fatto accanto a lui e adesso lo picchiettava sulla spalla.
Aveva un braccio ciondoloni, totalmente abbandonato fuori dalle coperte. Mugugnò mentre si voltava, dandogli le spalle.
- Fai come vuoi, dannazione!-
Sparì fuori dalla stanza e dopo qualche minuto sentì il rumore dell'acqua che scorreva dal rubinetto. Fece un'incredibile fatica nell'aprire gli occhi ancora incollati dal sonno. Diede uno sguardo distratto alla sveglia che aveva sul comò. Sperò che suo fratello avesse esagerato, come faceva la mamma, che per farlo alzare, inventava che fosse un'ora diversa da quella che in realtà era.
No, stavolta Michael aveva ragione: 7.30, doveva alzarsi.
Riemerse dalle coperte come uno zombie. Barcollò verso il bagno, nel quale entrò con gli occhi ancora chiusi e abituati all'oscurità. Suo fratello si stava guardando allo specchio, corrucciato, interdetto.
Gli dette le spalle, iniziando a far pipì. Sospirò, un sorrisetto sarcastico che gli allargava le labbra.
- Mike, la barba non ce l'hai... Inutile che controlli ogni mattina-
- Vaffanculo!-

James ''Jim'' McCartney stava leggendo il giornale alla prima luce del giorno quando vide Paul scendere le scale, il viso ancora assonnato e gli occhi scuri, grandi, lievemente cerchiati.
Non sollevò neppure lo sguardo quando il ragazzo prese posto davanti a lui, scostando leggermente la sedia.
- Fatto ancora tardi per studiare immagino...-
Paul annaffiò la sua tazza di cereali con un'abbondante dose di latte sorridendo al padre.
- Dovrei continuare a minacciarti fino alla laurea di questo passo, per vedere risultati!-
Jim aveva promesso al figlio che se avesse portato a casa dei buoni voti gli avrebbe fatto una sorpresa. Niente poteva stuzzicare la curiosità di un adolescente come una proposta del genere.
In cuor suo Paul sperava ardentemente che il padre gli comprasse una chitarra, perchè conosceva bene le ambizioni e i desideri del figlio quattordicenne. Jim poi, aveva suonato in un gruppo quando era più giovane e amava la musica da sempre, specialmente il jazz, e da sempre aveva voluto che i figli diventassero musicisti come lo era stato lui. Adesso si dilettava perlopiù a suonare il piano, un bellissimo strumento verticale in legno che aveva comprato al negozio di Harry Epstein in Walton Road.
- Sai che riuscirò ad essere il migliore della classe, pà... Dopotutto non sarebbe una novità!-
Paul ammiccò al padre mentre portava alla bocca una cucchiaiata di cereali.
Jim rise della ''modestia'' del figlio e mentre addentava la sua fetta biscottata imburrata si ritrovò a pensare che per la prima volta dopo la morte di Mary si sentiva abbastanza felice.

Sul pullman verso il Liverpool Institute Paul si sedeva spesso vicino ad un certo George Harrison, un tipino smilzo e timido, sempre silezioso e con lo sguardo torvo. Conoscendolo aveva capito che in realtà di torvo e minaccioso non aveva nulla, se non il cipiglio, e che nascondeva invece un paio d'occhi mezzi spauriti.
Gli piaceva farsi vedere con quel ragazzino e, anche se aveva solo 8 mesi più di lui, spesso si comportava da spaccone, per quel gusto tutto suo che aveva di primeggiare.
- Hey Harrison!-
Gli si mise accanto, facendo scivolare lo zaino sulla spalla destra, sul lato esterno. Notò che il ragazzino non lo aveva sentito, dato che aveva infilate nelle orecchie un paio di cuffiette. Ripetè il saluto, stavolta parandosi davanti e agitando la mano.
- Ciao Paul!-
Una mano sottile e ossuta fece sparire l'arnese dentro la tasca dei jeans.
McCartney notò che il compagno stava di nuovo scarabocchiando sui libri.
- Ancora a disegnare chitarre, eh?-
Diede uno sguardo alle forme impresse a lapis sulle pagine. Decine e decine di chitarre di ogni sorta e dimensione, acustiche, elettriche, dalla forma sinuosa o appena accennata, con foro rotondo, fatte di plastica o di legno, multicorde, con manici rinforzati o semplici. Un vero patito.
- Dannazione ti sei proprio fissato...-
Constatò Paul, indicandone una disegnata fra le fiamme. Onestamente riusciva a immaginarsi tutto, un asino con le ali, un orso che ballava il tip tap o persino suo padre con una folta cascata di capelli, ma non Harrison come chitarrista.
George lo guardò con quei suoi occhi che sembravano sempre un po' tristi e malinconici.
- Sono la mia ossessione... Non riesco a pensare ad altro, almeno finchè non ne avrò una... Ma, mi dispiace far spendere soldi ai miei, insomma non navighiamo nell'oro... Già per avere questo...-
Estrasse dalla tasca dei suoi jeans chiari l'mp3 di prima, lasciando morire il discorso.
McCartney abbozzò un sorrisetto tirato. Certo, gli dispiaceva per lui, ma poteva benissimo trovare uno strumento anche a poche sterline. E non nascose neppure di sentirsi ringalluzzito al pensiero che suo padre gliene avrebbe presto regalata una.
Si sentì in dovere di farlo sapere a George, dopotutto, amava essere idolatrato dai più piccoli.
- Sai, io a breve ne avrò una...-
Gli rivelò, passandosi la mano tra i capelli scuri.
- Te la farò provare se vuoi!-
Gli occhi di George si illuminarono e quelle enormi orecchie a sventola che si ritrovava gli diventarono tutte rosse per l'emozione.
- Lo prendo come un sì!-
Paul gli dette una pacca sulla spalla, assaporando quella inebriante sensazione di superiorità.

A scuola era sempre andato bene, anzi benissimo, e aveva anche la fortuna di avere un bell'aspetto, nonchè un certo modo di fare che lo salvavano dall'essere additato come ''secchione''. Tutt'altro, Paul era uno dei ragazzi più popolari della scuola e questo anche e sopratutto per la sua fama di ragazzo invidiabile.
Circolavano su di lui ogni genere di voci, più o meno veritiere, su quanto la sua vita fosse tutta rosa e fiori e costellata di successi. Dal canto suo Paul aveva molti amici, ma nessuno sapeva quanto in realtà la facciata del ragazzo popolare che gli si era costruita addosso fosse fragile.
Da quando la madre, Mary, era morta per un tumore al seno, Paul non era più stato lo stesso.
In quel suo paio d'occhi scuri, circondati da un paio di ciglia lunghissime, estremamente femminei e dolci, era scesa una patina di dolore che riusciva magistralmente a nascondere ai più. 
Era astuto, con un gran carisma e una dote ammaliante che sconcertava i più grandi, specialmente gli insegnanti. Non riuscivano proprio a spiegarsi come quel ragazzino dalla faccia pulita e l'aspetto di un angelo potesse essere una tale calamita d'interesse. Ma era evidente, McCartney aveva potere e questo lo aveva capito fin dalla tenera età.
Era una peculiarità tutta sua quella di riuscire a manipolare le persone, le rassicurava in un certo senso col suo aspetto indifeso e totalmente innocuo; anche per questo spesso usciva impunito dalle situazioni più disperate.
Era senza dubbio un bravo ragazzo, ben educato sì, ma anche estremamente consapevole della sua acuta intelligenza.
Non era di certo impensabile vederlo nel giro di qualche anno iscritto ad una delle principali università del Paese, un futuro costellato di successi accademici, con un lavoro invidiabile e una famigliola felice. Sì, James Paul McCartney era l'emblema del ragazzo modello, del figlio perfetto.
Ma come solo lui stesso ben sapeva, esisteva un lato di Paul che, associato al suo bel faccino, sembrava impensabile. Un lato oscuro e misterioso, che spesso, spaventava anche lui stesso. Gli piaceva pensare che fosse proprio come un diamante dalle mille sfaccettature e perciò impossibile da capire fino in fondo. Questa era senza dubbio una cosa che lo intrigava molto del suo stesso carattere: poteva apparire molto estroverso e ammaliante, ma anche scostante e snob. Amico di tutti e di nessuno, impenetrabile e aperto; dava la costante sensazione di conoscerlo a fondo, finchè non saltava fuori un comportamento totalmente diverso che rimescolava tutte le carte in tavola.
Era stato spesso accusato di comportarsi in modo ambivalente e sopratutto dalle ragazze additato come egocentrico e narcisista.
La sua prima fidanzata lo aveva definito ''un mostro insensibile e schifoso'' e gli aveva anche sputato in faccia, come se non bastasse. Con il suo aplomb invidiabile aveva superato l'imbarazzo con una scrollata di spalle e un sorriso goliardico verso gli amici, rimasti a bocca aperta ed occhi sgranati.
Il tutto era stato dimenticato in breve tempo, anche perchè aveva iniziato subito a vedersi con una ragazzina dai capelli ricci  e cosparsa di lentiggini, sulla quale circolavano voci di incoraggiante ''spigliatezza''.
Le sue conquiste d'altronde erano sempre velate da un profondo alone di mistero, il che rendeva la sua vita privata dannatamente eccitante agli occhi dei coetanei, che lo osservavano ammirati di quella sua abilità naturale nel riuscire vincente in ogni impresa.
Non era un tipo del quale rimanere indifferenti: o si amava o si detestava, ma di certo non passava inosservato.

-Ehi Macca!-
Si voltò, un lampo di sole negli occhi. Fu costretto a socchiuderli prima che la sagoma di Ivan Vaughan si stagliasse sopra di lui.
-Ciao Iv!-
Rispose stringendo il braccio dell'amico. Erano nati lo stesso giorno dello stesso anno nella stessa città, qualcosa voleva pur dire, no?
- Qualche novità? Che mi racconti di bello?-
Ivan ammiccò, stringendosi la lingua contro i denti in un'espressione furbesca.
- Ti ricordi quella tipa, Laura?-
Paul annuì, un mezzo sorrisetto stampato sulle labbra.
- Bhe, le ho chiesto il numero e ci siamo incontrati giovedì...-
Le sopracciglia di McCartney si inarcarono. C'era solo una cosa che gli interessava sapere, solo una cosa che Ivan doveva fare. O almeno avrebbe dovuto fare.
L'amico fu pronto ad alzare subito le mani, scuotendole a mezz'aria.
- L'ho baciata, l'ho baciata!-
Paul scattò in piedi, una pacca sulla spalla del compagno.
- Oh, figliuolo, sono fiero di te!-
Si complimentò contraffacendo il tono di voce. Vaughan rise a bocca aperta, acchiappando l'amico per la vita. Lo sguardo di Paul si fece di nuovo torvo.
- Spero tu abbia seguito le mie regole d'oro, Vaughan... Altrimenti mi renderesti un maestro molto deluso!-
Ivan scondinzolò come un cucciolo attorno alle gambe del padrone.
- Non l'ho cercata, ne' richiamata, ne' niente di niente!-
Teneva una mano sul petto, l'altra dietro la schiena, come in un giuramento da scout.
- Bravo il mio allievo! Potresti quasi superare il maestro! QUASI!-
Entrambi scoppiarono a ridere.
- Ma... Cioè, lei mi piace... Perchè non mi ha cercato lei, scusa? Cioè, l'ho anche aggiunta su facebook ed ho il suo numero... Ma lei, niente... Cioè voglio dire tu avevi detto...-
Paul alzò un dito, a poche spanne dal viso lungo e magro di Ivan, che serrò le labbra.
- Ehi, ehi, ehi, frena! Cos'altro ti ho detto però? Aspetta almeno tre giorni... Se dopo il terzo non si fa sentire, è solo una stronzetta che non merita le tue attenzioni, probabilmente sta frenando quelle sue preziose manine dallo scriverti un messaggio perchè è troppo dannatamente orgogliosa, ma vedrai... Entro stasera ti scriverà! Tu, però, non alzare un dito, intesi?-
Ivan pendeva dalle labbra a cuore dell'amico, ascoltava le parole di quel guru dell'Amore come fosse la più dolce melodia del mondo. Che tipo, quel McCartney!
- Cazzo, Paul, queste femmine... Sempre a farsi desiderare!-
Gli occhi verde scuro di McCartney si socchiusero di nuovo nella lama di luce che vi si specchiava. In quel preciso istante avrebbe tanto voluto potersi preoccupare di ragazze con Ivan, ma aveva qualcosa di meglio su cui canalizzare le sue attenzioni.
A breve avrebbe tenuto fra le mani una stupenda, nuovissima chitarra. La bramava più di ogni altra cosa al mondo, la sera accendeva il suo portatile e stava ore a guardare in loop video su video su video tutorial per imparare le basi. Ormai la sognava anche la notte: ne imbracciava una lucente e scura, illuminato dall'altro da una luce a cono, tipo raggio da una navicella UFO, indossava i suoi jeans chiari, le converse nere e il giacchetto di pelle con le spille di cui andava estremamente fiero.
Iniziava un interminabile riff, le dita delle mani che accarezzavano le corde come fosse la cosa più semplice del mondo, sentiva il sudore imperlargli la fronte, gocciolargli dai capelli e impregnargli la maglietta, ma non gli importava. Il suo sogno di gloria era finalmente esaudito. Lui, James Paul McCartney suonava su un vero palco e si sentiva dannatamente figo, molto più del solito almeno.

 Era entrato a casa dopo una giornata interminabile e piovosa. Non era di buon umore, affatto. Avrebbe voluto soltanto buttarsi a letto ascoltando musica dal suo cellulare. Si ricordò in un lampo doloroso che avrebbe prima dovuto terminare una ricerca di scienze sugli organismi monocellulari. Schifezze.
Entrò in cucina, dando uno sguardo in salotto, dove Mike stava giocando ad un videogioco di sbudellamenti zombie.
- Ehy Paulie, lo fai anche a me un panino?-
Sbuffò, ignorando volutamente il fratello, aprendo il frigo nella disperata ricerca di qualcosa di commestibile. Arraffò del prosciutto e formaggio a fette, chiudendo poi l'anta con la punta delle scarpe. Lo sguardo gli cadde su una foto, tenuta su da un paio di calamite, una di Tenerife e l'altra raffigurante la torre pendente di Pisa. Nella cornice sbeccata della foto sorrideva una donna a sedere su un prato, con due bambini paffutelli al suo fianco. Lui era appoggiato alla spalla destra, mentre Mike sedeva a gambe incorciate leggermente più vicino all'obiettivo.
Paul poggiò quello che aveva fra le mani senza staccare gli occhi di dosso alla figura.
Il sorriso candido, i capelli leggermente mossi che le cadevano sulle spalle. Un vestito a fiori che la rendeva raggiante, splendida su quel tappeto erboso e soffice. Non poteva ricordarlo ma quella era stata veramente una giornata felice.
''Un picnic sul prato, come ai vecchi tempi''
Ripeteva papà, sfiorando i bordi mentre gli occhi gli diventavano liquidi.
La mamma aveva i suoi stessi grandi occhi lievemente piegati all'ingiù, accoglienti, caldi, da cerbiatto, con quelle ciglia kilometriche.
- Hai delle ciglia da far invidia alle ragazze, Paulie-
Gli ripeteva sempre, quando ancora lo prendeva sotto le ascelle e se lo coccolava, tenendolo in grembo.
Aveva la voce più delicata e bella che avesse mai conosciuto; spesso mentre canticchiava in salotto, papà la accompagnava al piano. Era anche per questo che Jim aveva smesso di suonare, se non raramente, dopo la sua scomparsa.
- Ciao, mà, ti voglio bene...-
Sussurrò prima di accarezzare col dorso della mano il viso di lei, più piccolo di una moneta, come a volerlo imprimere per sempre.
La sera, mentre stava scrivendo al computer la sua ricerca qualcuno picchiettò alla porta di camera.
- Paulie, posso?-
- Vieni, pa, entra!-
Chiuse il file, salvandolo sul desktop ''quellarobaschifosaperscienze''.
La pelata del padre fece capolino prima di lui, seguito da quel sorriso dolce e gli occhi stretti.
Ammirava l'uomo che era suo padre. Senza di lui si sarebbe sentito veramente perso. Era la vera colonna della famiglia, specialmente dopo...
- Come vanno le cose?-
Rimase sullo stipite della porta, appoggiandosi con la spalla sinistra. Paul si alzò dalla sedia, buttandosi a pancia in sotto sul letto.
- Sono stanco morto, ho appena finito una ricerca tremenda per scuola...-
Sospirò, occhieggiando la reazione di Jim. Quello sorrise sotto i baffi.
- Ti stai impegnando veramente tanto, sono molto fiero di te...-
Si accostò al figlio, prendendo posto accanto a lui. Gli pose una mano sulla testa, scompigliandogli i capelli, tenuti leggermente più lunghi davanti. Erano scuri, come quelli di Mary, però lisci.
- Non è stato facile per te e Mike, lo so...-
Gli occhi chiari di Jim si velarono. Non avrebbe pianto, ormai Paul lo sapeva, ma ogni volta che si tornava sull'argomento ''mamma'', sembrava che tutta la carica vitale di Jim McCartney venisse meno.
Era un uomo energico, spiritoso e incredibilmente affascinante, ma aveva evidentemente perso una parte di sè e questo lo rendeva ingrigito.
Paul annuì. Era cresciuto molto in quell'ultimo periodo e, anche se spesso indossava quella sua maschera candida, adesso possedeva una consapevolezza tremenda eppure inevitabile: quella della morte.
Rimasero così in silenzio per qualche minuto, entrambi nel ricordare quella donna che in maniera differente era stata sia nella vita dell'uno che dell'altro un cardine essenziale.
Poi Jim ruppe improvvisamente il silenzio.
- Ti ho portato una cosa...-
Nella mente di Paul fu come se suonasse a intermittenza uno di quegli allarmi assordanti.
'' Questo è il momento. Il tuo futuro inizia adesso. Il resto della tua vita.''
Era cresciuto a pane e musica fino a quel giorno, sia per una sua naturale inclinazione, sia per la passione che aveva sempre trascinato suo padre, ma sentiva di non potersi più accontentare di ascoltare in silenzio il lavoro di altri.
Spesso scriveva, si ritrovava a pensare a melodie, parole, che sapeva sarebbero diventate canzoni, le aveva tutte in testa, doveva soltanto liberarle in musica.
Osservò il padre uscire dalla stanza. Si sollevò dal letto, trepidante come quando da piccolo doveva scartare insieme a Mike i regali per Natale.
Poi Jim rientrò, tenendo tra le mani un pacco. Anche lui sembrava raggiante di gioia, era tempo ormai che Paul non vedeva suo padre così. Quasi si commosse quando lo prese tra le mani ed iniziò a scartarlo.
Era una grossa confezione, gli sembrò comunque un po' piccola per una chitarra, ma si fece coraggio ed aprì, scoprendo il contenuto.
Sopra un'imbottitura di velluto riposava una scintillante tromba in ottone con pistoni e rinforzi brillanti.
Voleva sprofondare nel pavimento, venire inghiottito e non riemergere mai più.
Nascose il disappunto che sentiva serpeggiargli sul viso, pizzicargli la pelle della faccia. Non voleva dispiacere suo padre, non in quel momento almeno.
Sorrise tirato, le labbra che gli si increspavano irrimediabilmente verso il basso.
- Papà....E'....Stupenda....-
Jim lo abbracciò, non notando assolutamente il colore livido delle guance del figlio quattordicenne.
- Oh, Paul...Ho sempre voluto che tu imparassi a suonarla, proprio come me!-
McCartney junior cinse le spalle del genitore, abbandonandosi al di lui entusiasmo.
Stava già pensando a come rimediare a quell'inconveniente con uno dei suoi piani machiavellici. Avrebbe suonato una chitarra, era il suo sogno.
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Beatles / Vai alla pagina dell'autore: velvetmouth