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Autore: Biazur    26/08/2014    2 recensioni
La pioggia divorava la persona che da sempre, sempre aveva amato. Lo avvolgeva e lo penetrava con violenza, ogni singola goccia era come un coccio di vetro, che si conficcava crudele nelle carni.
Chi l'avrebbe mai detto?
Quel carattere dolce e gentile, così premuroso e protettivo, alla fine l'aveva portato inesorabilmente alla sua fine.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Haruka Nanase, Makoto Tachibana
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 La pioggia batteva violenta sull'asfalto, che bagnato si rifletteva negli occhi profondi del moro.
Profondi, quanto vuoti, colmati solo da infinite lacrime che si riversavano silenziose sulle sue gote.
Un gatto dal manto candido e fradicio sostava accanto alle sue gambe, e come lui, stava puntando gli occhi felini su un ragazzo.
Un ragazzo che ben conosceva, e con cui aveva condiviso perfino il proprio respiro.
Makoto era inerme sulla strada, con le palpebre serrate, e più lo fissava, più si accorgeva del fatto che mai più quello sguardo dolce l'avrebbe cullato, ma più si sarebbero parlati con gli occhi.
Mai più.
Cadde in ginocchio, distrutto, e si abbracciò stretto, mentre i singhiozzi gli scuotevano violentemente le spalle. Sentiva freddo, e mentre si accasciava sempre più al suolo, sperava di essere riscaldato, sperava che quelle braccia forti che ora vedeva indifese sull'asfalto improvvisamente prendessero vita, che quelle gambe toniche di cui conosceva ogni singolo muscolo sorreggessero il peso del ragazzo, che lo facessero camminare di nuovo.
Ma nulla di questo accadde.
La pioggia divorava la persona che da sempre, sempre aveva amato. Lo avvolgeva e lo penetrava con violenza, ogni singola goccia era come un coccio di vetro, che si conficcava crudele nelle carni.
Chi l'avrebbe mai detto?
Quel carattere dolce e gentile, così premuroso e protettivo, alla fine l'aveva portato inesorabilmente alla sua fine.
Voltò debolmente il viso verso il micio che Makoto aveva cresciuto e nutrito con cura, con cui aveva giocato col sorriso perennemente stampato in volto. Lo stesso gatto che quella sera aveva strappato dalle fauci della morte.
La macchina incriminata, dopo l'incidente, aveva soltanto accelerato, ed era sparita tra le luci accecanti della città.
Alzò il viso verso il cielo, mordendosi il labbro fino a sentire un sapore ferroso sulla lingua, ma il dolore fisico in quel momento non era niente, in confronto alla tempesta che si stava scatenando dentro di lui.
Si abbandonò ad un grido liberatorio, un grido che mai in vita sua aveva scagionato, e nello stesso istante, Rei, Nagisa e Rin, fissarono le finestre delle proprie dimore.

 


Il sole batteva benevolo sulla città, e Haruka camminava lentamente per le vie di essa, dei fiori stretti tra le mani.
Sul suo viso sostava un inaspettato e lieve sorriso, inaspettato quanto malinconico.

Era da un po' di anni, forse tre, che la mattina era costretto a svegliarsi da solo. Dopo la morte di Makoto, aveva passato quasi un anno a rifugiarsi nella vasca, immergendosi completamente, aspettando solo che arrivasse qualcuno a dirgli con gentilezza e un po' di fretta “Haru, arriveremo in ritardo!”
Ma alla fine, si era sempre ritrovato ad uscire dalla vasca nel silenzio più totale della propria casa.
Non aveva mai pianto così tanto in vita sua.
Salì alcuni scalini, per poi varcare un cancello alquanto malmesso, e iniziò a cercare con lo sguardo la persona che lo stava attendendo.
Il periodo che aveva passato senza di lui era stato un completo susseguirsi di dolore, rimorsi per parole mai sussurrate, futili speranze.
Perfino Rei, non appena venuto a sapere di quel disastro, aveva versato lacrime amare, mentre Nagisa non faceva altro che abbracciarlo, singhiozzando frustrato.
La reazione di Rin era stata più inaspettata. Sembrò non mostrare sentimenti, inizialmente, ma quei rubini rossi improvvisamente svuotati di ogni cosa, erano solo le nuvole grigie che sostavano nel cielo per annunciare un diluvio.
Infatti lo scorse a piangere da solo, convinto che nessuno potesse vederlo, e aveva deciso di coglierlo alla sprovvista e di abbracciarlo.
Anche lui era distrutto, forse più di tutti i suoi amici, e si era accorto di quanto fosse diverso abbracciare Rin solo dopo la morte di Makoto.
Gli abbracci di Rin erano più ferrati, affettuosi ma travolgenti. Quelli di Makoto, invece, erano come una culla dove sapeva di essere al sicuro, e più volte gli era capitato di addormentarsi tra le sue grandi braccia.
I suoi pensieri si dissolsero non appena arrivò dinanzi a lui.


-Scusa, Makoto. Sono di nuovo in ritardo.-

Si inginocchiò di fronte a lui, appoggiando i fiori sul freddo marmo, con inciso sopra un nome che gli sarebbe rimasto impresso a fuoco nel cuore per il resto della sua vita, e probabilmente anche oltre.
Non proferì parola, era sicuro che se Makoto lo stesse guardando, avrebbe letto tutto direttamente nei suoi occhi, in quel momento puntati al cielo.
Sul suo viso, tuttavia, scese lentamente una lacrima, mentre un sorriso si faceva strada nella sofferenza repressa.

-Nuoteremo di nuovo insieme, te lo prometto.-



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Salve a tutti!

È la prima volta che pubblico qualcosa su EFP, e prima di tutto colgo la palla al balzo per ringraziare un anonimo per il prompt che ha ispirato questa one-shot, alla Notte Bianca. 
Arigatou! 
Per il resto...vi prego, chiedo venia. Sono una grande amante delle cose angst, e ci tengo a precisare che io amo Makoto, non ho scritto questo per odio nei suoi confronti o altro. Mi affascina soltanto molto la psicologia dei personaggi, e non ho saputo resistere a una cosa così forte, che comunque mi ha spezzato il cuore durante la scrittura. 
Spero sia stata di vostro gradimento!

  

  
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