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Autore: diaforis    26/08/2014    3 recensioni
Allegiant ha stravolto tutti. La morte di Tris ha stravolto tutti.
E se esistesse un finale alternativo? E se Tris restasse viva anche in quest'ultima battaglia?
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Four/Quattro (Tobias), Tris, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi con un nuovo capitolo. Scusate l'attesa ma fra ferragosto ed influenza sono stata parecchio male. Ad ogni modo, spero vi piaccia come i precedenti e colgo l'occaisone per ringraziare tutti coloro che hanno commentato. Non sapete quanto piacere mi faccia leggere le vostre recensioni. Grazie, grazie, grazie.

* = 
ho deciso di ricopiare questo pezzo dal libro originale perché amo quella scena, e amo come Veronica ha espresso i pensieri di Tobias in questo pezzo. Non sono parole mie, ma dell'autrice. 




(Tobias.)


Reggo il vassoio con una sola mano e mi guardo intorno, cercando di scorgere Christina nella mensa gremita di persone. La trovo seduta in uno dei tavoli meno in vista dell'intera sala con Amar e mi lascio sfuggire un sorriso, camminando nella loro direzione. Sanno quanto io odi essere osservato e, considerando che loro due sono gli unici a sopportarmi, apprezzo anche questi dettagli.

« Alla buon'ora! » Christina alza gli occhi dal suo pezzo di torta e mi rivolge uno dei suoi sorrisi da lo-faccio-per-te-lo-sai, spostando con un piede la sedia di fronte la sua.

Mi siedo e poso il vassoio sul tavolo, alzando lo sguardo su entrambi. Prendo una cucchiata di cereali e resto con il cucchiaio a mezz'aria, sentendo i loro sguardi bruciarmi addosso « Ragazzi, sto bene! ».

Si scambiano un'occhiata complice e Christina incrocia le braccia al petto, puntandomi addosso quel suo sguardo assottigliato « Le tue occhiaie dicono il contrario, sai? ».

Mi ficco i cereali in bocca e la guardo, masticando lentamente mentre mi gratto il collo con la mano libera dal cucchiaio. Loro continuano a fissarmi.

Alzo gli occhi al cielo « Oh ma dai! Ho lavorato fino a tardi al progetto di risanamento. Sembrano tutti dei poveri cuccioli indifesi, ci avete fatto caso?».

« Sei impossibile, Quattro. » Christina prende il proprio vassoio e si alza, passandomi dietro e mollandomi una pacca sulla schiena. « Ci vediamo dopo » aggiunge, andando via con Amar alle sue spalle.

Scuoto la testa, lasciando che un sorriso appena accennato mi sfiori le labbra, e finisco i miei cereali in silenzio, osservando fuori dalla finestra la mia nuova realtà grigia.


 
* * *


Dopo l'incidente di Tris attorno a me aleggia un clima di comprensione totale: controllano se mangio abbastanza, se dormo abbastanza, se ho tutto ciò che mi serve.

Mi chiedono sempre se sto bene e io non deludo mai nessuno, rispondo sempre di sì.

Anche se la risposta è no. No, non sto bene. No, non voglio parlarne.

Ho solo bisogno di muovermi, di non tenere la mente libera neanche per un minuto, ed è per questo mi tengo impegnato tutto il giorno alla Residenza. 

Il siero della memoria ha reso senza ricordi tutti coloro che vi sono entrati in contatto, facendoli diventare come delle sorte di scatole vuote da riempire con nuovi contenuti.  

Amavo il mio lavoro di istruttore negli Intrepidi ed è stato anche questo a spingermi ad offrirmi come volontario per insegnare a queste persone la verità. 

Basta raccontare loro quello che so. Niente di più, niente di meno.

E mi gratifica farlo.


 
* * *
 

Qualche giorno fa hanno staccato le macchine ad Uriah. 

Ho assistito da dietro il vetro, fuori dalla stanza, e tremavo mentre la linea verde frastagliata sullo schermo nero diventava una semplice linea retta.

 Non sopportavo l'idea di assistere direttamente al dolore di Hana e Zeke. Non sopportavo di udire i loro singhiozzi, di vedere i loro sguardi vacui e lucidi puntati sul corpo ormai senza vita di Uriah.  Non sopportavo di assistere ad altro dolore. 

In quel momento queste sono state le mie giustificazioni ma adesso mi rendo conto di essere un vigliacco. La verità è che avevo paura di sentire il mio cuore spezzarsi in tanti piccolissimi frammenti, immedesimandomi in loro. La verità è che mi spaventava a morte l'idea di poter vedere il viso di Tris al posto di quello di Uriah.


 
* * *
 

« Ma mi stai ascoltando? » mi riscuoto dai miei pensieri quando Christina mi sventola una mano davanti la faccia, passandomi poi il mio bicchierone di caffé.

« Sì, Chris, Adam ti ha detto che.. » ripeto con poco entusiasmo l'anneddoto raccontato pochi secondi prima e mi giro verso di lei, che mi guarda fintamente offesa « E non fare quella faccia » sbotto, continuando a camminare verso l'ala medica. 

La sento sbuffare accanto a me e poi bloccarsi in mezzo al corridoio, costringendomi a voltarmi di scatto verso di lei (e a salvare in extremis il mio caffè). 

« Ti ho detto anche che oggi non.. posso venire.  » mi guarda, esitando qualche secondo come se avesse paura della mia reazione. O del mio giudizio, forse.

Alzo le spalle e annuisco, prendendo un sorso di caffè dal piccolo buchetto sul tappo del bicchiere di cartone « Va bene, tanto avevo voglia di restare da solo con lei dopo».

Lei sembra pensarci su, poi annuisce, alza una mano in segno di saluto e si dirige dal lato opposto al mio, verso i dormitori.

Non posso arrabbiarmi con Christina, nè tantomeno criticarla. Da quando Tris è su quel letto c'è sempre stata, per me e per lei.  Non ha mancato un giorno di farle visita, parlandole o tenendole semplicemente la mano. Piangendo piegata sopra di lei. Per cui va bene così. Se vuole dedicare del tempo per se stessa. 

Riprendo a camminare e tiro verso di me la pesante porta in metallo del reparto intensivo, lasciando che si chiuda rumorosamente alle mie spalle. Non mi curo di chiuderla da me, è un po' come il mio segno di riconoscimento; come a dire: "Sono arrivato, tutti fuori da quella stanza". Ormai ne sono tutti a conoscenza e se lo fanno andare bene. 

Cara compresa, che mi viene incontro come ogni volta « Ciao Tobias, puoi andare da lei. Abbiamo appena finito i controlli giornalieri ».

Annuisco e le stringo una mano attorno al braccio, prima di passarle accanto e andare verso la stanza numero 26. La mia seconda residenza, mettiamola così.


 
* * *
 

Ricordo così nitidamente il nostro primo incontro.

Quando il suo corpo rimbalzò per primo sulla rete, tutto quello che fui in grado di regitrare fu una macchia grigia. La aiutai a districarsi dalla rete e sentii la sua mano piccola ma calda. Un attimo dopo lei era davanti a me, bassa e minuta, semplice, ordinaria sotto tutti i punti di vista. Tranne per il fatto che era stata la prima a saltare. La Rigida era saltata per prima. Neanche io ero saltato per primo. Aveva gli occhi così seri, così risoluti. Bellissimi. *

Quegli stessi occhi che adesso tremano, chiusi, sotto il peso di chissà quale simulazione sfiancante e fin troppo dolorosa da sopportare. 

Sospiro e trascino accanto al letto la sedia, posizionandola quasi all'altezza della sua testa. Mi siedo e non riesco a staccare neanche per un secondo gli occhi da quel viso rilassato ma allo stesso tempo in tensione; dalle labbra rosee, che si arricciano a tratti.

Dio, ho così tanto bisogno di vederla sveglia. Di parlarle.

Di baciarla.

Le prendo delicatamente una mano, quella stessa mano piccola che avevo stretto su quel treno, il giorno della simulazione contro gli Abneganti. La stringo piano, intreccio le dita con le sue e le carezzo il dorso con il pollice ruvido. 

Dio, quanto mi manca. 

Mi mordo il labbro, rendendomi conto di aver preso questo vizio da lei. Resto fermo, con la sua mano nella mia, e mi lascio sfuggire un sorriso che si trasforma senza neanche darmi il tempo di rendermene conto in un singhiozzo. Abbasso la testa e lascio che le lacrime mi accarezzino le guance, che arrivino fin sulla bocca; mi sembra quasi di risentire il suo pollice sfiorarmi il labbro inferiore. 

« Perché l'hai fatto? » le chiedo, con voce roca « Perché non hai lasciato che andasse Caleb? Me lo avevi promesso, Tris, me lo dovevi. Mi avevi promesso che non mi avresti lasciato, che avevi capito il valore della tua vita, che avresti cominciato a pensare a te stessa. E.. scusami se sono così egoista, ma avevi promesso di pensare a me, a noi.»

Con la mano libera mi passo indice e pollice sugli occhi, premendo le dita fino a bloccare le lacrime, e spazzo via quelle che mi hanno già rigato la pelle. 

« Mi manchi e non riesco a togliermi dalla mente l'immagine del nostro ultimo bacio. Ho bisogno di te per andare avanti, per ricostruirci insieme quella vita che tanto sognavamo. Ricordi, Tris? Svegliati, parlami.. » mi abbasso su di lei, poggio la testa sul suo ventre piatto e ascolto il suo respiro lento, regolare. Chiudo gli occhi e sospiro. 

Non devo crollare. Devo mantenere i nervi saldi e aspettare. Lei tornerà da me.

Ed è con questa consapevolezza che mi rendo conto di un movimento impercettibile, un fruscio di lenzuola e poi una mano gracile fra i miei capelli, a solleticarmi la nuca. 

« T-tobias? ». Basta una parola e il mondo diventa di nuovo a colori
   
 
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