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Autore: redalertbd    21/09/2008    2 recensioni
Jeremiah Gottwald. La gloria non spetta ad un cavaliere.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Perso a UNO con KittyPryde: Jeremiah, tema "L'onore e la gloria". Spoilers fino all'episodio 13 della R2.




La gloria non spetta a un cavaliere. Di questo Jeremiah era ben conscio ai tempi del suo primo incarico, del primo giuramento di fedeltà, dell'unico. Gliel'aveva insegnato suo padre: la gloria non spetta ad un cavaliere, bensì al suo signore, e ogni sua azione dev'essere votata a rendere più grande la gloria del proprio signore, perchè è a lui che il cavaliere appartiene, come un'estensione del suo corpo. Una verità semplice come il respiro, e vivere secondo questa verità significa vivere nell'onore. Friedrich Gottwald era morto solo pochi giorni prima di poter vedere il proprio figlio inginocchiarsi di fronte all'Imperatrice Marianne, mettersi anima e corpo al suo servizio, ma le sue parole risuonavano nella mente del giovane, con la voce forte, autorevole eppure affettuosa di prima della malattia. Pur nel dolore ancora fresco Jeremiah si era sentito tremendamente orgoglioso, di quello che stava facendo, di quello che era. Prima di fallire.


Per anni aveva cercato di redimersi. La sua Imperatrice morta, i figli di lei scomparsi... senza più un polo che gli indicasse la direzione, aveva rivolto la propria fedeltà verso qualcosa di più grande, qualcosa che potesse contenere, dare asilo a ciò in cui credeva prima, l'intero Impero di Britannia. Un luogo i cui governanti non facevano altro che combattere tra di loro, non sul campo di battaglia ma nei corridoi dei palazzi, nelle sale affollate dei parlamenti, nei giardini in cui si tenevano feste. Meno sentiva quel sentiero appartenergli, e più si sforzava, si irrigidiva, faceva sua la necessità di imporre il controllo assoluto nella Zona 11, schiacciare gli ultimi inutili focolai di ribellione, faceva suoi gli ideali della fazione dei Puristi. Era naturale che prima o poi il desiderio di gloria personale emergesse, che si trovasse a fare i conti con la voglia avida di primeggiare, di essere ricordato col suo nome, come uno dei restauratori dei fasti di Britannia.


Aveva letto che tra gli Eleven, un tempo, era uso che quando un guerriero perdeva il proprio signore si togliesse la vita. Per quanto l'idea di un suicidio gli facesse ribrezzo, Jeremiah si rendeva conto di comprenderli fin troppo bene, anche se il pensiero diveniva cosciente solo certe sere, dopo parecchi bicchieri. Guerrieri veri, sinceri, veri cavalieri. Sicuramente migliori di chi aveva lasciato morire di inedia il proprio onore, eppure continuava a camminare a testa alta, vestito della propria uniforme, ipocrita nè più nè meno che i principi che uccidevano i propri famigliari in casa, aduso all'inganno come loro, fino ad essere ingannato e manipolato a sua volta, a perdere la propria posizione a causa di un maledetto terrorista, perdere il proprio corpo e per poco la propria sanità mentale, a lasciarsi trascinare dal desiderio di vendetta fino a gioire delle modifiche che l'hanno reso, lo rendono, sempre meno un umano, fino a diventare un assassino e a pronunciare quel nome con orgoglio. Lontano dalla gloria. Lontano persino dall'ombra di ciò che una volta chiamava il proprio onore.




La stirpe di Marianne è viva e sta combattendo per lei, per la sua memoria. Basterebbe questo a dargli la pace. Ma il suo primogenito lo ha chiamato, gli ha chiesto di tener fede al suo giuramento, il primo, l'unico, ed ora tutto, finalmente, ha di nuovo un significato, Jeremiah ha di nuovo il proprio onore e può combattere a testa alta, finalmente, per la gloria di Lelouch.



FIN
  
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