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Autore: ellacowgirl in Madame_Butterfly    30/08/2014    1 recensioni
Raccolta di momenti di vita quotidiana di varie coppie, piccoli anfratti che vogliono evidenziare i loro rapporti ed i loro sentimenti scavando nel profondo, dai gesti più semplici alle parole non dette.
Ossessioni, paure, passioni, tutto ciò che li rende protagonisti della loro vita e fa di loro una piccola perla di cui vale la pena parlare.
~ Always: Unohana x Zaraki
~ I'll be there for you: Yoruichi x Soifon
~ You give love a bad name: Gin x Rangiku
~ In these arms: Unohana x Isane
(Ogni capitolo ha come titolo una canzone di Bon Jovi. Cercherò di trattare ogni coppia. Pubblicherò regolarmente e con immagine personalizzata.)
[Storia partecipante alla Challenge "Slice of Life" di areon sul forum di efp]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Gin Ichimaru, Rangiku Matsumoto, Un po' tutti, Yoruichi Shihoin, Zaraki Kenpachi
Note: Lime, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Kenpachi's moments'
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Prompt: Letto
Titolo: Always
Autore: ellacowgirl in Madame_Butterfly
Fandom: Bleach
Personaggi: Unohana x Zaraki, Yachiru
Genere: Romantico – Introspettivo – Angst
Raiting: Giallo
Avvertimenti: nessuno
Lunghezza: 1.676 parole / 4 pagine
Note autore: momento di vita quotidiana che mi sono immaginata tra i due Capitani, che considero perfetti assieme. Non ci sono particolari riferimenti al manga vero e proprio, ma per capire appieno la coppia bisogna avere un’idea del volume 59 di Bleach, dove viene raccontata la storia dei due e soprattutto si capiscono non solo i sentimenti e stati d’animo che provano (o hanno provato in passato l'uno ne confronti dell'altro) ma soprattutto la vera identità di Unohana, tutt’altro che gentile e pacifica come sempre ci ha fatto sembrare…
Ps. Come tutte le altre storie, anche questa prende spunto da una canzone di Bon Jovi.
Pss. Spero che si colga la minuscola citazione direttamente dal manga
[Partecipa a "Una corolla di immagini" di Aki Sama e aturiel]
 

 
Always

What I’d give to run my fingers through your hair
To touch your lips, to hold you near
When you say your prayers try to understand
I’ve made mistakes, I’m just a man
 
 
 
La maggior parte delle persone normali – Shinigami compresi – detestava la mattina: sveglia presto, abbandono del sonno e del piacevole giaciglio, inizio dei lavori giornalieri…
C’erano, insomma, parecchi motivi per non apprezzare quel momento della giornata, eppure la mente di Zaraki lo associava soltanto ad una cosa tutt’altro che negativa: un profumo.
Un profumo stranamente dolce, di fiori appena colti, che se ne stava delicatamente addormentato accanto a lui, i lunghi capelli neri sciolti ed il corpo appena coperto da un frivolo lenzuolo.
Ed il letto, naturalmente, praticamente in pezzi così come la metà della stanza - ma per lui poteva essere un piacevole quadretto comunque, sia ben chiaro.
Si svegliava sempre prima di lei, quanto bastava per avere il tempo di osservarla, quell’apparentemente pacifica donna dalla forza di un mostro.
Un sorriso sadico si dipingeva sul suo volto ogni mattina a quel pensiero: avere accanto qualcuno che, da un momento all’altro, avrebbe potuto puntarti una lama alla gola ed ucciderti.
Qualcuno che non avrebbe avuto paura di aggredirti ed ingaggiare con te la peggiore delle battaglie.
Qualcuno che a vedere il tuo sangue avrebbe provato solo piacere.
Qualcuno capace di fare tutto questo… era maledettamente eccitante.
Senza considerare la sfrenata passione e – si può dire – violenza che entrambi adoperavano istintivamente nell’atto compiuto quella notte, provocante e stimolante come non mai.
Beatitudine.
 
Si sporse verso di lei che dormiva tranquillamente su un fianco, volgendogli le spalle.
Le baciò la pelle scoperta, piccoli tocchi, ma che si lasciavano sentire in modo particolarmente incisivo.
Baci che non erano carezze ma quasi morsi, lasciavano trasparire tutto il brutale desiderio che ancora lo invadeva – invadeva entrambi, solo che il Capitano della Quarta aveva un po’ più tatto, in quanto donna e decisamente più esperta.
Le baciò quella pelle candida e morbidissima, il braccio semi scoperto e poi la spalla, la clavicola, sino al collo.
Non si curava di poterla svegliare o disturbare, non gli interessava e sapeva che lei avrebbe soltanto apprezzato, si capivano più di quanto sembrasse.
Incredibile come una folle assassina, battagliera e sanguinaria come lei, non avesse la benché minima cicatrice o segno di lotta sul corpo.
Nessuna tranne una, naturalmente, ma quella non l’avrebbe eliminata per nulla al mondo, così come non faceva nemmeno lui.
 
Non gli stava dando la soddisfazione di reagire, così il Capitano dell’Undicesima intensificò appena quel contatto, i baci divennero veri e propri morsi e man mano che proseguiva nell’esplorarle quell’avvenente pelle dentro fremeva: la donna che stava provocando era tanto bella quanto pericolosa.
Tanto pacifica quanto sanguinaria.
Tanto angelica quanto criminale.
Dio, se lo esagitava tutto questo! Lo esaltava e stimolava in modo così radicale che quasi era lui a provare un brivido ad ogni contatto.
Poi finalmente si svegliò, con un movimento lento si volse appena verso di lui, aprendo finalmente quegli immensi occhi blu.
Il sorriso dipinto sul suo volto era di un sadismo immane, tanto da farlo raggelare di piacere.
«Quanto del vostro sangue avete intenzione di farmi versare, oggi, Capitano Zaraki?»
Domandò mentre una mano andava a sfiorargli il volto, solcando con le lunghe dita quella cicatrice che gli percorreva metà viso.
Incredibile come sapesse trasformare un gesto di apparente dolcezza – o affetto? – in uno di sadica provocazione.
Lui non voleva essere da meno, ovviamente, dunque portò un braccio oltre al corpo della donna, quasi a volersi appena imporre su di lei, prendere il controllo della situazione.
Movimento che venne interrotto quasi nell’immediato, poiché Unohana lo baciò con un gesto deciso, intrappolandogli le labbra nelle proprie.
Difficile dire chi dei due comandasse, chi premesse con più foga o forzasse maggiormente per arrivare più a fondo.
Due belve che non si erano ancora saziate.
Quando i loro corpi tornarono ad aderire più bramosamente, il letto fece l’ennesimo cigolio, le uniche due assi intatte si spezzarono a metà, facendo cadere entrambi definitivamente a terra.
Questo avrebbe dovuto quantomeno fermarli, ma dopotutto non si trattava di una coppia normale.
Anzi, quel piccolo “incidente” – a cui sembravano in realtà già abituati – parve spronarli ulteriormente a continuare, nonostante la stanchezza della battaglia e della notte precedente si facesse ancora sentire, impedendo loro di andare troppo oltre – e quindi consentendo all’Undicesima brigata di poter dormire ancora un poco, dopo quella notte passata sicuramente in bianco.
 
Quei momenti di assoluto trasporto vennero interrotti da un bussare energetico alla porta, ma nemmeno questo li distolse più di tanto dal loro furente bacio.
Soltanto quando quei picchiettii continuarono Unohana riaprì lentamente gli occhi, costringendo quindi anche l’altro ad interrompere definitivamente ciò che stavano facendo.
La guardò per un attimo, prima che un sonoro sbuffo fuoriuscisse dalle sue labbra.
«Se è ancora Ikkaku lo ammazzo.» Biascicò mentre si rialzava di malumore, portandosi una sorta di asciugamano alla vita e legandolo in modo tale da rendersi quantomeno presentabile.
Il Capitano della Quarta non sembrava minimamente preoccupata all’idea che qualcuno potesse vederla lì, si era semplicemente messa seduta, tenendo il lenzuolo sino all’altezza del seno, e rimaneva ad osservare incuriosita chi avrebbe fatto il suo ingresso quella mattina.
 
Il tempo di aprire la porta ed una testolina rosata balzò all’interno, saltando letteralmente addosso a Zaraki e facendolo cadere all’indietro.
«Ken-chan, allora hai fatto i miei biscotti?» Esclamò la bimbetta con un sorrisone a trentasei denti, fissando il suo Capitano con occhioni imploranti.
Unohana si lasciò sfuggire un sorriso appena dolce – stranamente sembrava intenerita per davvero da quella scenetta-, portandosi una mano alle labbra per nasconderlo, quando la Luogotenente si accorse anche di lei e la salutò energicamente muovendo la mano.
«Re-chan!» Esclamò, sempre senza curarsi dei sopranomi che dava, fiondandosi sul letto – o quello che ne restava – per osservarla più da vicino.
Dopotutto Yachiru era abituata così, Unohana aveva sempre qualcosa per lei.
«Vai pure alla sede della Quarta Compagnia, sono certa che Isane avrà preparato ciò che io le avevo predisposto.» E quelle parole bastarono a soddisfare la bimbetta, la quale cominciò a saltellare allegramente sul letto, lasciando spazio a piccoli urlettini di gioia – e a cigolii di un letto che pareva non poterne proprio più.
«Yachiru, smettila di rompere le scatole!» Bofonchiò Zaraki, rialzandosi e lanciando uno sguardo truce alla sua piccola Luogotenente. Uno sguardo che, alla fine, non aveva in realtà nulla di famelico, tantomeno quando Yachiru abbracciò Unohana in segno di ringraziamento, con tutta l’enfasi che solo un bambino – sebbene sadico – può avere.
E quell’attimo si impresse d’istinto nella mente dell’uomo, trovando particolarmente curioso il fatto che le uniche due femmine per lui interessanti fossero lì, assieme, e per di più con lo stesso nome.
«Ken-chan, posso giocare anche io a distruggere il letto la prossima volta?» Domandò ingenuamente la piccola dalle gota arrossate.
Zaraki scosse il capo e con un ghigno malsano la prese per il colletto del kimono.
«Sei ancora una mocciosa, Yachiru. E fai troppo casino.» Le disse, prima di portarla al di fuori della stanza ed intimarle di allontanarsi, cosa che la piccola non si fece ripetere al pensiero dei biscotti che l’attendevano alla Quarta Compagnia.
Grezzo, a volte brutale, eppure chiunque sapeva che nessuno avrebbe mai dovuto anche solo osar toccare quella piccoletta, a meno ché non desiderasse un biglietto di sola andata per l’Inferno ovviamente.
 
Unohana nel mentre si era alzata, portandosi appresso il lenzuolo che la copriva quanto poteva.
Non che si vergognasse, ovviamente, ma possedeva l’innato pudore di chi sa comportarsi a modo in ogni occasione.
Si avvicinò alla finestra ed osservò l’immenso deserto che si estendeva oltre il Gotei 13: aveva guardato per secoli quel panorama, eppure non se ne era ancora stancata.
«Io e Yachiru andiamo a caccia di Hollow, sta mattina. Ti unisci o te ne stai rinchiusa con quei pappamolle della Quarta?» Le domandò senza nascondere il sarcasmo nel tono di voce, mentre si apprestava a vestirsi del proprio kimono bianco e nero, coprendo l’imponente muscolatura che la donna amava tanto esplorare.
Lei non si mosse, rimaneva dinnanzi alla finestra, i lunghi capelli neri le sfioravano la schiena ed il suo profilo era appena illuminato da qualche raggio di luce.
Una bellezza raggelante.
«Devo rammentarti i miei doveri?» Rispose pacatamente, volgendosi verso di lui, o meglio, verso la stanza.
E quel povero letto.
«E poi… dovrò dare altre disposizioni al Capitano Mayuri per il nuovo letto.» Concluse.
Un sorriso ironico e sadico comparve simultaneamente sul volto di entrambi.
«Non fargli sperimentare tutte le sue tecniche su di te, Retsu. Anche io voglio divertirmi!» Rispose lasciando spazio ad una risata.
Era noto a tutti quanto il Capitano del reparto Ricerca e Sviluppo detestasse Unohana per via della sua elevata abilità nel trovare antidoti anche ai veleni più complessi che lui creava… figurarsi ora che Yamamoto gli aveva “caldamente consigliato” di soddisfare tutte le pretese della donna circa la dimensione e soprattutto la resistenza del letto, onde evitare che quei due mostri dalla forza incontenibile trovassero un differente – e quindi più pericoloso – metodo per placare i loro istinti.
Sì, decisamente Mayuri prima o poi sarebbe esploso e loro due non aspettavano altro, parevano due avvoltoi che aspettano al varco.
Sadismo puro.
 
Prese due ciocche di capelli e cominciò ad annodarle sul petto, creando quella treccia scura divenuta ormai una sua caratteristica, sin quando Zaraki non le arrivò d’improvviso alle spalle, senza però toccarla.
«Vado.» Disse semplicemente, con tono di apparente indifferenza.
Si abbassò appena, posando le labbra sulla pelle gelida della sua spalla, per poi lasciar spazio al solito sorriso ironico che lo caratterizzava.
«Sgozzalo anche da parte mia.» Affermò divertito, mentre nel vetro della finestra vedeva riflesso lo stesso sadismo sul volto della donna.
«Naturalmente.»
E quello era il loro “buongiorno”.
 
 
And I will love you, baby – Always
And I’ll be there forever and a day – Always
I’ll be there till the stars don’t shine
Till the heavens burst and
The words don’t rhyme
And I know when I die, you’ll be on my mind
And I’ll love you
Always




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