Chicago,  21 aprile 1988
Ecco le ultime note di Man in the mirror. Comincio ad avvicinarmi alle porte del backstage, lui tra poco uscirà. Sa che ci sono, come ogni tappa. Comincio ad avvicinarmi con il mio vestito attillato, magari così lui mi noterà. Mi ha sempre notato, con un’aria di diffidenza mista a curiosità… Gli hanno sempre detto che le groupie ci sono solo per la fama, lui non capisce che lo amo. Non capisce quanto può essere estremo un amore quando si arriva anche a fare cose impensabili, ad accontentare ogni suo capriccio, ogni sua fantasia, solo per sentirlo un po’ mio. “You’ll never make me stay, so take your weight off of me” cantava prima, nella canzone riferita a me. Ma io non me ne sono mai andata… Quella notte aveva paura che avessero ragione gli altri, quindi mi ha fatto andare via prima che prendessi io l’iniziativa. Richiusi la porta della suite d’hotel dietro di me e cominciai a piangere, non lo volevo solo per una notte, lo volevo per tutte le notti della mia vita, per tutti i giorni.
Scrollai le spalle come per liberarmi dal ricordo di quella brutta mattina e andai da lui, lo salutai con un abbraccio e un bacio sulla guancia, lui mi rispose con un freddo ma cortese “ciao”. Mi complimentai con lui, cercai di metterlo a suo agio invano, come sempre. Ma non poteva stare a suo agio con attorno “la sporca Diana”.
Mi resi conto di tutto, l’unico modo per avvicinarmi a Michael era anche un modo per allontanarlo, lui sembrava così impossibile, bello e inarrivabile. Corsi in bagno, mi rinchiusi a piangere disperatamente, come dimenticare quegli occhi così scuri e profondi, quei riccioli neri, quel sorriso luminoso? Per me era impossibile dimenticare quella voce da angelo, quei modi di fare così delicati e tanto amorevoli da essere misteriosi, per un mondo cattivo come il nostro.
Ma d’altronde l’essere una groupie era l’unico modo per me di stargli vicino, di sentirlo un po’ mio, di viverlo. Sono cresciuta in una famiglia maschilista, che mi aveva insegnato che per farsi notare una ragazza deve essere bella e deve spogliarsi, per valere deve essere formosa,  una famiglia che mi trattava come una schiava, una famiglia da cui credevo di essermi liberata rendendomi conto troppo tardi che si erano appropriati dei miei modi di fare, mi avevano trasformato in quello che la società vuole, un oggetto per il sesso. Quella non ero io, perché stavo facendo così?? Improvvisamente mi sentivo ridicola, chissà cosa pensavano di me. Anzi, chissà cosa pensava lui?
Sentii bussare e trasalii.
-Diana? Tutto ok?
Michael? Gli importava qualcosa dunque? O è venuto solo per gentilezza?
-Insomma… - gli risposi.
Sentii il rumore di lui che si sedeva dall’altra parte della porta.
-Che succede?
-Niente, davvero.
-Sicura?
-No.
-Un abbraccio ti può dare un minimo di consolazione?
Aprii la porta e lo vidi mentre si alzava. Lo guardai negli occhi, uno sguardo pericoloso per entrambi,  mi buttai tra le sue braccia e cominciai a singhiozzare ancora più forte.
-Shhhh, va tutto bene, ci sono io.
 
Magari.